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Autore: Lennyk192    07/09/2011    1 recensioni
Sulla pergamena erano presenti pure e semplici anime gemelle, destinate ad amarsi per sempre.
Pensò che c'erano storie d'amore che diventavano immortali, così intense e memorabili che scaldavano il cuore di chi le viveva, e quello era proprio il genere di testimonianza del passato che desiderava portare con sè.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II. FIRST WEEK
 
"E' la mia debolezza : mi faccio impressionare
troppo facilmente dalle persone sbagliate" _I.Welsh_


 
"Non credi che dovrei preoccuparmi? Insomma, è trascorsa un'intera settimana e ancora niente!" il sussurro petulante di Hannah sembrava rimbombare nella Grace Church, mentre decine di ragazzi erano impegnati con la doratura della cupola alla base del campanile.
Improvvisamente le corde attorno al suo corpo le sembrarono troppo strette, soffocanti.
Forse era solo l'effetto delle chiacchiere eccessivamente noiose da cui, all'altezza a cui si trovavano, era impossibile sottrarsi. Le parole confuse dell'amica, le formarono una morsa insopportabile allo sterno e Alisha dovette posare più volte il pennello e concentrarsi sulla respirazione.

"Non fare tante storie, Han. Se un uomo ti dice che forse ti chiamerà, non vuol dire necessariamente che lo farà!" la rimproverò Kat, con fare superiore. A quelle parole Hannah ebbe un fremito di rabbia e l'intera impalcatura sembrò oscillare. 
"Non ha detto ‘forse’. Ha detto ‘sono stato bene, magari ci sentiamo’. È diverso!" ringhiò in risposta, voltandosi verso la compagna di stanza, in cerca di un appoggio. "Giusto Ali?"
La ragazza sbuffò esasperata, distogliendo lo sguardo dall'aquila dipinta sul muro.
Si passò una mano sulla fronte umida, scostando la fascia blu di qualche centimetro e lasciando libero qualche ricciolo scuro.
"Beh, in realtà Kat non ha tutti i torti, questa volta. Probabilmente si è davvero divertito, ma non richiama perché in fondo non sei il suo tipo" disse cauta, ponderando ogni parola, per non correre il rischio di offenderla. L'amica sollevò un sopracciglio e respirò a fondo, in silenzio.
Dopo pochi secondi mormorò un "Forse è così" stiracchiato, alzando le spalle con finta indifferenza.
Ma Ali sapeva che c'era rimasta male.

La sera dell'appuntamento si era sistemata di tutto punto: tacchi a spillo, il suo top rosso con la gonna nera a balze e piastra ai capelli, che di solito lasciava morbidamente ondulati sulle spalle.
L'aveva persino sentita provare un discorso, mentre faceva il bagno. Le aveva confidato che, per una volta, avrebbe voluto apparire sensuale e non teneramente goffa, come la giudicava chi usciva di solito con lei.
Quando era rientrata - alle quattro del mattino - era al settimo cielo, tanto da non sentire nemmeno la stanchezza nel doversi alzare presto per lavorare.

"Ascolta l'esperta: chi non apprezza non merita!" continuò imperterrita Kat, sventolando la mano e schizzando le altre due con la pittura dorata.
"Grazie tante per la perla di saggezza" l'ammonì Alisha, lasciandosi scendere a terra, in un rumore stridulo che ricordava quello di una canna da pesca. Sganciò dall'imbracatura le corde che la tenevano ancorata all'impalcatura e avanzò verso la bacinella d'acqua ai piedi dell'altare. Dopo tante ore di lavoro, era cotta.

Dall'alto le voci sommesse delle ragazze la raggiunsero, facendole scuotere la testa.
Con colleghi del genere diventava difficile concentrarsi sul progetto.
Non appena aveva messo piede il quella chiesa, il primo giorno, se n'era innamorata.
Gli archi carenati, la galleria di triforio a trilobo situata sopra le navate laterali, mediante la teoria di loggette.
Era una struttura stupenda, ai suoi occhi e a fine settembre lo sarebbe stata ancora di più.
Il suo settore era quello dell'iconografia al di sotto della cupola. 
I quattro animali che fiancheggiano l’immagine di Cristo sul portale della chiesa, costituivano una prima categoria iconografica il cui significato simbolico non lasciava margine di dubbio.
Molto diffuso già in epoca romanica, il motivo dei quattro animali - uomo, aquila, leone e bue - diventò più raro nel XIII secolo; ma lo si incontrava ancora. Fin dai primi secoli del cristianesimo si era accettato che l’uomo, l’aquila, il leone e il bue, rappresentassero i quattro evangelisti. Nel XII secolo era un dato accettato che i quattro animali avessero tre significati: si ammetteva che essi simboleggiassero contemporaneamente Gesù Cristo, gli evangelisti e le virtù degli eletti.
Per Alisha, riscoprire certe immagini, era un onore.

