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Autore: Anonimous_    09/09/2011    1 recensioni
Titolo modificato! Prima era: Hope.
Per Bella, la vita a Phoenix non è semplice: troppo complicata per una ragazza che non ha ancora compiuto diciassette anni. È per questo, che decide di tornare a Forks, da Charlie. Ma... è possibile scappare dai problemi? Possibile che solo cambiando città questi ci lascino in pace? Possibile ricominciare? E i ricordi?... È possibile conviverci?
"...capì che forse, con il tempo, in quel posto, dove il calore non arrivava dal sole ma dalle persone… Bè forse sarebbe riuscita ad accettare tutto. A convivere con quei ricordi e, magari, superare anche gli incubi che la tormentavano."
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
Capitoli:
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 Ciao ragazze! Come va? Qui tutto bene! sono tornata nella mia città universitaria e sono in piena sessione autunnale.. ma... oggi questo capitolo è uscito fuori tutto di getto e così adesso sono qui a pubblicare. Devo essere sincera, di solito non mi faccio mai complimenti per ciò che scrivo e, anzi, sono piuttosto indecisa/insoddisfatta.... ma oggi, no.
Oggi sono veramente soddisfatta di questo capitolo. Magari a voi non piacerà... ma secondo me questo capitolo è, rispetto agli altri, più avanti. Poi, come dice mia nonna "chi si vanta da solo non vale un fagiolo".... questo è anche vero... quindi, a voi l'ardua sentenza... mi sono solo illusa o questo capitolo piace anche a voi?

Ad ogni modo, passiamo ad altro: per la prima volta, il titolo del capitolo è in italiano e ce lo da una canzone di Raf [Come sempre cliccateci su se volete ascoltarla]. Ho scelto questa canzone perché... Bè perché parla di Tempo. Perché Edward e Bella parleranno di tempo... e perché ci sono alcuni versi, che ho inserito alla fine di questo capitolo... che si adattano perfettamente alla storia. Quindi niente, spero che vi piaccia. Ah, un'ultima cosa, sto valutando l'idea di cambiare titolo alla storia. Molto probabilmente, quando troverò un titolo ITALIANO, che mi convinca a sufficienza, questa storia non si chiamerà più Hope. In quel caso,  comunque, metterò un avviso anche nella presentazione della storia!
Ok, ho davvero finito, vi lascio al capitolo e noi ci vediamo alla fine!!


Per tutto il tempo


In conclusione della nostra ricerca, vorremmo far notare che, già nel 1970 i ricercatori della Harvard University Kenneth H.Nealson e John Woodland Hastings confermarono l'intuizione che i batteri comunichino per mezzo di sostanza chimiche, e nel caso specifico dei batteri marini luminescenti individuarono in un messaggero molecolare che si muove da una cellula batterica ad un'altra, il controllore dell'emissione della luce; è proprio il messaggero che induce l'attivazione dei geni che codificano per un enzima (luciferasi) e per le proteine coinvolte in questo fenomeno. Il fatto sorprendente è che mentre in alcuni casi la comunicazione intercellulare non comporti mutamenti nella forma o nel comportamento delle cellule, in altri, invece, la diffusione di segnali chimici, induca a modificazioni sostanziali nella struttura e nella attività dei microrganismi. Ad esempio i Myxococcus xanthus, che vivono nel suolo, quando sono a corto di sostanze nutritive si riuniscono in strutture pluricellulari che consentono a migliaia di spore, ossia a cellule con maggiore resistenza alle condizioni estreme, di venir trasportate in un sito più idoneo. Le operazioni di aggregazione e di formazione di spore sono guidate da messaggeri chimici che vengono attivati solo se un numero alto di cellule, o comunque superiore ad una soglia, segnala problemi di sopravvivenza.

