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Autore: Knuckster    08/09/2011    4 recensioni
Sonic the Hedgehog, nella sua giovane vita, ha affrontato innumerevoli sfide, a volte al di là della sua portata e quasi sempre scatenate dal dottor Eggman. Questa volta, però, si ritroverà a combattere un avversario molto più oscuro, disposto a sterminare tutta la razza mobiana senza alcuna pietà. Basterà avere al suo fianco tutti i suoi amici di sempre per sventare la pericolosa minaccia? [contiene "Sins of Purity Saga", "Chaos Millennium Saga", "Pieces of Eternity Saga", "Solo noi e nessun altro", "Ciak, si canta!"]
ATTENZIONE: Full Speed Ahead contiene storie terminate e aggiornate al 2011. Personaggi e ambientazioni hanno subito un REBOOT nella successiva storia della serie, "Sonic the Hedgehog: Legacy of Argus". Buona lettura a tutti!
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Sonic the Hedgehog: A Blue Bolt Saga'
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Sonic

SONIC THE HEDGEHOG:

FULL SPEED AHEAD

#17

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PIECES OF ETERNITY Saga

Scritto e ideato da: Knuckster

“Nessuno è perfetto. Spesso questa massima viene usata per giustificare un errore, generalmente di poco conto, dando l’idea che l’esito del tentativo sia estrinseco alle responsabilità individuali. Se commetti uno sbaglio non è a causa di una tua scelta, errata o meno a seconda dei punti di vista, ma semplicemente perché la tua mancanza di perfezione ti spinge verso una direzione poco consona. E’ un’interpretazione che, come spesso accade per le massime, non tiene conto della prerogativa principale che la nostra specie possiede e ha saputo mantenere nel corso della storia: il libero arbitrio, la facoltà di scegliere quale strada intraprendere, nella piena consapevolezza delle sue implicazioni e conseguenze. Ne può scaturire bene o male, le quali due cose sono giudicate tali solo relativamente al pensiero dei soggetti implicati. Ti rifiuteresti di salvare la vita a qualcuno che sai farà del male ad altri? Se lo lasciassi morire, avresti risparmiato sangue innocente, ma avresti nel contempo punito un soggetto che non aveva ancora commesso alcun crimine. Il confine tra bene e male, giusto e sbagliato, bianco e nero, luce e buio, è molto sottile a pensarci bene. E’ per questo che il nostro libero arbitrio ci impone di scegliere, perché tutto sommato è un confine che si dissipa rapidamente, che non ha importanza per la nostra mente, fintantoché si è consapevoli delle proprie decisioni. Spero che tu non abbia mai concepito la realtà che ti circondava in termini di giusto o sbagliato. Spero che tu abbia aperto la mente alla consapevolezza che ognuno sceglie da sé il proprio cammino, fermandosi, inciampando, tornando indietro, ma continuando sempre a camminare. Spero che tu non sia morto con il peso che ti portavi sulle spalle, ma con la leggera convinzione che non esistono buoni e cattivi, ma solo persone che scelgono. Spero che dovunque tu sia adesso, nostro eroe e salvatore, non sia più addolorato per aver scelto una strada che ha portato alla sofferenza in passato, perché se tutto il pianeta respira ancora adesso che io sto scrivendo è solo grazie a te. Grazie alla strada che hai intrapreso nei tuoi ultimi minuti di vita, grazie alla tua scelta finale…”   

Dagli scritti dello Storico

LIBRO AMETISTA

a.k.a.

Come eravamo nel peccato


     Le stelle stanno a guardare. Sono sempre lì, sopra la tua testa, ogni volta che cala la notte. Sono ferme e immobili, le puoi sempre trovare al loro posto, illuminando il cielo in una sterminata trapunta splendente. Loro non agiscono, non giudicano, non si muovono, non parlano. Sono semplicemente lì a fare quello che fanno sin da quando hai aperto gli occhi per la prima volta, incuranti delle tue piccole perplessità, immersi nella loro calma siderale, nella loro silenziosa pace, nel tutto e nel niente dell’universo infinito…

     La luna ebbe finalmente modo di abbracciare la volta celeste con la sua elegante fosforescenza, quando il sole di fuoco sparì al di sotto dell’orizzonte per riposare in un’altra tranquilla sera sul pianeta Mobius. L’ora in cui i suoi stanchi abitanti si ritirano nei loro focolari domestici, recuperano le energie spese nell’ennesima faticosa giornata e si abbandonano ad un soffice riposo, valicando la soglia della dimensione dei sogni. L’ora in cui i grilli sgusciano tra la vegetazione per intonare i loro canti e gli animaletti si rifugiano nelle loro calde e sicure tane per sfuggire ai predatori notturni. E’ come se un tacito accordo venisse stipulato tra il pianeta e i suoi abitanti quando la luce si dissolve e il buio filtra al suo posto, avvolgendo il firmamento con i suoi freddi tentacoli. E’ un momento di tregua, di silenzio e di tranquillità, un momento di passaggio tra i diversi tempi dell’affanno quotidiano, in cui tutto ciò di cui ci si deve preoccupare è recuperare le energie, sognare e apprezzare il mondo per quello che ci dà con la luna, non per quello che ci costa col sole. Gli scontri, le battaglie, i conflitti raggiungono la legittima sospensione, nel momento in cui le tenebre calano sulla testa dei combattenti, raffreddando il loro spirito ardente, sancendo una volta per tutte la fine, almeno temporanea, delle ostilità fino a quando l’alba non riaprirà un nuovo ciclo.

     Nonostante tutto, in quella particolare notte non tutti i protagonisti della nostra storia ebbero modo di godersi il sonno dei giusti. La giornata che avevano affrontato era stata lunga e impegnativa, mettendo a dura prova non solo la loro resistenza fisica, ma anche quella emotiva. Le basi per una nuova battaglia tra chi difendeva il pianeta e chi ne bramava il dominio erano state piantate, con tutte le ansie, i dubbi e le preoccupazioni che questo comportava. Anche in un mondo così tranquillo e pacifico come Mobius sembrava che mantenere un clima di serenità fosse un’impresa ardua. La minaccia all’ordine del giorno non era più pericolosa delle altre con le quali aveva dovuto fare i conti, ma certamente era tra le più insidiose. Gli stessi strumenti che furono utilizzati per ordire il completo sterminio dei suoi abitanti, l’oscura eredità di un incubo lontano, stavano per essere ancora una volta predisposti. La differenza sostanziale era nel fatto che, in questa occasione, stavano a gola a molti. Chi sarebbe riuscito ad appropriarsene? E in che modo li avrebbe utilizzati? Mai le sorti di Mobius erano state più incerte di così. Mai era stato più difficile capire le intenzioni dei personaggi coinvolti nella lotta e quali ripercussioni avrebbero avuto sulla vita di tutti gli altri. Una cosa però è certa, le persone coinvolte non sarebbero riuscite a riposare tanto facilmente quella notte, mentre il destino si preparava a tessere nuove imperscrutabili trame per tutti loro… E le stelle continuavano a guardare.

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     Che bisogno aveva di guardare le stelle? Tutto ciò che aveva sempre desiderato era proprio lì davanti ai suoi occhi e questa volta era sicuro che sarebbe riuscito ad impossessarsene.

     Il ronzio del suo inseparabile mezzo di trasporto fendeva la silenziosa aria notturna, infastidendo ogni creatura vivente che incrociava lungo la sua scia. Era molto strano poiché di solito il suo motore non produceva alcun tipo di suono, proprio per permettere spostamenti il meno individuabili possibile. L’incontro-scontro avuto con quella riccia azzurra sconosciuta doveva avere in qualche modo danneggiato i meccanismi interni. Mentre il dottor Eggman procedeva a velocità massima lungo la strada verso il suo quartier generale, non poteva fare a meno di essere furente per la piega imprevista che gli eventi avevano preso. Ormai doveva esserci abituato, quando sembrava avere la vittoria in pugno succedeva sempre qualcosa che capovolgeva la situazione. Ciò che più gli bruciava, in ogni caso, era che era stato davvero ad un passo dalla vittoria definitiva. Tutto rovinato poi dall’ennesimo porcospino supersonico e colorato spuntato da chissà dove. Senza contare il fatto che la sua copertura era saltata e che sarebbe stato da allora in poi più difficile completare il lavoro con quei fastidiosi terricoli tra i piedi. Nonostante tutto, si disse tentando di rincuorarsi, era riuscito a mantenere segreta la sua alleanza con Shadow, il che era già un qualcosa per cui rallegrarsi.

     Finalmente vide stagliarsi in lontananza, perfettamente visibile nel fitto buio, la familiare torre di metallo che associava al detto “casa, dolce casa”. Com’era sua abitudine, attivò il portellone del tetto ed atterrò con l’Egg Drive sulla piattaforma interna, mentre i suoi tre scagnozzi utilizzavano l’ingresso principale. Una volta arrivato nel cuore del suo centro operativo, trovò i robot assistenti ad attenderlo con servile timore.

     - Bokkun! - urlò a squarciagola appena varcata la soglia.

     Sebbene avesse concluso che gli avvenimenti della giornata non fossero poi così disastrosi, doveva comunque trovare un modo per scaricare la rabbia accumulata.

     Il piccolo robot volante si avvicinò con la dovuta cautela, avendo la vaga sensazione di essere nei guai.

     - Eccomi, dottore, dottor Eggman! -

     Il corpulento scienziato non ci pensò due volte ad afferrare il suo assistente per il collo e a sollevarlo all’altezza del suo sguardo fiammeggiante.

     - Ti sono partiti i transitor a spiattellare di Shadow ai quattro venti? Che ti è saltato in mente? -

     - Non… so… di cosa… stia parlando! - biascicò Bokkun, stretto in una morsa implacabile.

     - Che bisogno c’era di chiamarmi in quel momento, razza di ferrovecchio? -

     - Io credevo… che stesse addestrando la nuova… recluta! -

     - E’ quello che stavo facendo fino a quando quel criceto puntuto non ha deciso di intromettersi ancora nei miei affari! -

     Con un ultimo scatto di collera, scaraventò sul pavimento il piccolo automa, il quale corse a rintanarsi in un angolo, piagnucolando. Metal Sonic, Gemerl e Sparky entrarono nella sala in quel momento e si disposero in fila davanti al dottore, come in attesa di nuovi ordini. Il primo dei tre fu l’unico che si mise sull’attenti con tutta calma, alla stregua di chi non ha tempo da perdere in simili formalità.

     - E’ inutile strare a recriminare! - intervenne - Non sarebbe comunque riuscito a tenere segrete le sue operazioni per molto! Il riccio e i suoi compagni riescono sempre a venirne a conoscenza! -

     - Quando avrò completato il piano sarà una somma delizia liberarmi per sempre di quel branco di pesti malefiche! -

     Il dottor Eggman si appoggiò alla plancia di controllo e respirò a fondo, nel tentativo di calmare i nervi e ragionare più lucidamente. Quindi si voltò di scatto e puntò il dito contro Bokkun.

     - Aprimi il canale di comunicazione con Shadow! Spero solo che il bello smemorato abbia buone notizie da darmi! -

     Bokkun svolazzò per la stanza, tenendo d’occhio il dottore con aria circospetta, per poi armeggiare con i comandi di un apparecchio ricetrasmittente. Metal Sonic intanto si approssimò all’omone, pensando con cura alle parole da scegliere.

     - Non per rovinarle la festa, dottore, ma per quanto tempo crede di riuscire a tenere Shadow sotto controllo? I risvolti passati parlano chiaro: è una bestia difficile da domare! -

     - Credi che non lo sappia? Sto scherzando con il fuoco, me ne rendo conto, però è stato lui a venire da me! Significa che il suo desiderio è talmente grande da avergli fatto perdere quel poco di buonsenso che aveva in zucca! E’ una fortuna che abbia trovato un modo proficuo per utilizzare il bio-duplicatore dopo che il primo ed unico esperimento è andato a farsi friggere! Lasciamolo pure a cullarsi con l’idea di riabbracciare la mia cuginetta, per il momento! Una volta che mi avrà aiutato a ricostruire la Gemma sarà sufficiente un soffio per cancellarlo dalla mia vista! -

     - E se dovesse rendersi conto dell’imbroglio prima? -

     - Allora è meglio prenotare delle buone camere in ospedale! -

     Un suono metallico risuonò nella sala. Era l’avvertimento che la comunicazione era stata stabilita.

     - Il canale è aperto! - sentenziò Bokkun, squillante.

     Seguì il rumore rasposo delle interferenze radio, amplificato notevolmente dai microfoni dell’impianto. Eggman si schiarì la voce e tentò di recuperare il suo tono più cordiale.

     - Buonasera, Shadow! Ti chiedo perdono se poco fa non ho potuto risponderti! Ero impegnato in qualcosa di alquanto spiacevole! -

     - Problemi? - replicò la voce secca del riccio nero.

     - Il solito sgradevole intoppo… blu, spinoso e incredibilmente irritante! -

     - Sonic non è qualcosa di cui preoccuparsi! Me ne occuperò io, se sarà necessario! -

     - Ci conto molto, però non prima che tu abbia terminato i tuoi incarichi! Dove ti trovi? -

     - Dusty Desert! Le coordinate raccolte dai suoi N-Tracer mi hanno portato qui! Nient’altro che sassi e sabbia! -

     - Oh, ma lo sai che i tipi di sassi che stiamo cercando noi sono di quelli che brillano! Mi aspetto un’ispezione accurata non appena sorgerà il sole! Metal Sonic ti raggiungerà per supporto aggiuntivo! -

     - Dubito che ne sarà all’altezza! -

     Gli stridii sommessi che seguirono l’affermazione di Shadow erano traducibili nello stringere dei pugni di Metal in un moto di rabbia soffocata.

     - Non è poi malaccio come assistente! Quattro occhi sono meglio di due, dico bene? -

     - Qui ci penso io! Lei tenga impegnati i suoi di occhi in faccende di altro tipo! Ci siamo capiti? -

     - Il bio-duplicatore sarà già pronto quando avrai terminato la collezione, non dubitarne! Attendo il tuo prossimo rapporto! Chiudo! -

     La comunicazione si interruppe.

     - Perché vuole che vada a dare manforte a Shadow? - sbottò Metal Sonic.

     - Perché sei l’unico che può raggiungerlo velocemente e, soprattutto, perché ho bisogno di tenerlo d’occhio! Come hai detto tu, è una bestia difficile da domare! -

     - Se avessi voluto addestrare i porcospini, mi sarei unito ad un circo! -

     Dopo quest’ultimo commento, Metal fece dietrofront e uscì dalla stanza per prepararsi al viaggio notturno verso Dusty Desert. Eggman fissava il cielo oltre la vetrata con aria assorta e un ghigno che non prometteva niente di buono.

     - Caro dottor Eggman, questa volta potrai con certezza aggiungere alla tua sfilza di titoli anche quello di Imperatore di Mobius! -

     Le sue visioni di magnificenza vennero però interrotte dallo squittio interrogativo di Bokkun.

     - Allora lo ha comprato lo shampoo, dottore? -

     Una chiave inglese volante lo prese in pieno volto e lo fece capitombolare a terra stordito.

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     Aveva sempre pensato di provenire dalle stelle, per questo ogni notte in cui il cielo era sgombro e limpido si fermava ad osservarle con attenzione. Una sensazione di familiarità e di conforto si diffondeva in lui quando la luce intensa, ma così remota, di quei corpi celesti brillava riflessa nelle sue pupille. Era come se si riconoscesse in loro. Era potente e quasi del tutto eterno, ma era così lontano da tutti e da tutto. Niente di quello che conosceva era riconducibile a qualcosa che gli regalasse affetto e calore. Era perso nel freddo dello spazio, solo e avvolto in una cappa di energia distruttiva. Era tra di esse, a ben pensarci, che risiedeva la sua origine, creato in un laboratorio lassù, dal sangue di uno degli abitanti del cosmo. Era forse per questo che le stelle lo affascinavano tanto, perché era il posto a cui sentiva di appartenere, come una terra promessa alla quale sapeva di dover arrivare. Ogni ansia e turbamento si dissipava rapidamente quando contemplava la vastità di luci trapuntate che lo sovrastava, un’immensità che lo spingeva con la mente verso domande e consapevolezze che era bramoso di esplorare. Le risposte alle sue inquietudini, il motivo per cui era venuto al mondo, il senso della sua perenne solitudine, tutto questo poteva essere ricercato nelle stelle su di lui?

     La sabbia soffice e fresca del deserto notturno era il cuscino ideale per uno dei pochi momenti di spensieratezza di Shadow. I riverberi arancioni del fuoco scoppiettante acceso poco prima proiettavano dei vibranti giochi di luci ed ombre. Steso e con le mani sotto la nuca, si godeva un meritato riposo dopo il lungo viaggio durato tutta una giornata. Un sorriso gli si allargava sul volto, talmente raro per il suo modo di essere che risultava quasi inquietante. Voltò il capo alla sua destra ed incrociò lo sguardo con le iridi azzurre della ragazza bionda sdraiata accanto a lui.

     - Vedi quel gruppo lì a sinistra? - chiese Shadow gentilmente indicando una serie di stelle - Che cosa ti sembrano? -

     La ragazza ci pensò un po’, accentuando volutamente l’espressione meditativa del suo viso.

     - Una pila di biscotti al cioccolato! - sentenziò infine.

     Il riccio nero allargò ancora il suo sorriso.

     - E cosa mi dici… di quel gruppo più luminoso laggiù? -

     - Un gattino in una cesta… bianco a strisce nere! -

     - Ne vedi addirittura i colori? -

     - Oh, sì! E se la vista non mi inganna ha anche una macchia marroncina sull’orecchio sinistro! -

     Shadow rise di gusto.

     - Questa era un po’ esagerata, dai! -

     Maria rise a sua volta.

     - Prova anche tu! - disse lei ispezionando con cura il cielo alla ricerca di altre costellazioni non ancora individuate - Ecco! Quelle isolate là in fondo! Che cosa ti sembrano? -

     Shadow corrugò la fronte in un’aria pensosa e giocosa allo stesso tempo. Attese qualche secondo, come se l’operazione richiedesse una cura particolare, e infine parlò.

     - Una pietra preziosa a forma d’uovo! -

     Maria sorrise amabilmente, per poi assumere una posa da maestrina.

     - Non c’è male, signor Shadow! Però bisogna impegnarsi di più! -

     - Faccio del mio meglio, sai? -

     - So che ti è difficile dimenticare il… si può chiamare “lavoro” quello che fai? -

     - Mi perdonerai se non riesco a prendere sotto gamba l’idea di farti tornare, una volta trovata quella pietra! -

     - Come puoi farmi tornare… se io non me ne sono mai andata? -

     Il sorriso di Shadow si spense, lasciando spazio ad un’ammutolita incredulità.

     - Che cosa vuoi dire? -

     - Sono polvere… lo sono io, lo sei tu e lo sono tutti quanti! Ho fatto il mio tempo e sono tornata ad essere polvere! -

     - Non capisco! - replicò il riccio nero - Non vuoi tornare con me? -

     - Te l’ho già detto, smemorato! - ribatté Maria con tono dolce - Non me ne sono mai andata! Me ne andrò solo quando il mio ricordo non sarà più tale! Quando non sarò più polvere, ma diventerò ombra… come te! -

     - Perché sono l’ombra… del vero Shadow? -

     - Sei molto meno di questo… ma anche molto di più! Quando te ne renderai conto allora saprai anche che io sono e rimango nella polvere attorno a te! -

     Una folata di vento si alzò improvvisamente sollevando polvere e sabbia dal suolo circostante. Il turbine vorticò attorno al viso della ragazza sorridente, mentre i detriti saettavano negli occhi di Shadow, accecandolo. Il riccio nero urlò il nome di Maria, come sentendo la sua vicinanza andare a poco a poco scomparendo, e la sua voce si perse nel silenzio del deserto. Ci fu un forte rumore di risucchio, un tonfo e poi più nulla.

     Shadow riaprì gli occhi di scatto e sobbalzò come se sotto la sua schiena ci fossero stati dei tizzoni ardenti. La vista era ancora appannata dal sonno, ma riusciva a distinguere abbastanza nitidamente il cielo stellato, le fiamme del falò che danzavano allegre e una sinistra figura blu metallica in piedi accanto a lui.

     - Alla buon’ora! - commentò Metal Sonic tagliente.

     Il riccio nero impiegò qualche secondo a realizzare che era appena tornato alla realtà dopo un sogno che non gli era sembrato essere tale. Si guardò intorno, con la vana speranza di scorgere la chioma bionda di chi aveva avuto accanto fino a pochi minuti fa. Definitivamente arresosi, si rizzò subito in piedi per parlare con Metal Sonic faccia a faccia. Non era da lui fronteggiare qualcun altro stando steso per terra come il debole che non era.

     - Da quanto tempo sei qui? - domandò con l’intento di sembrare feroce.

     Metal era scarsamente intimorito.

     - Sono arrivato in questo preciso momento! E credimi… se il dottore non avesse detto che ti serve il mio “supporto” ci avrei pensato due volte prima di venire a perdere tempo ed energie in questa desolazione… con te! -

     Shadow lo fulminò con lo sguardo. Non aveva la minima intenzione di essere trattato dall’alto in basso, specialmente da quella sottospecie di scatola di sardine.

     - Avresti preferito impiegarle in altro modo? Come ad esempio nel trasformarti in un mostro meccanico gigantesco e terrorizzare il pianeta? - ribatté subito, ripensando a Metal Overlord.

     Il riccio robotico studiò attentamente il suo interlocutore, per capire se era un confronto fisico quello che cercava.

