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Autore: Irine    05/09/2011    1 recensioni
La mia vita scorreva tranquilla, era semplice, normale, a volte anche un po’ noiosa, ma mi piaceva, mi lasciavo condurre da essa.
Finché non è arrivato lui. Quel ragazzo. Il ragazzo con gli occhi del mare, colui che mi ha fatto tornare indietro, in un mondo sconosciuto, nel quale avevo vissuto in passato.
Non ricordavo niente del mio passato, della mia vita prima di compiere sei anni.
Più cercavo di far luce su quel periodo, più la mia mente si confondeva.
Non avrei mai immaginato che fosse tanto cruento, tanto orribile.
Ma d’altronde, non avrei neanche mai immaginato che dopo dieci anni, il mio passato sarebbe tornato a cercarmi.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Vieni pure avanti Grace. – Kevin mi invitò ad entrare.
La sua casa era grandissima.
- Dormirai qui. Almeno per un po’. – decisi di porgli la domanda che più mi premeva.
- Tornerò mai dalla mia famiglia?
Kevin rifletté prima di rispondere.
- Credo…..credo di no. Sarebbe pericoloso per te e……no non credo.
- Capisco. – mormorai. Mi voltai in modo che non potesse guardarmi negli occhi. Non volevo che vedesse che stavo piangendo. Quanto può piangere una persona prima di morire? Avevo pianto più in quei giorni che in tutta la mia vita.
 
La giornata passò in fretta. Io non smettevo mai di far domande e Kevin non smetteva mai di rispondermi. Scoprii di poter utilizzare il fuoco a mio piacimento.
- Certo che puoi esercitarti. – rispose Kevin. – Però……fallo mentre non sono a casa. Non voglio rischiare di morire. – riuscì a strapparmi un sorriso. Mi piaceva la sua compagnia.
Verso sera Kevin andò, dicendo che aveva alcune cose da sbrigare, e mi lasciò sola.
Andai in cucina e accesi il fornello del gas. Misi a bollire un po’ di tè, magari mi sarei calmata. Stavano succedendo troppe cose. Tutte troppo in fretta.
Il fischio del thè mi distrasse dai miei pensieri. Stavo per alzarmi e spegnere il fuoco, quando poi pensai:
 
Perché non provare subito?
 
Aprii il palmo della mano, in direzione del fuoco, e cercai di seguire le istruzioni di Kevin.
 
Libera la mente. Concentrati solo su ciò che senti e nient’altro.
 
Scacciai tutti i pensieri dalla mente, nonostante fossero davvero tanti.
 
Cerca il tuo potere. È dentro di te, devi solo trovarlo.
 
