Anime & Manga > Alice Academy/Gakuen Alice
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Autore: _Pan_    09/09/2011    9 recensioni
Mikan è al suo primo anno di superiori, ma niente si prospetta come lei lo aveva immaginato: tra l'amore, inganni, e addii, la sua permanenza nella Alice Academy si preannuncia molto movimentata.
La storia tiene conto del manga (a tratti da capitolo 51 in su), quindi ci sono spoiler disseminati un po' ovunque. Inoltre, sarà raccontata alternativamente sia dal punto di vista di Mikan che che da quello di Natsume, ma non ci saranno capitoli doppi, nel senso che uno stesso capitolo non sarà raccontato da entrambi.
Coppie principali: Mikan/Natsume, Hotaru/Ruka (accennata)
Genere: Comico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Hotaru Imai, Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Ruka Nogi
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Capitolo 21 – Un nuovo studente
(Mikan)


Sentivo dei suoni confusi e ovattati, mentre cercavo di capire dove mi trovassi. Mi faceva male la testa, e l'unica cosa di cui ero quasi sicura era che ero stesa su un letto.
«Quindi?» era la voce di Hotaru, apparentemente ansiosa: era strano, di solito era praticamente impossibile agitarla. «Si può sapere che diavolo ha?»
Mi mossi e mugolai senza volerlo, aprendo gli occhi. La mia migliore amica entrò nel mio campo visivo, sembrava preoccupata. «Hotaru?» chiesi, stupidamente. Lei mi sorrise, perdendo la solita espressione calma.
«Ti sei svegliata, finalmente.» mi disse lei, sedendosi sullo sgabello vicino al mio letto. Dovevamo essere in infermeria. «Hai dormito parecchio tempo.»
«Qualche ora.» confermò il dottore e, guardando fuori dalla finestra, vidi che aveva ragione: era pomeriggio inoltrato. «Come ti senti, Mikan?»
Non sapevo esattamente come descrivergli in che stato mi trovassi. «Strana.» ammisi, sentendomi frustrata per non poter dare una descrizione più precisa.
«La buona notizia è che...» intrecciò le dita delle mani sulle ginocchia. «non diventerai mamma, almeno non per ora.»
Non sapevo bene in che modo reagire a una notizia del genere: in effetti avevo sempre avuto una specie di sesto senso che non c'era davvero un bambino. Eppure, in qualche modo, ci avevo... forse sperato. Forse con un bambino Natsume sarebbe ritornato da me in minor tempo. Forse. Il fatto che, però, non aspettassi nessun bambino, per quanto impegnativo avrebbe potuto essere, apriva le porte a molte possibilità e se il fatto di non essere incinta era una buona notizia, c'era sicuramente qualcos'altro da aggiungere.
«Quella cattiva?» domandai, infatti, dato che sembrava che ce ne fosse una. Sentii Hotaru borbottare qualcosa ma non riuscii a capire. Suo fratello si schiarì la gola.
«Quella cattiva...» iniziò lui, facendo una smorfia, e distogliendo lo sguardo. Fece schioccare la lingua. «è difficile da spiegare.» mi appoggiai alla testiera in ferro del lettino, aspettando che andasse avanti, il cuore che batteva forte per la tensione. Che Hotaru fosse lì con me era un gran conforto, se non avessi capito la spiegazione, ero certa che me l'avrebbe riproposta in maniera così semplice che mi avrebbe fatto sentire una stupida per non averlo capito subito. «Pare che tu stia sviluppando un altro tipo di Alice, oltre a quello dell'Annullamento.»
Sgranai gli occhi. «Che cosa?» era difficile da credere, ma la cosa ancora più misteriosa era il motivo per cui questo nuovo Alice avrebbe dovuto farmi sentire male. Avevo già sentito di ragazzi che avevano sviluppato i loro poteri durante gli studi, ma nessuno di loro aveva avuto i miei problemi. «E perché...» Hotaru mi mise una mano sul braccio, senza prendermi a botte con uno strano attrezzo di sua invenzione. Strano. «Lascialo finire.» mi consigliò.