     - Hai un bel coraggio a parlare di terrore! Non eri forse tu quello che tempo fa ha tentato di distruggere la Terra insieme al dottore? -

     Shadow fu punto sul vivo. La rabbia cominciava a trasparire dalle sue dita sottoforma di scariche elettriche, ma sapeva che non era una scelta saggia perdere tempo ed energie in combattimenti.

     - Stai parlando di una parte di me che non esiste più! Adesso so chi sono… e di sicuro non sono come te! Non potremmo essere più diversi! -

     - Su di una cosa siamo d’accordo almeno! Noi due siamo diversi! E conosci anche quello che ci distingue? Qual è la nostra differenza? -

     - E’ tempo sprecato discutere con te! -

     Shadow gli diede le spalle, un po’ per non concedergli soddisfazione e un po’ perché l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era un’analisi psicologica. Per Metal Sonic invece infierire in quel modo, sentirsi superiore a qualcun altro, sebbene la sua condizione di schiavitù indicasse il contrario, era una grande valvola di sfogo per la sua frustrazione.

     - Molto semplice, Shadow! - aggiunse scegliendo con cura le parole - Io so qual è il mio scopo, al contrario di te! -

     - Di che diavolo parli? - replicò lui all’inaspettata affermazione.

     - Io conosco il motivo della mia creazione! Sono venuto al mondo per eliminare il riccio di cui porto il nome, il mio indegno gemello! Sono stato assemblato per ridurlo in polvere e cancellare da questo pianeta ogni traccia della sua presenza! Ma tu, Forma di Vita Perfetta, purtroppo non godi di questo privilegio! Per quale motivo sei venuto al mondo? Per compiere una vendetta? Per aiutare l’umanità? E’ quello che ti è stato detto, ma non quello che infine hai compiuto! E come se non bastasse… il corpo che vesti non appartiene neanche a te! Sei nato come il fantasma del vero Shadow, una pallida imitazione che non ha motivo di essere qui! Tutto quello che conosci non ha senso, perché non è qualcosa che appartiene a te! Girovaghi su questo pianeta che non è il tuo, senza una meta, senza un obiettivo, senza sapere per cosa vale la pena vivere! E’ vero, noi due siamo diversi! Ma solo perché io so perché sono qui, mentre tu puoi soltanto rincorrere delle ombre! La tua vita non avrà senso se non con la tua morte! -

     Le parole che Metal Sonic sputò come veleno in quella notte riuscirono a ferire Shadow come mai nient’altro aveva fatto. A differenza di quello che il robot sosteneva, anche lui sapeva benissimo quanto era clandestina la sua presenza al mondo, solo che mai si era soffermato a pensarci. Aveva preferito concentrarsi sulla promessa fatta a Maria, ignorando per fin troppo tempo che la sua esistenza era priva di significato. Sentirsi rinfacciare tutti i dubbi e le sofferenze a cui aveva dovuto far fronte, equivaleva ad una pugnalata in pieno petto. Mettere a parole le ansie di una vita intera, fino ad allora relegate nella sua scatola cranica, era come un bruciore intenso che partiva dalle sue viscere fino a carbonizzare qualunque convinzione avesse mai posseduto. Nel contempo in cui il dolore della verità gli si infilzava nelle vene come una serie di spilli incandescenti, una più divampante certezza rimaneva vivida nel suo cuore. Aveva bisogno di Maria. Aveva bisogno di lei perché gli ricordasse ogni giorno il motivo per cui andare avanti, perché gli mostrasse la strada da seguire, perché gli offrisse anche solo una briciola di calore nel gelido mondo di solitudine in cui era piombato. Voleva riportarla da lui. Solo per questo si tratteneva dal picchiare selvaggiamente Metal Sonic, dal diffidare delle parole di Eggman, dal considerare quella caccia al tesoro globale come un’indegna perdita di tempo, dal tenere in considerazione le parole sibilline della ragazza nel suo sogno. Aveva bisogno di uno scopo.

     Se una certa preoccupazione si stava insinuando in Metal Sonic per aver decisamente esagerato in quell’invettiva pungente, Shadow non gli diede motivo per acuirla. Si voltò a fissare il robot con i suoi occhi rossi penetranti, in cui però non brillava alcuna luce ostile. Pareva uno sguardo apatico e rassegnato, ben lungi dall’essere minaccioso o in alcun modo allarmante.

     - Cominceremo le ricerche domattina all’alba! - disse infine dopo lunga meditazione - Vedi di essere pronto! Non vorrei che mi privassi dell’unico scopo che mi è rimasto! -

     E detto questo, si allontanò a lenti passi, inoltrandosi nella fredda desolazione, ancora più convinto di provenire dalle stelle.

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     Dalla parte opposta della vasta landa sabbiosa, un altro singolare gruppetto procedeva a marcia serrata, le loro sagome come sinistri fantasmi nel fendere il buio della notte. La massiccia figura che era in testa alla fila era la più imponente: squadrata e dai movimenti ritmici e metallici, illuminava la strada con un fascio di luce bianca proveniente dal suo torace. I suoi occhi rossi bionici risaltavano nell’oscurità come due lucciole saettanti. Seguiva a ruota una sagoma più piccola e snella che camminava silenziosamente e con una grazia femminile data dall’ancheggiare dei suoi fianchi. A chiudere il gruppo c’era la figura più alta e longilinea delle tre, anche se a giudicare dall’enorme peso che si portava sulle spalle, costringendolo a trascinarsi in avanti con la schiena curva, sarebbe stato difficile a dirsi.

     La fine di un lungo viaggio in corso da ore fu sancita quando una macchia verde scuro sfocata a distanza si trasformò, dopo minuti di cammino, in una fresca oasi tappezzata di vegetazione. La modesta pozza d’acqua nascosta da un gruppo di palme intricate era così immobile da confondersi con il bluastro del cielo notturno. Il capofila si fermò al limitare del laghetto, scandagliando la zona circostante con i suoi sensori. L’analisi si protrasse per alcuni minuti, un lasso di tempo sufficientemente lungo per disintegrare le ultime briciole di pazienza del terzo componente, nonché facchino del gruppo.

     - Potenza media del segnale individuata! - fu il responso - L’area è stata localizzata e circoscritta! -

     - Era ora! - commentò la ragazza - Cominciavo a sentire una leggera stanchezza! -

     - Tu? Una leggera stanchezza? - ringhiò il terzo, approfittandone per lasciar cadere sulla sabbia il gigantesco zaino da campeggio che portava sulle spalle.

     - Ehi! Vedi di andarci piano con quella roba, palla di pelo! -

     - Oh, mi scusi, miss Perfezione! Non avevo intenzione di maltrattare le sue frivole idiozie da femminuccia che pesano quanto una balena obesa! -

     - Frivole idiozie da femminuccia? -

     Rouge e Drake si scambiarono due occhiate fulminanti.

     - Quelli mi servono per sopravvivere! - protestò lei.

     - Certo! - fu la replica sarcastica - Chi non si porterebbe ombretto, rossetto, mascara, cipria e trucchi da clown per sopravvivere in un deserto? -

     - Stai dimenticando la tenda da campeggio e le provviste! -

     - Ah, giusto! Quelle sepolte sotto asciugamani, accappatoi, specchi e profumi! -

     - Se non ti stava bene, non avresti dovuto offrirti di trasportare lo zaino! -

     - “Mio prode cavaliere, non vorrai certo far portare ad una ragazza debole e indifesa tutto quel peso, vero?” - ripeté il lupo al limite dell’esasperazione - Questa ti dà l’idea di essere una richiesta spontanea? -

     - Sì! - confermò Rouge cocciuta - E poi ho detto “debole e innocente”, non “indifesa”! -

     - Dati sulla conversazione non presenti! - intervenne Omega a sorpresa.

     Drake scaricò la rabbia accumulata con uno scrollare nervoso delle spalle.

     - Sei un po’ troppo irrequieto, palla di pelo! - disse Rouge cominciando a disfare il suo gigantesco bagaglio - Guarda il lato positivo della faccenda! Domattina potremo mettere le mani sul primo frammento! Non sei contento? -

     - No, se per ogni pezzo di quella stupida pietra devo sopportare una giornata come quella di oggi! Tutta la mattina per cercare uno di quei rottami con gli occhiali di Eggman, tutto il pomeriggio per installare su Omega quella tecnologia e adesso a spasso nel deserto con in spalla l’inventario di un esercito di modelle! -

     - Ogni cosa ha un prezzo, caro! Avresti dovuto immaginare che non sarebbe stata una scampagnata nei boschi quando hai offerto il tuo aiuto! -

     - Ho offerto i miei servigi di guerriero e sono stato trasformato in un facchino! Non c’è niente di più degradante! -

     - Certo, certo, caro! Ora ti dispiacerebbe montare la tenda e accendere un fuoco? Comincia a fare freddino qui! -

     Le parole di Rouge furono seguite da un silenzio ancora più raggelante della notte desertica. Il lupo si limitò a lanciarle un’occhiata mista di rabbia e rassegnazione prima di darle le spalle e allontanarsi a passi lenti. Alcune fiammelle baluginavano negli spazi tra le sue dita chiuse, segno che se avesse continuato quella conversazione, probabilmente avrebbe perso il controllo.

     - Sì, d’accordo! Lascia una povera ragazza a campeggiare da sola e al freddo nel deserto! - gli urlò Rouge nel tentativo di riportarlo indietro - Ehi, non so montare questa stupida tenda! -

     - E’ il momento giusto per imparare, bellezza! - rispose pronto Drake.

     - Ma così mi si sgualciranno i guanti nuovi! Mi si rovinerà la pelle! Questo non significa niente per te? -

     - Sopravvivrò con il rimorso! -

     Il cavaliere non aspettò un’ulteriore replica per alzare ancora di più il passo e sparire oltre una duna sabbiosa, rendendo la voce del pipistrello un flebile eco in dispersione. Di solito in situazioni del genere aveva molta più calma e pazienza, ma la dura giornata trascorsa, in molti attimi sembratagli quasi al limite dell’assurdo e dell’inutilità, aveva messo a dura prova i suoi nervi. Credeva di essere all’opera per il bene comune e, senza preavviso, si era ritrovato a fare da babysitter ad una ragazzina viziata e ad una lattina corazzata.

     Non appena si fu assicurato di essere arrivato a distanza di sicurezza, si gettò all’indietro sulla sabbia come avrebbe fatto su di un materasso e lasciò che la piacevole sensazione di freschezza gli accarezzasse la schiena, trasmettendosi in tutto il corpo. Era una sua abitudine consolidata da quando era piccolo stendersi all’aperto per contemplare il cielo, specialmente di sera e dopo una giornata estenuante. Sapeva di poter trovare sempre conforto guardando le stelle nei suoi momenti più difficili. Per molto tempo questa all’apparenza trascurabile attività aveva costituito l’unico legame che aveva con il mondo da cui proveniva. Costretto sin dall’infanzia a reprimere gli istinti che facevano parte integrante di lui, considerava un sollievo stendersi sull’erba di notte e ammirare lo scintillare delle miriadi di luci sparse sopra di lui. Era come se potesse essere in contatto con ogni creatura del pianeta, dalla più piccola alla più grande, e sentirsi finalmente in pace e libero di essere sé stesso. Molto probabilmente quella era stata l’unica valvola di sfogo che lo aveva aiutato a sopportare i rigidi insegnamenti del suo genitore adottivo.

     Un improvviso moto di gelo gli attraversò lo scheletro al solo ricordo dell’uomo che un tempo considerava un padre. Il pelo era ricresciuto folto a coprire le cicatrici che gli aveva inflitto, specialmente quella del loro ultimo confronto, ma i segni e i ricordi dolorosi non potevano essere occultati in alcun modo. Gli sembrava quasi di vedere le stelle in cielo fondersi insieme a formare il volto piatto e pallido del suo aguzzino, con i suoi penetranti occhi di fuoco. Altre immagini si animavano nello spettrale palcoscenico dei suoi ricordi. Un cucciolo di lupo di poco più di quattro anni, abbastanza alto per la sua età e mingherlino. Il suo pelo era già folto e marrone, specialmente sulla coda che sventolava senza fermarsi. L’espressione che portava dipinta in viso era seria e inflessibile, con la fronte corrugata e gli occhi stretti, quasi a sembrare un fiero adulto costretto nel corpo di un bambino. In aperto contrasto con il suo atteggiamento da duro, c’era la sua sbilenca e goffa andatura nel camminare sulle due zampe. La schiena era leggermente piegata in avanti e mancava di coordinazione nelle gambe ad ogni passo che faceva. Dal modo in cui digrignava i denti sembrava che gli costasse molta fatica procedere in quel modo, quasi come se fosse qualcosa di completamente sconosciuto a lui. Un passo falso bastò a farlo inciampare e a farlo piombare scompostamente al suolo. Lamentandosi in silenzio, si ritrovò a gattoni sul terriccio mentre tentava di rialzarsi. Le sue dita affondarono nella polvere e i suoi piedi si tesero automaticamente come corde d’arco. Vincendo un’esitazione iniziale, mosse qualche incerto passo a quattro zampe e un sorriso furbo gli si allargò sul muso, segno che la nuova postura era decisamente di suo gradimento. Proprio quando cominciava a prenderci gusto, una forte pressione si abbatté sulla sua colonna vertebrale, schiacciandolo verso il basso e mozzandogli il respiro. Al ragazzo sfuggì un rantolo soffocato mentre gli angoli dei suoi occhi si bagnavano di lacrime di frustrazione. Dietro di lui, l’emaciata figura nera del suo tutore incombeva sinistra.

     - Tu mi deludi, ragazzo! - sibilò la voce affilata di Magorian - Mi deludi molto! -

     Il potere della sua gemma scintillante svanì di colpo, liberando il piccolo Drake da quella morsa implacabile. Il lupo si rialzò in fretta e furia, ancora con il respiro affannoso, e abbassò il capo mortificato, deciso a non incrociare lo sguardo dell’uomo.

     - Ti chiedo scusa! Io… volevo solamente provare! -

     - Te l’ho detto tante volte, Drake, ma sembra che le mie parole ti escano da quella testa più in fretta di quanto ti ci entrino! -

     Drake tirò su con il naso, spaventato dalla punizione che era sicuro di ricevere.

     - Vuoi davvero fare la stessa fine dei tuoi genitori? Vuoi lasciare che i tuoi squallidi impulsi animaleschi ti conducano all’autodistruzione? Se ti sto insegnando a camminare sulle due zampe è per renderti un uomo a tutti gli effetti! Ne abbiamo ancora molta di strada da fare e se le premesse sono queste… forse ho fatto un errore a prenderti sotto la mia custodia! -

     - No! - esclamò subito il lupacchiotto - Non è così! Ti prego, Magorian! Dammi un’altra occasione! Ti dimostrerò che non hai sbagliato! Seguirò i tuoi insegnamenti alla lettera, te lo giuro! Non capiterà più una cosa del genere! -

     L’uomo lo guardò per un po’ con espressione poco interessata, poi un debole sorriso gli si allargò sulle labbra sottili.

     - Voglio ben sperare, ragazzo! -

     Detto questo, si allontanò silenziosamente, con la mantella nera che svolazzava sulla sua scia, lasciando il piccolo lupo nello sconforto più totale. Aveva pagato caro quel breve momento in cui aveva ceduto al richiamo della foresta e ora non gli rimaneva altro che la commiserazione. Aveva deluso il suo maestro, il suo patrigno, l’unico essere vivente al quale doveva la sua vita e non credeva che si sarebbe mai più fidato di lui. Ce la stava mettendo tutta per sottostare ai suoi rigidi insegnamenti, voleva ripagarlo per il peso che la sua custodia gli costituiva, voleva essergli d’aiuto in modo da saldare quell’enorme debito che aveva contratto. Fu il momento in cui un giovane ragazzo stipulò un’importante promessa con sé stesso, giurando di impegnarsi al massimo per diventare ciò a cui credeva di essere destinato e trovare il suo posto nel mondo, al fianco di Magorian.

     Le immagini nella mente di Drake si dissolsero rapidamente, trasformando il volto determinato di un giovane lupo in quello ancora più combattivo di un adolescente. Sulla cima di una irta rupe, il lupo e la lucertola si stavano scontrando freneticamente in un duello di spada. La velocità e la destrezza di Getara con la scimitarra erano di molto superiori a quelle di Drake, che arrancava sotto i colpi dell’avversario tanto da essere spinto fino al limitare del picco roccioso. Il clangore del metallo rimbombava nelle sue orecchie come un sinistro allarme che lo avvertiva del pericolo a cui andava incontro. Per quanto si sforzasse di concentrarsi e di focalizzare il nemico, come Magorian gli aveva più volte insegnato, riusciva solamente a parare i colpi di Getara, il quale era decisamente più veloce ed esperto nel maneggiare l’arma. L’uomo avvolto di nero era poco distante dall’arena di lotta e osservava con attenzione i suoi agenti all’opera con un cipiglio severo.

     Drake era disposto a fare di tutto pur di impressionarlo, pur di conquistare la sua approvazione e quindi, secondo il suo pensiero, un conseguente affetto da parte sua. Voleva essere accettato, voleva sentirsi dire che era pronto per qualunque cosa fosse in serbo per lui. Desiderava essere preparato, addestrato, forte contro qualunque tipo di avversità, capace di affrontare e sopportare il dolore come in passato non lo era mai stato. Aspirava a diventare un combattente, come i pochi ricordi frammentati che aveva gli dicevano lo era stato suo padre, un essere imbattibile e robusto, in modo che niente in quella vita di sofferenza e solitudine che aveva conosciuto fino ad allora potesse più abbatterlo. Che diventasse un uomo o rimanesse un lupo non gli importava, purché fosse forte oltre ogni immaginazione.

     Un solo attimo di distrazione gli fu tuttavia fatale. Immerso nei suoi pensieri, non si rese conto della falciata di scimitarra pericolosamente vicina alla sua testa. Un taglio netto, uno schizzo rosso e un rantolo di dolore. Drake si accasciò al suolo con la mano macchiata di sangue. Una parte del suo orecchio sinistro era stata tranciata dal colpo di spada. Getara non ebbe alcuna reazione all’accaduto, come se avesse agito intenzionalmente. Magorian, invece, strinse gli occhi in uno sguardo incollerito e fissò il volto di Drake con attenzione.

     - Rimettiti in piedi! Una ferita così piccola non può fermarti! -

     Il lupo si voltò verso di lui e lo guardò con occhi supplichevoli e mortificati.

     - Ho detto rimettiti in piedi! Se non impari a sconfiggere il dolore, a combattere, ad usare la spada, non sarai mai un uomo! Combatti! -

     Quello stesso sguardo implorante rimase fisso nell’immaginazione di Drake mentre altri ricordi lontani affioravano nella sua mente. Viaggiò con la memoria fino a ritrovarsi in una fucina ammantata di vapore. Era sempre lui, solo con qualche anno di più, in piedi di fronte ad un enorme vascone fumante di metallo fuso. Sul suo corpo si individuavano numerose cicatrici e molti segni dei combattimenti sostenuti durante l’allenamento. Entrambe le sue mani erano avvolte strette in bende annerite e bruciacchiate che si allungavano lungo tutto l’avambraccio. Due paia di occhi strisciavano lungo la sua schiena, provocandogli un senso di gelo incontrollabile. Ad una di essi ci era già abituato, dato che quello sguardo di fuoco lo giudicava da quando era bambino. Il secondo però era nuovo e ancora più inquietante. Lo sciacallo nero dagli occhi di acciaio. Ogni volta che Drake li incrociava aveva l’angosciante sensazione di un freddo pungente nei polmoni, come se quelle fredde pupille stessero penetrando nel suo corpo e nella sua mente per scandagliarla con cura e svuotarla di tutto il suo calore.

     - La fiammata finale spetta a te! - enunciò Magorian con voce roca - Sarai tu a completare l’opera! Forgia la tua nuova vita e il nuovo te stesso! -

     Sospeso da quattro robuste catene sopra al vascone bollente c’era un largo stampo che conteneva del metallo incandescente. Obbedendo agli ordini impartiti, Drake concentrò le sue energie nel palmo delle sue mani e, digrignando i denti per lo sforzo, produsse una fiammata ad altissima temperatura che divampò alla base della vasca, aumentando i gradi di fusione. Il ribollio dell’acciaio e il vapore prodotto si espansero nell’aria già pesante per il calore. Ci volle qualche minuto prima che Magorian facesse un cenno soddisfatto e Drake potesse fermarsi, stanco come se avesse corso per miglia. A questo punto fu il turno di Seth che, senza proferire parola, protrasse il braccio in avanti e aprì e ruotò lo stampo in posizione verticale con la telecinesi. All’interno riluceva tra la coltre di fumo una splendente armatura da cavaliere, già rifinita in ogni particolare. Drake la contemplò con uno sguardo a metà ammirato e a metà intimorito.

     - Questo è lo stadio finale della tua trasformazione, ragazzo! - spiegò Magorian solenne - Questa armatura ti accompagnerà negli anni che ti restano, nascondendo al mondo la tua deformità e rendendoti a tutti gli effetti un essere umano! -

     Deformità. Era così che aveva chiamato il suo essere lupo. L’ultimo passo verso il suo radicale cambiamento era compiuto, anche se non sapeva a cosa tutto questo lo avrebbe condotto, se avrebbe mai rimpianto la possibilità di correre per la foresta, ululare alla luna, sentirsi parte integrante della natura. Era quella la sua strada? Era nato da lupo e sarebbe morto da uomo? Era giusto soffocare in quel modo la sua indole? Forse era l’unico modo per diventare finalmente forte e indipendente, per fare il suo ingresso in quel mondo colmo di dolore e imparare a mozzargli la testa con un sol colpo. La scelta sembrava quella giusta.