Ispezionai ogni parte della mia mente, per trovare qualcosa, ma niente.
Mi concentrai ancora di più.
Spegniti” – pensai mentalmente. Ma il fuoco non accennava alcun movimento.
- Che stai facendo? – chiese una voce alle mie spalle.
Sobbalzai, non solo perché pensavo di essere sola, ma anche perché avevo riconosciuto la sua voce.
- Mi hai spaventata a morte! –esclamai voltandomi.
Grosso errore.
I suoi occhi blu si allacciarono ai miei.
Dentro di me una miriade di emozioni si accesero contemporaneamente.
Il gas prese fuoco. Letteralmente.
Le fiamme erano altissime, e solo in quel momento mi accorsi che il palmo della mia mano era ancora rivolto verso il gas.
Oddio. Ero stata io a provocare quell’incendio?
- Ma cosa….. - mormorò.
Alex si riprese prima di me. Aprì il palmo della mano, come avevo fatto io poco prima, e un getto d’acqua spense l’incendio.
 Lo guardai ad occhi spalancati.
- Tu hai il potere dell’acqua?
- Sì.
- E perché non me lo hai detto?
- Non me lo hai chiesto.
Il volto di Alex cambiò espressione. Sembrava quasi arrabbiato.
- Ma che ti è saltato in mente? Volevi bruciare la casa?
- Sono stata io a farlo? – chiesi, ancora un po’ sconvolta.
- Se togli il punto interrogativo in fondo, la tua frase è giusta. – mi schernì. Ora si metteva anche a fare dello spirito?
- Allora? Volevi bruciare la casa?
No. A dire il vero stavo cercando di spegnere il gas, senza riuscirci, poi sei arrivato tu, e non so perché ho dato fuoco al gas.”
- Io……volevo…..volevo solo provare….Kevin mi ha detto che posso fare tutto con il fuoco, e volevo vedere se era così.
- Dovresti fare più attenzione. – disse Alex.
- È colpa tua se ho dato fuoco al gas. Mi hai spaventato! – mentii. In realtà sapevo benissimo che non era stata la paura ad attivare il mio potere. Era stato lui.
Alex scrollò le spalle.
- Ti consiglio di non attivare il tuo potere in una casa. A meno che tu non abbia intenzione di bruciarla. – se voleva farmi innervosire ci stava riuscendo. E alla grande.
- Stai zitto! – non capivo perché ero così nervosa, ma sentivo la mia pelle surriscaldarsi. Le mie mani bruciavano insieme al mio corpo, e la mia mente era sempre più annebbiata da quel calore….era come….come se il fuoco stesse avendo il sopravvento su di me.
il calore si espanse sempre di più finché…….
Finché non mi arrivò un getto d’acqua addosso.
Cominciai a tossire, per l’acqua che mi era entrata in bocca. Ero completamente bagnata da cima a fondo. Il calore che prima avevo sentito era completamente scomparso.
- Ma sei impazzito? – imprecai contro Alex. Ma che gli era preso?
Alzai gli occhi per vederlo in faccia. Aveva un’espressione tesa……preoccupata.
- Non farlo mai più capito? – ordinò. Non fare cosa?
- Alex, io non ho fatto niente!
- È pericoloso, più di quanto tu immagini. Il tuo potere ti stava dominando e questo non deve succedere. Chiaro? – i suoi occhi erano di ghiaccio, fermi e impassibili. Lasciavano trasparire la rabbia e la preoccupazione.
- Io…..mi dispiace, n-non volevo…..io…. – balbettai, spaventata dalla sua reazione.
Alex sbuffò.
- No…..scusa, non dovevo aggredirti così, è che…..il tuo potere è pericoloso, sia per te stessa, che per gli latri. Devi stare attenta.
- Non ti preoccupare. – mormorai.
Alex mi osservò attentamente, poi le sue labbra si piegarono in un sorriso.
- Certo, che……ti ho proprio bagnata per bene. – dalla sua espressione capii che stava cercando di non ridere. Solo in quel momento mi resi conto di essere ancora completamente bagnata.
- Già, chissà per colpa di chi! – esclamai.
- D’accordo, non ti arrabbiare, scusa. Però……..sembri un pulcino bagnato. – Alex scoppiò a ridere. L’avrei fatto smettere volentieri se la sua risata non fosse stata tanto pura e sincera.
- Aspetta ora ti aiuto…. – disse Alex tra le risate. Prese un asciugamano e prima che potessi capire le sue intenzioni, cominciò a tamponarmi il viso.
- Sei proprio buffa….. – continuò, senza smettere di ridere. Se la rideva, eh? Prima o poi me l’avrebbe pagata!
La sua mano mi asciugava ogni parte del mio viso, e sentivo un formicolio lungo tutto il corpo.
Alex tolse l’asciugamano dal mio viso e mi ritrovai i suoi occhi ad un centimetro dai miei.
Però non poteva comportarsi così! Già era difficile mantenere la concentrazione, con lui così vicino, se poi mi guardava in quel modo……
Non aveva ancora tolto la sua mano dal mio viso, e mi accarezzò la guancia con il pollice.
Deglutii, mentre sentivo il mio respiro farsi più corto.
Il mio cuore batteva impazzito, e non sembrava voler rallentare.
 
Calma, calma, calma…..
 
