Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: alucard90    08/09/2011    1 recensioni
Questo è il prologo di una storia che scrivo da diversi mesi, anzi, quasi un anno. I capitoli per ora disponibili sono 6 e li pubblicherò appena posso. Iniziamo con il Prologo, e vediamo se piace^^
La storia parla di un ragazzo di campagna, che scopre che la sua famiglia ha origini affondate nella notte dei tempi, e la nonna, madre di suo padre, è una maga leggendaria. Inoltre scopre di avere dei poteri magici che vanno oltre ogni immaginazione, e che purtroppo per lui, lo obbligheranno a fare delle scelte dettate dalla sua figura di Guardiano dell'Equilibrio.
Spero che sia di vostro gradimento^^
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo III

Risveglio

 

 

 

Quella notte, Amos non riuscì a dormire bene. I suoi sogni erano popolati dai volti presunti dei suoi sconosciuti fratelli, da demoni che apparivano d’improvviso e poi sparivano, dal volto del suo sesto fratello e da sua nonna che continuava a dirgli che lui era dotato di chissà quali poteri e che lei da giovane aveva studiato la magia. Quella notte sognò anche un altro mondo, un mondo dove la terra era arida e secca, popolato di demoni e mostri terrificanti, dove l’unica cosa che ricordava una qualche forma di vita erano gli alberi secchi che improvvisamente prendevano fuoco a causa dell’aria ribollente. D’improvviso un monte esplose lanciando fuoco e pietre roventi in ogni direzione. Dalla bocca del vulcano si sentì un rombo cupo e assordante, che pian piano si trasformo in un urlo disumano e selvaggio.Amos si sveglio di soprassalto e si accorse che quell’urlo proveniva dalla sua bocca.Oddio, pensò Amos, per fortuna era solo un brutto sogno. Ma che razza di posto era quello? Forse è meglio non pensarci più, si disse. In fondo, era solo un brutto sogno.