     Solo a distanza di anni, quando si sarebbe trovato disteso nel deserto in una notte stellata, avrebbe realizzato quanto il suo odio nei confronti di quel mondo che gli aveva tolto ingiustamente un’infanzia e una famiglia lo aveva condizionato. Il suo rancore verso tutto ciò che lo circondava era tale che era stato disposto a cancellare la sua identità pur di avere l’occasione di bruciare le difficoltà sul suo cammino. Aveva venduto l’anima al diavolo, si era inabissato nelle sinistre trame di un uomo perfido e spietato e si era professato pronto a seguirlo ovunque e comunque. Cieco per così tanto tempo, si diceva, fino al fatidico incontro con un riccio blu e la scoperta della verità, una rivelazione scioccante che lo aveva portato ad un passo dalla morte, dandogli unicamente l’occasione di rinascere ancora. Ora era libero, era in pace, si accettava per come era e ne traeva serenità. Il mondo non era più una valle di lacrime, non avvertiva più la sofferenza che prima lo schiacciava perché sapeva che non era stato il mondo a strappargli la famiglia ma, soprattutto, perché non doveva più vergognarsi per quello che era. Ecco perché non avrebbe mai permesso che la fonte di tutto il dolore che aveva sempre patito tornasse, avrebbe fatto tutto il possibile per ricacciare Magorian negli oscuri meandri dai quali proveniva. Era cresciuto, era cambiato, era uno dei cuori pulsanti del pianeta e, in quanto tale, avrebbe combattuto fino all’ultimo respiro per proteggerlo. Aveva trovato la sua vera natura infine… mentre le stelle continuavano ad infondergli conforto e coraggio.

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     La luce intensa del sole proiettata attraverso le finestre di casa Prower era andata lentamente scemando nel corso del pomeriggio, trasformandosi prima in un fiammeggiante alone arancione per poi dissolversi in un battito di ciglio. Quando le ombre furtive della sera cominciarono a strisciare lungo tutta la casa, Tikal fu costretta ad accendere tutte le lampadine presenti nell’abitazione. Sarebbe stato più normale attivare l’illuminazione solo nel salotto, dove stava tentando di tenere occupati Cream e Cheese sin da quando Tails e gli altri erano usciti. Il suo istinto però le suggeriva che era meglio procedere in quel modo e non far rimanere nel buio nessun angolo della casa. Non avrebbe saputo spiegare perché. Di solito il calare della sera non la innervosiva come stava facendo in quel momento, anzi, adorava la brezza fresca, le sfumature del cielo, la pallida luna, il canto dei grilli che riempiva l’aria quando era l’ora del crepuscolo. In quel frangente, invece, rabbrividì al pensiero delle tenebre che avanzavano e inghiottivano tutto ciò che la circondava.

     Ricordò di aver provato solo un’altra volta quella sensazione. Fu quando, ormai molti secoli fa, Magorian si appropriò dei Chaos Emeralds e sparì nel nulla. Da quel momento in poi, ogni volta che il sole annegava nella linea dell’orizzonte, una sensazione di gelo invadeva il suo corpo, come se un’energia malvagia le filtrasse nella pelle sottraendola al calore. Era consapevole che si trattava della paura del disastro incombente, tornata a fare capolino nel suo animo timoroso. Rimasta troppo tempo al confine tra lo spazio e il tempo a sorvegliare Chaos, si era dimenticata delle ansie e delle preoccupazioni che comportava vivere con la prospettiva di una catastrofe imminente. Il mondo gli era sempre sembrato un posto di gioia, di bellezza e tranquillità, guardandolo dalla sua piccola bolla di etere, fino a quando non aveva deciso di viverci nuovamente all’interno. Anche la paura e il buio facevano parte di quella realtà e, volente o nolente, avrebbe dovuto imparare ad accettarli ancora una volta.

     Fu proprio quando l’oscurità si fece più fitta che il rumore delle pale del Tornado ronzò all’interno dell’abitazione. Tikal si precipitò alla finestra e vi sbirciò attraverso, distinguendo chiaramente il veicolo di Tails in fase di parcheggio all’interno della rimessa.

     - Sono tornati finalmente! - commentò, catturando l’attenzione di Cream e Cheese.

     La porta si aprì poco dopo e il gruppetto fece il suo ingresso, in un silenzio permeato di stanchezza. C’erano Knuckles e Tails in testa, entrambi pensierosi e seri in volto. Amy non era da meno, con la fronte corrugata in un’espressione di rabbia più che di stanchezza. Sonic chiudeva il gruppo e in sua compagnia c’era una riccia azzurra dall’aria furba che Tikal non aveva mai visto.

     - Casa, dolce casa! - disse Tails con un debole sorriso.

     - Cominciavo a preoccuparmi, ragazzi! - confessò Tikal con le mani giunte - Ci avete messo più del previsto! Ci sono stati problemi? -

     - Uno solo! - replicò Sonic secco - Calvo, baffuto e dal peso approssimativo di cento quintali! -

     - Allora è proprio come ci ha detto Rouge! Il dottore sta architettando qualcosa di nuovo! -

     - Solo che questa volta ha un nutrito gruppo di lacchè a lucidargli il sederone! -

     Tails fu l’unico a sprofondare nel divano non appena misero piede in salotto. Tutti gli altri preferirono rimanere in piedi o, al limite, sedersi sui braccioli. Amy era la più discostata dal resto del gruppo. Cream e Tikal si scambiarono un’occhiata di intesa, avendo entrambe afferrato al volo che le cose con Sonic non si erano ancora aggiustate.

     - Altri robot? - domandò la vestale, guardando di sottecchi anche la nuova arrivata.

     - Due li conosciamo fin troppo bene! - intervenne Tails pratico - Ma il terzo è un nuovo acquisto! -

     Cream strabuzzò gli occhi.

     - C’era per caso anche… -

     - Sì! - confermò il volpino - Gemerl è tornato sotto il controllo di Eggman! Mi dispiace, Cream, ma non c’è molto che possiamo fare al momento per recuperarlo! -

     La coniglietta abbassò il capo, intristita dalla notizia. Cheese tentò di consolarla accoccolandosi tra le sue braccia.

     - Sonic! - disse ancora Tikal - Chi è la ragazza? -

     - Ah, giusto! Lei è Zephir! Ci ha aiutato a sbarazzarci di testa d’uovo! Le ho offerto di unirsi a noi per darci una mano nella raccolta dei frammenti e in tutto il resto! -

     - Bé, è una buona notizia! Di certo una mano in più non può che farci comodo! -

     - Per l’appunto! - intervenne Amy.

     Il suo tono convinto e il suo sorriso palesemente forzato suscitarono lo sgomento generale.

     - Sono sicura che anche Geoffrey sarà disposto ad aiutarci! -

     - Ne abbiamo già parlato prima, Amy! - rispose Sonic cercando di non sembrare spazientito - Non possiamo fidarci di quella lince! Lavora per Eggman, nel caso non l’avessi notato! -

     - Geoffrey? - domandò Cream stupita - Il signore che ci ha aiutato stamattina? Lavora per il dottore? -

     - Non intenzionalmente, questo è evidente! - incalzò Amy infastidita - Gli è stato fatto il lavaggio del cervello! Colpa di quel braccio meccanico, ne sono sicura! -

     - Insomma, quello che voglio dire è che ha cercato di ucciderci! E tu vorresti avvicinarlo? -

     - Anche Rouge ha fatto la stessa cosa mesi fa! E non era in sé neanche lei in quel momento, se te lo fossi scordato!(1) -

     - Sul fatto che non fosse in sé, ci metterei una mano sul fuoco! - sbuffò Knuckles.

     I due ricci si voltarono verso di lui e gli intimarono un - Silenzio! - con nervosismo. L’echidna tacque immediatamente, non tanto per l’avvertimento, quanto per lo stupore che gli provocò il comportamento isterico dei due.

     - Con Rouge era diverso! - riprese Sonic come se stesse spiegando una cosa semplice ad una bambina un po’ ottusa - La conoscevamo bene! Di questo Geoffrey non sappiamo nulla! -

     - Non sappiamo nulla neanche di lei! - replicò Amy indicando Zephir - Eppure non ci hai pensato due volte a stenderle il tappeto rosso! -

     - Ehi, sorella! Pace! - disse la ragazza alzando le mani in un segno di resa.

     - Perché è così che funziona con te, non è vero? Finché garantisce il grande Sonic, nessuno può avere il beneficio del dubbio! Ma se si tratta degli altri, siamo sempre ad un livello sotto al tuo ego mostruoso! -

     Amy sentì delle lacrime di rabbia premerle agli angoli degli occhi. Per evitare di fare una scenata inutile, alzò i tacchi e uscì in fretta e furia dalla porta d’ingresso. La discussione animata aveva lasciato tutti ammutoliti, nell’imbarazzo generale. Sonic decise di seguirla dopo qualche secondo di riflessione. Aveva quasi raggiunto la fine del vialetto quando lui la chiamò.

     - Amy, aspetta! -

     La riccia si fermò di colpo ma decise di non voltarsi.

     - Senti, mi dispiace di aver alzato la voce! Non intendevo offenderti! -

     - Proprio non te ne rendi conto, vero, Sonic? Non capisci che cosa mi ha ferito del tuo comportamento? -

     - Ehm… -

     Sonic si trovò spiazzato dalla domanda e la sua formidabile ignoranza in fatto di psicologia femminile fece sentire tutto il suo peso.

     - Appunto! Non lo immagini? Non ci siamo visti per un bel po’ di tempo, e le poche volte in cui ci siamo incontrati eri sempre impegnato a salvare il mondo! Oggi ci rivediamo e tutto quello che hai da offrirmi è la tua indifferenza! -

     - Sai che non posso essere il tipo di riccio che vorresti! Il tipo da cene a lume di candela e cioccolatini a forma di cuore! Pensavo ti andassi bene per come sono! -

     - Ed infatti è così! Ma la domanda è se adesso va bene a te! Se preferisci avere qualcuno che riesca a sostenere i tuoi ritmi, che possa esserti sempre accanto e che non debba affannarsi per starti dietro! Se preferisci qualcuno che sia veloce quanto te! -

     Sonic credé di aver capito il motivo di quella discussione e il sollievo fu tale che gli venne spontanea una risatina, cosa che infastidì enormemente Amy Rose.

     - Andiamo, non sarai mica gelosa di Zephir? -

     - No, Sonic! Qui non si tratta di lei, né di Geoffrey! Si tratta di te! Ho passato tanto tempo ad inseguirti, sperando di convincerti a stare con me! Forse è stato tutto un errore! Forse mi illudevo di poterti cambiare, o perlomeno renderti un po’ più affettuoso nei miei riguardi! Forse la tua vita è troppo supersonica perché io possa stare al tuo passo! -

     Senza nient’altro da dire, proseguì lungo la strada e si allontanò a passi lenti. In quei pochi secondi che sembravano ore interminabili, avrebbe tanto voluto che il suo adorato riccio blu la raggiungesse, la stringesse forte e le facesse sentire il familiare calore che tanto le mancava. Questo però non avvenne.

     Sonic rimase impalato al suo posto e questa volta non fu il suo orgoglio ad impedirgli di intervenire, ma il senso doloroso delle parole di Amy, la triste possibilità che in fondo ci fosse della verità in tutto quello. I sensi di colpa non tardarono ad arrivare quando si capacitò del modo freddo in cui aveva trattato Amy nell’arco della giornata. Quella stessa mattina l’aveva allontanata senza rendersene conto, ancora scottato per la sconfitta nella gara di velocità contro Zephir. Durante lo scontro con Eggman, l’eccessiva attenzione che prestava a Geoffrey gli aveva fatto provare una punta di gelosia, causando un’involontaria indifferenza glaciale. E, per concludere in bellezza, la discussione avuta poco prima di certo non aveva giovato alla situazione. Non era tanto il pensiero di essere stato insensibile che lo turbava, quanto l’idea che forse, dopotutto, non era tagliato ad essere un buon fidanzato. Sopportava con difficoltà le effusioni amorose, detestava rimanere fermo per più di cinque minuti e le sue priorità non erano di certo imparare ad essere un principe azzurro. Forse era per questo che Amy se l’era presa così tanto, perché avrebbe dovuto dedicarle più attenzioni, o meglio, avrebbe dovuto avvertire spontaneamente l’istinto di farlo. Era fuori discussione che provasse un profondo affetto per Amy, ma si cominciava a chiedere se questo fosse sufficiente, dopotutto. Lei aveva bisogno di qualcuno che fosse sempre presente quando ne aveva bisogno, non che corresse in giro per il mondo e le facesse visita solo quando se ne ricordava. E se non fossero stati fatti per stare insieme?

     Sonic stava tentando faticosamente di riordinare le idee quando sentì una presenza alle sue spalle. Dal passo che aveva capì subito di chi si trattava.

     - Ehi! - chiamò Zephir con tono delicato - Spero di non aver causato problemi! -

     - Lascia stare! - replicò Sonic sconsolato - Non è colpa tua! A quanto pare è un problema che c’era già da prima… solo che non volevo vederlo! -

     - Bé, di solito quando ho bisogno di schiarirmi le idee mi faccio una bella corsetta! E’ un toccasana per le teste affollate di pensieri! -

     - E funziona così bene? -

     - C’è un solo modo per scoprirlo, no? - disse Zephir sogghignando - Ti va di farmi compagnia? -

     Sonic abbassò il capo. La sua espressione era resa indecifrabile dal buio della sera.

     - Non credere di riuscire a bagnarmi il naso questa volta! - esclamò infine con un sorrisetto furbo.

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     Una violenta scossa fece tremare la terra per qualche secondo. Le dune sabbiose, roventi sotto il sole mattutino, si sfaldarono a causa delle oscillazioni, sgretolandosi in una pioggia di sabbia e detriti. Un sordo frastuono di roccia infranta si diffuse nell’aria, dove rimbombò soffocato per qualche secondo prima di svanire.

     - Questa è la terza dall’alba! - disse Rouge palesemente seccata - Potevate dirmelo che questa è una zona a rischio sismico! -

     - Se l’avessimo saputo almeno non saresti qui a dire stupidaggini! - ribatté Drake infastidito - Non sono scosse regolari! E’ come se ci fosse qualcosa di molto grande che si muove a scatti sottoterra! -

     - Ah, fantastico! E’ proprio quello che ho sempre sognato! Girovagare nel deserto in compagnia di una talpa gigante! -

     - Dato che sei così sofisticata dovresti darti al giardinaggio, non alla collezione di sassi! -

     Un altro forte scossone, questa volta più intenso dei precedenti, colse impreparato il pipistrello che perse l’equilibrio e cadde scompostamente sulla sabbia. Drake le porse la mano e l’aiutò a rimettersi in piedi quando la vibrazione si fermò.

     - Grazie! - mormorò Rouge - Non sei poi tanto male, in fondo! -

     - Il fatto che non sia d’accordo con la metà di quello che dici o fai non significa che non ti debba dare una mano quando c’è bisogno! -

     - Il tuo predecessore in questa squadra non aveva di certo tutta questa gentilezza nei miei confronti… per non dire che a stento mi considerava! -

     - Shadow? -

     - Lui in persona! Tempo fa io ed Omega unimmo le nostre forze alle sue per andare a cercare Eggman e sistemare un conto in sospeso! Non faceva altro che dare ordini e trattarci dall’alto in basso! -

     - Lo conosco da meno tempo di te, ma comunque non mi stupisce! Non è esattamente l’essere più amichevole del pianeta! -

     - Ricezione del segnale, novantuno percento! - intervenne Omega all’improvviso.

     Il massiccio robot piantò i piedi per terra e si fermò di botto. I due compagni, che stavano marciando dietro di lui da ormai quasi un’ora, gli si avvicinarono in trepidante attesa. Gli occhi bionici di Omega lampeggiavano ad un ritmo quasi ipnotico.

     - Bene, acciuffiamo quella pietra e leviamo le tende! - esclamò Rouge - Ne ho abbastanza di tutta questa sabbia negli stivali! -

    Un bip elettrico risuonò all’interno dei circuiti dell’androide e l’illuminazione dei suoi occhi diventò all’improvviso molto fioca.

    - Rettifica! Segnale in movimento! - scandì meccanicamente.

    - In movimento? - ripeté Rouge allarmata.

    - Significa che qualcun altro l’ha trovata? - le fece eco Drake, il pensiero rivolto subito a Seth.

    Omega non li degnò di una risposta e riprese la sua marcia, questa volta attivando i reattori sulle sue spalle e aumentando notevolmente la sua velocità. Drake e Rouge lo seguirono a ritmo serrato, seri in volto e concentrati sull’esito della loro ricerca. I loro cuori martellavano come tamburi nei loro petti, non tanto per la corsa frenetica quanto per il timore di aver perso una preziosa occasione.

     Superata una collinetta, un’altra arida distesa di sabbia si aprì di fronte ai loro occhi. L’intensa luce del sole li colpì direttamente negli occhi, costringendoli a farsi ombra con il palmo della mano. Non fu una totale sorpresa per loro individuare due figure dalle caratteristiche simili correre nella direzione opposta alla loro.

     - Individuato: Eggman robot! - disse Omega e una serie di sonori clic indicarono che aveva caricato le armi.

     - Ma di cosa stai parlando? - rispose Rouge, prima di apprendere l’identità dei due girovaghi - Oh! Questa non me l’aspettavo proprio! -

     Shadow e Metal Sonic non seppero nascondere meglio il loro stupore. Il primo trasformò l’espressione seria e composta che lo contraddistingueva in una smorfia di irritazione, il secondo si limitò ad illuminare di un infuocato arancione i suoi occhi da androide.

     - Piuttosto affollato questo, per essere un deserto! - disse Drake guardingo.

     - C’è speranza di ottenere una risposta se ti chiedo cosa ci fai qui? - domandò Rouge - E per di più in compagnia di un amichetto del dottor Eggman? -

    Shadow sorrise di rimando. Nelle sue pupille ardeva un fuoco combattivo fin troppo familiare.

     - Decisamente no! - disse, preparandosi a scagliare uno dei suoi Chaos Spear.

     Conscio del pericolo, Drake incendiò le sue mani e si preparò a creare uno scudo di fiamme che li avrebbe protetti nel caso di un attacco diretto. Nonostante lo scontro sembrasse imminente, il riccio nero non sferrò il suo attacco. Il dispositivo luminoso che portava al polso emise un suono squillante, nello stesso momento in cui anche il sistema di localizzazione di Omega diede un responso.

     - Ricezione del segnale, cento percento! -

     Lo stesso identico pensiero passò per le menti di Shadow e Rouge, i quali si puntarono il dito contro a vicenda ed esclamarono ad una voce: - Ce l’avete voi! -

     Non ci fu tempo per le spiegazioni né per combattimenti. Un’altra scossa dalla potenza inaudita fece vibrare il suolo sabbioso, con così tanta violenza che i cinque furono sbalzati a terra inesorabilmente. Il terreno si squarciò con un rombo assordante, aprendo una voragine che serpeggiò per diversi metri. La sabbia fu risucchiata all’interno del crepaccio e dal sottosuolo spuntò una massa molliccia e biancastra dalle dimensioni gigantesche. Lunga parecchi metri, aveva una pelle raggrinzita ed umidiccia che vibrava al ritmo del suo respiro. Era priva di occhi ma in compenso emetteva dei disgustosi versi stridenti, al pari delle unghie sulla lavagna.

     - Comincio a rimpiangere la tua talpa! - disse Drake, indietreggiando velocemente.

     - Detesto i vermi! Specialmente quelli extralarge! - piagnucolò Rouge al limite dell’isterismo - Omega! Fai qualcosa! Arrostiscilo! -

     Il robot, tuttavia, sembrava a stento essersi accorto dell’animale. Attivò nuovamente i reattori, scattò in avanti e superò il crepaccio dentro il quale il verme continuava ad agitarsi.

     - Tutti i robot di Eggman devono essere eliminati! - recitò come un copione registrato prima di lanciarsi verso Metal Sonic.

     Lo schianto dei due corpi metallici produsse un tonfo sordo e i due rotolarono sulla sabbia, intenti in un combattimento furioso. Shadow non tentò di accorrere in aiuto del suo partner, concentrato sull’enorme mostro davanti ai suoi occhi. Il dispositivo sul suo polso indicava la presenza di un frammento nelle immediate vicinanze.

     - Così è dentro al tuo stomaco! - mormorò, stringendo i pugni per produrre il suo potere elettrico.

     Quello che ne risultò fu un prorompente lampo giallo che colpì in pieno l’epidermide viscida del verme. Nello stesso istante, Drake sparò un getto di fiamme imponente nel tentativo di sollecitare le creatura. Colpita dai due lati, essa emise un verso stridente di dolore e strisciò sul pelo del terreno, allargando la voragine e infrangendo le zolle sul suo cammino. Infuriato per l’attacco subito, sollevò il corpo molliccio e si protrasse in avanti per schiacciare Shadow sotto la sua mole. Il riccio si gettò sulla sua sinistra e rotolò fuori dal pericolo. Drake, nel frattempo, saltò in groppa al verme e corse rapidamente lungo il suo corpo, tentando di non scivolare, per poi balzare dall’altra parte con una capriola e dirigere un getto fiammeggiante dove la creatura avrebbe dovuto avere gli occhi. Questo contribuì ad imbizzarrirla ancora di più. I suoi movimenti spasmodici allargavano la fossa creata dalla sua risalita in superficie.

     - Avanti, ferrovecchio! - gridò Metal Sonic con aggressività - Fammi ballare! -

     Raramente si era visto un combattimento più accanito di quello. I due robot impiegavano fino all’ultima stilla della propria energia per percuotere ogni centimetro del corpo avversario che riuscivano a raggiungere. Tanta era la foga della lotta che finirono rotolando verso il pendio della voragine e, senza poterlo evitare, vi precipitarono nel giro di un secondo, scomparendo alla vista.

