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Autore: CamBk    04/09/2011    1 recensioni
Ehi, mi chiamo Camilla, e non oso ancora definirmi scrittrice nonostante buttar giù parole su un foglio di carta sia la mia occupazione preferita.
Questa fan fiction si ispira all'amore platonico che provo nei confronti del frontman della band dei Tokio Hotel, Bill Kaulitz.
In questo racconto di pura fantasia, la protagonista Mona, ragazza italiana di origini tedesche, vivrà una tormentata storia d'amore 'al sapore di Germania'.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Ce l’hai con me, vero?- mi domanda Val, sfilandomi un auricolare dall’orecchio.
Non rispondo; se ce l’ho con lei? Certo che sì, maledizione.
-La notte scorsa eri fatta e sbronza, sei quasi stata violentata, ho dovuto riportarti in stanza in braccio e abbiamo totalmente ignorato il coprifuoco. Tu che ne dici?- ringhio, innervosita.
-Ehi ehi ehi- con la mano mi fa segno di calmarmi –io non ho preso quella roba di proposito, okay? Quel bastardo mi ha offerto due o tre bicchieri, e da un momento all’altro tutto ha perso ogni senso, e sono stata del tutto privata della mia dignità, ritrovandomi coi jeans sbottonati in un cesso che cadeva a pezzi. E ricordami un istante tu dov’eri. A quanto pare hai trascorso la serata seduta sul marciapiede fuori dal locale, in compagnia di quel frocio di Bill Kaulitz, a bisbigliarvi romanticherie, o sto forse sbagliando?- sbotta Val.
-Cosa scusa? Stai forse tentando di riversare la colpa della tua incoscienza su di me? Ti sbagli, sai, Val? Quel che è successo non è stato altro che il frutto di qualcosa che tu stessa hai voluto. Ricordati bene di quel che è accaduto la scorsa notte e stampati bene in testa le mie parole: che non accada mai più. Ti è chiaro?- tutta la mia rabbia si sta scagliando contro Val.
-Ah, ora siamo giunte al momento della predica? Scusami tanto se ho intaccato il mito di Mona-la-ragazza-modello. Stai pur certa che non si ripeterà.- replica Val, alzando la voce.
-E tanto perché tu lo sappia, l’effemminato con l’anello al naso non ricorderà nemmeno il tuo nome dopo ieri sera, sei una nullità in confronto a ciò che è lui, ammettilo- Val sta sprigionando tutta la sua cattiveria.
Le sue parole mi colpiscono come pugnali, una ad una, senza pietà; sento un enorme macigno risalirmi lungo lo stomaco, e bloccarsi in gola.
Scoppio in lacrime.
-Vaffanculo, stronza!- grido tra un singhiozzo ed un altro, e scaravento a terra il cellulare che tengo stretto fra le mani.
-La verità fa sempre male- avverto ancora l’acidità della sua voce in lontananza, mentre mi chiudo alle spalle la porta del bagno, portandomi le mani alle orecchie per allontanare lei e le sue fottute parole.
‘Sei una nullità in confronto a lui, ammettilo.’
Mi guardo allo specchio, e sento rimbombarmi nella testa quelle parole; il mio viso è spento, privo di ogni luce, e i miei occhi piangono lacrime di petrolio; o almeno così sembra, a causa del mio mascara, colato lungo le guance.
‘Non ricorderà nemmeno il tuo nome’.
Stringo i pugni, e lascio che quelle parole mi feriscano a fondo, lacerandomi l’anima più di quanto già non lo sia. E’ incredibile quanto gli esseri umani, qualche volta, vadano a cercarsi il dolore; c’è un non so che di masochista in me, e di questo sono sempre stata certa.
Voglio evadere, abbandonare questa stanza d’albergo e vagare per Amburgo sotto il diluvio; voglio godermi la pioggia sulla pelle, il freddo nelle ossa e il respiro affannoso dettato dalla rigida temperatura.
Voglio ma non mi è concesso; sono le nove di sera, e mi trovo imprigionata in hotel a causa di una punizione che, detto francamente, sono andata a cercarmi con quell’idiota di Val.
Per di più sono seduta a gambe incrociate sul cesso, a scrutarmi tristemente allo specchio, in attesa del nulla
-Ne hai ancora per molto?- Val bussa energicamente alla porta.
Io la spalanco, ed evitando il suo sguardo, mi dirigo verso la finestra.
-Ma che hai fatto in faccia? Mi sembri uscita da un horror ! – esclama, notando il trucco sbavato e l’aria visibilmente abbattuta.
Rispondo con una smorfia non ben definita, e mi siedo a terra, accanto al termosifone; la vista da questa finestra è splendida,decisamente. La piazza è completamente illuminata, e pullula di gente d’ogni tipo; il McDonald’s ben visibile dalla mia posizione è colmo di persone, e un via vai di ombrelli colorati pervade i vicoli che si diramano dalla piazza.
Amo la pioggia, mi trasmette una tranquillità e una gioia d’animo quasi divina; adoro avvertire il ticchettio della pioggia sui vetri, e lo scorrere delle auto sull’asfalto. Non a caso sono nata in una giornata uggiosa, esattamente come questa sera, diciassette anni fa.
Ad un tratto il mio sguardo si posa alla mia destra, e noto a terra innumerevoli frammenti del mio palmare, che solo pochi minuti prima ho scaraventato a terra presa da un impeto di rabbia; mi armo di tanta pazienza, e comincio a rimettere minuziosamente insieme l’oggetto del quale non riuscirei a privarmi.

***

Qualcosa vibra sul comodino, è il mio cellulare, resuscitato dopo attimi di terrore;
lo prendo tra le mani, e mi cade irrimediabilmente l’occhio sull’orario in alto a sinistra, le 21.21.
Un nuovo messaggio-Visualizza:
‘Mi domando se, rivendendoti, rimarrei di nuovo incantato dalla tua bellezza. B.’


 
  
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