Le cellule batteriche elaborano conversazioni anche con organismi superiori, come ad esempio i Rhizobium che promuovono lo sviluppo di alcune piante instaurando un rapporto di simbiosi con esse, comunicando permanentemente tra loro allo scopo di regolare tutte quelle fasi di un percorso che governa lo sviluppo di entrambi gli organismi.[1]

Isabella Swan – Edward Cullen


«Perfetto! Direi che il professor Medina con questa starà bene per un bel po’ di tempo» annuì soddisfatto Edward. Avevano lavorato a lungo, entrambi senza fermarsi un attimo per tutto il pomeriggio e, quella loro ricerca, aveva assunto toni così formali, precisi e dettagliati che Bella si stupì di lei stessa. Di sicuro, pensava, senza l’aiuto di Edward non sarebbe venuta così bene.
«Decisamente! Edward, tu hai un dono! Accidenti, non so come siamo riusciti a fare tutto questo! Guardala, non sembra minimamente una tesina scolastica!»
«Ah, ti sottovaluti troppo, il merito è anche tuo Bella!»
«Bè… non direi! Sono esterrefatta, davvero!  Non mi stupirei se in un gioco a quiz tu ne sapessi più di Medina, sulla biologia!»
Ed Edward non poté fare a meno di sogghignare, in fondo, anche se non era da lui pavoneggiarsi, Bella aveva centrato esattamente la situazione!
«Oh bé… sarebbe interessante vedere la sua faccia, in quel caso, non credi?»
«Decisamente» e si misero a ridere. Non che ci fosse qualcosa di così tanto divertente, ma, tra loro era così. Sembrava che, ogni volta che iniziavano a parlare, atterrassero su un mondo parallelo in cui riuscivano a comunicare tramite frequenze impercettibili agli altri. Chissà come, riuscivano a capirsi con un semplice sguardo.

 «Lo hai fatto ancora» proruppe Bella, tornata seria.
«Cosa?» Non riuscire a leggerle nella mente era ancora un problema. Nonostante la loro sintonia, quello strano cervello sembrava avere vita propria e decidere lui stesso i pensieri da trasmettergli e quelli, invece, da fargli rimanere celati.
«Non so come fai. Tu, mandi via tutto il malumore. Quando ci sei… è come se tutto il resto scomparisse. Come se… la sola cosa importante fosse il presente…. Questi attimi»
 
Era inevitabile. Adesso che avevano raggiunto quella sintonia, adesso che aveva conosciuto almeno un po’ quanto gentile e disponibile fosse il suo compagno di banco; era divenuto impossibile nascondergli la verità; per quanto il motivo fosse difficile da capire persino per lei.
Il fatto era che, per tutto il pomeriggio, l’aveva tenuta concentrata in quel lavoro come se fosse stata una ricerca universitaria. Di quelle appassionanti, che ti prendono completamente e ti spronano a continuare e a fare sempre meglio.
Non aveva più pensato alla mail della madre. Non aveva più pensato ad Alice o a come si sentisse desolata ed abbattuta prima del suo arrivo. Né, aveva più pensato a come si era fatta trovare da lui.
Ma, ricordava bene. Ricordava lo sguardo non di pietà, quanto invece di sincera preoccupazione che le aveva riservato. E il suo tocco così pieno di affetto in grado di scaldarla fin dentro l’anima dove provava solo tanto gelo.