Uno strano brontolio proveniente dal suo stomaco gli rammentò che era ora di colazione. Allora scese dal letto e si avviò verso la porta quando, ma solo quando passò davanti allo specchio che si accorse di non avere più i vestiti.Dove diavolo è finito il mio pigiama? Si chiese. Cercò di fare mente locale: eppure ogni volta che cercava di ricordare dove potesse averli messi, si ricordava che era andato a dormire “con” il pigiama; poi d’un tratto, la mamma lo chiamò.
<< Amos Pendary! Vieni subito qua! >> gli urlò la madre dal piano di sotto.
<< Arrivo! >> rispose il ragazzo e mentre scendeva le scale si avvolgeva sempre più stretta la vestaglia che aveva preso uscendo dalla camera. Camera sua infatti si trovava al piano di sopra, insieme a quella dei genitori, mentre al piano di sotto, c’era la cucina, il salotto e la camera della nonna.
<< Che succede? >> chiese una volta arrivato di sotto.<< Ma dove sei?>> domandò, dato che nel salotto la mamma non c’era.
<< Sai benissimo dove sono. In cucina! >> gli urlò la madre, affacciandosi dalla porta della cucina, che dava sul salone.
<< Che succede? >> chiese nuovamente Amos, una volta in cucina.
<< Che diavolo ci faceva il tuo pigiama, completamente strappato, sopra il tavolo della cucina? >> chiese la madre con tono accusatorio.
<< Ecco dov’era! Ma che ne so che ci faceva. Io ricordo solo che quando sono andato a letto lo avevo addosso! >> rispose il ragazzo.
<< Come lo avevi addosso? E questo di chi è allora? >> domandò la mamma sventolando i brandelli di pigiama, sempre con il suo tono da giustiziere, come lo chiamava Amos.
<< Ti ho detto che non lo so che ci facesse là il mio pigiama! E poi io stanotte lo avevo addosso. >> disse nuovamente il povero ragazzo.
<< Ma se questo è il tuo pigiama allora…>> disse la mamma pensierosa.<< Si… >> gli fece Amos. Il viso della mamma cominciò a cambiare colore, ed iniziò a diventare paonazza. Si voltò di scatto, e vedendo il figlio completamente nudo, con indosso solo la vestaglia, esplose.
<< FILA DI SOPRA E VESTITI!! >> esplose la mamma.Amos, terrorizzato dall’attacco d’ira della madre, volò letteralmente sopra i gradini delle scale, salendoli a quattro a quattro. E una volta in camera ci si chiuse.Come diavolo ci è arrivato il mio pigiama in cucina, pensò fra se e se il ragazzo, mentre cercava nell’armadio qualcosa da vestire. E poi, chi si è permesso di rovinare il mio pigiama? E ora che mi vesto? Dove sono finiti i miei pantaloni preferiti? Uffa, devo mettere ordine…Mentre tutti questi pensieri turbinavano all’interno della testa di Amos, per la stanza la voce della nonna che lo chiamava.
<< Dimmi nonna, che c’è? >> chiese Amos, dal piano di sopra.
<< Sei sveglio? >> chiese la nonnina, urlandolo su per la tromba delle scale.
Vedi un po tu, ti sto rispondendo, pensò Amos, ma non lo disse. Rispose invece:<< Certo nonna, dimmi pure. >>
<< Vieni tra dieci minuti in camera mia. Devo… Tu vieni, d’accordo? >> fece la nonna con il tono di voce di chi nasconde una sorpresa.Sorpreso dal tono della nonna, Amos rispose:<< Va bene nonna. Arrivo.>> disse.
Ma la nonna non rispose. Deve essere già sparita, pensò Amos mentre si vestiva.Già la giornata era iniziata male, se ci si metteva anche la madre ad incolparlo per qualcosa che non aveva fatto, e la nonna che non voleva dirgli per quale motivo lo cercava, era pronto a tirar giù i muri alla prima cosa storta. Ma lasciò perdere.Dopo aver trovato finalmente i tanto anelati pantaloni, indossò il maglione verde regalatogli dalla nonna e si diresse verso la camera dell’anziana signora..
Arrivato davanti alla porta della nonna, Amos bussò, chiedendo permesso.
Ma nessuno rispose. Amos bussò una seconda volta.<< Nonna, posso entrare? >> chiese. Ma nessuno rispose.
<< Nonna ci sei? >> chiese, aprendo lentamente la porta. Ma nessuno rispose. E nessuno avrebbe mai potuto rispondere, dato che la camera era vuota.
Amos rimase fermo sulla soglia della porta della stanza vuota guardandosi in giro: la stanza era tutta in ordine, come era ogni giorno; il letto era stato rifatto in maniera tanto impeccabile che pareva non ci avesse dormito nessuno, gli abiti erano riposti in ordine di colore nell’armadio, come soleva fare Nonna Angela. Anche la sedia a dondolo era in ordine, come che non ci si fosse seduto nessuno. Tutto pareva in ordine.Amos continuò a guardarsi intorno, finché non la notò: la botola segreta era aperta.
Lentamente, il ragazzo ci si avvicinò. Com’è possibile? Lei aveva detto che non era in grado di aprirla. Si abbassò per scendere i gradini che portavano al corridoio.Nonna dove sei finita? Si chiedeva mentre attraversava ansiosamente il corridoio dalle pareti muffite, che portava al rifugio segreto della nonna. Mentre percorreva il corridoio, notò che il buio diventava sempre più fitto, finché, quando si trovava a metà del percorso, già non vedeva più nulla. Il buio si era fatto talmente fitto da dare la sensazione di smarrimento persino all’animo più impavido. Infatti Amos iniziò a respirare faticosamente, e si fece prendere dal panico: iniziò a tornare più volte indietro, ma invano, il buoi sembrava aver ingoiato le pareti gettandolo in un pozzo scuro e senza via di uscita. Iniziò anche ad andare avanti, ma solo per tornare nuovamente indietro, e cambiò direzione tante di quelle volte da perdere il senso dell’orientamento.
Il ragazzo iniziò a farsi prendere dallo sconforto. Non uscirò mai più da qui, si diceva, e così si disperò e si mise a piangere, temendo di non poter più rivedere la propria famiglia. Ma qualcosa dentro di lui si svegliò, ed una voce risuonò nella sua testa.Smettila scemo, diceva la voce. Smettila di frignare come una ragazzina viziata e alzati. Si accorse che era la sua di voce, era la sua coscienza che diceva questo.Ma non riuscirò mai ad uscire da qui! È troppo buio e non vedo nulla, rispose lui.Certo, mai ci provi, mai riesci, disse la coscienza.Come che non ci abbia mai provato. Ma dov’eri tu quando ho perso il senso dell’orientamento?Amos, si stava innervosendo. Ora anche la sua coscienza si metteva contro di lui.Quando se ne rese conto, iniziò a chiedersi se, frequentando troppo la nonna, non stesse perdendo anche lui il senno.Dai rammollito, alzati. Gli fece nuovamente la sua coscienza.

