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Autore: Lennyk192    07/09/2011    3 recensioni
Sulla pergamena erano presenti pure e semplici anime gemelle, destinate ad amarsi per sempre.
Pensò che c'erano storie d'amore che diventavano immortali, così intense e memorabili che scaldavano il cuore di chi le viveva, e quello era proprio il genere di testimonianza del passato che desiderava portare con sè.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I. RETURN
 
"Il destino non viene da una sola direzione, 
ma cresce dentro di noi" _Hermann Hesse_
 

Il pullman si fermò finalmente alla stazione e, nel mezzo del chiacchiericcio concitato dei presenti, Alisha distinse più di un sospiro di sollievo a quell'ultima sosta.
Andover.

Ancora pochi minuti e sarebbero arrivati a destinazione.
Erano le sei del mattino, quando la sua compagna di stanza l'aveva 'gentilmente' svegliata con una cuscinata in piena faccia, iniziando a parlare a macchinetta, intimandole di darsi una mossa per evitare che partissero senza di loro e per riesaminare tutti i documenti prima di uscire di casa.
Paranoica.

Per Hannah era il primo vero impiego retribuito dal giorno della laurea e l'eccitazione arrivava a picchi altissimi, intercalata da momenti di profonda ansia.
"E se rovinassi qualcosa? Danneggerei un'opera millenaria!" si era lamentata la sera prima, addentando il suo hot dog e lasciando fuoriuscire il ketchup dall'estremità opposta.
"Ma di che parli? In primo luogo, quella chiesa è stata ricostruita più o meno nel 1924, poi non penso che ti avrebbero dato una laurea in restauro e conservazione se tu fossi un'incapace!" aveva tentato di sollevarla lei, cercando di non dare troppo a vedere la sua espressione scocciata.
Si era sforzata di sorriderle, rassicurante, come qualunque buona amica avrebbe fatto.

"Beh, in ogni caso, se combinassi un pasticcio e venissi licenziata...avrei più tempo per incontrare un bel figo!" aveva ironizzato allora l'amica.
Alisha le aveva gettato un'occhiata esasperata.

Hannah era la tipica ragazza romantica che sognava il Principe Azzurro e l'amore eterno, ma davanti ad un bel ragazzo finiva per diventare la Bridget Jones della situazione: cadute plateali, gaffe e così via.
Nonostante questo, nulla l’aveva mai distolta dal suo obiettivo.
Chi non la conosceva, la giudicava un pò svampita e tendeva a tenerla a distanza per non essere additato anche lui, tuttavia Alisha, che  aveva imparato a capirla bene negli ultimi quattro anni di convivenza 'forzata', la vedeva più come una ragazza goffa, simpatica e con la testa fra le nuvole.

Niente di così strano.

Vivendo con sua madre, fisioterapista e praticante wicca, era avvezza alle stravaganze.
Joanna Waldeck, infatti, era una creatura alquanto bizzarra.
Riteneva che il lavoro al centro benessere di Boston, fosse necessario per tutte quelle faccende burocratiche che odiava tanto, ma che la sua intera esistenza appartenesse unicamente alla Natura, attraverso cui raggiungeva uno stato di concentrazione e un'elevazione mentale che andava al di là dei beni materiali.

Alisha voleva bene a sua madre ma, una volta entrata al college, abbandonare la casa in cui era cresciuta non aveva rappresentato un così grande sacrificio.

Pur essendo ormai vicini alla primavera, il vetro a cui aveva poggiato la fronte durante il viaggio, era gelido. Le vibrazioni del veicolo le avevano fatto venire la nausea e non vedeva l'ora di arrivare in città per mettere qualcosa sotto i denti.

Lei e Hannah avevano preso una stanza alla pensione di Salem, in attesa di trovare un appartamento economico in affitto. Non sapevano quanto si sarebbero trattenute, ma la responsabile del progetto, Lauren, aveva detto loro che in certi casi si trattava di un tempo compreso tra gli otto e i dieci mesi.

Joanna le aveva consigliato di far arieggiare la vecchia villa di famiglia, abbandonata da più di quindici anni e utilizzata, in attesa di vendita, come deposito.
Lei aveva rifiutato.
Quella casa le aveva sempre messo i brividi, i pochi ricordi che ne aveva comprendevano i racconti raccapriccianti della nonna sulle streghe impiccate nel 1692 e sepolte sotto le fondamenta.
Solo lei poteva vivere su un vecchio cimitero, considerò Alisha.