     Subito dopo, il verme gigante si rituffò sottoterra e si allontanò rapidamente dal luogo del combattimento, spaccando la roccia e scuotendo il terreno. Shadow riuscì a rimanere in equilibrio puntando una mano sulla sabbia e, non appena le vibrazioni cessarono, cominciò a correre senza voltarsi indietro lungo la scia della creatura.

     - Segui Shadow, prima che si allontani troppo! - intimò Rouge a Drake - Gli puoi tenere testa in velocità! Io devo andare a recuperare Omega prima che finisca in pezzi! -

     - Sei sicura di farcela? -

     - Ho un vantaggio rispetto a loro nel buio, non preoccuparti! Tu pensa a Shadow! -

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     Il cielo era sgombro da nuvole, non potendo in nessun modo smorzare l’intensità dei raggi del sole, particolarmente caldi quella mattina. Picchiavano inesorabilmente, rendendo l’aria del deserto secca e pesante e la sabbia rovente come tanti piccoli granelli di fuoco incandescente. Le scosse sismiche dei movimenti sotterranei della creatura rendevano il suolo particolarmente instabile. Il rumore degli squarci a cui la terra era sottoposta erano assordanti, tanto quanto gli acuti stridii dell’essere che strisciava a velocità sostenuta. Niente di tutto questo però ebbe modo di fermare la corsa sfrenata di Drake e Shadow. Il primo sfrecciava così rapidamente sulle sue quattro zampe che sembrava a stento toccare il suolo sul quale si muoveva. Al contrario, affondava con sicurezza le dita nella sabbia senza paura di scottarsi. Le sue mani non erano di certo estranee al calore e al fuoco. Il secondo, invece, si spostava agilmente sui suoi pattini a reazione, oscillando con eleganza il suo corpo per incrementare la velocità e mantenere l’equilibrio in seguito alle vibrazioni del sottosuolo. Entrambi stavano correndo al massimo delle loro capacità, ma nessuno dei due riuscì ad avere la meglio.

     Con uno scatto impressionante, Drake si avventò sul corpo di Shadow, che sfrecciava poco davanti a lui. Nella colluttazione, entrambi si tuffarono nella rena bruciante, tentando di opporre resistenza alla forza dell’avversario.

     - Perché stai cercando i frammenti della Gemma? - domandò Drake, ringhiando con ferocia.

     - Non sono affari che ti riguardano! - replicò il riccio, quindi puntò i piedi sullo stomaco del nemico e lo spinse lontano dalla sua portata.

     I due si studiarono attentamente, attendendo la prima mossa dell’altro e ormai completamente dimentichi del verme gigante.

     - Stai lavorando di nuovo per Magorian? O il tuo cervello fa ancora acqua da tutte le parti? -

     - Scoprilo da te, se ti riesce! -

     - Sai che non sono inferiore a te in combattimento! Posso farti male come neanche immagini! -

     - Penso che diventare il cucciolo di compagnia di Rouge ti abbia smussato gli artigli, invece! -

     - Quella ragazza può tenersi la sua stupida vanità! Io ho motivi più importanti per recuperare quei frammenti! -

     - Siamo in due allora! Fatti da parte! Non intendo essere magnanimo se mi intralcerai! -

     - Non desideravo di meglio! Fammi vedere cosa sai fare! -

     Le labbra di Drake ebbero una frazione di secondo di tempo per chiudersi prima che un elettrizzante Chaos Spear gli venisse incontro saettando. I riflessi pronti del lupo gli consentirono di contrattaccare con una freccia fiammeggiante ad alta velocità. I due colpi si scontrarono a mezz’aria, provocando una piccola esplosione in una cortina di fumo spesso. Shadow approfittò della scarsa visibilità momentanea per tuffarsi nella coltre e spuntare davanti agli occhi di Drake a sorpresa. Quest’ultimo riuscì a scansare il pugno sferratogli contro per il rotto della cuffia. Il riccio nero, deciso a non far fallire l’attacco, aprì la mano, la puntò sul terreno e si diede lo slancio per tornare indietro e attaccare con un calcio. Contrariamente alle sue previsioni, però, Drake gli afferrò la caviglia e lo lanciò in aria. Prima che toccasse terra, lo bersagliò con un’abbondante fiammata dall’altissima temperatura. Appallottolandosi in azione rotante, Shadow deviò parte delle fiamme, ma non poté evitare di rimanerne scottato. Ricadde al suolo in piedi e sfruttò ancora lo slancio per piombare sul nemico. Questa volta il lupo non riuscì ad evitare di essere colpito in pieno stomaco da una gomitata, ma essendo più alto e imponente del riccio si risparmiò la caduta.

     La battaglia proseguì per qualche minuto senza che nessuno dei due contendenti riuscisse a prevalere sull’altro. La rapidità di Shadow nei movimenti era difficilmente eguagliabile da Drake, il quale però compensava con la sua resistenza e la sua forza fisica. Il riccio malediva mentalmente il fatto di non avere un Chaos Emerald a portata di mano, perché sapeva che al confronto i poteri fiammeggianti dell’avversario sarebbero impalliditi di fronte ai suoi. Dover fare i conti con tutte quelle fiamme non era semplice, sia perché erano un’efficace arma di offesa e di difesa, sia perché aumentavano notevolmente la temperatura circostante, cosa di cui ne risentiva parecchio. La difficoltà di Drake era invece di tutt’altra natura: le piccole dimensioni del nemico e la sua velocità lo rendevano un avversario fastidioso e sfuggente. Per quanto potesse metterlo in difficoltà, aveva uno spazio illimitato nel quale muoversi e, facilitato anche dalla sua azione rotante, poteva facilmente sgusciare via dalle sue grinfie o da quelle delle sue fiamme.

     - Non hai intenzione di arrenderti, vero? - domandò Drake, mentre stavano studiando il prossimo attacco e recuperando le energie.

     - Non l’ho mai fatto in tutta la mia vita e non comincerò certo con te! - fu la replica spontanea.

     - E’ inutile continuare in questo modo! Io voglio solo impedire che quella pietra causi gli stessi disastri che ha causato in passato! Dimmi a cosa ti serve e potrò decidere se venirti incontro o ostacolarti! In entrambi i casi non ti conviene avermi come rivale! -

     Shadow sorrise in maniera inquietante.

     - Anche tu hai perso qualcuno, come me! Ma lo stesso non capiresti cosa ti portano a fare la solitudine e la disperazione, non capiresti cosa si prova a non sapere perché ti svegli la mattina e che senso ha la tua presenza nel mondo! -

     - Capisco più di quanto tu creda! Sono state la disperazione e la solitudine a farmi diventare il braccio destro del diavolo! E quando tutto quello in cui credevo si è dimostrato la più grande farsa della mia vita mi sono sentito svuotato di ogni motivazione o sicurezza! Nonostante tutto mi sono rimesso in piedi con le mie gambe e ho dato un senso alla mia esistenza! Noi due siamo uguali! -

     - Non sono un mostro senz’anima come Metal Sonic, ma non sono neanche una sottospecie di eroe come te o il vero Sonic! C’era una sola persona… grazie alla quale riuscivo a dimenticare anche solo per un momento quanto è difficile essere me stesso! E non c’è nessuna forza al mondo che può impedirmi di riportarla indietro! Neanche la morte! -

     Uno schianto improvviso li fece letteralmente sobbalzare. La terra sotto ai loro piedi si gonfiò in un istante come un palloncino fino ad arrivare al punto di rottura e frantumarsi. Entrambi furono scagliati via per parecchi metri, mentre lo spaventoso verme spuntava dal sottosuolo stridendo incollerito. Le sue fauci erano un’apertura circolare e dentellata che grondava saliva. Il suo corpo massiccio si sollevò per un attimo e poi cominciò a precipitare. Drake e Shadow furono abbastanza pronti da concentrare i loro attacchi a distanza sulla bocca in modo da frenare la sua discesa. Il piano ebbe successo e la creatura si ritrasse non appena il fuoco e l’elettricità entrarono a contatto con la sua pelle.

     - Da dove diavolo viene questo mostro? - chiese Drake digrignando i denti.

     - La pietra è nel suo stomaco! - spiegò Shadow secco - Deve essere stata quella a farlo crescere in questo modo! -

     - Molto confortante! Anche se è a pezzi riesce ancora a creare disastri! -

     Il verme gigante non intendeva darsi per vinto e si protrasse in avanti per schiacciare quelli che al suo confronto non erano altro che formiche. Si scansarono facilmente e arretrarono a distanza di sicurezza.

     - Cosa suggerisci di fare? - domandò il lupo, pericolosamente a corto di idee.

     - So già che me ne pentirò! - disse Shadow - Quando sono in azione rotante afferrami e avvolgimi in uno scudo di fuoco! Poi lanciami verso la bocca di quel mostro e vedi di essere preciso! A tutto il resto ci penso io! -

     - Ne hai di fegato, istrice! -

     - Andiamo a vedere di che colore è il suo! -

     Il riccio nero saltò più in alto che poteva e ruotò su se stesso trasformandosi in una palla di aculei. Drake lo afferrò al volo e concentrò i suoi poteri per avvolgerlo di fiamme, senza però avvicinarle tanto da scottarlo. Attese il momento opportuno e, quando la creatura spalancò le fauci per sferrare un nuovo attacco, scagliò la sfera fiammeggiante con tutta la forza di cui disponeva. Shadow si incastrò perfettamente nell’apertura e scivolò con qualche difficoltà all’interno della gola del verme. L’essere gigantesco cominciò a contorcersi e a dimenarsi per il dolore, tanto che Drake dovette arretrare di diversi metri per evitare di venire travolto dalla sua furia distruttiva. Il suo enorme peso e i suoi movimenti bruschi allargarono ancora di più la voragine in cui si trovava, col risultato di farlo sprofondare maggiormente. Dopo pochi minuti di stridii e convulsioni, il verme si accasciò sulla sabbia con un tonfo e vi rimase immobile. La parte terminale del suo corpo si dilatò improvvisamente e, con un piccolo scoppio, si lacerò dall’interno. Shadow si arrampicò fuori dal ventre del mostro, ricoperto da capo a piedi di una sostanza melmosa verde.

     - Questa è decisamente un’esperienza da non ripetere! - commentò pulendosi il viso quasi completamente verde.

     Stringeva nella mano destra un piccolo pezzo di pietra irregolare e dall’intenso colore viola. Anche se non lo avrebbe mai ammesso, c’era stato un istante in cui Drake aveva sentito un moto di paura alla vista del riccio nero, quando era spuntato dalle interiora del verme. La sua espressione era di rabbia e di ferocia pura, i suoi occhi lampeggiavano sinistri, come quelli di un animale selvaggio nel fissare una preda.

     - Suppongo che quella vada a te allora! - disse fingendo indifferenza.

     - Supponi bene! -

     - Credo che te lo meriti in fondo! Non deve essere stato piacevole farsi un giretto nelle budella di un verme! -

     - Sai che non mi fermerò qui! Andrò a caccia anche delle altre! -

     Drake sorrise.

     - Vorrà dire che saremo di nuovo in competizione! E ti garantisco che non avrai vita facile! -

     Shadow, dopo qualche secondo di esitazione, sancì quel tacito accordo sorridendo a sua volta. Improvvisamente, una smorfia di dolore gli si dipinse sul volto. Si chinò di colpo, tenendosi una mano sul fianco e digrignando i denti. La fitta fu così accecante che Shadow finì riverso a terra sulla sabbia per poi perdere i sensi poco dopo.

     Il frammento di Gemma rotolò fuori dal palmo della sua mano. Era lì. E Drake era lì.

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(1) Fa riferimento a “Full Speed Ahead #05”, “La sottile linea tra amico e nemico”
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ART GALLERY


Zephir Concept Art
Zephir Frost Concept Art
Disegnato da Shadowmoon56
(http://shadowmoon56.deviantart.com)
Questo è un ritratto di Zephir Frost come appare nelle storie contenute in "Sonic The Hedgehog: Full Speed Ahead"
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La Knuckster F.F. è orgogliosa di presentare,

in anteprima mondiale:

CIAK, SI CANTA

Una produzione Knuckster F.F.
Scritto ed ideato da Knuckster

Interpretato da:
Sonic The Hedgehog
Miles “Tails” Prower
Knuckles The Echidna
Amy Rose
Rouge The Bat
Shadow The Hedgehog
Cream The Rabbit
Tikal The Echidna
Levine The Butterfly

E per la prima volta sul grande schermo:
Mr. Trick
Nack The Weasel
Sydia The Squirrel
Michael “Manny” Monkey
Ramon D. Denser

Attenzione:
Questa è una fan fiction musicale e recitativa. Gli eventi che occorreranno saranno narrati al tempo presente, come la sceneggiatura di un film.
Qui di seguito è pubblicato il copione dettagliato, ma esiste una versione musicata realizzata tramite una presentazione Power Point.
Chiunque voglia leggere la versione di questa storia completa di musica e di effetti scenici è pregato di contattarmi per ottenere il link da cui scaricare la presentazione.
Grazie dell'attenzione e buona lettura!

ATTO TRE:

Siamo parte della nazione del ritmo!

     L’ultima situazione in cui Shadow the hedgehog avrebbe desiderato trovarsi, non c’era dubbio che fosse proprio quella. Certo, il Whiskey’s Royal non poteva essere definito un luogo in cui trascorrere una serata tranquilla, sarà per la marmaglia di delinquenti che lo bazzicava, sarà per l’atmosfera cupa e deprimente che aleggiava lì intorno, ma questi dettagli erano ben lungi dall’essere motivi validi perché uno come Shadow si sentisse a disagio. Non avrebbe avuto un attimo di timore o di incertezza nel varcare la soglia di quel locale, se solo non avesse udito nelle sue orecchie alcune terrificanti note che non presagivano niente che gli fosse congeniale. Eppure, eccolo lì adesso, con gli occhi di tutti puntati addosso come se fosse stato una gallina in mezzo alla strada nell’ora di punta.

     Il riccio nero si sforza di mostrarsi minaccioso, o almeno di far capire a tutti i proprietari di quegli sguardi perplessi che un solo commento su quanto era successo poco prima poteva trasformarsi in una condanna a morte. La sua credibilità, naturalmente, è andata a farsi friggere insieme a quella coreografia in giacca bianca a cui era stato costretto, ma ha solo bisogno di un pretesto buono per far saltare in aria quella baracca.

     - Avete qualche problema? - sbotta Shadow, trattenendo a stento la sua irritazione - Ci metto poco a togliervi dai vostri brutti musi quei ghigni idioti! -

     Un mormorio infastidito si leva da un capannello di brutti ceffi seduti ad un tavolo in un angolino della stanza. Un orso alto il doppio di Shadow e grosso quasi il triplo si fa avanti, avvicinandosi al riccio con aria di sfida. Il suo volto è così deformato e contratto da far sembrare che lo abbia violentemente sbattuto contro un muro. Indossa una giacca di pelle più grande di almeno due misure alla quale sono appese catene arrugginite e punte metalliche. Per un buzzurro del genere, pensa Shadow, il fattore altezza determina anche il fattore superiorità, quindi la forma di vita perfetta non si stupisce affatto nel vedere come la palla di pelo extralarge si diverte a sovrastarlo e a squadrarlo dall’alto in basso.

     - Chi hai chiamato idiota, scarpette d’oro? - controbatte il mammifero nerboruto, suscitando una raffica di disgustose risa nel gruppo dei suoi compagni poco più dietro.

     - Vedi in giro qualcun altro, Teddy? - ribatte senza timore Shadow - Togliti dai piedi prima che faccia conoscere alle mie scarpette d’oro il fondo della tua schiena! -

     L’orso sembra trovare parecchio divertente la cocciutaggine di un essere così, almeno secondo lui, inferiore. Quando torna a rivolgersi a lui la sua espressione diventa ancora più minacciosa.

     - Devo ammettere che hai fegato, porcospino, ma se sapessi cosa è meglio per te spariresti da qui in fretta! Ti ho visto che facevi il filo alla mia ragazza! Prova a mettere su un altro balletto per impressionarla e ti farò passare un brutto quarto d’ora! -

     - Ne varrebbe la pena anche solo per sapere cosa ci trova lei in un sacco di pulci da un quintale come te! -

     La reazione è esattamente quella che il riccio nero si aspetta. Lanciando un urlo di rabbia e frustrazione, l’orso si lancia contro chi ha osato sfidarlo sperando di schiacciarlo con tutto il peso del suo corpo. Shadow sospira annoiato, pensando a come è sempre così semplice far perdere le staffe ad una montagna di muscoli senza cervello. Neanche un briciolo di sfida! Gli è sufficiente scansarsi di qualche centimetro, allungando la gamba in uno sgambetto che risulta nel disastroso e scomposto capitombolo dell’orso aggressivo.

     Sebbene fosse sicuro che quella sarebbe stata una dimostrazione più che esemplare per chiunque avesse provato a mettergli i bastoni tra le ruote, avrebbe dovuto ricredersi in una manciata di secondi. Quando Shadow torna a rivolgere lo sguardo verso i brutti ceffi annidati negli angoli ombrosi di quel locale, la vista gli si appanna e l’unico segnale dall’esterno che gli arriva sono i suoni incalzanti di una chitarra e di una batteria.


     “She got your number, she knows your game
     She put you under, it's so insane
     Since you seduced her how does it feel
     To know that woman is out to kill?”
    
     Il riccio nero si ritrova ad agire in uno scenario decisamente più illuminato di prima. Le pareti bianche emanano una strana luminosità che filtra attraverso i filamenti di tende con perline che le ricoprono. Shadow indossa una giacca di velluto rosso e un paio di pantaloni gessati dello stesso colore. Si fa strada nel locale ammantato di bianco muovendo i suoi passi a tempo con la musica che risuona nell’aria.

     “Every night stance is like takin' a chance
     It's not about love and romance and now you're gonna get it
     Every hot man is out takin' a chance
     It's not about love and romance and now you do regret it”

     Ad uno schiocco delle sue dita, un paio di maracas rosse appaiono nelle sue due mani. Il suono tintinnante che producono ogni volta che lui le agita sembra quasi un segnale d’allarme per chiunque gli sia intorno a giudicare dal modo in cui lo scrutano arcigni. Il pavimento quadrettato si illumina di vari colori, esattamente come una pista da ballo. Ad attenderlo in fondo c’è un’attraente donna con un vestito vaporoso ornato di piume e un ventaglio variopinto. E’ la stessa che l’orso geloso stava indicando poco prima.

     “To escape the world I've got to enjoy that simple dance
     And it seemed that everything was on my side
     She seemed sincere like it was love and true romance
     And now she's out to get me and I just can't take it
     Just can't break it”

     Shadow suona le sue maracas intorno alla ragazza, la quale apparentemente non sembra degnarlo neanche di uno sguardo. Il riccio nero, però, non si dà per vinto e cerca in tutti i modi di attirare la sua attenzione in un modo che non gli faccia perdere la sua aura di fascino e mistero. Finalmente la donzella getta un’occhiata incuriosita al suo corteggiatore, attratta dal modo in cui si aggiusta la cravatta. Avvicina il ventaglio al suo viso con fare malizioso e, contrariamente ad ogni aspettativa, questo si trasforma in un pugnale.

     “Susie got your number and Susie ain't your friend
     Look who took you under with seven inches in
     Blood is on the dance floor, blood is on the knife
     Susie's got your number and Susie says it’s right”

     Il luccichio della lama del pugnale brilla nelle pupille di Shadow. Con una mossa repentina, la ragazza tenta di affondare la punta dell’arma nel collo del riccio, ma quest’ultimo agisce come se avesse previsto tutto quello. Afferra il polso della donzella e ruotando il busto le blocca il braccio dietro la schiena. Una delle tende a perline ricade loro attorno, isolando le due figure in uno spazio del locale tutto per loro. La luce si fa sempre più soffusa fino a lasciare due silhouette scure a fare i conti con la loro rispettiva pericolosità.

     Mentre al piano di sotto la musica si impadronisce senza pregiudizio di chiunque riesca ad avvolgere con le sue spire irresistibili, un curioso terzetto percorre il corridoio cupo e angusto che ospita le varie stanze da letto per la notte. Le loro porte in legno consumato sono tutte identiche e sarebbero state indistinguibili se non fosse stato per i numeri in ottone sporco che le contrassegnano. La lenta marcia dei tre figuri è accompagnata ad ogni loro passo dal ritmico scricchiolare delle assi tarlate sul pavimento.

     - E’ questa, vero? - domanda Knuckles con un filo di voce - La stanza numero 35! -

     - A meno che tu non abbia improvvisamente dimenticato come leggere i numeri, sì, è proprio questa! - ribatte Rouge, soddisfatta per l’ennesima frecciatina lanciata al suo bersaglio preferito.

     - E’ ora che tu ti faccia passare questa brutta abitudine di prendermi per i fondelli! - esclama l’echidna, trattenendo a stento la collera.

     - Sst! - lo ammonisce Tikal, con l’indice poggiato sulle labbra - Cercate di non fare rumore! Potrebbe sentirvi e mettersi in allarme! Dabbasso ci hanno detto che non vuole essere disturbato! -

     - E qualcuno che non vuole essere disturbato in un posto come questo di certo non può star facendo qualcosa che si definirebbe esattamente legale! - conclude Rouge con noncuranza.

     - Immagino che una ladra da due soldi come te ne sappia qualcosa! - replica Knuckles senza perdere tempo.