Il ragazzo decise che forse era il caso di dargli retta. E si alzò. Decise di concentrarsi per avere un quadro più preciso della situazione.Ripercorse mentalmente tutto ciò che era successo dall’arrivo nella camera della nonna:era entrato, l’aveva cercata, aveva notato che la porta del giardino segreto era aperta ed era entrato per vedere se la nonna era per caso nel giardino. Aveva così iniziato a percorrere lo stretto corridoio.Stretto! Si disse. Ecco! Vediamo, se è veramente come mi ricordo, non dovrei riuscire a stendere le braccia. Ma prima vediamo se cambia qualcosa facendo così. Allora, aprì gli occhi e li richiuse velocemente. Ma non cambiò nulla. Decise così di tenerli chiusi, per concentrarsi meglio. E distese le braccia. Poco dopo averle staccate dal corpo, il dorso delle sue mani toccarono la superficie umida e ruvida delle pareti. Allora piegò le braccia e le sollevò.

Ecco, come ricordavo la distanza è quella tra i due gomiti. Distese le braccia e poggiò i palmo delle mani sulle pareti del corridoio, e così messo iniziò a camminare in direzione della presunta uscita. Dopo qualche minuto, che ad Amos parve non finire mai, l’oscurità iniziò a diradarsi e a lasciare il posto a una luce bianca e l’aria, dapprima umida e maleodorante di muffa, lasciò il posto ad un’aria pulita, fresca e che sapeva di pino.Eccola, finalmente! È quella l’uscita! Pensò allegramente il ragazzo, contento di trovarsi finalmente all’aperto. Ed eccola, la nonna, finalmente l’aveva trovata. Stava in piedi vicino al grande albero che torreggiava in mezzo alla radura, con la schiena appoggiata contro la corteccia ruvida della maestosa pianta, e leggeva un libro molto simile a quello che lui aveva trovato nella libreria distrutta nella casetta della nonna, solo che questo era di un colore simile al bordeaux. Era vestita con un abito lungo sino a terra, di seta azzurra, con le maniche larghe e le orlature dorate con quelle che sembravano delle scritture in una lingua antica. La nonna alzò lo sguardo dal libro e sgranò gli occhi quando vide chi era l’intruso.