«Quello che è strano, Mikan,» riprese, quindi, il dottore, con tono tutt'altro che rassicurante. «è che pare che questo nuovo Alice sia in conflitto con quello vecchio.»
Sbattei le palpebre, confusa. «Com'è possibile?» deglutii, sembrava che le cose si stessero complicando sempre di più ogni volta che il fratello di Hotaru cercava di spiegarsi meglio.
«Sembra che il tuo nuovo Alice... in qualche modo, spinga quello vecchio fuori dal tuo corpo, ma non ci riesca perché il tuo vecchio Alice ne limita gli effetti.» mi morsi un'unghia aspettando che tutto fosse più chiaro. «Non sono riuscito a capire di che natura sia l'Alice che stai sviluppando, ma... sembra che il conflitto tra i tuoi... poteri sia la causa degli svenimenti.»
«E... non possono smettere?» sembrava quasi che non potessi fare niente per migliorare la situazione.
«Assumere il controllo del tuo nuovo Alice, come hai fatto per quello vecchio.» concluse lui, rilassandosi sulla sedia. Sembrava facilissimo, ma allora perché era così preoccupato?
«Come posso riuscirci?» per il mio Alice dell'Annullamento non era stato poi così difficile, e Natsume mi aveva aiutato molto a migliorare. Ricordai un sacco di occasioni in cui aveva minacciato di bruciarmi i capelli o le mie mutande a pallini, per poi sorridere soddisfatto quando riuscivo a bloccare le fiamme prima che arrivassero a destinazione. Quando gli chiedevo perché mai fosse così contento del fatto che riuscissi a migliorare, lui rispondeva sempre “Sto perdendo sempre meno tempo con te, questo è un buon motivo per sorridere.”, ma tornava sempre per aiutarmi, il pomeriggio successivo. Immaginai di dover fare un lavoro simile per un altro Alice, solo che avrei dovuto farcela senza il suo aiuto. Aggrottai la fronte, pensando al fatto che non sapevo niente sul mio nuovo potere. «Come posso controllarlo se non so neanche cos'è?»
Il dottore si grattò una guancia, pensieroso. «Credo che dovresti...» cominciò, mordendosi un lato del labbro inferiore. «parlare col Preside della tua sezione. Scommetto che saprà darti maggiori dritte al riguardo.»
Non capivo come il Preside potesse saperne di più di un dottore, ma non feci domande e mi limitai ad annuire: effettivamente, se il dottore mi consigliava di fare una cosa era meglio farla. Alzai gli occhi sulla mia amica. «Vieni con me?» chiesi, speranzosa. Lei tornò a fissarmi con la solita espressione e un sopracciglio inarcato.
«Sei impazzita? Ho del lavoro da fare.» chiarì lei, e improvvisamente mi ricordai che, negli ultimi tempi, aveva passato molto tempo nel suo laboratorio a lavorare su qualche strana attrezzatura. «Devo finire del lavoro, e poi... beh, c'è la cerimonia di saluto per il Preside delle Elementari che parte per l'Accademia di Londra.»
«Oh...» avevo dimenticato anche quello. Ma se c'era una specie di cerimonia di saluto, quando avrei potuto parlare con il Preside delle Superiori? «Potrei parlare con lui domattina.» completai il pensiero ad alta voce.
Vidi i due fratelli spalancare gli occhi, come se fossi salita sul davanzale della finestra e stessi per buttarmi di sotto. «Col Preside delle Superiori?» fu Hotaru a chiedere, io annuii, temendo di dire qualcosa di sbagliato. «Meglio se ci vai subito, visto che sembri esserti ripresa.»