Alex sembrava volermi dire qualcosa, ma in quel momento lo sbattere della porta ci fece trasalire.
Kevin era tornato.
Io e Alex ci staccammo, e io ripresi a respirare.
Senza che Alex mi vedesse, mi poggiai una mano sul cuore. Batteva, così forte da voler schizzare via dal petto. Da una parte ringraziai Kevin per essere tornato, altrimenti la mia mente avrebbe smesso di funzionare per colpa di Alex. Dall’altra il mio cuore protestava. Desideravo sentire di nuovo la mano di Alex sul mio volto, e volevo che mi guardasse come aveva fatto poco prima.
Repressi quel desiderio irrazionale.
- Ciao Alex. – Kevin ci raggiunse in cucina. – Ciao Grace, non hai dato fuoco alla casa? – chiese, sorpreso.
Spalancai gli occhi.
- Non fare quella faccia. – disse, sorridendo. - Stavo solo scherzando. Pensavo che dopo le mie informazioni avresti provato a sviluppare il tuo potere e che ti fosse sfuggito il controllo, incendiando la casa; ma evidentemente mi sbagliavo. Meglio così, comunque.
- Diciamo che qualcosa l’ho bruciato. – ammisi, lanciando un’occhiata al gas, mezzo bruciacchiato.
Kevin esaminò il danno.
- Mi aspettavo molto di peggio, non preoccuparti. Alex ha fatto peggio di te, all’inizio.
- Ah sì? - chiesi incuriosita. Chissà perché questa cosa Alex non me l’aveva detta.
- Sì, ha praticamente allagato tutto il paese. – Kevin ridacchiò, mentre Alex lo trucidava con lo sguardo.
- È stato un incidente. – sentenziò Alex. – E non era tutta colpa mia.
- Certo. Come no.  – rispose Kevin.
Sorrisi a quello scambio di battute. Sembravano padre e figlio.
In quel momento sbadigliai.
Non mi ero resa conto di quanto fossi stanca. Sentivo tutta la giornata pesarmi addosso.
- Fagli vedere la sua stanza Alex. Io devo risolvere molte questioni.
Alex annuì.
- Posso farti una domanda? – chiesi ad Alex, quando fummo da soli.
- Una sola. – rispose, sorridendo.
- Kevin è tuo padre?
Alex si voltò verso di me, sorpreso.
- Perché mi fai una domanda simile?
- Non lo so. È vero, non vi assomigliate, però…..si vede che vi volete bene.
- Non è mio padre, ma è come se lo fosse.
- E i tuoi genitori? – desiderai non aver aperto bocca. Sul suo viso si dipinse una maschera di tristezza, e i suoi occhi diventarono freddi.
- Sono stati uccisi.
- Mi dispiace. – mormorai.
Alex scrollò le spalle.
- È passato tanto tempo.
Capii che per lui non era facile parlarne, così cercai di cambiare discorso.
- Perché sei così arrabbiato con Katie?
- Avevi detto una sola domanda, siamo già a due…E poi devi andare a dormire.
- Non sono una bambina. – replicai. – E voglio sapere perché la odi così tanto.
- Non mi va di parlarne. – mormorò. La sua voce era così tormentata che lasciai cadere il discorso.
Alex mi accompagnò alla mia camera senza più dire niente.
- Per qualunque cosa….io sono qui accanto, ok? – disse.
- Che cosa? Tu dormi qui?
- Certo. Altrimenti chi ti controlla?
- Ma….
- Buonanotte.
Alex si allontanò, senza darmi il tempo di replicare.
- Buonanotte, Alex…. – sussurrai, quando lui era già sparito.
Mi chiusi la porta alle spalle, e osservai meglio la stanza. Per terra era steso un grosso tappeto blu, con qualche sfumatura bianca ai bordi. Mi tolsi le scarpe e ci camminai sopra a piedi nudi. Era soffice, morbido e soprattutto riscaldava. I miei piedi provarono immediatamente sollievo da quel contatto.
C’erano due finestre, tutte e due attrezzate di tende. Erano più o meno dello stesso colore del tappeto, blu con sfumature azzurro chiaro. Ondeggiavano lievemente, scosse dai deboli soffi del vento. Un fremito mi percorse il corpo. Chiusi immediatamente la finestra, intanto con lo sguardo continuai a scrutare la stanza.
Gli armadi e i cassettoni invece erano totalmente bianchi, mentre la libreria era sempre blu e sfumava nel bianco al centro. Appena la vidi, capii che era la cosa più preziosa della stanza, adoravo i libri e il fatto di avere un’intera libreria a disposizione mi rendeva davvero felice.
Adoravo quella stanza. Non solo perché era grande e bellissima, ma perché mi ricordava Alex. L’azzurro e il blu mi ricordavano i suoi occhi.
Un momento. Che avevo pensato?
Mi piaceva la stanza perché mi ricordava gli occhi di Alex?
Che cosa……sdolcinata!
Era colpa della stanchezza. Sicuramente.
Mi buttai sul letto, stanca morta e mi misi sotto le coperte, senza neanche pensare a cambiarmi, tanto ero più che sicura che nel giro di un minuto sarei crollata.
Spensi la luce dall’interruttore lì accanto e venni avvolta nell’oscurità.
In quel momento una sensazione nuova mi invase, fino a colmare tutto il vuoto che provavo, una sensazione che non ricordavo di aver mai provato prima; una sensazione di conforto e di consolazione.
Nonostante il mio passato sconosciuto, le mie paure, i miei dubbi, e i segreti in mezzo ai quali vivevo, per la prima volta nella mia vita sentii che quello era il mio posto.
Sentivo di appartenere a quel luogo, e prima di addormentarmi un pensiero era fisso nella mia mente: ero a casa.
 