Non che ci avesse mai creduto, ma la madre di Joanna era persuasa che loro fossero le dirette discendenti di una schiava accusata di stregoneria nel diciassettesimo secolo e, per qualche motivo, questa convinzione alimentava il suo ribrezzo per certe storie. Già accettare un lavoro a Salem era stato un passo falso, a suo parere, non voleva anche riprendere i contatti con quel luogo lugubre.

Qualcuno le tamburellò le dita sulla spalla e Alisha si riscosse dai suoi pensieri.
Sollevò pigramente le palpebre, strofinandosi lievemente gli occhi.
Il pullman si era nuovamente fermato.
Non se n'era accorta, tanto era presa a respingere quei ricordi spiacevoli in una parte remota della sua testa.

"Dovremmo scendere, sai. Tra qualche ora questo affare ritorna a Boston!" le spiegò Lauren, esibendo un sorriso smagliante anche dopo aver trascorso ore ed ore stipata in un pullman con i sedili troppo piccoli.
"Sì, scusa. Mi sono distratta" rispose balzando in piedi e afferrando di malagrazia la pesante borsa a tracolla.
"Tutto ok? Stavolta non mi sembri così entusiasta del lavoro " le chiese, scrutandola con occhi attenti.
Lauren aveva degli occhietti azzurri, piccoli e sorridenti, e sembrava poter leggere la tua anima con un solo sguardo.
"Ma no, sono contenta! E' solo che i posti dove si sono svolti certi eventi cruenti, come Salem, mi mettono un po’ di inquietudine addosso" si affrettò a dire, oltrepassandola.

Di certo non avrebbe potuto raccontarle la verità, se non voleva passare per una bambina di cinque anni, che si spaventa a sentir parlare delle credenze popolari.
"Mmh, ti capisco. Ma fa parte della storia, è stata anche quella una tappa importante"
Non per le povere donne impiccate ingiustamente! replicò Alisha nella sua mente.
Si limitò ad annuire e a raggiungere Hannah al bar.
Le aveva già ordinato il pranzo.


***

"Insomma, io ero lì alla cassa e improvvisamente lo vedo...lui alza lo sguardo e mi sorride! Oh, avresti dovuto esserci, ha un sorriso da sturbo! E' uno schianto, davvero, l'ha detto anche Kat!"
"Ma dai?"  fece, fintamente interessata al racconto dell'ennesimo macho incontrato dall'amica.

Quattro uomini su cinque, per lei, erano classificabili come schianto, macho e svariati termini simili a questi.

Hanna assunse una posa drammatica, iniziando a sproloquiare come un’eroina di qualche film anni ‘50.
"Lui si è avvicinato, abbiamo scambiato due chiacchiere e…oh mio Dio, aveva una voce celestiale. Mi ha invitato a uscire stasera e naturalmente io ho accettato. Quando se n'è andato Kat mi ha bisbigliato all'orecchio che se solo fosse arrivata prima lei..." raccontò concitata, illudendosi che lei l'ascoltasse.

Alisha si guardò intorno cercando di rintracciare qualche luogo familiare, ma non ebbe esiti positivi.
Per una che aveva passato tutte le estati dalla nonna, aveva una memoria davvero schifosa.
Non le evocava nulla nemmeno la stazione lì a destra, dove andava a giocare col vicino Tommy Olsen, un bambinetto grassoccio poco più piccolo di lei, che la seguiva come un'ombra ovunque andasse.
Era, in definitiva, l'unico che le si avvicinasse nonostante le chiacchiere popolari circa la sua famiglia, la loro attitudine alla stregoneria, il colore più scuro della pelle, secondo alcuni, testimonianza della loro discendenza dalle streghe.

Come Tituba Indians, accusata di intrattenere rapporti con il diavolo.

Tommy non aveva mai dato peso a certe cose, era simpatico e dolce.
Scherzosamente mia madre lo chiamava 'Dimples' per via delle fossette, che gli caratterizzavano il viso.
Sorrise appena a quel ricordo.
Brutta mossa.

