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Autore: Mangetsu chan    04/09/2011    7 recensioni
Questa è la storia di una ragazza che combatte con una katana di ghiaccio, combatte per difendere ciò che ha di più prezioso, combatte perchè ne è capace ma, soprattutto, combatte perchè la fama dei suoi genitori, Re e Regina, non sbiadisca. Lei è il Fiore Scarlatto.
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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I Capitolo
 

Aveva camminato per mesi, aveva raccolto informazioni per altrettanto tempo, ne aveva passate di tutti i colori e ora era vicina a quelle enormi mura. Aspettava, sudando freddo, che le guardie la vedessero e aprissero. Era inverno e la strada era ricoperta di neve ancora soffice, ma ora un pallido sole saliva lento nel cielo anche se erano presenti diverse nuvole. Aveva paura, troppa paura. La sua fama era conosciuta ormai in ogni dove,  anche se nessuno l'avrebbe saputa riconoscere. Certo che però non era ugualmente sicuro entrare nella capitale del Regno, dove non sarebbe stato difficile trovare la sua taglia, con tanto di foto. Per questo portava mantello e cappuccio, ma l'avrebbero riconosciuta comunque. Era troppo tardi per tornare indietro, le pesanti porte di legno si aprirono, accompagnate da un cigolante rumore di metallo. Lei stava proseguendo, con passo lento. Una guardia, armata di una spada corta che teneva insicuro nella mano destra, le apparve davanti e le chiese avvicinandosi : « Chi sei? ».
« Sono venuta qui per il mercato », così dicendo mostrò delle stoffe dai colori dei paesi dell'Est che teneva nella borsa.
« C'è un'amica che mi aspetta in piazza ». Se la bevve.
« Passa pure », la guardia abbassò l'arma.
La prima era fatta, con quasi troppa facilità. Aveva appositamente scelto un giorno di mercato per entrare nella città anche se effettivamente era uno dei mesi più freddi, la gente non usciva volentieri e per questo era un evento poco profiquo. Forse era questo il motivo per cui c'erano ancora i controlli. Poco importava, era dentro.
Davanti a lei delle scalinate salivano portando alla strada principale ma, come notò a destra una taverna, si fiondò all'interno.  La portà tintinnò quando, entrando, fece suonare delle piccole campane attaccate a questa. Una ragazza poco più giovane di lei era al bancone, con gli occhi gonfi di pianto e in mano una lettera. Come i loro sguardi si incontrarono, la barista mise via la busta : « Cosa le serve? », chiese quasi sussurrando.
Ora che guardava bene, il legno sotto la mano della giovane era sporco di sangue. Tre candele illuminavano ancora il locale, non si era ancora fatto completamente giorno. Alle pareti erano appese delle pergamene con disegni mai visti, i tavoli erano puliti e ancora ordinati. Ma quella chiazza rossa catturò la sua attenzione.
« Va tutto bene? », chiese in risposta.
« Certo, mi scusi. Cosa le serve? », ripetè la barista, nascondendo con la mano il sangue.
« Vorrei una stanza, per qualche giorno », continuò.
« Mi segua, da questa parte », allungò la mano verso delle scale. « Per cortesia cerchi di fare silenzio, gli altri ospiti dormono ».
Le due si avviarono per il corridoio in salita e arrivarono ad una serie di porte non ben chiuse, una consecutiva all'altra. La sua era la numero 29.
« Mi dia un anticipo...5 monete per favore». Il tintinnio delle monete raggiunse subito la mano della barista. Erano 10. « Fra poche ore vi farò arrivare la colazione », aggiunse, girandosi per scendere.
Finalmente era sola. Si stese su quello che doveva essere stato un letto, o meglio della paglia vecchia e scomoda ricoperta da un lenzuolo ormai consumato. I suoi capelli scuri ricoprivano quella stoffa e i suoi occhi, uno azzurro e uno verde, fissavano il soffito, in legno scuro, e ripensavano a sua sorella. Ayumi, colei che cammina nei sogni. Quella piccola e fragile figura bionda...Si addormentò così, in una posizione scomposta, vestita, con la borsa ancora a tracolla.