«È giusto così, non ti pare? Non possiamo vivere nel passato. Né nel futuro. Possiamo ricordare il passato, possiamo apprendere da lui e crescere, ogni attimo. Ma dobbiamo vivere, Bella. Vivere il presente. Non il passato.»
«E tu?... Tu sei il mio presente?» Non l’aveva detto con sfida. Né con sarcasmo. Quella conversazione… era andata oltre. Oltre una qualunque conversazione tra compagni di scuola. Oltre una conversazione tra amici. Di cosa stavano parlando, in fondo? Bella non lo sapeva. Ormai, il suo cervello era del tutto scollegato. Riusciva solo a percepire lui, Edward.
Davvero poteva essere il suo presente? E lei? Lo avrebbe voluto?
Fino a poche settimane prima la risposta sarebbe stata ovvia. Cosa poteva avere, in fondo, Edward, di diverso da tutti gli altri? Cosa poteva avere di diverso da Jacob?
Niente. Era un ragazzo. E, per quanto ne sapeva, poteva essere ben peggiore di quel suo ex migliore amico, poi fidanzato, che l’aveva a tutti gli effetti tradita.
Ma ora? Ora c’era che quel ragazzo dall’aria tanto pragmatica, sembrava essere esattamente l’opposto di tutti gli altri. Era uno strano sentore che non riusciva ad ignorare. O, forse, era solo dovuto a quello strano sogno ed ai suoi occhi. Ma si fidava di lui. Chissà come, o perché…. Si fidava di lui.
Per questo motivo, la risposta a quella domanda, almeno da parte sua, non era più così scontata.
Avrebbe voluto che Edward fosse il suo presente? Sì.
Sì, lo avrebbe voluto ed ora, attendeva con ansia la sua risposta,  come se da quella dipendesse tutta la sua vita.
Ma Edward era rimasto spiazzato. Cosa ne poteva sapere, Bella, della lotta interiore che governava Edward in ogni istante della sua eterna giornata, da quando l’aveva conosciuta?

Voleva essere il suo presente? Se lo era chiesto più e più volte. Ed ogni volta non riusciva a trovare una soluzione plausibile.
Da un lato, avrebbe voluto avere la forza di allontanarsi da lei, lasciandola libera di poter vivere la vita normale che le sarebbe spettata di diritto… Dall’altro, però, sentiva quella forza svanire man mano che i secondi, i minuti, le ore e, per finire i giorni, passavano. Lui stava cambiando. Stava cambiando in un modo che non riusciva più a credere possibile. Infondo, viveva in un corpo morto. O, volendo essere ottimisti, congelato. Congelato in quelli che erano stati i suoi diciannove anni. Non avrebbe dovuto subire cambiamenti. La sua anima, per quanto poteva saperne, sarebbe dovuta essere distrutta nel momento estato in cui aveva riaperto gli occhi eppure… Eppure, nonostante avesse pensato per anni di averla persa, nonostante avesse pensato che non sarebbe più riuscito a provare nulla di diverso dall’affetto verso quella sua strana famiglia, adesso, doveva ricredersi.
Lei aveva capovolto tutto.
 
Voleva essere il presente di Bella dunque? Si ritrovò a ghignare, sollevando l’angolo destro delle labbra in quel sorriso così particolare per cui Bella, aveva capito, avrebbe fatto carte false.
«Vedi… Bella…» iniziò.
 
“Ecco… adesso te la becchi tutta. Sei stata una stupida Bella! Ma che domande gli vai a fare! Sei diventata, tutt’una volta una gatta morta per caso? No. Ed allora contieniti. Ecco. Adesso vedi, che lo hai messo in imbarazzo? Ora vedi che ti manda sotto terra con due parole. Preparati.
3… 2… 1…”
 