"Ali, ma mi stai ascoltando? Perchè ridi, ti ho appena detto che non ho niente da mettermi!" esclamò Hannah, spazientita e offesa. La ragazza sospirò nervosamente, portandosi una ciocca ribelle di capelli dietro l'orecchio.
"Si, certo che ti ascolto. Pensavo che come al solito dovrò prestarti qualcosa di mio" mentì.
L’espressione raggiante che l'amica le rivolse, le fece capire che c'era cascata in pieno.
"Anche il tuo top rosso carminio?" domandò congiungendo le mani e sporgendo in fuori il labbro inferiore.
Alisha scoppiò a ridere guardando la sua espressione da cucciolo e decise che, dopo quella bugia, poteva permettersi di sacrificare il suo top, così annuì. "Ma non fartelo strappare di dosso ok? Ci tengo!"

"Ragazze, se avete finito, ci avviamo verso la pensione"  annunciò Samuel, il compagno di Lauren.
Buffa quella storia del divieto di intrecciare una relazione con un collega, pensò distrattamente Alisha, mentre infilava una mela verde nella borsa e guardava i due sbaciucchiarsi.

Il sole che le picchiava sulla testa, non particolarmente caldo, illuminava la sua pelle bronzea in modo uniforme e creava degli stani riflessi rossi sui suoi capelli scuri e ricci.
La camminata non fu molto lunga, ma le occhiate interrogative dei passanti erano piuttosto fastidiose.
Non hanno mai visto un gruppo di persone camminare insieme?

La pensione era un edificio enorme, in stile gotico, come la maggior parte di quelli che aveva adocchiato in città.
Le finestre erano piccole, a forma di losanga, i mattoni marrone bruciato che lo costituivano, erano in perfetto stato e gli conferivano un'aria solenne.
Era una splendida facciata e sospettava che all'interno, sarebbe stata altrettanto bella.
Non si stupì nel constatare che le sue previsioni erano giuste.

Alla reception li accolse tale Miss Warren, una donna non molto alta, sulla cinquantina e i capelli sopra le spalle, con un taglio che le ricordava terribilmente quello di Carrie Fisher.
Distribuì loro le chiavi e mostrò a tutti le camere in cima alla scala.
"Grazie mille, arrivederci" la congedò gentilmente Hannah, chiudendo la porta dietro di sé e raggiungendo in un istante l'amica, già comodamente sdraiata sul letto.
"Ali? Pensi che in questo posto ci sia un'erboristeria che vende shampoo all'olio di patchouli? L'ho dimenticato a casa, accidenti!"
Alisha sbuffò lievemente e sollevò la testa quel tanto che bastava ad osservare la faccia triste dell'altra, ferma al centro della stanza, con il suo beauty case stretto tra le braccia.
"Se ti prestassi il mio?"
"No, il tuo è alla vaniglia, non mi piace!" cinguettò lamentosa, cominciando a camminare avanti e indietro per la stanza. Oddio, ennesima crisi in corso.
"Va bene, vado a chiedere alla signora Warren, ok? Cerca di calmarti"

Aprì la porta e si recò di sotto, guardandosi intorno spaesata, ma della donna non c'era traccia. 
Ovvio.
"Posso aiutarti?" le domandò una voce maschile, calda e vibrante.
Un uomo in giacca e cravatta se ne stava appoggiato allo stipite della porta alle sue spalle, e le sorrise, quando lei si girò di scatto. Era alto, sulla trentina, aveva i capelli biondi e leggermente mossi, un'espressione dolce sul viso non troppo squadrato.
"Oh, salve io...cercavo la signora della reception, vorrei un'informazione"

Mio Dio, quanto è bello...
Se lo vedesse Hannah sverrebbe di sicuro!


"Del tipo?" fece per avvicinarsi e lei istintivamente si irrigidì.
"Sa per caso se c'è un'erboristeria nei dintorni?" mugugnò dubbiosa, mordicchiandosi l'interno della guancia. Lui la squadrava neanche fosse la reincarnazione di un avvoltoio, senza malizia, ma insistentemente.
"In fondo ad Endicott St, la troverai subito, l'insegna è...piuttosto notevole" le rivelò con un sorrisetto sghembo. "Io sono Chris Warren, comunque. Dammi pure del tu o mi farai sentire vecchio. Sei con il gruppo del restauro?" continuò poi, offrendole la mano.
Dopo essersi passata la sua sui jeans, sperando che non fosse troppo sudata, lei ricambiò la stretta.
"Sì, esatto. Mi chiamo Alisha Waldeck. Sei il figlio della proprietaria?" chiese, ringraziandolo mentalmente per non aver dato a vedere di aver notato il gesto nervoso.
Chris annuì. "Al momento è in giardino a curare l'orto. Nel caso la cercassi ancora, la troverai di sicuro lì, ci trascorre la maggior parte del tempo"