Quando si svegliò notò che il sole illuminava la stanza attraverso una piccola finestra che dava verso le mura. Non aveva fatto caso a dove si trovava. Una libreria, enorme, occupava un'intera parete; lo scrittoio era nell'angolo e il letto appoggiato appena alla terza parete. Erano presenti due porte, una per uscire e una per quello che doveva assomigliare a un bagno. Era un po' spoglia come stanza ma aveva tutto il necessario. Si diresse a lavarsi, cercando di impiegare il minor tempo possibile, trovando una bacinella con dell'acqua appena tiepida. Uscita aprì l'altra porta e una volta presa la colazione, rientrando, la consumò in fretta. Doveva andare ora. Dalla borsa estrasse tre tipi di stoffe differenti : avevano tutte dei colori troppo scargianti per piacerle, così le abbandonò in camera e sistemò i libri che aveva con se : aveva tutto. Anche se le sarebbe piaciuto poter dare un'occhiata a qualche pergamena presente nella libreria. Ne prese una, a casaccio, e notò che erano scritte a mano. Non aveva troppo tempo per leggerla, così la inserì nella borsa e uscì, non lasciando altro all'interno della stanza. Scese le scale e arrivata al bancone, avvertì la ragazza del giorno prima di non entrare nella sua stanza, sarebbe tornata entro pochi giorni. Estrasse dalla tasca del mantello un sacchetto e lo lasciò cadere sul legno : alcune monete uscirono. Alcuni clienti lì vicino si voltarono verso le due ragazze. La taverna, in poche ore, si era riempita e non vi era più traccia della quite di prima. Era sparita anche la busta e la chiazza di sangue.
« Sai dirmi in che direzione devo andare per trovare la sede dei Maghi della gilda del Yasha? ».
La barista sembrava intimorita, e non era la sola : « Uscendo da qui, gira a sinistra, poi sempre dritto finchè non trovi un grande edificio...».
« Grazie. Arriverci ». Si udì ancora il suono melodico delle campanelle quando aprì la porta per poi prendere la via indicatale e proseguì per poco più di dieci minuti, passando accanto a piccole case in legno, armerie, fabbri, drogherie di qualsiasi tipo e dimensione...Finché un enorme cancello le si presentò davanti. Le porte erano chiuse con catenacci e non vi era modo di entrare.
« Finalmente sono arrivata », sussurò. Si guardò in giro. C'erano solamente due ragazzi, mano nella mano che camminavano poco lontano da lei. Aspettò, contando fino a trenta, poi scattò con un'impressionante agilità, verso sinistra. Si nascose all'ombra di quelle alte mura; dalla borsa estrasse una mappa. Aveva ucciso per trovarla. Era segnato, in rosso, un passaggio segreto che avrebbe dovuto portarla da lei. Lo studiò, per la centesima volta, con attenzione. Infine alzò lo sguardo, e vide che effettivamente c'erano due sbarre leggermente allentate...Per fortuna il suo fisico asciutto le consentì di passare.
Si ritrovò in un enorme giardino, dov'erano presenti alberi di ogni genere, fiori, colorati e ordinati lungo una strada ricoperta di sassi di ogni dimentsione. Guardò il cielo, era da poco passato mezzodì ma alcune nubi oscuravano momentaneamente il Sole. Un'altro colpo di fortuna. Passando vicino alle mura, appena sfiorandole, riuscì a sfuggire allo sguardo non troppo attento delle guardie. Erano in quattro, pochissime. Andando avanti, si nascose nel retro dell'enorme edificio. Era in pietra, impossibile penetrare non conoscendo dove andare, ma per fortuna aveva quella mappa. Così, spostando pietre e gattonando per strettissime gallerie, riuscì ad entrare. Le poche cose che vide la facero meravigliare : era arrivata nella stanza dei Signori, gli unici due Maghi di quella gilda ad essersi sposati. La piantina era sbagliata, o forse era stato un lavoro recente. Lei doveva trovarsi in una biblioteca! Appena fuori dalla porta udì la voce di alcune guardie, maledicendo se stessa per non aver pensato ad una simile variante. Sapeva che le scale per scendere nei sotterranei erano nella prossima sala, teoricamente. Però avrebbe dovuto combattere, combattere per uccidere, altrimenti avrebbero capito che qualcuno si era infiltrato nella residenza dei Maghi...No, non oggi. Non ora. Non ancora.