<< Wow, sei già qui! Come hai fatto? >> disse la nonna, sorpresa di vederlo.<< Come ho fatto? Mi è sembrato di stare la dentro per ore! E comunque ho camminato con le mani appoggiate al muro. Ma come mai tu sei vestita in quella maniera? E perché mi hai chiamato poco fa? >> disse Amos, che non ne poteva più dei modi misteriosi della nonna, soprattutto dopo aver passato quelle che gli sono sembrate ore, per attraversare il tunnel.<< Pace nipote. Ora risponderò alle tue domande.>>disse la nonna.
<< Innanzitutto, ti ho chiamato dicendoti di venire in camera perché dovevo mostrarti una cosa. Sapevo che non trovandomi in camera ti saresti diretto verso la radura, e qui volevo congratularmi con te per aver superato degnamente la prima prova.>> continuò.<< Prima prova? Ma che… >> la interruppe Amos.<< Pace ho detto. Ora risponderò alle tue domande.>> rispose la nonna. E riprese:<< Come ti dicevo, sei qui perché hai superato brillantemente la prima prova, passando tranquillamente attraverso l’incanto Oscurità di Perdizione. Ora ti attende la seconda prova: la Raccolta. Dovrai raggiungere e cogliere quello >> e con il dito indicò un fiore attaccato ad uno dei rami più alti del gigantesco albero della radura. << Una volta raccolto me lo dovrai portare, ma deve essere integro. Ti avverto una sola sgualcitura e dovrai rifare tutto. Hai capito?>> chiese la nonna dopo aver finito di spiegare ad un’ attonito Amos, che ormai non riusciva a capire se e quando la nonna fosse uscita di senno.
<< Hai capito? >> ripeté la nonna, non avendo ricevuto risposta.
<< Si ho capito. Non ho capito però se stai dicendo sul serio oppure è solo uno scherzo.>> disse Amos, con una faccia che mostrava tutta la sua perplessità.<< Certo che non è uno scherzo. Mi credi una pazza?>> rispose la nonna.La risposta di Amos fu un grugnito per aver trattenuto una risata troppo forte. Al che la nonna si infuriò.
<< Ora tu, Amos Eruner Pendragon, salirai su questo antico albero di Yggdrasil e cercherai il suo fiore. >> disse Nonna Angela.
Mise da parte i pensieri che la nonna aveva scatenato con il suo strano comportamento e si concentrò su quello che la nonna gli aveva chiesto di fare: doveva arrampicarsi sull’Yggdrasil e raccogliere il suo fiore. Yggdrasil: non aveva mai sentito quel nome. Gli risultava come in un’altra lingua, ma che non conosceva. Forse era qualcosa come il vichingo o una lingua simile, perché quel nome aveva un che di antico. E poi non aveva mai visto un fiore di Yggdrasil, come poteva andare a raccogliere un fiore che non conosceva. Mentre pensava a ciò con lo sguardo scorreva la chioma dell’immenso albero foglia per foglia.Ma come faccio a raccogliere il fiore di Yggdrasil se non so nemmeno come è fatto, ne tantomeno dove sia?, pensò Amos, e poi sembra stia dando di matto quest’ultimo periodo, pensò Amos, sorridendo per la piccola cattiveria rivolta alla nonna.
<< Guarda
che ti ho sentito!>>
disse la nonna << Ora trova quel fiore!!>> gli urlò contro. Come diavolo ha fatto a sentirmi se stavo pensando? Forse ho parlato a voce alta, pensò il povero Amos, e abbandonando ogni pensiero si dedicò alla ricerca del fiore. Decise di scendere dall’albero e cercarlo da terra, ma una volta arrivato, iniziò a fare il giro dell’albero, ma non riuscì a trovare niente che somigliasse ad un fiore. Poi intravide qualcosa: una sorta di foglia spessa, arrotolata su se stessa, molto simile ad un bocciolo. Si arrampicò nuovamente sull’albero e si diresse verso il ramo dove aveva visto il bocciolo. Si avvicinò lentamente e lo sfiorò con le dita: al suo tocco, il bocciolo tremò lievemente e fiorì rivelando un bellissimo fiore bianco, con petali grandi come il palmo della sua mano e candidi come la neve.Finalmente pensò Amos l’ho preso finalmente.
Ma mentre pensava questo, il fiore iniziò ad annerirsi nelle mani del ragazzo a velocità incredibile.

I petali si fecero cenere mentre il ragazzo cercava inutilmente di inventarsi qualcosa.


Nulla.

Non poteva fare nulla per evitare che quel fiore si incenerisse nelle sue mani.
Amos strinse forte il fiore nelle mani.