La ragazza aprì la bocca per ringraziarlo, quando un uomo entrò trafelato dalla porta d'ingresso.
Aveva l'aria di essere parecchio nervoso, si passo una mano tra i capelli brizzolati e dopo averle lanciato una rapida occhiata, si rivolse direttamente a Chris.
"Dobbiamo sbrigarci. Tuo fratello..." borbottò soltanto, facendo un cenno alla porta aperta.
"Arrivo" fece il ragazzo, di colpo serio. "E' stato un piacere Alisha, spero di vederti ancora" le disse poi, sorridente, prima di seguire quello che doveva essere suo padre.

Sbirciando fuori dalla piccola finestra, scostando appena la tenda azzurra, riuscì a distinguere le parole 'sempre il solito' pronunciate dall'uomo, mentre scuoteva nervosamente la testa, aprendo lo sportello dalla parte del passeggero.
C'è sempre una pecora nera in famiglia...pensò mentre saliva le scale e si preparava a dare la bella notizia all'amica.

 ***

"Buongiorno, care! Come posso aiutarvi?" esordì una vocetta stridula.

Le due si guardarono confuse e vagamente divertite, la donna doveva trovarsi sicuramente oltre la tenda rossa, appesa dietro la cassa, e si chiedevano come avesse fatto a vederle data la stoffa spessa.
"E' inquietante!" sibilò Hannah al suo orecchio, lanciando occhiate sospettose al tessuto color rubino.
"Ma smettila, ci avrà visto dalla vetrina, no?" fece lei di rimando, scettica fino al midollo.

Rientrando in stanza, quel pomeriggio, aveva trovato l'amica a spargere sale vicino alle finestre.
Quando le aveva domandato che diavolo stese facendo, quella l'aveva informata su certe 'prevenzioni' che si dovevano adottare a difesa degli spiriti maligni, in un luogo di morte quale era Salem.
"L'ho letto su internet, il sale è reputato un canalizzatore di energie, in grado di purificare e liberare luoghi e persone da ogni forma di negatività, indotta e non" era stata la replica alla vista della sua faccia sconvolta.
"Sembri mia madre" aveva borbottato Alisha, incrociando le braccia sul petto.
Era tornata su con la voglia di raccontarle di Chris, ma quelle strane pratiche l'avevano innervosita.
"Infatti il sito me l'ha consigliato Joanna!"
Come stupirsi.

Il viso piccolo e tondo della donna, fuoriuscì da un lato del drappo, seguito subito dopo dal resto del corpo.
"Salve!" esclamò esibendo un sorriso a trentadue denti, mentre appoggiava con un tonfo uno scatolone sul tavolo. Una cortina di polvere si alzò e fluttuò nell'aria, facendo tossire le due clienti.
"Oh, scusate. Non lo prendevo da un pò. Volete un bicchiere d'acqua? O magari una bella tazza di thè?" domandò amorevole, sfilandosi i guanti e mostrando loro le sue unghie lunghe laccate di blu e la miriade di anelli che aveva per ogni dito.

Ad Alisha sembrò di sentire la polvere depositarsi sulle pareti dei suoi polmoni e tossendo più forte scosse la testa. Voleva uscire da lì il prima possibile e sospettava che la tipa l’avrebbe tirata per le lunghe.
"Non importa. Senta, sto cercando uno shampoo all'olio di patchouli. Lo vende?" chiese impaziente Hannah, tamburellando le dita sul tavolo rotondo.
"Patchouli? Oh, lo adoro! Te lo prendo subito, cara" fece dirigendosi allo scaffale blu cobalto alle loro spalle. Afferrò una boccetta di vetro bianca e la porse alla ragazza, sorridendo raggiante.
"Ecco qua. E, a proposito, io sono Chandra" le informò mentre tirava fuori dal cassetto una bustina marrone, di carta, dove pose il prodotto.
"E' un piacere conoscerla. Mi ha salvato la vita! Sa, oggi ho una specie di appuntamento con un ragazzo che..." un colpo di tosse eloquente di Alisha la interruppe bruscamente.
Chandra non sembrò offendersi a quel gesto, anzi ne sorrise. "Immaginavo che fosse per un appuntamento. Pachouli...se non erro attrae l'amore appassionato e propizia la fertilità!" le riferì, facendole l'occhiolino.