Ma la bomba era arrivata ad Edward, più che a Bella. Quei pensieri, del tutto inaspettati, lo avessero distratto da ciò che le voleva dire e, per un attimo si dimenticò di ciò che stava per dirle. Prese un respiro profondo, e si impose di far finta di niente. In fondo, lui non avrebbe mai dovuto ascoltarli, no?
«Vorrei poter essere il tuo presente… ma temo che questo non sia possibile… vedi…» Ma Bella aveva abbassato la fronte. In imbarazzo. Si sentiva un’idiota, adesso ma doveva dire qualcosa… doveva…
«Scusa Edward, non dovevo…. è colpa mia sta tranquillo.. è che ogni tanto io non so pr..»
«Shh non dire assurdità! Lasciami finire, una buona volta – l’ammonì sorridendo - Quello che sto cercando di dirti è che, se davvero il presente è un dono, allora sono convinto che da tutto questo, l’unico a riceverne uno… sarei io.»
Lo fissò, confusa, perdendosi in quell’oro colato che erano i suoi occhi e che la stavano fissando di rimando. Così intensamente che si chiese se fosse davvero possibile che uno sguardo tramettesse tanta sincerità.
«Vuole essere un modo carino per dirmi di no?» balbettò allora aggrottando la fronte.
«Al contrario. Vuol essere un modo per convincerti che potresti avere di molto meglio come presente.»
«Bè… ma questo dovrei essere io a deciderlo… » decretò sollevata, sorridendo.
«Certo. Ma temo che se mi conoscessi affondo mi daresti ragione» Questa volta fu Edward a distogliere lo sguardo dal suo. Si era messo troppo in gioco.
Perché le stava dicendo tutte quelle cose? Stavano scherzando. O, almeno, quella strana conversazione poteva essere dirottata in un semplice gioco. Ma no! Mentirle era diventato difficile. Con lei, era naturale parlare come se lo conoscesse. Come se… potesse capire. Ma, quale umano sano di mente avrebbe mai potuto capire la sua situazione? Era un vampiro! La sola cosa sensata che qualunque persona avrebbe dovuto fare una volta scoperto il suo segreto, sarebbe stata scappare: mettere miglia e miglia di distanza tra di loro e non cercarlo mai più.
Fare come se non fosse mai esistito, cercando di dimenticare che al mondo esistevano anche mostri come lui.
«Non avrei dovuto. Forse è meglio che io torni a casa.» E, senza darle neppure il tempo di dire qualcosa, si era già portato fuori dalla porta di casa.
 
Bella era esterrefatta. Cos’aveva, Edward, di così sbagliato da non poter essere considerato un dono? Per quanto ne sapeva, era la sola persona – eccetto suo padre – con cui riusciva ad avere un dialogo. La sola persona con cui, ne era certa, non sarebbe stato difficile confidarsi.
Perché sentiva che lui non l’avrebbe giudicata. Né lei, né quella che considerava sua sorella, Alice. Anche Edward doveva aver avuto un passato difficile. Anche Edward, aveva paura di non essere compreso. Erano uguali. Ecco perché era così semplice, per loro, stare assieme, scherzare, parlare. Ecco perché era così semplice essere se stessa. Non la roccia che si lasciava scivolare tutto addosso e su cui tutti potevano sempre contare. Ma una semplice ragazza di diciassette anni, che aveva visto già tanto di questo mondo sporco ma che aveva ancora tanto tempo per poter riscattare il suo futuro e la sua felicità, lasciando alle spalle tutto il resto.
 
Ma Edward era scappato via. Forse, lui non era pronto come lei a confidarsi. Forse… non la reputava abbastanza. Ma no, le aveva praticamente detto che lui non la meritava! Impossibile da crederci ma, almeno su quello, era stato fin troppo chiaro. Cosa poteva essere successo, allora? Ci stava ancora pensando, quando la porta di casa si aprì nuovamente.
«Finalmente a casa! Non hai idea di cosa sia successo oggi in centrale!» fece il suo ingresso nella piccola cucina Charlie prima di posarle un bacio sui capelli, salutandola.
«Ma questa… non era la cittadina più tranquilla degli Stati Uniti, papà?» tentò di riportargli un po’ di buon umore.
«Già… così dovrebbe essere. Ma è scomparso un gruppo di escursionisti… A quanto pare, sarebbero dovuti rientrare ieri ma ancora non si sa nulla… potrebbero aver subito l’attacco di un orso… » mormorò.
«È terribile!» Non sapeva cosa dire. Non era certo abituata a sentir parlare di attacchi di orsi! Quella, dalle sue parti, era roba da National Geographic, non di certo ordinaria amministrazione!
«Infatti, ma sta tranquilla, l’importante è che non ti addentri nella foresta, siamo d’accordo?»
E come avrebbe potuto non esserlo! «Certo…!»
 