     La sfuriata del pipistrello in risposta ad un simile affronto viene bloccata solo da un intervento preventivo di Tikal che si affretta a tapparle la bocca prima che esplodano parole maligne con la forza di una locomotiva. Approfittando della tregua momentanea, Knuckles appoggia l’orecchio contro la porta della stanza numero 35. Percepisce con difficoltà il parlottare di un paio di persone provenire dal fondo della camera.

     - Conviene fare in fretta! Dopo che ho strapazzato il tizio giù al bar per avere questa informazione potrebbe anche chiamare i rinforzi per ricambiare il favore! -

     Senza aspettare alcun cenno di assenso da parte delle sue due compagne, l’echidna indietreggia di quel tanto che basta al suo piede per avere spazio e scagliare un forte colpo che possa sfondare la porta chiusa a chiave. I cardini arrugginiti schizzano verso l’alto come petardi e ricadono sul pavimento con un tintinnio sordo.

     - Devo ammettere che la discrezione è proprio il tuo forte! - commenta Rouge seccata - Già che ci sei perché non vai ad urlare ai quattro venti che siamo qui? -

     La camera è piccola e spoglia. Lo spazio quadrato in cui è suddivisa è occupato solo da un letto metallico dalle coperte muffite, un comodino scheggiato e qualche piccolo quadro appeso alle pareti umide. Una porta semiaperta sulla loro destra lascia intravedere uno scorcio di quello che doveva essere il bagno piastrellato in verde. Al centro della camera, seduti attorno ad un vecchio tavolo rotondo, ci sono Nack the weasel e un’altra persona che i tre non avevano mai visto prima e che non riescono ad identificare a causa del cappuccio in felpa che gli copre quasi del tutto il volto.

     Al fracasso provocato dalla ben poco delicata irruzione di Knuckles, la donnola si volta allarmata e non appena i suoi occhi incrociano quelli del guardiano, il suo corpo balza dalla sedia come una molla. Tentando di essere più veloce di quanto lo sia in realtà, prova a tuffarsi nell’unico pertugio verso l’uscita lasciato dai tre ospiti, ma i riflessi di Knuckles si rivelano ancora una volta portentosi. Afferra senza problemi il malcapitato delinquente alle spalle e lo spinge con le spalle al muro dove lo tiene bloccato. L’estraneo incappucciato rimane tranquillamente accomodato al tavolo senza battere ciglio, almeno per quanto Rouge e Tikal riescono a vedere.

     - Guarda chi si rivede! - ringhia Knuckles minaccioso - A quanto pare tutti i topi di fogna frequentano lo stesso postaccio! -

     - Il mondo è davvero piccolo! - replica Nack con i piedi che scalciano cercando avidamente il terreno - Cosa ci fai da queste parti, amico mio? -

     - Nel caso tu non te ne fossi accorto sono l’ultima cosa che può essere definita “amico” per te! Credevi che mi sarei dimenticato della tua visita indesiderata sulla mia isola? -

     - Adesso non è il momento giusto! Ho in pentola un grosso affare e non posso permettermi di farlo sfumare! -

     - Purtroppo per te dovrà aspettare ancora! Sputa il rospo prima che mi arrabbi sul serio! A cosa ti serviva la magnetite che hai rubato da Angel Island? -

     - Ehi! Ehi! Dammi un attimo! - ribatte la donnola, con gli ingranaggi del suo cervello che lavorano per cercare una soluzione - Ho un’improvvisa amnesia fulminante! -

     - Vediamo allora se questo servirà a scioglierti la lingua! - sbotta Knuckles, tirando indietro il braccio con l’intento di sferrare un poderoso pugno.

     Nack stringe i denti e chiude gli occhi in attesa di ricevere quello che gli sembra un inevitabile colpo. Rouge e Tikal assumono due espressioni ansiose quasi all’unisono, ma il tonfo che sono sicure di sentire viene fermato da un imperioso - Fermo! - proveniente dall’altro lato della stanza.

     Lo sconosciuto con il volto coperto si avvicina a passi rapidi verso l’ingresso, dove si sta svolgendo la scena a cui ha assistito sin dall’inizio.

     - Non torcerai neanche un capello a quella donnola! E’ sotto la mia custodia! - afferma, con una voce chiara e leggermente squillante.

     Sentendosi lo sguardo interrogativo di tutti puntato addosso, afferra un lembo del grande mantello che lo avvolge e lo tira via. Sotto quelle spoglie ignote, si nasconde un giovane scoiattolo dagli occhi azzurri e cristallini. La sua folta coda è arrotolata in un fagotto peloso alle sue spalle. Sulla fronte gli ricadono una marea di riccioli colore inchiostro, provenienti da una chioma sottile e scompigliata, dalla quale spuntano delle orecchie a punta. Indossa un giubbotto di pelle lucido, con in dotazione una quantità esagerata di cinghie e ganci metallici, e dei pantaloni di tuta leggeri, corredati da scarpe di ginnastica bianche e perfettamente pulite. Il particolare che più colpisce in lui è un paio di grosse radio-cuffie appese al collo.

     Approfittando della leggera sorpresa dipinta sul volto dei suoi interlocutori, si fa avanti con aria sfrontata. Peccato che se il suo intento era di fare colpo su di loro, il risultato non sarebbe stato quello sperato. Un solo piede messo in fallo e lo scoiattolo cade scompostamente, sbattendo il muso sul pavimento. Rouge, Tikal, Knuckles e Nack, quest’ultimo ancora bloccato alla parete, sono incerti su come reagire, se ridere o rimanere perplessi.

     - E questo pagliaccio da quale circo è uscito? - commenta Rouge, visibilmente annoiata.

     Il giovane si rimette subito in piedi, con un alone rossastro sul muso e un’espressione senza dubbio indispettita. Si schiarisce la voce e si pulisce la giacca impolverata, per poi frugare nel taschino della giacca ed estrarre un distintivo placcato in oro con la sigla SQ2.

     - Il pagliaccio è l’Agente Ramon D. Denser e il circo è la SQ2! - spiega in modo formale - Mi sto occupando del caso in cui è coinvolto Nack the weasel da parecchio tempo! L’ho inseguito da Adabat fino a qui e mi sono avvicinato a lui in incognito per coglierlo in flagrante, almeno prima che voi decideste di interferire! -

     - Che roba è la SQ2? - domanda Knuckles, infastidito da così tante informazioni oscure.

     - Sta per Squirrel Squad Doppia! Si tratta di un gruppo scelto di agenti proveniente dai corpi di polizia di tutta Adabat! E non fate altre domande! Sono informazioni riservate! Dei civili come voi non devono ficcarci il naso! -

     - Mi dispiace per te, roditore! - ribatte l’echidna - Ho un conto in sospeso con questo farabutto, quindi prendi il numerino e aspetta il tuo turno! Prima tocca a me strapazzarlo come si deve! -

     Ramon stringe gli occhi in uno sguardo che spera risulti minaccioso, ma non suscita negli altri la reazione che desidera.

     - Non posso permettertelo! Ho ricevuto l’incarico di indagare sui suoi traffici illeciti e quelli della sua banda e questo è molto più importante dei tuoi conti in sospeso! Non ho fatto la fatica di spacciarmi per un ricettatore solo perché tu me lo soffiassi sotto al naso! -

     - Invece di litigare come marmocchi, non sarebbe meglio discuterne con calma? - propone Rouge, seccata da tutte quelle chiacchiere.

     - Non sarebbe ancora meglio lasciarmi andare? - aggiunge Nack, prima di essere di nuovo strattonato da Knuckles.

     - Ascolta, ragazzino! - continua il pipistrello, parlando con aria di sufficienza - Abbiamo una faccenda importante da sistemare con il nostro cowboy zannuto e, francamente, tu hai l’aria di essere di tutto, tranne che un agente di polizia! -

     Ramon spalanca la bocca in un’espressione profondamente indignata. Nella foga di dimostrare tutto il contrario, muove bruscamente il braccio e con il gomito urta una lampada che si fracassa sul pavimento.

     - Evidentemente non sai con chi stai parlando, signora! -

     Un rullo di tamburi rimbomba nella piccola stanza. La voce acuta di coriste invisibili trapassa le pareti e un palcoscenico scuro spunta come un fungo dal pavimento occupando ben più dello spazio libero della camera. Knuckles e gli altri assistono sconcertati, ma scarsamente sorpresi, allo spettacolo che, loro malgrado, si erano abituati a guardare. Ramon è al centro del palco, il sorriso gagliardo dipinto sul suo volto mentre si avvicina all’asta del microfono con una chitarra elettrica rossa fiammante. Le sue dita si muovono all’impazzata sulle corde, producendo un rock così intenso da far vibrare ogni cosa attorno a lui.


     “You know its kind hard just to get along today
     Our subject isn't cool, but he thinks it anyway
     He may not have a clue, and he may not have style
     But everything he lacks, well he makes up in denial”

     La band di Ramon lo accompagna senza freni in una melodia sfrontata ed energica. Dei tendaggi rossi con motivi di fuoco ricadono alle spalle del gruppo, colorando lo scenario molto più di quanto faccia il nero lucido del palcoscenico. Le tre coriste si muovono a tempo con il ritmo. Gli occhiali da sole di Ramon rendono impossibile notare il suo sguardo, ma gli spettatori avrebbero giurato che sarebbe stato tutt’altro che timido.

     “So don't deflate, play it straight
     You know he really doesn't get it anyway
     Gonna play the field, keep it real
     For you know a way, for you know a way
     So if you don't break, just over compensate
     At least you know you can always go on Ricki Lake
     The world needs wannabes, hey, hey, do the brand new thing!”

     Una decappottabile rossa nuova di zecca attraversa lo spazio del palco alle spalle di Ramon. A bordo ci sono un gruppo di ragazze in bikini che agitano le braccia verso il cielo e, tra risate e urla di gioia, ballano senza freni né inibizioni. Al termine dell’ultima nota e dell’ultima sillaba, lo scoiattolo fracassa la chitarra sul pavimento e si affretta a balzare a bordo dell’auto. Quindi manda un bacio volante al suo pubblico e ingrana la marcia verso una destinazione ignota.

     Sebbene tutti lo abbiano visto partire a tavoletta, quando sbattono le palpebre la musica e lo scenario da concerto rock si dissolvono come in una nuvola di fumo. Rimangono solo le solite facce sorprese che però non includono anche quella di Ramon. Lo scoiattolo sembra essere perfettamente a suo agio e torna a rivolgersi ai suoi interlocutori esattamente come se niente fosse successo.

     - Come stavo appunto dicendo - riprende, schiarendosi la voce - Dei semplici civili non hanno alcuna autorità su di me! E adesso toglietevi di mezzo prima che vi faccia tutti arrestare! -

     Il tono calmo e pratico con cui erano state pronunciate quelle parole aveva contraddetto il loro contenuto minaccioso.

     - Dovrai fare meglio di così per convincermi a lasciarti questo verme, palla di pelo! - sbotta Knuckles, al limite della pazienza.

     Proprio in quel frangente, approfittando di un attimo di distrazione, Nack punta i piedi sullo stomaco di Knuckles e gli dà una spinta così forte da farlo sbattere contro la parete opposta. Libero dalla morsa sulla sua gola, si precipita verso la porta, passando in mezzo a Rouge e Tikal e cogliendole così di sorpresa da rendere inutile ogni loro tentativo di fermarlo.

     - Bella mossa, genio! - esclama Ramon, per la prima volta sinceramente preoccupato dall’andamento delle cose.

     Senza aggiungere altro, si precipita all’inseguimento del suo obiettivo, seguito a ruota da Knuckles e poi da Rouge e Tikal. Il gruppetto imbocca l’unica strada che Nack può aver usato per scappare, attraversando lo spoglio corridoio e scendendo in tutta fretta la scala che conduce al piano terra. Nell’ampio spazio del bar, la donnola si fa largo a spintoni tra la folla, suscitando le proteste di tutti i clienti e le imprecazioni di alcuni di loro. Temendo che possa riuscire a confondersi tra la calca e a raggiungere indisturbato l’uscita del locale, Rouge decide di gridare un - Fermatelo! - nella speranza di ricevere un aiuto immediato. L’unico risultato, però, è solo di attirare l’attenzione verso di lei, consentendo a Nack una fuga ancora più sicura.

     - Non ce la faremo mai a riprenderlo se riesce ad uscire! - dice Tikal, affaticandosi per farsi spazio tra la gente.

     Esattamente un istante dopo quest’affermazione poco lieta, rimbomba un forte tonfo nell’aria e un acuto gemito di dolore. Quando i quattro riescono a riguadagnare terreno, rimangono stupiti nel trovare la donnola stesa sul pavimento con un livido violaceo sullo zigomo. A troneggiare soddisfatto sulla sua figura inerme c’è un riccio nero con occhi di fuoco che tre di loro conoscono fin troppo bene.

     - Non avrei potuto chiedere di meglio come aiuto! - esclama Rouge, sinceramente contenta di rivedere Shadow.

     - Mi ricorderò che mi devi un favore per la prossima volta! - replica lui in un modo tutto suo di salutare.

     - Credevo che ti tenessi alla larga dai postacci come questo! - afferma Knuckles, perplesso - A dire il vero, credevo che ti tenessi alla larga da tutto! -

     - Sono qui solo in cerca di informazioni! E appena ho sentito Rouge ho avuto l’impressione di averle trovate! -

     Solo in quel frangente, il gruppo si rende conto che lo spazio intorno a Shadow è stranamente sgombro. Le persone si tengono a debita distanza da lui, guardandolo con fare circospetto e impaurito quasi come se rischiassero di contagiarsi al minimo contatto.

     - Sapevo che non sei la persona più socievole del mondo, ma come mai tutti ti guardano come se avessi la varicella? - domanda il pipistrello.

     - Chiedilo a loro! - taglia corto Shadow, distogliendo lo sguardo con le gote vagamente rossicce.

     Era come se la risposta fosse stata servita loro su un piatto d’argento. Il motivo di quella riluttanza nel parlare e di quell’inequivocabile imbarazzo poteva essere un solo: Shadow doveva aver dato sfogo alla sua ugola. Ma cosa poteva aver cantato? Rouge sorride sotto i baffi, immaginando un tipo come Shadow con un microfono in mano a cantare un’opera lirica.

     - Tutto questo non mi riguarda! - interviene Ramon, seccato, facendosi avanti e sollevando di peso uno stordito Nack - E ora, se non vi dispiace, porto via con me questo ricercato! -

     - E questo da dove salta fuori? - chiede il riccio nero, guardando con un sopracciglio sollevato lo scoiattolo che stringe i polsi di Nack e gli tiene le braccia ferme dietro la schiena.

     - Dice di essere un agente di polizia, o qualcosa del genere! -

     - Sto indagando su di un caso molto importante e non ho tempo da sprecare con voi! - sbotta per l’ennesima volta - Fatevi da parte! -

     Affrettando il passo, Ramon spinge Nack verso la porta ed entrambi attraversano l’uscio, per poi sparire inghiottiti dal buio della sera.

     - Ah, no! Non me lo farò scappare così fin quando non avrò saputo tutto! - ringhia Knuckles, dirigendosi anche lui verso la porta.

     Una volta che tutti e tre sono di nuovo fuori, Shadow, Tikal e Rouge rimangono in disparte ad assistere alla scena dell’echidna infuriata che fa il diavolo a quattro con un irritato scoiattolo.

     - Se va avanti così finirà per mettersi nei guai! - commenta Tikal, preoccupata.

     - E’ un tipico atteggiamento di quella testa calda! - risponde Rouge, indifferente - Sarebbe capace di sbriciolare una montagna pur di ottenere quello che vuole! -

     - Per quale motivo stavate inseguendo quel tizio? - domanda Shadow all’improvviso.

     - Ha commesso il grande errore di andare a giocare a guardie e ladri con Knuckles sulla sua isola! L’ho accompagnato per evitare che combinasse qualche disastro, ma speravo anche di scoprire qualcosa su quello che sta succedendo in giro ultimamente! Te ne sarai accorto, credo! -

     - Non mi sono accorto di un bel niente! - sbotta il riccio, nervosamente.

     - Strano, perché dal modo in cui cantavi prima sembrava che volessi partecipare ad un talent show! - incalza Rouge, parlando con tono casuale.

     - Non l’ho fatto di proposito! - si infervora Shadow - Non riuscivo a controllarmi e quegli avanzi di galera lì dentro mi hanno provocato! -

     - Allora avevo visto giusto! Sei venuto qui perché anche tu sei in preda alla sindrome canterina! -

     Shadow digrigna i denti per essere stato raggirato così clamorosamente, ma, non potendo più negare l’evidenza, china la testa e ammette quella che interpreta come una cosa di cui vergognarsi.

     - Non ho idea di chi o cosa stia provocando questo fenomeno, ma di una cosa sono sicuro! Non mi piace affatto e voglio che finisca subito! -

     - Per ora siamo completamente in alto mare! Anche volendo indagare, non saprei da dove cominciare! E se anche tu non hai ottenuto nulla, non so che cosa fare! -

     I toni della discussione tra Knuckles e Ramon cominciano a surriscaldarsi, quindi Rouge ritiene opportuno avvicinarsi per cercare di placare gli animi.

     - Si può sapere cosa avete da urlare? - li rimprovera - Vi risulta tanto difficile venire ad un accordo come le persone civili? -

     - Io rappresento la legge qui! - esclama Ramon - State interferendo con un’indagine ufficiale e se non mi lasciate proseguire perderò l’unica occasione di arrivare al capo dei Ring Leaders! -

     - Credi che mi importi qualcosa della tua stupida indagine? - ribatte Knuckles.

     - Adesso basta Knuckles! - interviene il pipistrello - Sta solo facendo il suo lavoro! La tua ridicola vendetta può aspettare per il momento! -

     - Nessuno ha chiesto il tuo parere, mi pare! Smettila di starmi continuamente appiccicata alla coda e pensa un po’ agli affari tuoi! -

     Knuckles è completamente fuori di sé dalla rabbia. E’ più rosso in volto del solito e i suoi pugni chiusi tremano senza controllo. Tikal comincia a presagire il peggio, ben sapendo che quando il guardiano si arrabbia diventa più inarrestabile di una locomotiva in corsa. Rouge, dal canto suo, rimane impassibile, irritando ancora di più l’echidna, seccato per non aver ricevuto la benché minima risposta.

     - Anzi, puoi fare una cosa ancora migliore! Dato che i tuoi affari significano sempre ficcare il tuo naso nei miei, potresti girare completamente al largo da me e non farti vedere più! -

     La foga e il veleno in quelle parole si tramutano come per incanto in alcune note di pianoforte incalzanti. La melodia che viene prodotta è ritmata e ripetitiva, quasi come se si trattasse di una musica da carillon, ma le corde di chitarra che strimpellano allegramente insieme al piano fanno presagire che si tratta di qualcosa di meno soave. Gli occhi di Rouge si riempiono di un abbagliante bianco nel momento in cui la realtà attorno a lei prende a stravolgersi, come al solito, in maniera radicale.


     “I don't care what you talkin' 'bout baby, I don't care what you say
     Don't you come walkin' beggin' back mama, I don't care anyway
     Time after time I gave you all of my money, no excuses to make
     Ain't no mountain that I can't climb baby, all is going my way”

     Knuckles si ritrova a bordo di uno stranissimo veicolo che assomiglia ad una macchina da corsa, ma con una forma curiosamente affusolata e con quattro ruote motrici due volte più grandi del normale. Sulla testa sfoggia un casco da aviatore, munito di occhialoni protettivi e con le cinghie slacciate che penzolano flosce fino ad arrivargli al collo. E’ chinato sul volante con una concentrazione per lui fuori dal normale e canta in falsetto mentre percorre dei lunghi binari sospesi nel vuoto.

     “There was a time I used to say girl I need you, but who is sorry now
     You really hurt, you used to take and deceive me, who is sorry now?
     You got a way of making me feel so sorry, I found out right away
     Don't you come walkin' - beggin' I ain't lovin' you, don't you get in my way”

     Il percorso su rotaie su cui Knuckles è costretto a guidare prende una curva pericolosa quando I binari vengono inghiottiti dalla bocca di un enorme pipistrello scuro. Per evitare di finire tra le fauci di ciò che sta cercando con tutte le forze di evitare, ruota il volante verso destra e costringe la vettura a deragliare dal percorso stabilito. Non c’è rischio che Knuckles cada nel vuoto, perché dai due fianchi dell’auto spuntano due lunghe ali che gli consentono di planare dolcemente verso una zona più sicura.

     “Cause there's a time when you're right and you know you must fight
     Who's laughing baby, don't you know?
     And there's the choice that we make and this choice you will take
     Who's laughin' baby?
     So just leave me alone, girl - Just stop doggin’ me around!”

     Un branco di pipistrelli neri come la pece attacca il veicolo volante, sebbene Knuckles si sforzi di cacciarli via con una mano libera. Nonostante tutto, uno di loro riesce a tranciare di netto le ali della vettura, costringendo l’echidna a prendere rapide contromisure e a lanciarsi nel vuoto. Dallo zaino sulle sue spalle viene sparato un enorme paracadute rosso e Knuckles si lascia trasportare dal leggero vento sperando di allontanarsi quanto più possibile dal pericolo.

     Il netto distacco tra musica e silenzio diventa impossibile da ignorare quando, al termine della curiosa esibizione del guardiano, tutti i presenti rimangono zitti, quasi congelati nelle loro pose e nelle loro espressioni. Knuckles si guarda intorno spaesato, poi poggia gli occhi su Rouge e la sua faccia pietrificata in un equivocabile dispiacere gli scatena una strana sensazione di fastidio allo stomaco. E’ consapevole di essersi lasciato trasportare troppo dall’ira, ma il suo orgoglio gli impedisce di fare un passo indietro, né tanto meno di chiedere scusa.