In seguito spostò l'attenzione su Alisha che, con aria visibilmente scocciata, osservava attentamente la porta d'uscita come se fosse un'ancora di salvezza.
"Non mi aspettavo di rivederti, cara. Mi fa piacere che tu sia tornata alle tue origini"
La ragazza sgranò gli occhi verdi, in netto contrasto con la sua pelle scura, e giocherellò nervosa con l'orecchino, mentre le rispondeva. "Noi...ci conosciamo?”
"Assolutamente sì! Io e tua madre siamo cresciute insieme. Tu da bambina passavi molto tempo in qui erboristeria, ad aiutarmi con gli infusi e le erbe, mentre Joanna studiava nel retro" le ricordò, allungando una mano per accarezzarle la guancia.
Lei si ritrasse appena. Odiava il contatto fisico non richiesto. "Ehm...sì. Mi fido sulla parola"
"Hai intenzione di andare a vivere a casa della nonna, tesoro? Sarebbe ora che qualcuno lo facesse, è un peccato sprecare una villa così bella"
"No, non credo proprio. Cercheremo un appartamento a poco prezzo" rispose Alisha, indietreggiando impercettibilmente in direzione dell'uscita.
"Capisco. Tua madre pratica ancora la magia wicca? Immagino di sì, era molto devota. Da quando se n'è andata, io e il gruppo preghiamo perché gli dei proteggano il suo spirito"

Grandioso, altri wiccan!

"Ah, che cosa...ehm...premurosa!" ironizzò, sperando che Chandra capisse l'antifona.
Parve di sì, perché focalizzò nuovamente la sua attenzione su Hannah.
"Spero che tu riesca a trovare ciò che desideri, cara. Ma se così non fosse, non disperare" sussurrò al suo indirizzo, con voce carezzevole. La ragazza si domandò se le stesse portando sfortuna o se semplicemente si fosse limitata a darle un prezioso consiglio.
Alla fine optò per la seconda ipotesi e la ringraziò, prima che Alisha la trascinasse fuori per un braccio.

"Perchè tanta fretta, scusa? Era così gentile" la interrogò una volta ripresa la via della pensione.
"Non volevo rischiare che ci invitasse ad un incontro wicca, con quelle svitate non si sa mai!"
"Che intendeva dire con 'le tue origini'? Sei nata da queste parti?"
L'altra sbuffò. "Sì. Ho vissuto qui fino ai dieci anni, poi ci siamo trasferite a Boston. Per un po’ io e la mamma siamo tornate a Salem ogni estate...e non c'è altro" concluse aumentando il passo.
Dopo pochi minuti sentì Hannah arrancare dietro di lei e rallentò.
"Perchè non me l'hai mai raccontato? È  per questo che all'inizio non volevi venire?" si sentì domandare mentre apriva la porta d'ingresso e saliva le scale a passo d'elefante.
"Senti, mia nonna era, se possibile, ancora più fissata di mia madre con la magia e stupidaggini simili. Non è una cosa di cui mi vada parlare. Mi dà fastidio, lo sai"
Hannah la guardò attentamente per un minuto, poi annuì. "Ho capito. Non parliamone più. Grazie di avermi accompagnata. Adesso vado a fare un bel bagno rilassante con taaaanti sali profumati!" cinguettò, scalciando malamente le scarpe da ginnastica.

Alisha si sdraiò sul letto e sospirò, fissando il soffitto candido.
Era lì da nemmeno un giorno e già si era ritrovata faccia a faccia con una strega, se così la si poteva definire.
Era assolutamente ridicolo che nel ventunesimo secolo persone adulte e -  si supponeva - mature, credessero all'esistenza della magia.

"Non essere così ingenua da pensare che praticare la magia significhi volare su una scopa, indossare un cappello a punta e fesserie del genere. La magia è la disciplina che permette di renderci consapevoli della nostra reale volontà e l'arte di plasmare il mondo, esteriore e interiore, secondo questa" le aveva detto una volta sua nonna Rhona.

Quelle parole le risuonavano nella testa, come una sorta di monito, ogni volta che denigrava le tradizioni che la sua famiglia tanto elogiava. Proprio come in quel momento.

Un alito di vento la fece rabbrividire e un pò di granelli di sale si depositarono sul tappeto.
Lei sollevò la testa, aggrottando le sopracciglia e posando lo sguardo confuso sulla finestra chiusa alle sue spalle, poi si voltò verso la porta.

Era chiusa anche quella.
  
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