«Posso farti una domanda?» Gli chiese mentre apparecchiava la tavola per la cena.
«Dimmi tutto Bells»
«Bè… ecco… mi chiedevo» stava tergiversando. Infondo, stava per parlare a suo padre di una cosa che, ne era sicura, avrebbe aperto un bel dibattito.
«Ho capito… centra qualche ragazzo!» Incredibile come fosse tornato il buon umore sul volto di suo padre. Ma poi, lui, non avrebbe dovuto essere quello super geloso?
«No…. Cioè… si… ma… non è come credi!»
«Oh avanti, Bella non è mica la fine del mondo! Sono tutto orecchi!» Ecco, adesso non aveva proprio alternative. Si maledì mentalmente… infondo… poteva rimandare tutto all’indomani, no?...
«Volevo-sapere-l’indirizzo-del-dottor-Cullen». Disse tutto in un fiato. Così velocemente che Charlie non aveva capito una sola parola. Si mise a ridere. Era sinceramente felice che Bella fosse andata avanti. Non si sarebbe mai aspettato da Jacob un simile comportamento. Per quel brutto fatto aveva persino litigato con il suo amico Billy. Secondo lui, infatti, era successo tutto così velocemente che Jacob non aveva potuto fare molto. Lo giustificava! Come se fosse normale il comportamento che aveva avuto suo figlio!
Adesso, comunque, Bella si stava riprendendo in fretta. Grazie a chi lo avrebbe scoperto subito e, di certo, non avrebbe ostacolato quella ritrovata felicità. Se la meritava, la sua bambina.
«Bella, tesoro, per favore calmati, respira e ripeti tutto con calma»
E Bella prese davvero un profondo respiro. Quell’indirizzo le serviva davvero! Doveva capire cosa fosse successo ad Edward. Ed aveva paura che lui l’indomani non sarebbe tornato a scuola.
«Ok… papà… ho bisogno dell’indirizzo del dottor Cullen»
Charlie aggrottò la fronte. «Stai male?»
«Ma no! Che dici… è solo che…» adesso le serviva una scusa… «Edward, suo figlio, è stato qui questo pomeriggio per fare una ricerca ma ha dimenticato qui un suo libro e volevo riportarglielo» Come scusa era pessima, se ne rendeva conto. E Charlie non le aveva minimamente creduto visto che stava trattenendosi dallo scoppiare a ridere.
«Bè… non è molto semplice arrivarci… devi prendere la 101 e poco dopo aver passato il Sol Duc troverai uno sterrato sulla destra. Prosegui per un chilometro e difronte a te troverai la loro villa…. Ma…. Un libro eh?» e ricominciò a trattenersi dal ridere «Bella, scusami, ma come attrice non ci sai per niente fare, mi dispiace» E lei, ne era sicura, era diventata più rossa di un pomodoro maturo… «Ad ogni modo – continuò Charlie – va pure, e non ti chiederò il reale motivo. Basta che non torni troppo tardi. Per qualunque cosa avvisami e, per favore, qualunque cosa succeda, non entrare nella foresta. D’accordo?»
Adesso era tornato il serio capo Swan. La faccenda degli orsi doveva preoccuparlo più del dovuto. Lei, comunque, colse la palla al balzo e, dopo un «Grazie papà, sei il migliore» ed un bacio veloce, si precipitò a prendere l’impermeabile per uscire.
«Bella – urlò Charlie vedendola andare via – va bene che ti ho sgamata, ma non dovresti prendere un libro per salvare le apparenze?» e si mise a ridere. Erano anni che non era così felice. «Ciao papà» gli urlò ridendo anche lei. “Tanto – pensava – oramai l’ha capito” e mise in moto in pick-up.
 