«Perché non posso aspettare?» che fretta c'era? Non credevo che un giorno in più o in meno per imparare a controllare il mio nuovo Alice avrebbe fatto una gran differenza.
Hotaru alzò gli occhi al cielo, con un sospiro esasperato. Poi si rivolse al fratello. «Te l'avevo detto o no che è completamente tonta?» incrociò le braccia al petto, quasi come se fosse arrabbiata per qualche motivo. Non riuscivo a capire. «Comincio a credere che non ci arriverebbe neanche con un disegno.»
Lui mi fissò con un sorriso comprensivo, mentre io guardavo alternativamente lui e Hotaru, in attesa. «Mikan, vedi... l'Alice dell'Annullamento mentre cerca di contrastare l'altro prosciuga le tue forze, esattamente come l'altro le usa per combatterlo, capisci?» non era del tutto chiaro, ma decisi di annuire, non volevo che Hotaru pensasse che ero più stupida di quanto credesse. «Non sappiamo quando potresti svegliarti ogni volta che svieni.»
«O vuoi dire se» precisò Hotaru, fissandomi con uno sguardo terrificante. Deglutii. «È meglio cercare in fretta la soluzione.»
«D'accordo.» accettai. Tutto pur di impedire che lei continuasse a guardarmi in quel modo. Mi metteva addosso dei brividi di paura, come neanche il primo e unico film horror – visto perché ero stata praticamente costretta da Natsume, una sera di Halloween – aveva potuto. «Vado subito, prima di non trovarlo.» mi alzai, notando come non mi sentissi le gambe molli come al solito. Immaginai che fosse per il fatto che avevamo parlato abbastanza a lungo. Guardai Hotaru con sguardo implorante. «Sicura che non vuoi venire con me?» magari avrebbe potuto ritardare un pochino sulla tabella di marcia per i suoi attrezzi meccanici.
Lei fece una smorfia. «Sei proprio una fifona.» commentò, prendendo la sua borsa. «Muoviti o ti lascio indietro e me ne torno in laboratorio.» si avviò verso la porta. Io ringraziai il dottore e mi affrettai a seguirla, o temevo che avrebbe davvero mantenuto la promessa.
Il Preside delle Superiori sembrava simpatico e certamente mi metteva meno terrore di quello delle Elementari, anche se era solo un bambino... aveva qualcosa di inquietante che non riuscivo a cogliere. Il Preside Yukihira aveva un tipo di Alice che gli impediva di invecchiare e sembrava sempre un uomo sui trent'anni, ma sorrideva raramente, chissà per quale motivo. Non credevo che fosse cattivo, ma quando sedeva dietro quella scrivania, mi metteva in soggezione. Ero stata nel suo ufficio una sola volta, ed era stato quando avevo distrutto per sbaglio l'aula di JinJin, durante un'esercitazione con Natsume. Invece di bloccare il suo Alice l'avevo deviato e questo era finito nella sua aula, incendiandola. Per fortuna era vuota, o quasi... il professore era arrivato da noi furibondo, con alcune ciocche di capelli bruciacchiate. Nessuno aveva detto niente, nemmeno Natsume che però aveva uno strano sorrisino in faccia. JinJin si era limitato a guardare tutto il gruppo di studenti, ma i suoi occhi si erano fermati sopra di me, e con un cenno della mano mi aveva fatto capire che dovevo seguirlo. E quello era stato il giorno in cui avevo avuto la mia prima e ultima esperienza in quell'ufficio. La punizione non era stata dura, ma nello sguardo del Preside c'era qualcosa di strano. Natsume sosteneva che aveva tenuto quell'espressione per evitare di scoppiare a ridere in faccia a Jinno-sensei. Probabilmente, aveva ragione. Comunque fosse andata, le esercitazioni erano state proibite e io avevo passato più di una settimana a pulire quei cestini in metallo, che si muovevano in continuazione, sparsi per il cortile e pieni di spazzatura, come quando non avevo stelle.