"Buongiorno!" una voce conosciuta la fece sobbalzare.
Quando si voltò, sperò con tutta se stessa che non avesse vernice sul viso.
Chris Warren era lì, davanti a lei.
Possibilmente ancora più bello di quanto ricordasse. Aiuto.

"Ciao, come mai da queste parti?"
"Beh, sai com'è. Avevo un appuntamento con dei clienti, per mostrare loro una casa qui di fronte, ma hanno rimandato. Ti ho vista e ho pensato di passare a farti un saluto" rispose con naturalezza tale, da toglierle il dubbio che fosse una bugia.
"Oh, quindi tu lavori in una specie di agenzia immobiliare?" domandò lei, sentendosi una sciocca un secondo dopo. Hanna doveva averla contagiata con la sua incapacità di comunicare con gli uomini tropo belli.
"Eh sì, alcuni la chiamano così!" ironizzò lui, sorridendole.
Alisha ringraziò il cielo che la sua carnagione bronzea non desse così tanto a vedere il rossore sulle sue guance. "Con tuo padre?" lo incalzò, ricordandosi che entrambi indossavano sempre l'abito.
"Già. Dopo il college sono tornato qui a dargli una mano. Ho un fratello, ma...non è interessato agli affari di famiglia" spiegò con tono pacato, sebbene, nominando suo fratello, il suo sguardo si fosse indurito.
Gli occhi grigi sembravano ardere di nervosismo.
"Beh, magari vuole solo seguire la sua strada" suggerì fioca, sentendo comunque l'eco della sua voce diffondersi intorno a loro.

Oddio e ora perchè mi metto a difendere uno che nemmeno conosco?
Davanti al tipo che mi piace, oltretutto...
Stupida, stupida, stu...


"Se la sua strada fosse quella del menefreghista a tempo pieno, sarebbe a buon punto!" la sua voce non tradì l'irritazione che probabilmente provava. Si sforzò di sorridergli, nonostante le sue parole le rimbombassero nella testa.

Joanna la giudicava menefreghista nei confronti delle tradizioni di famiglia, per le quali lei non dimostrava il minimo rispetto, e quello era stato argomento di molte liti in passato.
Si domandò cosa ci fosse di male nel non avere a cuore ciò che i genitori giudicavano importante per loro stessi.
Ognuno dovrebbe essere diverso dagli altri, no?
Altrimenti sarebbe un mondo di omologati...come in effetti a volte appariva.

"Ascolta, hai da fare ancora per molto? Mi piacerebbe offrirti qualcosa" se ne uscì di punto in bianco, cambiando totalmente discorso.
Alisha gettò un'occhiata veloce all'orologio, le 19.03...poi alla sua tuta ricoperta di schizzi colorati.
"Ehm...in realtà ne ho ancora per qualche ora qui" mentì. "Facciamo domani? Non lavoro il sabato"
Chris sfoderò un sorriso degno di un attore di Hollywood.
"Ottimo, passo a prenderti domani alle otto. Visto che hai rimandato, almeno una cena devi accettarla!" la stuzzicò, con fare gioviale.
La ragazza vide la figura slanciata dell'uomo allontanarsi, finchè non diventò un puntino indistinto in fondo alla strada.
Si domandò come mai si fosse preso la briga di andare a cercarla per chiederle un appuntamento, dopo aver scambiato solo un paio di frasi in tutto.

"Ehi, piccola bugiarda! Si può sapere che hai nella testa?" la raggiunse una voce femminile.
"Non so di cosa parli" fece assumendo un'aria ingenua.
"Perchè gli hai detto che sei occupata? Non hai più niente da fare qui"
"Sì, invece!"
"E cosa?" indagò Hannah, mettendosi le mani sui fianchi e sbattendo ritmicamente un piede a terra.
"Portare a cena la mia amica col cuore spezzato!" esclamò Alisha, cose se fosse una cosa ovvia.
L'altra sorrise e l'abbracciò stretta.