Trovare la strada non fu poi così difficile. Certo il cielo era ormai scuro e le ombre degli alberi non le davano tutta quella gran sicurezza ma era ben determinata nella sua impresa. Non vi avrebbe mai rinunciato. Aveva imboccato lo sterrato da un paio di minuti, la casa, a detta di Charlie, avrebbe dovuto spuntarle davanti tra non molto.
Infatti, proprio come da programma, iniziò a vedere la foresta diradarsi e, poco più avanti, vide spuntare di fronte a se un’enorme casa. Non credeva ai suoi occhi. Sapeva che i genitori di Edward erano benestanti ma non pensava fino a quel punto! A cento metri dall’edificio, la foresta aveva lasciato il posto ad un enorme giardino. Pieno di aiuole fiorite e tenute con cura. La strada si interrompeva proprio dinnanzi all’abitazione, eccetto per un breve tratto che, ne era sicura conduceva all’ingresso del garage.
Dinnanzi a lei, imponente, casa Cullen.
Era un edificio dalle linee moderne e dall’architettura insolita, particolarmente squadrata. Rivestito ora in pietra, ora con lastre di legno e con grandi, grandi vetrate che, ne era sicura, di giorno dovevano rendere quell’ambiente veramente luminoso.
Le luci, all’interno, erano accese. Dovevano essere in casa. Pregò ci fosse anche Edward.
Per un attimo, l’ansia si fece largo in lei. Cosa avrebbe fatto? Forse aveva sbagliato. Forse era da maleducati piombare così in casa di sconosciuti… ma…
“oramai ci siamo – si disse – inutile tergiversare”, e scese dall’auto.
 
Aveva appena suonato il campanello quando la porta, di fronte a lei, si aprì rivelando la figura di una giovane donna. Poteva avere trenta, massimo trentacinque anni. Aveva capelli color caramello che le scendevano morbidi sulle spalle e le stava sorridendo dall’uscio della porta. Doveva essere Esme.
«S-salve. Mi scusi se sono arrivata qui senza preavviso ma… ecco sono una compagna di classe di Edward e… Dovrei parlare con lui… se è in casa» le disse incerta presentandosi.
«Oh, certo, tu devi essere Isabella, giusto? Io sono Esme la madre di Edward!» e le sorrise. Era di una gentilezza unica.
«Si, sono io, ma mi chiami pure Bella, lo preferisco»
«D’accordo, allora vieni pure dentro Bella, fuori fa freddo.» E, così dicendo, la condusse attraverso un piccolo corridoio in un ampio salone, con divani bianchi ed un bel camino acceso. La parete ad est era interamente fatta di vetrate, di giorno, quel posto doveva essere strabiliante. Non che adesso non lo fosse!
«Ha una casa magnifica» Si complimentò.
«Sei troppo gentile! Ma grazie! Sono felice che ti piaccia! E sappi che lo prendo come un complimento personale visto che l’ho curata io in ogni dettaglio» Bella era a bocca aperta. Quella donna, non solo era bellissima ma era anche gentile, premurosa, simpatica e talentuosa. Poteva esserci di meglio? Iniziava a chiederselo davvero.
«Ti vado a chiamare Edward» aggiunse prima che lei potesse dirle qualcos’altro.
 
Era ancora imbambolata ad osservarsi attorno che non si rese conto che, alle sue spalle, Edward era appena entrato nel salone.
 
«Bella» la chiamò. Lei si voltò di scatto.
«Edward. Scusami, non avrei dovuto piombare qui a casa tua senza avvisarti ma… Edward io ho bisogno di parlarti.»
Si stava torturando le mani. Quasi aveva smesso di respirare e, in tutta la casa, regnava l’assoluto silenzio.  Vide Edward avvicinarsi e sorriderle.
«Sta tranquilla. Mi stupisci ogni volta, lo sai?»
«In che senso?» Non faceva mica nulla di speciale, infondo.
«Bè… diciamo che… fai ogni volta l’opposto di ciò che mi aspetto. E, più tento di far accadere ciò che sarebbe più giusto… Più stronchi sul nascere ogni mio tentativo» E scosse la testa sorridendo.
«Mmm… non sono del tutto convinta di seguirti, Edward»
«Bè… forse è meglio così» le disse lui, posando un dito sulla sua fronte, cercando di distendere le piccole rughette che le si erano formate, tanto era corrucciata nel cercare di capire. Per la prima volta, si rese conto del tocco freddo delle sue dita. Ma non si scostò da lui. Non voleva che pensasse che volesse mettere una qualche distanza tra loro.
 