Una giocosa folata di vento, che era riuscita a filtrare attraverso il verde muro di rami e foglie, soffiò su Amos, scompigliandogli i capelli e soffiando via la cenere del fiore via dalle sue mani.Con lo sguardo seguì la cenere volare via nel vento. Seguì tutti i curiosi movimenti con cui la cenere, trasportata dal vento, creava curiosi disegni evanescenti nell’aria. Una folata di vento più forte disperse la cenere. Ma un momento prima che la cenere sparisse dalla sua vista, Amos sentì un rombo assordante provenire dal terreno; si volse, ed era l’albero che tremava e si contorceva, scosso da irrefrenabili fremiti. Sembrava si stesse avvizzendo a vista d’occhio.
<< Cosa hai fatto! >> esclamò la nonna. Aveva gli occhi sbarrati, come se stesse assistendo ad un massacro.
<< Ho raccolto il fiore come mi avevi chiesto, ma si incenerito nelle mie mani… >> spiegò il ragazzo, distrutto dal senso di colpa, ma che non aveva la più pallida idea di ciò che stava succedendo.
<< Dovevi solo trovarlo, non prenderlo, magari strappandolo alla pianta! >> disse la nonna con le mani nei capelli. << Ma comunque non ho mai visto l’Albero reagire in questa maniera. Che hai fatto Amos, dimmi come l’hai preso.>> disse Angy, supplicando il ragazzo.
<< Beh ho visto il bocciolo e quando mi sono avvicinato per prenderlo…>>
<< Dovevi prendere il fiore, non il bocciolo. Ecco perché questa reazione, l’Albero non era pronto.>> lo interruppe la nonna, che prese a parlare da sola.
<< Nonna, non ho preso il bocciolo, ma il fiore>> spiegò Amos.<< Ma se hai appena detto che…>> iniziò la nonna.
<< Ho sfiorato il bocciolo e quello è fiorito! Ho preso il fiore non il bocciolo!>> disse il ragazzo interrompendo la nonna.
Nonna Angela rimase a bocca aperta. Non sapeva più cosa dire.<< Resta comunque il fatto che hai strappato il fiore alla pianta. Ecco perché la pianta sta morendo: gli hai strappato l’Ultimo Fiore…>> dopo aver pronunciato quel nome, gli occhi della nonna ebbero un fremito, e la donna rimase in piedi a fissare il vuoto.
<< Nonna? Che hai, stai bene?>> chiese il ragazzo, spaventato dalla strana situazione in cui si trovava: un albero millenario che, per quanto detto dalla nonna sembrava magico, moriva sotto i suoi occhi, e la nonna che sembrava in una sorta di trance.
Amos, spaventato, prese la nonna per la tunica e cominciò a strattonarla chiamandola, per svegliarla dal suo stato comatoso. Esasperato dai continui scricchiolii e potenti schiocchi provenienti dall’albero che si contorceva, e dalla nonna che, qualunque cosa lui facesse, lei non si muoveva, Amos stava iniziando a perdere la testa, e facendosi prendere dal panico, gridò << BASTAAAAAAAA!!>> e colpì la nonna con un manrovescio. A quel colpo, gli occhi della nonna, tornarono a brillare, e l’albero smise di scricchiolare. Scioccato dalla sua stessa reazione il ragazzo si accasciò a terra, in ginocchio, e si guardo la mano destra, con la quale aveva osato colpire sua nonna. Nel frattempo, la nonna, al colpo, uscì dal trance, e traendo un profondo respiro si lasciò andare a terra con violenza, sedendosi sull’erba. Un lungo momento di silenzio nella radura, poi l’albero ricominciò con gli scricchiolii.<< Oh no! Non di nuovo!>> disse il ragazzo.<< Amos, aspetta! C’è qualcosa di diverso nell’albero.>> disse la nonna al ragazzo, che aveva già preso la strada di casa.Amos si fermò un istante, cercando di capire a cosa si riferisse la nonna: lo capì al volo. L’albero non si stava contorcendo di nuovo, ma sembrava che si stesse quasi srotolando: stava ritornando alla posizione originaria. Amos rimase a guardare quello strano spettacolo, con gli occhi talmente fissi e aperti da sembrare che stessero per cadergli a terra da un momento all’altro. La nonna, che anche lei stava assistendo a quell’evento, scosse la testa come per scacciare un brutto pensiero, e sbattendo gli occhi più volte disse: << Amos, corri! Dobbiamo andarcene da qui, l’albero si sta seccando e presto si spezzerà e cadrà!>> dicendo questo, corse verso il nipote e lo prese per un braccio, cercando di portarlo via. Ma il ragazzo non si muoveva, nonostante la donna tirasse; Amos era incantato a guardare l’albero che si muoveva. La nonna allora strattonò più forte, e il ragazzo si girò: << Nonna lasciami, non c’è alcun pericolo. L’albero si sta fermando, guarda! >>, disse, indicando l’albero. La nonna guardò verso l’alto: il ragazzo aveva ragione, l’albero si era fermato,; ma mentre guardava in alto, una piccola fogliolina ancora verde si staccò dall’albero, e volteggiando nell’aria, passò affianco a lei, sfiorandogli il viso. Subito dopo quella, un’altra, e poi un’altra ancora.
<> disse la nonna, con un tono fra la meraviglia e l’orrore. Amos guardò in alto: una pioggia di foglie verdi stava cadendo dai rami sempre più spogli. Fra tutte le foglie che cadevano, due foglie, dal verde scuro, striate di bianco dalla luce del sole, si posarono sopra gli occhi del ragazzo. La nonna, alla vista della scena, scoppiò in una risata liberatoria, ma aveva un lieve tono di nervosismo nella voce. Tuttavia, il ragazzo non rideva; era rimasto immobile in quella posizione, nonostante tutte le foglie fossero cadute e l’albero fosse rimasto spoglio di tutto. Non aveva nemmeno tolto le foglie dagli occhi. Riprendendosi dalla risata, la nonna si avvicinò al ragazzo, e mettendogli la mano sulla spalla, lo scosse. Amos ebbe un fremito, e inarcando la schiena due volte, buttò in avanti la testa, facendo così cadere le foglie dagli occhi. Infine aprì la bocca in un grido e guardò verso l’alto: i suoi occhi avevano cambiato colore, divenendo del colore delle foglie che poco prima li avevano coperti: l’iride era divenuta verde scuro attraversata da piccole venature bianche. Il grido di Amos, si fece sempre più acuto, sino a diventare impercettibile, dopodiché il ragazzo chiuse gli occhi e si accasciò al suolo. La nonna, che lo aveva afferrato per un braccio lo sostenne, ma il ragazzo si era seduto per terra, dondolando la testa come se quella non avesse più sostegno; allora la nonna lo face sdraiare per terra, e sventolandogli la manica sulla faccia per farlo respirare, lo chiamava per nome.