 
Mi risvegliai in mezzo al nulla, non vedevo niente, non sentivo niente neanche sotto di me. Era come se fossi sospesa nel vuoto. Ad un tratto udii una voce molto forte e acuta.
Mi avvicinai, seguendo quella voce.
- Allora David? Come procede?
- Mmm . . .
- Che c’è? Sei diventata una mucca?
- No, è che . . . - prese un lungo respiro. - Le missioni procedono bene, ma credo che . . .
- Cosa credi?
- Che c’è qualcosa di strano.
- Spiegati meglio! – urlò la voce esasperata.
- Abbiamo un problema. Un problema molto serio.
- SPIEGATI MEGLIO!
- Guarda qui. – ci fu un attimo di silenzio, in cui nessuno osò fiatare.
- Non è possibile. – disse la voce.
- Già.
- Tu, . . . credi che . . . credi che possa aver . . .
- Sì, credo proprio di sì.
- Non è possibile! Ha fallito.
- Già. Come ha fatto a non portare a termine il suo compito?
- Non lo so come ha fatto; ma giuro che appena torna lo riduco in briciole.
- Magari avrà una giustificazione.
- Non mi interessano le sue giustificazioni David, mi interessa il modo in cui lo ucciderò.
- Il capo si arrabbierà.
- Per ora è meglio non dirgli niente, ci penserò io a sistemare quell’imbecille, prima che il capo ne sappia nulla.
- David.  – tuonò una voce esterna due ottave più alta. Una voce che non apparteneva a nessuna delle due che avevo ascoltato finora.
- Mi . . . mio signore, cosa . . .
- Che sta succedendo qui?
- Niente. – risposero le due voci all’unisono. Sembravano spaventate dall’arrivo dell’ultima voce.
- C’è qualche problema?
- Ehm . . . no no, tutto a posto.
- Il nostro membro ha portato a termine il suo compito?
- Ma certo mio signore, almeno credo.
- Sarà meglio per lui. – sentivo tre voci diverse, ma non riuscivo a distinguere chi stava parlando; però l’ultimo arrivato sembrava essere il capo degli altri due.
- Ehm . . . veramente signore, un problemino ci sarebbe.
- E cioè?
- Beh, ecco . . . a-allora . . .
- Non balbettare!
- Abbiamo un problema molto serio.
- Non ora!
- Ma . . . è importante . . .
- Non è né il momento, né il luogo per parlarne. E adesso zitto! C’è qualcosa di strano. C’è qualcosa di molto strano.
- Mio signore cosa intende fare con . . .  – iniziò a chiedere la voce, che apparteneva all’uomo che si chiamava David.
- Zitto!
- Ma . . . ma mio signore, io volevo solo chiederle se . . .
- NON FIATARE! – gridò. Tutti si paralizzarono, me compresa.
- Che succede? – chiese David, dopo qualche secondo.
- Lei è qui. – mi si gelò il sangue nelle vene, smisi di respirare e mi paralizzai.
- Cosa?
- Lei è qui, la sento.
- Non . . . non è possibile . . .
- STAI DICENDO CHE NON HO RAGIONE?
- Oh no, non lo direi mai, solo che se lei fosse qui, beh . . . ce ne saremmo accorti, insomma . . . .
- Tu non la conosci, non sai di cosa è capace.
- Ma qui con noi non c’è nessuno. Ci saremmo accorti, se in qualche modo fosse entrata.
- Tu non sai di cosa è capace, inoltre il potere del fuoco, non ha limiti!
Dovevo fuggire da quel posto, ma non avevo idea di come fare. Tremavo di paura, stentavo a stare in piedi, i brividi mi percorrevano la schiena e faticavo a respirare.