«Edward, perché?» Gli chiese poi, continuando a guardarlo fisso negli occhi. «Perché sei scappato così oggi? Se è per quello che ho detto… ti prego dimentica tutto ma… io  non voglio che sparisci, Edward. Forse ti è sembrato troppo sconsiderato da parte mia porti quella domanda… ma…»
«Bella» la interruppe. E lei smise del tutto di blaterare. Infondo, non sapeva neppure cosa gli stava dicendo. Ma non voleva vederlo allontanarsi da lei. Era la sola cosa certa.
Vedeva il ragazzo di fronte a lei. Gli occhi un po’ più scuri del solito dorato, sembravano più un intenso caramello… I capelli scompigliati ad arte, la linea dritta del naso e la mascella squadrata. E la sola cosa che sapeva era che doveva rimediare a quella situazione, in qualche modo. A prescindere da come e perché.
«È tutto ok, sta tranquilla. Scusami, per questo pomeriggio… è che… Bella credimi, sto facendo di tutto per farti capire che per te…. Sarebbe meglio se…»
«No» lo interruppe lei, questa volta.
«No, Edward. Non questo. Non dirmi che potrei avere di meglio. Non dirmi questo perché questa non è una cosa che puoi decidere tu. Sono io, solo io a stabilire cosa sia meglio per me, Edward. Non tu.»
Era assurda. Una tigre nel corpo di un gattino. E dire che lui voleva solo proteggerla da se stesso! Se fosse per lui, infatti, non la farebbe più uscire dalla porta della sua casa, pur di tenerla sempre con se. Se fosse per lui, lei sarebbe già stata sua per sempre.
«Tu non capisci»
«Cosa? Cos’è che non capisco? Spiegamelo!»
Poteva spiegarglielo davvero? Poteva rivelarle la verità, come se non fosse nient’altro che un piccolo segreto di un adolescente? Poteva dirle “Bella, sono un mostro ma, per quanto possa sembrare assurdo, provo qualcosa per te… e no, non ti farei mai del male”.
No. Decisamente, non era il caso di dirglielo.
«Ti prego Bella, non chiedermelo. Non potrei risponderti. Non saprei cosa dirti…»
Bella rimase a fissarlo, per qualche minuto. Era vero, allora. Era vero che quel suo strano compagno di classe dai modi così diversi… era vero che nel suo passato doveva essere successo qualcosa di davvero difficile. Qualcosa che non avrebbe rivelato a nessuno. 
«So che c’è qualcosa che non puoi o non vuoi dirmi. Credi che non mi sia accorta come mi hai guardata il primo giorno che ci siamo visti? Sembrava volessi uccidermi seduta stante! E credi che non mi sia accorta del cambiamento che hai avuto una volta che sei rientrato a scuola dalla tua “vacanza”? Credi che non abbia visto quanto tu possa essere pericoloso e quanto tu sia anche speciale, nei tuoi modi tanto diversi? Credi che sia cieca, Edward?»
Vide Edward serrare la mascella, corrucciando la fronte e chiudendo gli occhi.
«Allora perché sei qui, Bella?» Anche la sua voce aveva cambiato tonalità. Non era più calda e carezzevole come sempre. Era fredda, glaciale e tormentata.
Gli posò una mano sulla guancia. Caldo e freddo, in un contatto che sembrava incandescente.
«Perché tu sei come me Edward. Temi il mio giudizio così come io temo il tuo.» Allora lui aprì gli occhi e lei continuò a parlargli «Perché so bene che puoi essere pericoloso. Ma so che qui dentro - e indicò con la mano libera il suo petto – qui dentro il tuo animo è limpido. E so che sei una persona speciale, nonostante quel segreto. Sei premuroso, attento, vigile. Sei gentile ed appassionato. E so che quando riuscirò a parlarti, so che tu non mi giudicherai Edward. Nonostante io non sia ancora pronta a farlo.»
 