     Ramon, Shadow e Tikal preferiscono la via del silenzio, esattamente come Nack, anche se per motivi differenti da quelli degli altri, vale a dire il giramento di testa per il fortissimo colpo ricevuto. Il silenzio di Rouge invece è dettato da qualcosa che sa di poter esprimere solo a musica. Nel momento stesso in cui il viso di Knuckles riceve un forte schiaffo, la batteria comincia a rullare e tutto è pronto per lo sfogo della ragazza.


     “You change your mind like a girl changes clothes
     Yeah, you PMS like a bitch I would know
     And you over think, always speak cryptically
     I should know that you're no good for me!”

     Knuckles si ritrova vestito di tutto punto, in completo nero di giacca e cravatta, sull’altare di una chiesa. Rouge è accanto a lui ma, contrariamente a quanto si possa presumere, non indossa un abito da sposa, bensì una tuta mimetica verde militare che le dà un’aria ben poco raccomandabile. Invece del tradizionale bouquet, in mano sventola un randello simile a quello dei cavernicoli e, a giudicare dal suo sguardo, non è possibile equivocare il bersaglio sul quale è ansiosa di adoperarlo.


     “Cause you're hot then you're cold, you're yes then you're no
     You're in then you're out, you're up then you're down
     You're wrong when it's right, It's black and it's white
     We fight, we break up, we kiss, we make up
     You don’t really wanna stay, no, but you don’t really wanna go”

     Le damigelle di quella che sarebbe dovuta essere la sposa non hanno neanche loro un’aria molto festosa. Con indosso lo stesso identico completo militare di Rouge, saltano la corda a tempo con la musica. Ad ogni tonfo dei loro piedi sulle piastrelle del pavimento si sollevano pigri sbuffi di polvere, sempre più grandi man mano che la melodia procede. In un battito di ciglio, gli occhi di Knuckles si offuscano. Quando riacquistano visibilità, il povero echidna si ritrova sballottato tra la folla di un concerto rock. La star è naturalmente Rouge, vestita di pelle e con occhiali da sole sgargianti, impegnata nel reggere l’asta del microfono e nel cantare a squarciagola.
   
     “Someone call the doctor, got a case of love bi-polar
     Stuck on a roller coaster can't get off this ride
     You change your mind like a girl changes clothes”

     Knuckles riesce a farsi strada tra la marea di corpi in cui si ritrova a navigare fino a raggiungere l’uscita del locale. E’ certo di essere al sicuro, ma ciò che non avrebbe potuto prevedere si avvera davanti ai suoi occhi. Rouge è a cavallo di una zebra, ammantata di bianco in un elegante abito da sposa. I suoi occhi collerici fendono l’aria attraverso il velo trasparente. Imbraccia una lunga lancia rossa e bianca alla stregua di una cavaliere medievale. Prima però di poter sferrare il colpo finale contro un più che spaventato Knuckles, la magia si dissolve e i due litiganti si ritrovano ancora una volta faccia a faccia all’ingresso del Whiskey’s Royal.

     Tikal e Ramon assistono leggermente imbarazzati allo scambio di sguardi eloquenti tra l’echidna e il pipistrello. Lui nasconde una tacita consapevolezza di essersi spinto ben al di là della gentilezza, mentre lei sfoggia una triste rassegnazione velata di un dispiacere quasi palpabile. Shadow rimane estraneo a tutta la faccenda, con le braccia conserte alla stregua di un immobile cane da guardia.

     - Se è questo ciò che pensi di me, hai ascoltato ciò che ho da dire in risposta! - sussurra Rouge con un tono tremendamente glaciale - Sbrigatela da solo! Io me ne lavo le mani! -

     E senza aggiungere niente che potesse ammettere replica, la ragazza si volta e si allontana a lenti passi. Il primo istinto del guardiano è di rincorrerla, ma il suo cervello gli comunica l’impossibilità di trapassare l’orgoglio e di elaborare qualunque cosa che potesse servire da scusa convincente. Il meccanismo di reazione più semplice che scatta in lui è di contrarre il viso in un’espressione fastidiosa e di ricacciarla con un gesto brusco della mano in aria.

     - Vai pure! E chi ha bisogno di una come te? - esclama - So benissimo cavarmela da solo! -

     Shadow, quindi, si avvicina all’echidna e lo fissa dritto negli occhi con una delle sue tipiche occhiate di fuoco.

     - Accetta il mio consiglio! - dice lui - In futuro tieniti più stretto i tuoi nemici! -

     Imitando l’esempio di Rouge, si allontana a sua volta, inghiottito dalle scure spire della sera.

     - Lo sai che potrei portarti a casa in un nanosecondo? -

     - E tu lo sai che le coppie di solito trascorrono le serate passeggiando tranquillamente? -

     - Figo! Perché allora non chiedi ad una di loro di accompagnarti? -

     La testa di Amy si volta con la rapidità di un fulmine verso Sonic e il riccio blu si sente come attraversato da parte a parte da una spada rovente.

     - Stavo scherzando! Stavo scherzando! - si affretta a dire, cauto nel nascondere subito dopo il suo sospiro annoiato alle occhiate indagatrici di Amy.

     Il prurito sulla pianta dei piedi di Sonic è la prova più lampante del suo bruciante desiderio di scorazzare per la città in un battito di ciglio e riportare Amy al suo appartamento. L’insistenza della riccia per passeggiare con lui sul lungomare di Emerald Town, però, era riuscita a convincerlo a fare altrimenti, sebbene il riccio l’avesse interpretata più come una minaccia di spappolamento con martello nel caso avesse fatto il contrario.

     - Ti prego, Amy, non possiamo accelerare un po’? Mi sento veloce come una lumaca orba di centottantanni! -

     - Oh, insomma! Invece di lagnarti come una lumaca… cioè, come un bambino, perché non ti godi questa splendida serata? -

     - Me la godrei se non avessi la strizza che tra un momento all’altro potrei trovarmi in tutù a ballare sulle punte! -

     - Vedi gli altri che stanno passeggiando come sono rilassati? - ribatte Amy - Loro mica si preoccupano di questo! -

     In effetti, quando Sonic dà un’occhiata agli altri tranquilli passanti e alle coppiette che si sussurrano parole dolci nell’orecchio mentre camminano lungo la strada piastrellata che fiancheggia il mare nota un’evidente serenità che li avvolge.

     - E ci credo! - si lamenta Sonic - Loro non sanno che rischiano di saltellare come scemi se solo dicono la cosa sbagliata! -

     - Oppure lo sanno, ma semplicemente non ne hanno paura! Fino a quando Tails non saprà dirci niente di più, ne siamo tutti coinvolti e, che ti piaccia o no, fai parte anche tu di questa… di questa… nazione del ritmo! -

     Una campana rintocca in lontananza, dei rapidi e potenti colpi di chitarra si fanno strada nell’aria e raggiungono le orecchie tese di Sonic. La batteria esplode in tutto il suo vigore, accompagnata da un coro singolare di strumenti al massimo della loro portata. Nel torpore e nel rilassamento che precedono lo strano incanto musicale, il riccio blu guarda Amy con un’esagerata disperazione, resistendo alla magia il tempo necessario ad esclamare: - Ma cosa ho fatto di male? -


     “With music by our side to break the color lines
     Let's work together to improve our way of life
     Join voices in protest to social injustice
     A generation full of courage come forth with me”

     Il mondo si dipinge di bianco e nero alle note di una canzone in cui tutti sul lungomare sono coinvolti. Come una schiera di soldati perfettamente disciplinati, i passanti sono disposti in file parallele alle spalle di Sonic ed Amy, i capitani del ritmo su cui danzare. Indossano tutti dei completi scuri che ricordano le uniformi dei colonnelli, corredati da berretti da poliziotto con la visiera che copre parzialmente i loro volti.

     “This is the test, no struggle no progress
     Lend a hand to help your brother do his best
     Things are getting worse, we have to make them better
     It's time to give a damn, let's work together come on”

     Lo scenario attorno a loro è ammantato di vapore. I soldati del ritmo si trovano su di una passerella metallica, sospesa su di un mare di metallo e calore. Gigantesche macchine dotate di ancora più enormi ingranaggi lavorano febbrilmente per mettere in moto l’intera nazione. Pistoni lucenti e tubi che sparano fumo bianco si intravedono in ogni angolo, ma l’aria rovente delle dinamo non impedisce ai ballerini di esibirsi in veloci passi robotici, incitati dalle voci vibranti di Sonic ed Amy.

     “People of the world today, are we looking for a better way of life
     We are a part of the rhythm nation
     People of the world unite, strength in numbers we can get it right
     One time, we are a part of the rhythm nation”

     Il muro di ferro alle spalle del gruppo si divide a metà, lasciando fare capolino ad uno schermo luminoso di dimensioni stupefacenti. Le immagini visualizzate riguardano un gruppo di soldati che marciano minacciosi al tramonto, ma invece di imbracciare armi impugnano ogni tipo di strumento musicale, dal più piccolo al più grande. La coreografia di Sonic ed Amy, identica a quella dei ballerini alle loro spalle, introduce il termine della canzone. I due ricci lanciano in aria i loro cappelli e si posizionano uno accanto all’altra con le braccia a croce. Dei fiotti di vapore li investono dal basso, ma loro non fanno una piega e chiudono gli occhi, attendendo che la realtà ritorni all’aspetto che hanno sempre conosciuto.

     Qualche secondo dopo, chiunque stesse passeggiando sul lungomare poco prima non poteva fare a meno di guardarsi intorno, quasi scioccato, nell’inutile tentativo di dare una spiegazione razionale a quanto accaduto. C’è chi si stropiccia gli occhi, chi sbraita rumorosamente cercando qualcuno con cui prendersela o chi, semplicemente, fa finta di nulla e riprende a camminare nascondendo l’imbarazzo.

     - Dovrei andare a vedere quando parte la prossima astronave per lo spazio aperto! - commenta Sonic, burbero - Credo di essere diventato allergico alla musica! -

     - Per l’ultima volta, smettila di seguirmi! Non ho bisogno dell’aiuto di nessuno per fare il mio lavoro! -

     - Col cavolo! Potrai fare quello che diavolo ti pare, ma non prima che abbia fatto sputare a questo roditore la verità su quello che stava facendo su Angel Island! -

     - Angel Island? Non so davvero di cosa tu stai parlando! -

     Le strade di Night Babylon, pur essendo parecchio frequentate e quindi rumorose, non avevano mai visto il passaggio di un gruppetto così chiassoso. La gente non può fare a meno di guardare con curiosità il quartetto che sta animatamente discutendo senza curarsi di moderare il tono di voce. In testa si trova uno scoiattolo immusonito che trascina una riluttante donnola con le mani legate. A seguire si trova un’echidna scarlatta che pesta forte i piedi ad ogni passo e un’altra, più cauta e dalla carnagione arancio, che cammina lentamente con la testa china e il volto pensieroso.

     - Prometto che se mi lasciate andare vi dirò tutto quello che volete sapere! - dice Nack, in un ultimo tentativo verso la libertà - Vi pagherò anche profumatamente! -

     - Sì, certo! - ribatte Ramon, stringendo più forte i suoi polsi - Raccontane un’altra! -

     - Sapete, stavo… bé, sì, stavo pensando… - interviene Tikal, in una timida richiesta di attenzione - E se lui potesse darci anche informazioni sui fenomeni musicali che stanno accadendo in città? -

     - In effetti speravo anche di fare luce su questo! - spiega Ramon - Di solito i brutti ceffi come lui sono sempre i primi a sapere cosa succede in città! Non che personalmente mi dispiaccia! Io adoro la musica! La ascolterei notte e giorno senza mai fermarmi! Ho persino inventato uno stile di combattimento da praticare a ritmo di musica e l’ho chiamato… -

     - Rimanda la storia della tua vita per chi non muore di noia ad ascoltarla! - sbotta Knuckles - Mi interessa solamente risolvere la faccenda e tornarmene sulla mia isola! -

     - Ti hanno mai detto che hai il tatto di un elefante imbizzarrito, Knuxol? -

     - E’ Knuckles, mangia-ghiande! -

     - Forse ci sarebbe stato utile anche l’aiuto di Rouge! - propone Tikal - Insomma, lei sa meglio di chiunque altro come muoversi in questi ambienti! E questa storia sta andando molto per le lunghe! -

     L’echidna allontana di proposito il volto dalla portata dell’occhio della ragazza, in modo da non mostrare neanche un briciolo di pentimento per la decisione presa poco prima.

     - Non mi serve quella rompiscatole per far parlare quel dentone lì! Verrò a capo della questione senza versare neanche una goccia di sudore… e senza sorbirmi le stupide moine di quella ragazza! -

     - In fondo hai ragione! - commenta Tikal - Ho sempre visto qualcosa di strano nel modo in cui si rivolge a te! E’ come se le sue parole avessero sempre un senso che non riesco ad afferrare! -

     Un forte tonfo di una porta chiusa di scatto e il mondo si capovolge senza preavviso. L’ambiente è semibuio, molto caldo e pervaso di fumo. Una luce rossastra illumina a sprazzi lo stretto ambiente in cui Tikal si muove a lenti passi, con indosso una maglia rossa più grande di due misure e varie collane dorate che le pendono dal collo. Un cupo coro maschile e una batteria incalzante introducono il suo brano, il quale non sembra affatto una melodia di quelle allegre.


     “And when she walks she walks with passion
     when she talks, she talks like she can handle it
     when she asks for something boy she means it
     even if you never ever seen it
     everybody get your necks to crack around
     all you crazy people come on jump around
     you doing anything to keep her by your side
     because, she said she love you, love you long time!”

     Le pareti del locale in cui Tikal si è fatta volontariamente strada sono in realtà delle reti metalliche, il cui effetto più palese è di dare al luogo l’aria di una gigantesca gabbia. I frequentatori del luogo guardano l’echidna con circospezione e si posizionano a cerchio attorno a lei. Aspettando un segnale nascosto in ogni sua occhiata, si preparano a darsi da fare per risaltare più degli altri e, nel contempo, farsi notare da lei.

     “Maneater, make you work hard, make you spend hard,
     Make you want all of her love
     She's a maneater, make you buy cars, make you cut cords,
     Wish you never ever met her at all!”

     Nel momento in cui la ragazza si mette a cantare il chorus e a ballare al centro del cerchio, i suoi spasimanti si calano in panni decisamente rissosi. Si spintonano, si danno calci e gomitate e impiegano tutta la forza di cui dispongono per fare in modo di rimanere da soli di fronte a quella che considerano una così rara bellezza. Tikal li guarda con aria quasi annoiata, attendendo la fine della melodia dove il mondo sarebbe tornato, almeno temporaneamente, alla sua forma originale.

     La strada popolata di Night Babylon si materializza ancora una volta davanti ai suoi occhi. Tikal è sicura che il suo viso sia diventato più rosso del fanale di un semaforo. Tanto imbarazzo per essersi calata in un ruolo così poco congeniale a lei non può che manifestarsi in quel modo. Prima però che possa dire alcunché in merito, Nack approfitta di un prezioso attimo di distrazione, pesta forte un piede di Ramon e si tuffa senza esitare in mezzo alla folla di passanti.

     - Che dolore! Che dolore! - strepita lo scoiattolo, saltellando sul piede rimasto sano.

     Knuckles non perde altro tempo e parte all’inseguimento del suo bersaglio, ma quei pochi secondi, purtroppo, sono stati sufficienti perché la donnola facesse perdere le sue tracce in maniera più che efficace. L’echidna si guarda a destra e poi a sinistra, ma la fiumana di persone che gli passa intorno gli tolgono ogni speranza di individuare qualcuno che sia anche vagamente simile a Nack the weasel.

     - Ottimo lavoro, genio! - sbraita il guardiano, una volta ricongiuntosi agli altri due - E’ riuscito a dileguarsi! La prossima volta usa le manette! -

     - Questa sì che è un’ottima idea! - sorride Ramon, quasi del tutto dimentico della fuga del criminale - Perché non ci avevo pensato prima? -

     - Ma tu da chi sei stato addestrato? - replica Knuckles - Dallo scemo del villaggio? -

     - Un altro po’ di vino, mia cara? - domanda cortesemente Mr. Trick, avvicinando la bottiglia al calice di cristallo che impugna Levine.

     La farfalla lo blocca con un leggero gesto della mano e la iena sfoggia un ampio sorriso prima di allontanarsi e di poggiare la bottiglia sulla scrivania. Sono entrambi seduti nello sfarzoso ufficio di Trick, uno di fronte all’altra, comodamente adagiati su soffici poltrone foderate in chintz. Non parlano molto, in verità, ma si limitano a scambiarsi sguardi indecifrabili alternati a sospiri sommessi. Lui appare molto contento di poter godere di quella che definirebbe una squisita compagnia, mentre lei stenta a mascherare la noia e l’impazienza che prova da gran parte della giornata.

     - Quando hai intenzione di rivelarmi i dettagli del tuo piano? - domanda all’improvviso la ragazza - E’ tutta la giornata che non facciamo altro che gironzolare per il palazzo e bere vino scadente! -

     - Scadente, dici? - ripete Mr. Trick, falsamente offeso - E io che pensavo avrebbe fatto cantare le tue papille gustative! In verità, non ci sarebbe bisogno del vino per farti intonare una melodia di questi tempi! Ma io dico sempre: “Meglio brillo e sorridente che un carciofo dentro un dente!” -

     - Davvero spiritoso! - ribatte Levine sarcasticamente - Quello che volevo dire è che mi sembra che i tuoi affari si stiano muovendo molto a stento… qualunque essi siano! -

     - Porta pazienza, mia dolce farfallina! - dice la iena, intrecciando le dita sotto al mento - Sono una persona tremendamente egocentrica! Mi seccherebbe molto non darmi soddisfazione con un capriccio e, soprattutto, non avere nessuno con cui vantarmene! Tu non lo sai, ma in questo stesso momento gli ingranaggi del mio sbelloso progetto stanno lavorando a ritmo serrato! Nel giro di pochi giorni potremo coglierne i frutti maturi… mmm… me lo sono sempre chiesto! Gli ingranaggi danno frutti? Insomma, le viti e i bulloni devono pure avere una mamma! -

     - Pochi giorni? Se sono venuta qui da te è perché voglio diventare tua socia in affari immediatamente! Non sono una ragazza che ama aspettare, specialmente se non ho idea di cosa stia aspettando! -

     In quello stesso momento, una risata stridula e acuta echeggia nella stanza. Mentre Levine cerca di capire la fonte di quel suono fastidioso, Trick chiude gli occhi e tende le orecchie per ascoltare con attenzione.

     - Non mi stanco mai di questa suoneria! - spiega, estraendo un telefono dal taschino - E’ così contagiosa! -

     Quindi, la iena si alza e si allontana da Levine quanto basta perché lei non possa sentire neanche una parola della conversazione. E’ un atteggiamento che fa innervosire ancora di più la ragazza. Comincia a pensare che non valesse la pena far parte dei Ring Leaders se il prezzo da pagare era sopportare le stramberie di quell’assurdo soggetto.

     - Ecco cosa devi fare! Sono stato chiaro? - dice Trick tornando a sedersi poco prima di chiudere la chiamata - Perdona se ti ho fatto aspettare, dolcezza! -

     - Presumo che io non possa essere al corrente di quanto hai appena detto al telefono! -

     - Sei forse gelosa, pasticcino? Adoro la gelosia in una donna! Perché non mi pianti un chiodo nella coda? Di solito è la reazione più comune! -

     - Per favore! Gradirei solo cominciare ad essere messa al corrente di cosa accade nel tuo impero criminale, se devo farne parte anch’io! -

     Trick rimane un po’ deluso dalla risposta, ma ciò non gli impedisce di tornare a sorridere come sempre pochi secondi dopo.

     - Era il mio fidato collega, Nack the weasel, che mi chiamava! Ci sono degli inattesi imprevisti che potrebbero seriamente minare l’esito del mio piccolo gioco, così gli ho dato indicazioni su come procedere! Nulla di cui bisogna preoccuparsi! Preoccuparsi fa venire le rughe, non lo sai? -

     - E il tuo piccolo gioco sarebbe? - domanda Levine, facendo appello a tutta la sua pazienza.

     - Mettiamola in questo modo! Non appena l’esperimento avrà avuto fine, tutto il mondo cambierà in maniera radicale! E io e te saremo re e regina di un nuovo ordine mondiale! Samba! -

     Senza alcun preavviso, Trick salta in piedi sulla poltrona e si esibisce in una danza frenetica impugnando un paio di maracas immaginarie.

     - A volte credo che tu sia del tutto pazzo! - commenta la farfalla.

     - Forse siamo tutti un po’ pazzi, tesoro mio! Più di quanto potresti immaginare! -


     “No more gas, in the red, can't even get it started
     Nothing heard, nothing said, can't even speak about it
     On my life, on my head, don't wanna think about it
     Feels like I'm going insane, yeah”

     Il corridoio del manicomio e freddo e sterile. Le pareti sono tutte tristemente ammantate dello stesso identico bianco sporco. Le porte in metallo delle celle ai due lati della corsia non differiscono di molto tra loro, a parte per i numeri incisi in ottone sulla superficie gelida. Sono le stesse che si spalancano come per un’improvvisa folata di vento e lasciano uscire tanti spaventosi personaggi immobilizzati dalle loro camicie di forza.

     “It's a thief in the night to come and grab you
     It can creep up inside you and consume you
     A disease of the mind, it can control you
     It's too close for comfort”

     In fondo alla corsia c’è la cella più isolata di tutte. Non appena la porta si spalanca, si scopre a chi appartiene la voce che canta e che risuona in tutti gli altoparlanti del complesso. Un elegante e perfettamente curato Mr. Trick è seduto su di una sedia di plastica nera. E’ chinato in avanti a causa delle catene che partono dal pavimento e che gli legano i polsi, così corte da costringerlo ad essere piegato verso terra.