***

"Mi ha detto di conoscerti, ma non mi ricordo il nome. Era anziana!" bofonchiò Hannah, tagliando la bistecca minuziosamente. L'altra ci riflettè su un minuto.
"Mmh...quando venivo qui, non conoscevo molte persone. A parte le amiche wiccan svitate di Joanna" sentenziò aggiungendo l'olio alla sua insalata di pollo.

Quella sera il resto del gruppo aveva deciso di trascorrere la serata a cercare un locale carino in zona e, anche se Alisha aveva insistito perchè andasse anche Hannah, lei non se l'era sentita di lasciarla sola, fingendo disinteresse. Si sentiva vagamente in colpa in certe situazioni. Lei non era esattamente il tipo da discoteca, balli, luci intermittenti e alcol, ma non per questo voleva che gli altri vi rinunciassero a causa sua.

"Sei sicura di non esserti pentita per stasera?" chiese per la terza volta in poche ore.
Distrattamente rovesciò la saliera sul tavolo, poi l'afferrò e si buttò una manciata di granelli alle spalle.
"Oh mio Dio, se me lo chiedi un'altra volta...ma che fai?" s'interruppe notando il suo gesto, con un sorriso curioso.
"Cosa?"
"Andiamo, non prendermi in giro. Ti ho vista. Hai gettato il sale dietro le spalle. Oh.Mio.Dio! Sei...sei superstiziosa!" esclamò prima di scoppiare a ridere sonoramente, spingendo alcuni dei presenti a voltarsi nella loro direzione.
"Potresti smetterla, per favore? Non ci ho nemmeno fatto caso, figurati" sibilò l'altra, coprendosi il profilo con la mano.
Certe cose le venivano ancora naturali come respirare, colpa della sua infanzia circondata da fricchettoni amanti dell’occulto.
"Come no! Dici che non credi in certe cose, e intanto..."
"Ok basta! A vivere con Joanna si diventa paranoici, che ci posso fare?" si giustificò alzando le spalle, mentre pian piano la risata dell'amica scemava.
"Sicuro" mugugnò, un attimo prima che il suo viso sbiancasse del tutto.

"Hannah, ehi, tutto bene?"
L'altra cinguettò qualcosa di indefinito e lei aggrottò le sopracciglia, tentando di afferrare il concetto.
"Non ho capito una parola di quello che hai detto"
Ripetè nuovamente la frase, fissando inespressiva la forchetta abbandonata nel suo piatto.
Questa volta Alisha distinse qualcosa del tipo 'qui' e 'dietro di te'.
Si voltò istintivamente, cercando di non dare nell'occhio, e seguendo il suo percorso visivo individuò un ragazzo dai capelli castani, occhi scuri e profondi, gli zigomi alti, un accenno di sarcasmo nell'espressione del volto. Indossava una camicia bianca, con tre bottoni aperti, che lasciava intravedere il torace muscoloso e abbronzato. Indubbiamente sexy.
Aveva l'aria di uno che se la tirava. Era affascinante, ma la sua faccia da ragazzino arrogante aggiungeva parecchio all'insieme.

Era il classico prototipo del finto Principe Azzurro in cui incappava abitualmente Hannah.
Ecco svelato l’arcano.

"E' lui?" mimò con le labbra all'indirizzo dell'amica, che aveva leggermente riacquistato colorito.
Annuì. "Si chiama Eric" bisbigliò in risposta. "E ora che faccio? Viene da questa parte"
"Fai finta di niente e, se si avvicina, salutalo e basta. Nessun imbarazzo. Non se lo merita, chiaro?" le consigliò con noncuranza, portandosi alle labbra il bicchiere.
"Ehi" udì una voce al suo fianco e un profumo maschile delizioso la inondò in un secondo.