<< Amos, piccolo dai riprenditi. Nipotino caro su svegliati, ti prego. Amos dai svegliati. Piccolo su, apri gli occhi.>>.
<< Nonna non chiamarmi piccolo, non lo sopporto.>> disse Amos con il tono di chi ha perso la voce, e con gli occhi ancora chiusi trasse un respiro profondo.La nonna sorrise, e disse: << Dai, ora apri gli occhi.>>.
<< Va bene >> disse il ragazzo, e aprì gli occhi, che erano tornati al colore normale, quello del legno di un albero antico e vivo. Guardò la nonna negli occhi, e la vide preoccupata. << Sto bene, nonna, niente di rotto.>> disse Amos per tranquillizzarla.
<< Va bene, ragazzo mio. Alzati ora.>> disse la nonna, ma Amos vide che la preoccupazione non era svanita dai suoi occhi, sebbene sorridesse.

Lo sguardo di Amos venne attratto da qualcosa di curioso: l’albero completamente spoglio, stava emettendo delle piccole gemme verdi dai rami, cosa che negli altri alberi avveniva circa nel giro di qualche ciclo lunare. Allora tentò di richiamare l’attenzione della nonna, che ancora lo scrutava in viso alla ricerca di qualcosa: << Nonna, guarda. >> disse, indicando i rami.
La nonna si volse e rimase meravigliata: le gemme si erano trasformate in boccioli.
<< La Prova finale! Ecco cosa faceva l’albero.>> disse la nonna, e subito dopo assunse un’aria pensierosa, e iniziò a balbettare tra se e se: << Ma non aveva mai fatto così, nemmeno con Marc, o Servant. >>.
<< Prova Finale? Quale prova finale, di che parli nonna!>> chiese Amos, ora preoccupato per cio che doveva fare: non aveva nessuna intenzione di arrampicarsi nuovamente su quell’albero, specialmente dopo che l’aveva visto muoversi in quella maniera.
<< La Prova Finale, caro, è semplicissima.>> disse la nonna, e lo invitò a seguirla.
Andarono vicino al tronco, ai piedi dell’albero e si sedettero su una radice grossa che spuntava dal terreno. << Ora, la prova è questa: l’albero misurerà il tuo potenziale magico. Ma in maniera piuttosto particolare. Vedrai.>> disse la nonna, e poggiando una mano sulla grossa radice, chiuse gli occhi, e pronuncio delle strane parole, in seguito alle quali la mano della nonna prese a brillare di un viola chiarissimo, che poi si spense subito. L’albero, come se rispondesse ad una domanda, vibrò, e dalla radice su cui erano seduti, spuntò una piccola gemma, che crebbe lentamente, divenendo un ramo, e curvandosi, si diresse verso il ragazzo. << Tranquillo, nipote, non ti farà del male. >> disse la nonna per tranquillizzare il ragazzo, che si era spostato per schivare la pianta. La gemma sulla punta del ramo si shiuse e ne fuoriuscì una gigantesca foglia, grande quanto un braccio umano, ma uguale alle foglie dell’albero, e quella si porse ad Amos. << Che devo fare nonna? >> chiese il ragazzo.
<< Niente di difficile, devi solo posare la mano sulla foglia. >> spiegò la nonna.
<< Va bene.>> disse Amos e, pur diffidente, pose la mano sulla foglia.
<< Ora dovresti sentire una piccola…>> ma la nonna non finì la frase.
<< AAAAAAAAHI!!! >> gridò Amos: una spina a forma di ago era uscita dalla foglia ed era entrata nel polso del ragazzo attraverso il palmo.
<< Potevi dirlo prima?! >> grido il ragazzo alla nonna, ma quella si scusò dicendogli che non aveva fatto in tempo ad avvertirlo.
<< Ora, grazie al tuo sangue, l’albero misurerà il tuo potenziale.>> spiegò la donna.
<< Come?>>, chiese il ragazzo.
<< Fiorendo. Sbocceranno tanti fiori quanto grande è il tuo potenziale, ma ci vorrà un po di tempo. Inoltre, i fiori avranno un colore diverso dal normale, e quello indichera a quale elemento sei portato.>> rispose la nonna.
<< Tu quanti fiori avevi? >> chiese Amos per ingannare l’attesa e per ignorare l’ago nel polso.
<< Cinque fiori. Il numero più alto della storia dei maghi della nostra famiglia.>> disse la nonna, con fierezza e orgoglio.
<< Ah. E qual’ è il numero più alto di fiori che sia mai sbocciato?>> chiese Amos, incuriosito.
<< Sette. >> rispose la nonna. << Ed il Mago a cui quel numero appartiene è il nostro attuale re. >> disse la nonna.