- Sono sicuro che lei è qui. Proprio là. – non potevo vedere i volti, ma sentivo qualcosa, che strisciava verso di me. Qualcosa, o più probabilmente qualcuno.
- È vicina.
Sentii la voce ancora più vicina a me e mi bloccai: ero in  trappola non riuscivo a muovermi, per quanto lo desiderassi. E comunque non avrei saputo dove rifugiarmi. Sentii una figura stanziarsi davanti a me, fui presa dal panico.
Cercai di urlare, ma non avevo fiato, e probabilmente nessuno mi avrebbe potuto sentire, o aiutarmi.
Mi svegliai di soprassalto.  Mi tirai su a sedere sul letto ansimando e sudando. Erano solo un incubo, mi dissi. Era solo uno stupido incubo, continuai a ripetermi. Chi erano quelle persone? E come avevano fatto ad accorgersi di me?
Sentii qualcuno bussare alla porta della mia stanza.
- Avanti. – dissi tremolante.
Alex entrò cautamente e si avvicinò a me.
- Stai bene? – domandò. Vedendo che non rispondevo, ripeté la domanda:
- Stai bene?
- Sì, perché?
- Ti ho sentita urlare. – abbassai gli occhi. Alex si sedette accanto a me, aspettando che gli dessi spiegazioni.
- Ho fatto un sogno, anzi un incubo.
- Che tipo di incubo?
- Non lo so, io . . . c’erano delle voci, e poi si sono accorte che c’ero anch’io, e poi erano strane, io. . . io . . . – dissi agitata.
Alex mi guardò con dolcezza.
- Grace, non capisco niente. – disse.
- Non capisco niente neanche io. – urlai angosciata, girando la testa di scatto e guardandolo dritto negli occhi.
Lacrime involontarie cominciarono a scendere.
Inaspettatamente Alex mi attirò a sé e io poggiai la testa sul suo petto, chiudendo gli occhi, e bagnando tutta la sua maglia. Mi tenne stretta finché le lacrime non smisero di scendere, e finché i miei fremiti non si attenuarono del tutto, fino a scomparire.
- Stai calma. – sussurrò Alex. – Era solo un incubo. Adesso sei al sicuro. – aveva ragione. Nonostante la confusione, nonostante la paura e il dolore mi sentivo finalmente al sicuro tra le sue braccia. Alex mi stringeva forte, ma non mi faceva male.
Mi sentivo protetta.
- Grazie. – sussurrai.
- Per cosa? – chiese confuso. Per essere qui con me, per il fatto che anche solo con un tuo sorriso riesci ad aiutarmi, per il semplice fatto di esistere. – pensai. Non avrei mai avuto il coraggio di dire quelle cose ad alta voce.
- Perché mi fai sentire al sicuro. – risposi.
Alex mi strinse ancora di più e gli fui grata per questo.
Lasciai che la paura mi scivolasse di dosso e mi addormentai tra le sue braccia.
Ancora non mi ero resa conto, che lentamente, mi stavo innamorando di lui.

 


Angolo Autrice
 
Ciao a tutti!!
Scusate il ritardo, ma ritornare dalle vacanze è stato traumatico, soprattutto perché ho trovato tutti i compiti ad aspettarmi…XD!
Spero che il capitolo vi piaccia e che lascerete una piccola recensione, anche negativa.
Ringrazio tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite, le preferite e le ricordate, e grazie anche a tutti coloro che leggono la mia storia in silenzio.
Ma un GRAZIE speciale alle ragazze che recensiscono :D
  
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