     “Put on your pretty lies, you're in the city of wonder
     Ain’t gonna play nice, watch out you might just go under
     Better think twice, your train of thought will be altered
     So if you must falter be wise”

     E’ sufficiente un leggero strattone perché le catene si stacchino dal pavimento. Trick le fa roteare in aria come il bastone di una majorette. Quando il grigio del metallo arriva a confondersi con quello delle pareti in un turbinio sfocato, gli anelli si tramutano in viscidi e verdi serpenti che avvolgono le caviglie della iena. Il muro alle sue spalle esplode dall’interno, ma i mattoni sparati in aria attraversano il corpo del cantante in cilindro, quasi come fosse un fantasma.

     “Your mind’s in disturbia, it's like the darkness is light
     Disturbia, am I scaring you tonight?
     Disturbia, ain’t used to what you like
     Disturbia, disturbia”

     Il retro della cella è ampio e spazioso, illuminato da faretti arancione appesi al soffitto. Lo scenario è quanto di più cupo e spaventoso si possa immaginare. Persone rinchiuse in gabbie che penzolano dal soffitto, incatenate al muro in posizioni innaturali, legate a delle colossali ruote che vorticano senza controllo, tutto questo sotto gli occhi estasiati di Mr. Trick. La iena allarga le braccia come a voler invitare chiunque lo stia guardando a far parte di quello strano circo degli orrori. La sua voce è sempre più squillante, conscio che la fine della melodia si sta avvicinando e quindi pronto all’acuto finale.
     - Benvenuta nel mio mondo! -

     Il chiaro di luna si addice in particolar modo ad una silenziosa e scura figura che si muove nella notte come lei, ma il luccicare delle lacrime che le colano sulle guance non fanno parte di una ragazza così forte e indipendente. Le parole possono ferire anche più di una spada, lei lo sa bene, ma non avrebbe mai immaginato di provare dolore per parole messe in musica, con tanto di coreografia. Era stato l’ingrediente extra che aveva reso più amara la pillola che prima o poi, lo aveva sempre saputo, avrebbe ricevuto. Le speranze, o qualunque altro sentimento che potesse tenere vivo quello che faticava ad essere definito semplice interessamento, erano state già accantonate da un pezzo. Eppure suscitava una reazione molto curiosa sentirsi sbattere in faccia l’evidenza lampante di un pensiero temuto.

     Un sottile fruscio di fogliame si fa strada alle sue spalle. In qualche modo lei è a conoscenza dell’identità di chi l’ha raggiunta. Lo sa sempre quando si tratta di lui. Si asciuga gli occhi e tenta di regolarizzare il suo respiro ansimante.

     - Riprenditi! - afferma laconicamente Shadow.

     Non una sola piega nel suo viso mostra compassione, ma Rouge sa inconsciamente che la sua spalla è lì per offrirle conforto.

     - Tu sì che sai come far sentire meglio una ragazza! - replica lei, cercando di suonare più tranquilla.

     - Da quando ti conosco non ti ho mai visto così! E, francamente, non ne vale la pena! -

     - Lo so! Lo so! - ripete Rouge - Speravo solo di ottenere qualcosa di più prezioso di un gioiello, per una volta! E senza doverlo rubare! -

     - Non c’è niente di più prezioso al mondo di te stessa! Niente! Né Knuckles the echidna, né nessun altro! -

     La ragazza pipistrello concede a Shadow un vago sorriso, uno di quelli sinceri che raramente è possibile scorgere su di lei. In quel sorriso è possibile leggere affetto e gratitudine, sentimenti che non sfuggono alle pupille indagatrici della Forma di Vita Perfetta.

     - Non avrei mai immaginato di sentirti dire una cosa del genere, Shadow the hedgehog! -

     - Ho imparato a mie spese che per andare avanti bisogna prima di tutto essere forti e contare su sé stessi… o, in mancanza, su compagni fidati come te! -

     - Stai cercando di dirmi qualcosa, bellezza? - propone Rouge di sfuggita.

     Shadow distoglie per un attimo lo sguardo, quindi, senza timore alcuno di affrontare il giudizio di una persona fidata, risponde fermamente.

     - Non ti permetto di buttarti giù! Non finché io sarò al tuo fianco! -

     Un imprevisto coro di violini appare dal nulla a fare da sottofondo ad un momento molto significativo. Le corde di una chitarra lontana e i battiti di una batteria che funge da accompagnamento danno inizio ad una nuova melodia. Per quanto Shadow maledica in cuor suo qualunque forza lo stesse costringendo a fare ciò che non voleva, nulla può servire a resistere all’impeto musicale che si impadronisce del suo corpo e lo trasporta in luoghi dove non può fare altro che lasciarsi andare.


     “I stand in the distance, I view from afar
     Should I offer some assistance? Should it matter who you are?
     We all get hurt by love and we all have our cross to bear
     But in the name of understanding now our problems should be shared”

     Lo scenario naturale immerso nella quiete della sera si dissolve a poco a poco per lasciare spazio ad un mondo dipinto di bianco latte. Shadow è fermo con aria seria di fronte ad uno sfondo decorato con vari motivi sgargianti, da un arcobaleno al simbolo universale della pace, da un banco di nuvole al simbolo dello yin yang. Il riccio nero indossa una tuta mimetica da militare. Ha lo sguardo fisso davanti a sé e, tenendola per il filo a spirale, fa ondeggiare una cornetta telefonica. Canta con voce sottile e la sua espressione è persa nel vuoto.

     “Confide in me, confide in me!”

     Lo sfondo dipinto reagisce agli acuti della canzone di Shadow. Sembra quasi venire risucchiato in un gorgo, creando un vortice di colori intenso. Il cavo telefonico che il riccio nero è impegnato a reggere si scioglie come cera e il materiale liquido di cui è composto fluttua attorno al cantante come per un incantesimo. Shadow alza lentamente le braccia, seguendo il suo acuto finale, e dalle sue dita sgorgano dei lampi di luce azzurra che infuocano un’insegna sulla sua testa che riporta la scritta: “1-555-CONFIDE”.

     Quando Shadow riacquista la sensibilità del suo corpo intorpidito, capisce che il suo messaggio è stato recepito da Rouge, sebbene fosse stato elaborato in un modo molto poco convenzionale. Il riccio nero non prova imbarazzo, non sa se perché l’unica spettatrice è una persona con cui non ha segreti o perché comincia a farci l’abitudine. Francamente avrebbe preferito la seconda opzione.

     - So che posso contare su di te! - dice Rouge, quasi come se quello spettacolo musicale non fosse stato per niente messo in atto - Ti ringrazio, Shadow! -

     I secondi di silenzio che seguono sono carichi di un significato che solo loro due sanno decifrare.

     - Cosa pensi di fare adesso? - domanda la ragazza.

     - Andare a fondo della faccenda con il tuo aiuto! - replica lui - Hai molti più contatti di me e sono sicuro che in due riusciremo a cavare informazioni da qualche squallida bocca! -

     - Deve essere davvero un grande fastidio per te cantare! -

     - Non immagini quanto! -


     La stessa notte in cui Shadow e Rouge parlano a cuore aperto, Amy Rose osserva le luci che attraversano la sua finestra, immersa nel buio della sua stanza. Il suo pensiero vola verso la persona che è solita raggiungere e il suo cuore batte all’unisono con il ritmo incalzante che penetra nelle sue orecchie. E’ il suo primo pensiero appena sveglia e il suo ultimo prima di andare a dormire, ma in quella notte così densa di emozioni e di passione, l’idea di stendersi sotto le coperte e dormire è impensabile. E’ il momento di cantare e ballare.

     “Like a movie scene in the sweetest dreams have pictured us together
     Now to feel your lips on my fingertips I have to say is even better
     Than I ever thought it could possibly be, it's perfect, it's passion
     It's setting me free from all of my sadness the tears that I've cried
     I have spent all of my life” 

     Il terriccio bagnato rinfresca la pianta dei piedi di Amy Rose mentre corre a piedi nudi nell’umida giungla tropicale. Il percorso non è indicato da nulla, ma lei sa in cuor suo dove è diretta, attraversando gli alberi vertiginosi e la vegetazione lussureggiante. Il chiaro di luna attraversa le gocce di rugiada posate sulle foglie, trasformandole in tanti piccoli luminosi diamanti che brillano nel buio, confortando l’animo impaziente della riccia rosa.

     “Gone are the days when the sun used to set
     On my empty heart all alone in my bed
     Tossing and turning emotions were strong, I knew I had to hold on
     Waiting for tonight when you would be here in my arms
     Waiting for tonight I've dreamed of this love for so long”

     La voce della sua canzone si perde nel buio della giungla, ma è l’unica cosa, insieme alla sicurezza di ciò che troverà al termine della corsa, che le dona conforto nel suo lungo viaggio. Ad un tratto, la strada si apre a ventaglio e il terriccio sotto ai piedi di Amy sparisce. Contornata da una serie di pietre lisce e piatte, c’è una fonte dall’aspetto idilliaco. Lo scroscio della fresca acqua che sgorga da una spaccatura nella roccia e cola nella pozza cristallina è un richiamo irresistibile per la riccia rosa. Senza esitare, si tuffa nella fonte e ne viene dolcemente inghiottita.

     “Don't say it's like a fantasy when you know this is how it should be
     You kiss me, I'm falling, can you hear me calling?
     You touch me, I want you, feels like I've always known you
     On a night like this I wanna stay forever
     On a night like this just wanna be together”

     Le parole di una nuova dolce e sensuale canzone provengono dalle profondità acquatiche. Ma non si tratta più di una fonte sperduta nella giungla, bensì di una piscina in una sontuosa villa. Amy si arrampica sul bordo e si tira su, grondando goccioline luminose lungo tutto il suo corpo. Vestita solo di un vistoso bikini azzurro, spalanca le porte vetrate dell’abitazione e si fa lentamente strada all’interno, richiamando tutti intorno a lei con le note alte della sua canzone.

     “Seems I've known you a lifetime
     Now it's time to make you mine
     On a night like this. . .”

     La villa è popolata da sconosciuti elegantemente vestiti. Amy attraversa lo spazio di fronte a loro, noncurante delle loro occhiate maliziose, solo concentrata sul suo obiettivo. L’ampia sala si intrufola in un corridoio coperto da tendine a fili di perle e diamante. La frescura che la riccia ricava dopo aver immerso il viso in quelle pietre preziose è quasi surreale. Alla fine del percorso l’aspetta lui, il suo desiderio di sempre, fermo e sorridente, con un calice di champagne in mano. Ma proprio quando Amy sta per lanciarsi tra le sue braccia, quello che pare un dolcissimo sogno svanisce come fumo negli occhi.

     Amy Rose spalanca gli occhi. E’ incerta se quello che ha appena vissuto sia un sogno, una fantasia o un effetto dell’epidemia musicale dilagante, ma si dice che non importa dare un nome a quel desiderio. E’ sempre dentro di lei, è qualcosa che striscia sotto pelle e non la fa pensare ad altro. E’ qualcosa di puro e profondo, qualcosa che conosce molto bene.

     - Buonanotte, Sonic! - sussurra al vento che spira dalla finestra aperta - Spero che i tuoi sogni siano dolci quanto i miei! -


     Sonic corre a perdifiato lungo la spiaggia, Sonic corre con lo sciabordare delle onde nelle orecchie, corre sotto il tiepido sole mattutino, corre per raggiungere la ragazza al termine della pista. Non sa di chi si tratta, ma si sente attratto senza controllo dalla sua presenza. Stranamente, però, la sua velocità non è la solita, non è quella a cui è abituato. Tuttavia, questo non importa. E’ lì che risiede il suo destino… in quel corpo così sottile e femminile, in quella chioma bionda lucente, in quegli occhi rossi fiammeggianti… un secondo… occhi rossi? Perché quando Sonic protende il viso per baciare la sua ragazza si è ritrovato di fronte il volto di un riccio nero con una parrucca bionda?

     - Gira al largo, impostore! - esclama Shadow furente.


     “That, that dude looks like a lady!”

     L’urlo a squarciagola di Sonic nella notte ha il risultato di far piombare giù da un albero un nido di uccellini. Il riccio blu è madido di sudore e la prima cosa che fa appena sveglio, ancora prima di rendersi conto di aver sognato, è pulirsi le labbra con il dorso del braccio.

     - Questa roba ti può prendere anche in sogno? - si domanda, fuori di sé per lo shock - Altro che sogno! E’ un incubo! E’ una maledizione! E’ l’incubo di una maledizione… è… è… -

     Si ritrova a ripensare alle labbra di Shadow sotto i suoi riccioli dorati e urla ancora una volta.

     - E’ uno schifo!!! -

     La mattina successiva, alle prime luci dell’alba, Night Babylon sembra essere diventato un posto totalmente diverso da quello che era la sera precedente. La musica assordante che rimbombava in ogni viottolo è stata rimpiazzata da un pacifico e rilassante silenzio, interrotto solamente dal rumore di qualche automobile che attraversa la strada. Il turbinio di luci e di colori che donava allegria agli ambienti altrimenti bui e scuri è stato totalmente eclissato dalla più naturale luce del sole, alto nel cielo e già di per sé sufficiente ad illuminare ogni angolo. Le vie e le strade quasi intasate di gente e visitatori di ogni specie sono sgombre e poco frequentate. E’ tra queste poche anime che lo stesso gruppetto che si accapigliava per attraversare la fiumana di gente della sera prima, adesso cammina senza la minima fretta in uno scenario che stenta a riconoscere.

     Ramon è, come sempre, in testa all’improvvisato trio. Il suo viso sorridente e rilassato è diametralmente opposto a quello furente e corrucciato di Knuckles, immediatamente dietro di lui. Tikal, espressione stanca e passo strascicato, fa da fanalino di coda, visibilmente sollevata dalla pace che si respira negli immediati dintorni.

     - Continuo a domandarmi perché ti sto ancora seguendo! - sbotta l’echidna - Se non ti fossi lasciato sfuggire Nack ieri sera nella folla, non avremmo dovuto cercarlo per tutta la notte! -

     - Nessuno ti costringe a seguirmi! - risponde pratico lo scoiattolo - E poi avresti potuto fermarti per la notte in quella pensioncina come ho fatto io, ma hai preferito andartene a zonzo senza cavare un ragno dal buco! -

     - Certo! Non ho tempo da perdere io! Se c’è un qualche tipo di pericolo che minaccia Angel Island non me ne starò a rigirarmi i pollici! -

     Tikal maledice mentalmente l’impazienza di Knuckles, anche perché è il motivo per cui è stata costretta a seguirlo per gran parte della notte senza mai fermarsi, ma preferisce tacere per non riscaldare gli animi ancora di più.

     - Te l’hanno mai detto che sei morboso, amico? - commenta Ramon - Non hai pensato che forse Nack volesse solo prendere un souvenir dopo un viaggetto sul tuo sasso volante? -

     - Un souvenir! Come no! La magnetite che c’è su Angel Island ha delle proprietà uniche al mondo, nel caso tu non lo sappia, e dovrei pensare che un cialtrone delinquente come quello la voglia solo per metterla a prendere polvere su di una mensola? -

     - Potrebbe essere! E se fosse un collezionista di minerali? -

     Knuckles solleva un sopracciglio e sospira forte.

     - Più ci penso e più non riesco a capire come diavolo tu abbia fatto a diventare un poliziotto! -

     - Sono un agente speciale, prego! La SQ2 non è un semplice corpo di polizia ordinario! Siamo il meglio del meglio in circolazione! Vuoi sapere quali sono i requisiti per farne parte? Coraggio, astuzia, determinazione e soprattutto buon occhio! Sarei in grado di distinguere una brava persona da un criminale anche con gli occhi bendati! Vedi quel tizio che cammina con la ventiquattrore e si guarda l’orologio? Potrebbe essere un contrabbandiere nervoso che si sta recando ad uno scambio di merce trafugata, ma per me non è che un onesto lavoratore in ritardo! Vedi quel tale che spazza l’angolo del marciapiede? Potrebbe essere una spia super segreta in attesa di infiltrarsi in quella banca lì vicino, dirai! Per me non è che un tranquillo spazzino che sta facendo il suo lavoro! Ora vedi quella donnola zannuta con il cappello da cowboy? Potrà essere un criminale uscito da un film western, dirai, ma non è che un… un… capperi, è lui! -

     Le chiacchiere prolungate di Ramon, fortunatamente, non hanno intorpidito i sensi vigili di Knuckles che parte all’inseguimento di un distratto Nack the weasel ancora prima che lo scoiattolo si renda conto di tutto. La donnola è solo ad un incrocio di distanza e, stranamente, rimane a fissare un palazzo di fronte senza accorgersi di stare per essere acciuffato da un paio di sue vecchie conoscenze.

     L’echidna si tuffa addosso al suo bersaglio, togliendogli il respiro per la violenza del placcaggio. Entrambi finiscono scompostamente sul marciapiede e Ramon è costretto a fermare il braccio di Knuckles, già pronto a scaricare un pugno per sfogare la rabbia di quelle ultime ore sul malcapitato criminale.

     - Questa sì che è una sorpresa! - esclama nervosamente Nack - Non… non pensavo che mi ricapitaste a tiro! -

     - Adesso basta giocare a nascondino, dentone! - ribatte Knuckles, inviperito - O mi dici che cosa stai facendo con la mia magnetite, oppure trasformo la tua faccia in purè! -

     - Esattamente! - gli fa eco Ramon, tentando di far valere la sua autorità più delle minacce del guardiano - Quindi comincia a cantare! Ehm… non in senso letterale! -

     - Vi ho già detto che io non so niente! Seguo solo gli ordini! -

     - Va bene! Poi non dire che te la sei cercata! -

     L’echidna rossa si prepara a sferrare un poderoso colpo, ignorando la reazione di Tikal che si ripara gli occhi con le mani per non assistere, ma Nack lo ferma, spaventato, intimandogli uno stop con le mani.

     - Ehi! Frena, frena! Aspetta! Ti dirò tutto quello che vuoi sapere, ma lascia stare la mia faccia! Hai idea di che diamine di calamita per pupe sia la mia faccia? -

     Senza la minima delicatezza, Knuckles afferra Nack per la gola e lo costringe a rimettersi in piedi. La donnola si prende qualche secondo di tempo per far finta di ripulirsi dalla polvere, in modo da recuperare il tempo necessario a far lavorare il cervello.

     - Ecco! Il mio boss mi ha chiesto di recuperare un bel po’ di magnetite dalla tua isola per alimentare uno strano marchingegno di sua creazione! -

     - Significa che sei stato altre volte ad Angel Island senza che me ne accorgessi? - domanda Knuckles.

     - Il tuo boss? - incalza Ramon - Vuoi dire il capo dei Ring Leaders? -

     - Sì… e sì! Potete giurarci! -

     - Di che macchina stai parlando? -

     - Non so come si chiami, ma so che ha bisogno di molta energia per funzionare e… e… che dovrebbe far ballare e cantare le persone senza controllo! -

     Knuckles, Ramon e Tikal si scambiano uno sguardo perplesso, tipico di chi è riuscito a venire a capo di un enigma dopo molta riflessione.

     - Questa roba musicale è frutto di una macchina? - ripete l’echidna rossa, incredula.

     - Ma come è possibile creare artificialmente una cosa del genere? - si domanda Tikal.

     - Ah, non chiedetemi come funziona! Io non ci capisco niente! Dovevo solo raccogliere la magnetite per il boss! Per il resto se la sbrigava lui! -

     - E’ la pista giusta finalmente! - esclama Ramon, con un sorriso raggiante in volto - Sento profumo di promozione per me nell’aria! Ho il caso in pugno! - poi si rivolge a Nack - Bene, amico mio! Adesso tu mi porterai dove si trova questa macchina e farò due chiacchiere con il tuo boss! -

     - Non dureresti cinque minuti nel covo di una gang di banditi da solo! - commenta Knuckles.

     - E’ per questo che voi verrete con me! Prenderemo la mia auto per fare prima! Tu sei un perfetto ariete di sfondamento, bello mio, ed è proprio quello di cui ho bisogno! -

     - Mi hai preso per un tuo sottoposto? -

     - Preferisci forse continuare a cantare e a ballare ad ogni passo? Per me non c’è problema, sai, adoro la musica! -

     Knuckles e Tikal si guardano per un momento, cercando di decidere senza parole che cosa fare. A nessuno dei due va a genio continuare a vivere in un musical perenne, anche se per motivi opposti, quindi la risposta si rivela essere più che scontata.

     - Dove si trova questo affare meccanico? - chiede Knuckles bruscamente a Nack.

     - A Green Hill! - esclama Tails emozionato, guardando il responso del computer - Il satellite ha rilevato dei picchi anomali di microonde a Green Hill! -

     Sonic, Amy, Cream e Sydia sono dietro di lui, quasi addossati al volpino talmente sono ansiosi di scoprire l’origine degli strani fenomeni di quei due giorni.

     - Quindi la soluzione di tutto è a due passi da qui! - commenta Sonic, visibilmente al settimo cielo.

     - Veramente non è ancora detto! - replica Tails - La mia è solo un’ipotesi! Quel picco anomalo potrebbe essere generato da qualunque altra cosa! -

     - Per me è già abbastanza per entrare in azione! Non vedo l’ora che tutte queste assurdità abbiano fine, quindi è ora di ingranare la quinta! -

     Amy Rose, evidentemente non contenta di quell’affermazione, si pianta di fronte al riccio blu con uno sguardo arcigno e le mani poggiate sui fianchi in una posa da mamma in modalità ramanzina.