<< WOW! Allora sei davvero potente.>> disse Amos meravigliato. << Io invece come minimo avrò un solo fiore, sempre che sbocci.>> disse il ragazzo rattristandosi.
<< Ma no su vedrai. E comunque guarda che uno o due fiori non sono male, significa che sei abbastanza forte.>> disse la nonna, per tirarlo su di morale.
<< Va bene. Se lo dici tu.>> disse Amos.
Un fremito percosse la radura.
<< Oh, ecco. L’albero ha finito. Vieni.>> disse la nonna, rivolgendosi al ragazzo.
Amos sentì l’ago ritrarsi dal braccio, e la foglia si ritirò nella punta del ramo, che sparì nella radice da cui era uscito.
Il ragazzo si alzò e seguì la nonna fino a un punto nella radura dal quale si poteva ammirare tutta la chioma. I rami si erano riempiti di boccioli, che sembravano pronti a schiudersi. Un secondo fremito, poi il miracolo: con un lieve suono, simile allo schiocco di dita, tutti i boccioli si schiusero, rivelando fiori bianchissimi, ed ogni bianco petalo era attraversato da una linea verde chiaro che serpeggiava fino al centro del fiore.

Il ragazzo e la donna rimasero a bocca aperta, in silenzio.

Nessuno dei due fiatava.
Fu la nonna a rompere il silenzio: << Deve esserci un errore. Non è possibile. >> disse la nonna, che non credeva ai propri occhi.
<< Sicuramente. Non posso essere più forte del nostro re. >> disse Amos, rifiutando il significato di quel fenomeno. << Comunque la prova non la rifaccio.>> disse, rifiutando qualsiasi verifica.
La nonna si era avvicinata all’albero, e facendo gli stessi gesti che fece sulla radice, chiese all’albero se avesse sbagliato. Ma l’albero, con un’esplosione di energia verde, fece saltar via la nonna, che fu soccorsa dal ragazzo.
<< Nonna stai bene? Che ha detto?>> chiese il ragazzo.

<< Tranquillo sto bene. Non ha sbagliato. Ha ragione lui.>> disse la nonna, meravigliata.
<< Tu, Amos Eruner Pendragon, sei il Guardiano dell Yggdrasil. Ed io sono stata nominata tua tutrice.>> disse la nonna, sollevando il palmo, e mostrandolo al nipote: al centro del palmo, vi era una piccola stella a cinque punte racchiusa in un cerchio.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: alucard90