Era rimasto pietrificato. Si sentiva… scoperto. Ecco, sì, questo era il termine giusto. Bella aveva letto a fondo ogni suo gesto, ogni sguardo, ogni parola e frase. Lo aveva letto ed interpretato. Ma, soprattutto, ciò che più contava, era che quella sua interpretazione era perfetta. Avrebbe voluto piangere. Quelle parole… quelle parole, erano la sola cosa di cui aveva sempre avuto un disperato bisogno.
La sua famiglia, certo, non gliele aveva fatte mai mancare, ma, era la sua famiglia. Condivideva il suo stesso dramma e, quelle parole servivano prima di tutto a loro stessi per sopravvivere in quel limbo in cui erano rinchiusi. Ma Bella no.
Bella era quanto di più puro ed incontaminato Edward avesse mai incontrato. E gli aveva detto ciò che per decenni aveva sperato di sentirsi dire. Come se quello fosse una forma di perdono divino.
Non disse nulla. Annullò del tutto la distanza tra loro, abbracciandola di slancio, e nascondendo il viso nell’incavo del suo collo, immerso nel suo profumo che, adesso, non riusciva più a provocargli alcun istinto vampiro.
Aveva soggiogato del tutto il mostro, Bella.
Aveva compiuto il miracolo.
«Grazie» sussurrò sul suo collo prima di lasciarle un bacio, racchiudendo in quel gesto tutto quello che avrebbe voluto dirle.
 
 

Per tutto il tempo
di questo tempo
che quando l'hai compreso
è già passato
Giorno per giorno
andremo avanti
un passo dopo l'altro
sempre in contatto stretto
per tutto il tempo...

E ho cercato tutte le parole
negli orizzonti aurore luci e stelle
ma non c'è niente che possa esprimere
vagamente quello che provo per te

Ma tu che hai imparato
a leggere dentro di me
sai che vorrei,
vorrei portarti via...


 
[1] La "ricerca" di Edward e Bella ovviamente non è scritta da me ma è tratta da questo articolo di Wikipedia: http://it.wikipedia.org/wiki/Bacteria

[2]Nei pensieri di Edward c'è la celebre frase "come se non fossi mai esistito" tutti i diritti sono della Meyer così come suoi sono tutti i diritti di questi personaggi e dei luoghi di questa fan fiction che, non è assolutamente scritta a fini di lucro.

^_^Bene, già che c'ero, mi sono detta, scriviamo qualche credits. E così ecco fatto!
Ragazze, vorrei dire un'ultima cosa... ok, non è per fare quella che si lamenta... anzi... no... sto facendo quella che si lamenta... lo so!
È solo che.... ci sono un po' rimasta male del fatto che, quando ho pubblicato l'avviso, ho avuto più risposte rispetto a questi ultimi capitoli.... Ok... magari è l'estate, dice la mia parte buona... poi però c'è l'altra parte di me che dice anzi, meglio, si chiede: Vi piace ancora questa storia, vero?
Giusto così... per sapere :-P....

Ok, la smetto... ma se vi va, lasciatemi una recensione, mi fareste felice! Ringrazio già da ora chi leggerà, chi inserirà tra preferiti e seguiti e chi, anima buona, commenterà (sì ook, la lingua batte dove il dente duole, ma abbiamo capito, basta così XD )
A parte gli scherzi, vi auguro un buon rientro dalle vacanze,
alla prossima, Miky.
  
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