Ma che faccia tosta…

"Oh, ciao! Come stai?" lo salutò Hannah, ostentando una sicurezza che non sapeva di possedere.
Ben fatto! gioì internamente l'amica.
"Alla grande, come al solito. Il lavoro mi tiene impegnato" rispose quello con tono confidenziale.
“Oh sì, anche a me” rispose di getto la ragazza. “Il mio lavoro, intendo…mi tiene molto impegnata” balbettò, paonazza. Lui ridacchiò, senza dare l’impressione di prenderla in giro.
Alisha alzò finalmente lo sguardo, indossando la maschera di indifferenza cronica che riservava a chi le stava antipatico. Il tipo si voltò a guardarla e la fissò attentamente per qualche secondo, rivelando un certo interesse.
Assurdo, per uno che ha un appuntamento con un'altra, pensò.
"Lei è la mia amica. Alisha Waldeck, lavoriamo insieme. Ali, lui è Eric" li presentò Hannah, tanto per stemperare la tensione creatasi tra loro.
"Piacere" fece lei, senza nessuna particolare inflessione nella voce, quando Eric le strinse la mano.
"Piacere mio" mormorò con voce profonda, continuando a fissarla intensamente, tanto da spingerla a distogliere lo sguardo. Una cosa che faceva di rado, perché lo considerava un segno di debolezza.
"Ora scusate, ma devo andare. Sicuramente ci rivedremo in giro, Hanna" si congedò poco dopo.

Un semplice ‘devo andare’ e chiude il discorso.
Che razza di idiota.


"Mi spieghi come fa a piacerti uno così?" proruppe Alisha alzando di poco la voce.
"Beh, basta guardarlo, no? E poi non mi è sembrato che ti facesse così schifo quando non gli mollavi la mano" l'accusò scherzosamente l'altra, facendole l'occhiolino.
"Ma che cavolo dici? Non è affatto vero"
"Sì invece. Ma non ti preoccupare, ti capisco. E poi, quando lo conosci, non è così male. Se si togliesse il vizio di non richiamare..."
"Sarebbe comunque un cafone!" terminò Alisha per lei, addentando con cattiveria il pollo. “Non ti ha nemmeno dato una spiegazione per essere sparito nel nulla”
"Sì, forse dovrebbe migliorare nei rapporti interpersonali...comunque a letto è dannatamente bravo!"
"Hannah!" la rimproverò scioccata, poco prima di scoppiare entrambe in una fragorosa risata. 

***

"Sai, sbirciando tra le carte di mio padre, ho scoperto che qui a Salem c'è una casa intestata ai Waldeck"

Ecco arrivati all'argomento fatidico.

La cena con Chris era andata per il meglio fino a quel momento.
Le aveva gentilmente chiesto dei suoi studi e si era lasciato annoiare con i puntigliosi dettagli della prima chiesa che aveva restaurato a Boston, l'Old North Church. Avevano parlato dei loro genitori, superficialmente della carriera da fisioterapista di Joanna e della morte di suo padre, quattro anni prima, per poi glissare abilmente agli amici.
Le succedeva sempre, quando in una conversazione emergeva l’argomento “padri”, cambiava rapidamente discorso.
Dopo tutto quel tempo ancora non se la sentiva di parlarne più di tanto.

"Sì. Mia madre ne sarebbe, in teoria, la proprietaria. Ma non torna più qui da un secolo, per questo è in vendita" cercò di essere il più sintetica possibile, mentre osservava i bambini rincorrersi nel parco.
"Edifici del genere però, vengono valutati da esperti piuttosto severi, per via del terreno, i materiali usati, le fondamenta robuste...alla fine nessuno si decide a pagare una cifra così esorbitante" spiegò lui, calandosi perfettamente nel suo ruolo di venditore.
"Immagino. Per quel che mi ricordo era una casa imponente" concordò fingendosi interessata.
Le loro mani si sfiorarono leggermente e un piacevole fremito le percorse la schiena.
"Ti va di darle un'occhiata?"
"Cosa? Intendi ora?" domandò confusa.
No, no e no.
"Sì! Solo se ti va, naturalmente, non voglio forzarti" il suo tono era pacato come sempre, ma le suonò un po’ troppo insistente. No...digli di no!
"D'accordo!"

Joanna le aveva detto che la villa aveva un aspetto piuttosto trasandato ma, osservando la facciata, Alisha rimase sbalordita. Sembrava che non vi si fosse mai posato lo sguardo di un restauratore.
Quella che una volta era vernice bianca, ora appariva scura e verdastra, per metà coperta d'edera.
La porta in legno massiccio sembrava completamente ricoperta di muffa. 

Forse sto esagerando...
E' deformazione professionale, pensò.

"Entriamo? Non credo serva la chiave" 
Chris portò una mano alla base della sua schiena e la guidò oltre gli scalini d'ingresso.