Pensò di lasciare perdere, di tornare indietro. Ma le tornò in mente l'immagine di sua sorella, da bambina, tutta sporca di rosso dopo essersi divorata chissà quante fragole, che le sorrideva, felice. Ripensò al Lupo Bianco che avevano curato e adottato, dopo averlo trovato ferito nel bosco, quando ancora era un cucciolo. E poi arrivò quel giorno, quando, dopo aver rivisto quel ragazzo dagli occhi di ghiaccio, un mago diede fuoco alla loro casa e lei perse le tracce di chiunque avesse vissuto con lei. Ma non aveva mai creduto che nessuno di loro fosse morto. Ne Ayumi, ne lui, ne il loro Lupo. Aveva già visto morire i suoi genitori, non avrebbe accettato di perdere nessun altro. Trovò la forza di proseguire. Il suo arco si era rotto qualche notte prima, quindi le era solamente rimansta una katana e tre pugnali. Ma la prima arma sarebbe bastata. Non li avrebbe uccisi, sarebbe solamente scappata, difendendosi, non le importava di essere identificata. Impugnò la lama saldamente e la posizionò davanti a se, contemplandola : era affilata, e il solito colore azzurro sbiadito risplendeva. Un bel respiro...
Attraversò la stanza, voleva andarsene il prima possibile. Inspirò rumorosamente ed espirò. Si fece coraggio e con la mano libera aprì la porta, trovandosi davanti solamente due guardie. Non fecero in tempo a chiedere nulla che lei rinfoderò la sua arma e colpì entrambi gli uomini dietro al collo, facendoli cadere a terra. Le loro armature a contatto con il suolo, fecero un rumore sordo ma troppo forte. Sentì subito i passi di altre tre o quattro persone, venire da una porta che aveva appena notato. Il suo sangue freddo non la stava aiutando. C'erano delle scale che conducevano giù, ma se l'avessero vista avrebbe dovuto combattere. Non sapeva cosa fare. Alla fine, quando qualcuno aprì la porta, armato di lancia e scudo, lei si precipitò giù.
« Non lasciatela scappare! », gridò il primo ed altre cinque guardie entrarono nella stanza. Lei continuò a scendere, correndo con ancora la katana in mano. Vedeva una flebile luce, e proseguì in quella direzione. Corse fino a quando non le mancò il fiato, e allora, udendo ancora i passi dei suoi inseguitori, si fermò e si girò. Se li avesse affrontati lungo quel corridoio sarebbe stata una passeggiata : era stretto e non sarebbero riusciti a mettersi in due davanti a lei, perciò sarebbe stato uno contro uno. Ma non la rassicurava ugualmente. Dopo alcuni attimi di tensione, arrivò la sua prima preda che, sbalordita, abbassò la difesa, urlando : « Il Fiore Scarlatto!!».
Cazzo, hanno già capito chi sono! Girando su se stessa tirò un fendente all'uomo che aveva davanti. Mirò alla gola, sporcando la lama di sangue. La guardia morì all'istante, congelata. La sua katana aveva colpito ancora. La fece roteare tre volte in senso antiorario, ancora sporca di sangue, e un muro spesso diversi metri si sovrappose tra lei e i suoi attuali nemici. Portò la lama alle labbra, leccando il sangue che era rimasto. Poi rinfoderò l'arma. Ora camminava lentamente, scalino per scalino, in quella galleria un po' troppo buia. Arrivò infine ad una grande stanza circolare, in pietra anch'essa. Non c'era nulla, se non una grande gabbia in centro alla stanza e cinque candele, posizionate in punti apparentemente casuali.
 Dietro alle sbarre, vi erano due...amici.

  
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