     - E la promessa che mi hai fatto? -

     Sonic si gratta la testa con un dito, sforzandosi di ricordare di cosa la ragazza stesse parlando.

     - Quella di pulirmi sempre le scarpe prima di entrare in casa? -

     - No, quella che mi avresti dedicato una serenata! -

     - Frena, bellezza! Io non ho mai detto niente del genere! Hai fatto tutto da sola! -

     - Ah, sì? - sbotta Amy, punta sul vivo - In ogni caso non ti permetto di risolvere la questione fino a quando non mi avrai cantato qualcosa! -

     - Ti canterò un lamento funebre dall’oltretomba se non mi farai chiudere questa storia! - si lamenta Sonic - Sta diventando un tormento ogni giorno che passa! Mi dispiace, Amy, ma a Green Hill c’è una festa che mi aspetta e non posso proprio perdermela! -

    
     “Get this party started on a Saturday night
     Everybody's waitin' for me to arrive
     Sendin' out the message to all of my friends
     We'll be lookin' flashy in my Mercedes Benz
     I got lotsa style, got my gold diamond rings
     I can go for miles if you know what I mean”

     Nei suoi pensieri intorpiditi dalla magia musicale Sonic maledice il fatto di aver parlato a sproposito, ben sapendo che ciò che più detestava in quel frangente era sempre in agguato. Ad un livello visivo, però, tutto quello non gli importa affatto. Si trova a suo agio, coperto da un lungo asciugamano azzurro, di fronte allo specchio del suo lussuoso bagno. Si sente il re del mondo mentre canta le parole di quella canzone accattivante, fingendo che il phon sia un microfono vero e proprio. Non c’è tempo di indugiare, però, per lui. La festa sta per cominciare e non può fare ritardo.

     “Pumpin up the volume, breakin down' to the beat
     Cruisin' through the west side we'll be checkin' the scene
     Boulevard is freakin' as I'm comin' up fast
     I'll be burnin' rubber, you'll be kissin' my ass
     Pull up to the bumper, get out of the car
     License plate says Stunner #1 Superstar” 
 
     Un dannato imprevisto è però in agguato. La lussuosa automobile grigio metallizzata che avrebbe dovuto usare per fare un’entrata indimenticabile alla festa, è in panne. Certo, potrebbe correre fino al luogo dell’appuntamento, ma non può permettersi di consumare le suole delle sue nuove scarpe alla moda. Per tutto, però, c’è una soluzione a portata di mano! A Sonic basta avvicinarsi ai due ragazzini seduti al bordo della strada, distrarli con una qualche scusa e fregare ad uno di loro, di nascosto, lo skateboard.

     “I'm comin' up so you better get this party started
     I'm comin' up so you better get this party started”

     A mali estremi, estremi rimedi! Lo skateboard non sarà veloce, ma è efficace per far arrivare Sonic in tempo alla festa. Quello che però non aveva considerato è che, misteriosamente, il suo nome è sparito dalla festa degli invitati. Non c’è tempo per lamentarsi con quel controllore irritante! Deve trovare in fretta un metodo per imbucarsi comunque. L’elevatore lasciato dai lavavetri sulla fiancata del palazzo sembra fare al caso suo. Sonic ci si arrampica scompostamente e preme il pulsante verde per attivare la carrucola. Arrivato all’altezza giusta, tenta di forzare la finestra, ma lo sforzo impiegato per sollevare l’infisso gli fa perdere l’equilibrio e lo fa precipitare dabbasso.

     L’ultima nota echeggia proprio nel momento in cui il riccio blu è ad un paio di centimetri dal suolo. Sonic riapre gli occhi e, con suo grande sollievo, si ritrova nell’officina di Tails con gli occhi di tutti puntati addosso. Cream e Sydia si coprono la bocca con una mano, tentando di nascondere le loro risatine, mentre Amy e Tails cercano di fingere indifferenza.

     - Ehm… ecco, avete visto? - esclama Sonic - Avrei potuto rompermi l’osso del collo cadendo da quel palazzo! -

     - In verità tutto quello che accade quando cantiamo non è nulla di reale! - spiega Tails - E’ solo una nostra percezione distor… - ma si blocca subito quando viene fulminato da un’occhiata del riccio blu.

     - Bel tentativo, tesoro, ma non attacca! - ribatte Amy con un sorrisetto.

     - In ogni caso, andrò a Green Hill ad indagare! Se volete venire anche voi, cercate di stare al mio passo! Saluti e baci! -

     E senza dare spazio ad un qualunque tipo di risposta, Sonic sfreccia attraverso il salotto di casa Prower e, con le ali ai piedi, vola verso la sua destinazione.

     - Ehi! Piano! Non c’è bisogno di spingere! - si lamenta Nack the weasel, punzonato alla schiena da uno dei chiodi sui guanti di Knuckles.

     Seguito da Ramon, dal guardiano e da Tikal, cammina a passo svelto per fare strada, con sua evidente riluttanza, ai suoi aguzzini verso il luogo dov’è nascosto il marchingegno di cui ha rivelato l’esistenza. I prati di Green Hill sono lucidi e curati come Knuckles se li ricordava, allo stesso modo del singolare terreno a scacchiera che fa capolino tra il verde dell’erbetta. L’aria fresca e pulita che si respira da quelle parti e il suggestivo scenario delle collinette alberate che si stagliano in lontananza fa venire voglia alle due echidna di visitare ogni angolo di quella zona, ben sapendo, però, che la loro visita da quelle parti non è affatto per piacere. Entrambi posano all’unisono lo sguardo su Ramon, pensando a quante volte lo scoiattolo durante il tragitto è quasi finito di faccia a terra a causa della sua esagerata goffaggine. Viene loro spontaneo chiedersi nuovamente come potesse essere diventato un agente di polizia, considerando il suo incontrollato vizio di mettere piedi e mani dove non dovrebbe. E’ l’unico del quartetto che non dimostra un briciolo di nervosismo e le due echidna si domandano il perché. Knuckles e Tikal sono ovviamente agitate all’idea di dover entrare nel covo di una banda di criminali, mentre Nack, sorvegliato così strettamente, non può di certo passarsela bene. Lo scoiattolo, invece, procede a ritmo serrato, contento come un bambino in un negozio di caramelle, fischiettando un allegro motivetto. Knuckles può definire quell’atteggiamento in due modi: incoscienza o freddezza. Per un motivo non meglio noto, tuttavia, si sente propenso ad optare più per la prima definizione che per la seconda.

     - Siamo arrivati! - esclama Nack, interrompendo il filo dei suoi pensieri.

     Per un attimo, il guardiano pensa che la donnola lo stia prendendo per i fondelli. Come possono essere arrivati se non c’è ancora l’ombra di un palazzo per miglia? Poi l’echidna rossa nota un qualcosa che stona decisamente con il paesaggio e si convince della verità nelle parole di Nack. All’ombra di un grande pioppo, di fronte ad una bassa parete rocciosa coperta di muschio, si trova un marchingegno largo dalla forma arrotondata. A Knuckles ricorda parecchio le gabbie a cupola che il dottor Eggman utilizzava per imprigionare gli animali da robotizzare. Diverse luci colorate lampeggiano su dei vetrini di cui è tappezzata la sua superficie. In cima alla struttura bombata c’è un’antenna rettangolare simile a quella dei sonar militari che ruota a trecentosessanta gradi con una lentezza quasi ipnotica.

     - Sarebbe quello? - domanda Tikal, leggermente incerta.

     - Oh, sì, sì! E’ proprio quello! In bulloni e circuiti! - replica Nack.

     - E vuoi farci credere che l’avete lasciato qui incustodito per tutto questo tempo? - interviene Ramon, in tono scettico.

     - Poco importa! - dice Knuckles - Sfasciamolo e salviamo il mondo! -

     - Non ti sembra un tantino esagerato? - ribatte bonariamente lo scoiattolo - Insomma, non è che il mondo sia davvero in pericolo per colpa di un pugno di canzoncine! -

     In quello stesso istante, un lampo blu sfreccia di fronte ai loro occhi e un turbine di polvere si solleva e li investe, costringendoli a tossire.

     - Questo mi suona molto familiare! - commenta Knuckles, sventolando la mano per far diradare la nuvola.

     Lo stesso lampo blu riappare alle loro spalle. Quando i quattro si voltano, si ritrovano davanti allo sguardo interrogativo di un perplesso Sonic the hedgehog.

     - Ehm… siete voi che vi trovate nei paraggi o sono io che ho corso così tanto da arrivare ad Angel Island? -

     - Risponditi da solo, genio! - lo rimbecca Knuckles.

     Gli occhi del riccio blu si spostano da Tikal, che lo saluta con un sorriso, ad uno scoiattolo che non ha mai visto prima, da Nack the weasel, il quale tenta di non farsi riconoscere facendo il disinvolto, ad un curioso marchingegno nascosto all’ombra di un albero.

     - Non dirmelo! Ci arrivo da solo! - dice, puntando il dito contro la macchina - E’ il giocattolo che ha messo a tutti in testa l’idea di essere le stelle di un musical, giusto? -

     - E’ così, Sonic! - risponde Tikal - Sono quasi due giorni che stiamo cercando di venire a capo di tutto! -

     - E tu cosa hai cantato, Knuckles? - chiede Sonic, con un ghigno di scherno - Ti ci vedrei bene come tenore! La statura e la pancia ci sono, quindi non mancherebbe molto altro! -

     La fatica di trovare una battuta per rispondere a tono è risparmiata al guardiano dall’arrivo di altri visitatori inaspettati: Cream e Tails che scarrozzano in volo Amy e una ragazza scoiattolo che l’echidna non conosce.

     - Oh! - esclama Tails non appena si accorge della presenza di altre persone - Non immaginavo che anche voi foste sulle tracce di questo segnale! -

     - Pare che non vada a genio a molti quello che sta succedendo! - commenta Knuckles, per poi rivolgersi a Nack - Pare che la grande pensata del tuo boss sia stata un fiasco totale! -

     - Bé, non puoi certo biasimarmi per aver provato! - interviene una voce acuta fuori campo.

     Sovrastando l’intero gruppo dall’alto, sulla cima della parete rocciosa alla quale è appoggiato il dispositivo appare una iena in cilindro, bastone, giacca e cravatta che saluta tutti i presenti con un largo, ma inquietante, sorriso. Dal suo cappello spunta un criceto di peluche inanimato che porta lo stesso identico copricapo, ma in scala ridotta. Alle sue spalle si trova un drappello di brutti ceffi in giacca scura e occhiali da sole, ordinatamente disposti in fila come delle silenziose guardie del corpo.

     - Era ora, boss! - si lamenta Nack - Sono stato costretto a temporeggiare per un pezzo! -

     - Non potrà che essere un bene per il tuo monotono cervellino, amico caro! -

     - Allora è questo il famigerato Mr. Trick! - commenta Ramon - E’ da un pezzo che ti sto dando la caccia! -

     - Significa che è lui il responsabile tutto? - domanda Sonic, sprezzante - Una pagliacciata del genere poteva essere organizzata solo da un pagliaccio! -

     - Pagliaccio suona così banale, non credi anche tu, Sponky? - replica la iena in tono annoiato, rivolgendosi anche al suo peluche - Lasciate che mi presenti più adeguatamente! -


“Perché tanta fretta, non ti aggrada il mio stile?
Neanche se ti assicuro il mio sorriso gentile?
Bambini, marmocchi, ragazze e ragazzi
lustratevi gli occhi, sono cose da pazzi
il genio del riso, del ghigno e dell'estro
il vate della smorfia, della burla il maestro
dell'omicidio son artista, del massacro son il mago
bando alla vergogna, sarà tutto uno svago
il mio regno è fatto solo di sorrisi e grandi amici
una giornata con me e sarete sempre felici
e se non credi al mio stile, possiam fare un girotondo
prova pure a sfidarmi e finisci all’altro mondo
perché, pistola in mano, sono grande a  fare click
la garanzia è nel nome, e con nome intendo: Trick!"

     La filastrocca, recitata tutta d’un fiato, lascia gli spettatori a metà tra l’incredulo, per la disinvoltura che quella iena dimostrava nel parlare in rima, e il grottesco, per i contenuti macabri di quella che aveva l’aria di essere una canzoncina per bambini e niente di più. Mr. Trick pare soddisfatto dalla reazione dei suoi interlocutori a giudicare dal suo sorriso a trentadue denti, quasi come fosse tatuato permanentemente sulla sua bocca.

     - Cosa sono quei musi lunghi? - replica in risposta al silenzio disorientato - Non siete contenti? Avete appena incontrato il cattivo! -

     Un forte colpo di frusta è il segnale che il boss aspetta per dare inizio alla sua canzone. Una melodia di chitarra ascendente e batteria si fa largo tra la vegetazione di Green Hill, trasformandola nel buio sottopassaggio di una metropolitana. Le piastrelle di cui sono ricoperte le pareti sono di un bianco sporco, vivacizzato da graffiti di vario colore ancora freschi, mentre sul pavimento giacciono rifiuti e cartacce di vario tipo. Sotto la luce dei riflettori c’è Mr. Trick, fiancheggiato da un gruppo di scagnozzi dall’aria poco raccomandabile.

     “Your butt is mine gonna tell you right
     Just show your face in broad daylight
     I'm telling you on how I feel
     Gonna hurt your mind don't shoot to kill
     Come on, come on, lay it on me, all right...”

     Trick sfoggia una giacca di pelle borchiata che, di certo, non rappresenta un biglietto da visita molto rassicurante. I suoi guanti da motociclista e le catene che pendono dalla sua cintura contribuiscono a dargli un’aria da malintenzionato. La prima strofa della sua canzone è cantata in falsetto, mentre gli scagnozzi alle sue spalle fanno ondeggiare il bacino in passi di danza sinuosi. Trick si sposta da destra a sinistra con movimenti rapidi che seguono il ritmo rimbombante.

     “I'm giving you on count of three
     To show your stuff or let it be
     I'm telling you just watch your mouth
     I know your game, what you're about”

     La banda di criminali corre nell’atrio della metropolitana, ma la loro corsa non è frenetica come si potrebbe pensare. Le loro mosse sono studiate per andare a tempo con il ritmo rock. Una volta raggiunta la parete più lontana, Trick estrae dal taschino della giacca un pennarello rosso e disegna sul muro un nuovo rudimentale graffito. E’ la parola BAD in rosso sgargiante.

     “Well they say the sky's the limit and to me that's really true
     But my friend you have seen nothin', just wait 'til I get through...
     Because I'm bad, I'm bad, really, really bad
     And the whole world has to answer right now just to tell you once again
     Who's bad?”

     La musica aumenta di intensità al momento del chorus. Trick afferra con le dita l’intelaiatura di una griglia d’aerazione, staccandola di netto dal muro. Una forte folata di vento lo investe, facendo ondeggiare senza controllo i suoi capelli tinti di viola. Dietro di lui, i ballerini gangster si esibiscono in numeri acrobatici sui pattini a rotelle, mentre il protagonista dello spettacolo continua a cantare, domandandosi in falsetto chi è davvero cattivo!

     Al termine dell’esibizione, Sonic e tutti gli altri rimangono stupiti dalla disinvoltura con cui Mr. Trick riprende a parlare come se niente fosse. Sanno che la mente dietro a quell’epidemia musicale è lui, ma non si aspettavano di vederlo così perfettamente calato nel caos che lui stesso ha contribuito a provocare. Per quanto Sonic si scervelli, non riesce a comprendere i vantaggi del costringere le persone a cantare e a ballare. A giudicare da quanto vedeva, doveva riconoscere che quella iena aveva qualche rotella fuori posto, sia per il modo di fare, sia per il fatto di parlare con un pupazzetto di pezza.

     - Adesso che abbiamo chiarito i nostri ruoli, è il momento di parlare d’affari! - dice Trick, stranamente su di giri - Quando ieri sera il buon vecchio Nack mi ha chiamato, stentavo a credere che il mio piccolo gioco avesse raccolto l’ostilità di qualcuno! Per questo gli ho chiesto di portarvi direttamente al nocciolo della questione! E sono ancora più triste nel vedere che anche altri non hanno accolto bene il mio regalo all’umanità! -

     - Quindi ci hai attirato in un’imboscata! - sbotta Knuckles, afferrando ancora una volta Nack per il collo - Ora ti concio per le feste! -

     - Bisogna risolvere tutto con la violenza con voi? - replica Trick, falsamente dispiaciuto.

     - Ci puoi giurare! - esclama una voce profonda che fino a quel momento non aveva parlato.

     Tutti i presenti ebbero il tempo sufficiente a voltarsi prima di scorgere una pallottola nera sfrecciare nell’aria e infrangersi sul dispositivo meccanico al centro della disputa. Con un sonoro crack sferragliante, la macchina finisce in mille pezzi sparati in tutte le direzioni, decisamente distrutta dalla furia dell’impatto. Il proiettile scuro responsabile dell’attacco si rivela, qualche secondo dopo, essere un battagliero Shadow the hedgehog. Rouge atterra dolcemente al suo fianco, non appena si rimette in piedi, strizzando l’occhio in direzione del gruppetto.

     - E con questo puoi dire addio al tuo delirio musicale, buffone! - dice Shadow, sprezzante.

     Mr. Trick gli lancia l’occhiata più indifferente del suo repertorio e batte piano le mani in un poco convincente tentativo di congratulazioni.

     - Non pensavo che ci fossero così tanti musoni al mondo, Sponky! Piuttosto seccante, non è vero? -

     - Puoi tornartene nel circo dal quale sei venuto! - incalza ancora Shadow - Il teatrino ha chiuso i battenti! -

     - Ne sei proprio sicuro, puntaspilli? Per quanto tu ti opponga all’idea, la musica è nel sangue di tutti noi! Non ho fatto altro che… darle una piccola spinta! -

     - Va bene, damerino! Se non la capisci con le buone, è il caso che cominci a scatenarmi! -

     Con grande sorpresa di tutti i presenti, alcune note allegre risuonano di nuovo nell’aria. E’ un ritmo frizzante di trombe che ricorda molto la samba. I presenti si guardano in giro per cercare di capire chi sarà la stella dello spettacolo questa volta. Quando il piede di Shadow comincia a muoversi incontrollato, seguendo il ritmo, questo dubbio viene subito fugato. Il riccio nero capisce al volo la natura della canzone. I suoi occhi si sgranano per la paura, la sua gola si secca e l’idea di dare spettacolo di fronte a tutta quella gente lo fa sudare freddo.

     - No! No! Tutto, ma non questo! -

 
    “I'm going bananas,
     And I feel like my poor little mind is being devoured by piranhas,
     For I'm going bananas.
     I'm non compos mentes,
     And I feel like a tooth being drilled, a nerve being killed by a dentist,
     For I'm non compos mentes”

     E’ tremendo per Sonic e gli altri assistere alla scena che gli si para di fronte. Shadow sfoggia un allegro sorriso come mai gli si è visto addosso. Indossa dei calzoni bianchi aderenti, un vaporoso costume azzurro da ballerino caraibico e un enorme sombrero con tanto di palline decorative. Impugna un paio di maracas variopinte che si diverte ad agitare per suonare insieme alla scatenata band alle sue spalle. Saltella e balla come mai si sarebbe immaginato e la sua voce suona acuta e stridula.

     “Who knows? Could be the wine I drink or it's the way I think,
     That makes me gonzo.
     Oh, Doctor Alonzo says I'm going bananas,
     Someone get me a bed in the "Casa de Loco" for all my mananas,
     For I'm going bananas, yes, I'm going bananas.
     Si, I'm going bananas”

     Una fila di costumi piumati a profusione e di figure pittoresche segue Shadow in uno sfrenato trenino che attraversa tutto lo spiazzale in cui la band si ritrova a suonare. Gli alberi tropicali che delimitano la pista da ballo ondeggiano al soffio di una brezza leggera, ma incredibilmente potente. Una pioggia di banane sommerge il corpo di ballo, al cui centro c’è Shadow, pronto a terminare la sua spensierata canzone e ad inchinarsi per ricevere i meritati applausi.

     Un silenzio di tomba attende il riccio nero al momento del suo risveglio dall’impeto musicale. Non ha il coraggio di guardare le reazioni che la sua esibizione ha provocato in tutti gli spettatori. Sente solo che è il caso di mettere in chiaro una cosa, prima di alzare la testa e fulminare tutti con un’occhiata omicida.

     - Non una parola! Non… una… parola! Se chiunque di voi farà mai riferimento a quello che avete visto oggi, giuro che lo ammazzo con le mie mani! -


FINE TERZO ATTO
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Colonna sonora:
- “Blood On The Dance Floor” di Michael Jackson, Blood On The Dance Floor (1995)
- “Pretty Fly (For A White Guy)” di The Offspring, Americana (1998)
- “Leave Me Alone” di Michael Jackson, Bad (1987)
- “Hot ‘n’ Cold” di Katy Perry, One Of The Boys (2008)
- “Rhythm Nation” di Janet Jackson, Janet Jackson’s Rhythm Nation 1814 (1989)
- “Maneater” di Nelly Furtado, Loose (2006)
- “Disturbia” di Rihanna, Good Girl Gone Bad: Reloaded (2009)
- “Confide In Me” di Kylie Minogue, Kylie Minogue (1994)
- “Waiting For Tonight” di Jennifer Lopez, On The 6 (1999)
- “On A Night Like This” di Kylie Minogue, Light Years (2000)
- “Dude (Looks Like A Lady)” di Aerosmith, Permanent Vacation (1987)
- “Get This Party Started” di Pink, Missundaztood (2001)
- “Bad” di Michael Jackson, Bad (1987)
- “I’m Going Bananas” di Madonna, I’m Breathless (1990)
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