Il tuo tocco le provocò una strana sensazione di inquietudine. Imprecò mentalmente: non c’era nulla di strano in quello splendido uomo, eccetto forse i suoi modi garbati, così estranei ai soggetti di sesso maschile di quell’epoca.

La porta cedette senza troppe pressioni, e si aprì con il tipico cigolio di un meccanismo arrugginito, sollevando una spessa cortina di polvere. Abbassando lo sguardo, sulla soglia intravide una striscia di pulviscolo rossiccio che scalciò con il piede, catalogandolo come ruggine. L'interno della casa - come era prevedibile - sapeva di legno e stantio, e Alisha lasciò che i suoi occhi si abituassero all'oscurità . In fondo all'ingresso c'era una scala piuttosto grande che conduceva al piano di sopra, dove si trovavano le letto e la soffitta, che lei si ricordava bene.

Da bambina moriva dalla voglia di andarci, ma sua madre glielo impediva, dicendole che di sopra c'era solo un deposito di vecchie macchine da cucire in disuso e che avrebbe potuto farsi male. 
Il salottino al lato era ricco di scaffali ricolmi di libri dalle pagine ingiallite e, accanto a quello che una volta doveva essere un camino, vi erano abbandonate due poltrone spaiate, ricoperte di scatoloni polverosi.

"E' una meraviglia!" bisbigliò alle sue spalle Chris.
Camminava silenzioso, come se potesse disturbare qualcuno.
"Dici?" lo schernì lei, inarcando un sopracciglio.
"Beh, dopo una bella sistemata lo sarebbe di sicuro! In queste condizioni, è chiaro che non si venda"
"Magari non si vende perchè è stata costruita su un luogo maledetto" mugugnò Alisha, ricordando con stizza i racconti dettagliati di Rhona.
"Come, scusa?"
"Oh, niente. Sono leggende metropolitane che mia nonna utilizzava per terrorizzarmi" minimizzò adocchiando una copia de Il Paradiso Perduto, era una prima edizione. Fantastico.

"Di che genere di leggende si tratta?" chiese interessato, arrivandole alle spalle.

Oddio, non dirmi che ci credi anche tu o perdi tutti punti guadagnati, pensò.

"Sai, anche mio padre è fissato con certe sciocchezze. Col tempo ho imparato a trovarle interessanti. Chiamala morbosa curiosità!" scherzò lui portandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio, per poi ritirare la mano lungo il fianco, dopo aver indugiato un secondo sul suo profilo.
Alisha sorrise lievemente e decise di accontentarlo.
"Beh...mia nonna sosteneva che la nostra famiglia discendesse da una donna indiana accusata di stregoneria nel diciassettesimo secolo. Secondo i suoi racconti, tentò di scappare dalle persecuzioni, ma pare che sia stata denunciata, giustiziata e sepolta su questi terreni. La gente del posto sostiene che, prima di morire, sia riuscita a lanciare una qualche maledizione, non so bene di che natura, quindi evitano di...come dire, disturbare il suo lungo sonno?" gli confidò, stupita di come si ricordasse l’intera storia, nonostante il suo intimo scetticismo.
Si concentrò sul viso dai lineamenti tesi di Chris.
"Comunque non ci sono documenti che attestino l'esistenza di una sua eventuale figlia, che avrebbe dato vita alla nostra stirpe...quindi per me sono solo un mucchio di assurdità!" concluse rapida.
"Non si sa chi fu ad accusarla di stregoneria?" proruppe l'uomo. La guardò per un istante e lei notò qualcosa di indistinto che brillava negli occhi attenti…ma quel brillio sparì in fretta, sostituito dalla posatezza che ostentava sempre in sua presenza.
"Ehm...no, non credo. Perlomeno mia nonna Rhona non me ne ha mai parlato" sospirò, annoiata da quelle chiacchiere sul sovrannaturale. "Senti, ti va se andiamo? Sono un pò stanca" mentì, per invogliarlo ad assecondarla.

Forse era a causa di quell'atmosfera sinistra, ma Chris gli sembrava diverso dal solito, per quanto lo conoscesse davvero poco. Inoltre tutto quel rinvangare il passato bizzarro della sua famiglia, l'aveva resa insofferente verso qualunque minimo accenno di interesse potesse avere per lui.
Prima di oltrepassare la soglia, l’uomo le strinse delicatamente la mano e lei sentì nuovamente un brivido gelido attraversarle il corpo. Ma non accennò a lasciare la presa.

E' solo questa maledetta casa, decise.
  
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