«Devo anche entrare o basta che venga con te fino alla porta?» come spiegarle che ogni tizio che stava dietro una scrivania mi faceva sentire piccola come una formica?
Compresi, però, che aveva del lavoro importante da fare, o almeno lo sembrava a giudicare dalla fretta che aveva. Lei non era una di quelle persone che si lascia impressionare da un tipo in divisa dietro una scrivania. Rabbrividii. «Credo... credo di... poter entrare da sola.» non ne ero molto convinta.
«Non è terrificante come lo fai sembrare.» mi fece notare lei, con la solita voce fredda. «È un tizio esattamente come gli altri. Spiegagli la situazione e capirà. Non ti sbatterà certo dentro una delle celle sotto la sezione Elementare perché gli hai chiesto aiuto.»
Gelai sul posto. «C-ci... s-sono... pri-prigioni sotto la... sezione Elementare?» era davvero possibile che finissi là dentro mentre mi nutrivano con delle ossa spolpate? Scossi la testa, cercando di scacciare quell'immagine della testa. Guardai Hotaru che non sei era scomposta minimamente, e capii di essere stata presa in giro. «Smettila di mettermi paura.» lei mi restituì lo sguardo, ma aveva qualcosa di strano, non come al solito quando mi trattava da scema. «Non... non ci sono prigioni nel campus, vero?» sembrava una supplica più che una domanda.
Lei sospirò. «Tu crederesti anche che le mucche hanno le ali, se ti venisse detto col giusto tono.» osservò, fermandosi davanti a una grossa porta di legno scuro. «Siamo arrivate,» mi sembrò una specie di annuncio, o... l'ultimo saluto prima della condanna a morte. E se davvero mi avesse rinchiuso? Cosa avrei fatto? «e non sto scherzando.»
Cercai di darmi un contegno e di non balbettare, ma le gambe mi tremavano come se fossero state fatte di gelatina. «Credi davvero che sia una buona idea?»
Lei non rispose, bussò alla porta, ricevendo subito il permesso di entrare la aprì e mi spinse dentro, senza dire una sola parola. Mi girai verso la porta, ormai alle mie spalle e la trovai chiusa.
«Hotaru...» chiamai, agitata, sottovoce. Non volevo che mi sentisse. «Hotaru... dimmi che sei là fuori...» sentii qualcuno che si schiariva la voce e mi girai lentamente. Il Preside delle Superiori era seduto dietro la scrivania, esattamente come al solito, ma aveva un sorriso rilassato sul viso e un non so che di rassicurante. Mi fece cenno con una mano di sedermi in una delle due sedie di fronte a lui, e pensai che fosse saggio accettare: probabilmente, non mi avrebbe rinchiusa da nessuna parte se avessi fatto come voleva. Cercai di rilassarmi.
Lo vidi inarcare un sopracciglio. «Non mordo.» assicurò, posando il braccio sulla scrivania. Solo allora mi accorsi che non avevo mosso un passo verso la sedia. Mi affrettai a raggiungere la sedia, ma non sapevo bene da che parte cominciare per spiegargli il motivo per cui mi trovavo lì. «Ho parlato con il dottore, qualche giorno fa.» questo mi prese alla sprovvista. «Mi ha detto che hai qualche problema di salute.»
«Sì.» confermai, appoggiandomi su un bracciolo. «Il dottore ha detto che ho due Alice che... si respingono l'uno con l'altro.» non sapevo se la spiegazione era sufficiente a far capire l'entità del problema, e non ero neanche tanto sicura che fosse quella giusta.
«E non ti ha detto altro?» volle sapere, intrecciando le dita sotto il mento.
«Beh... ha detto che se non imparo a controllarlo, potrei svenire sempre più spesso senza sapere quando potrei svegliarmi, e... che dovevo venire da lei per sapere come fare.» credevo che fosse tutto. Preferii lasciar perdere la puntualizzazione di Hotaru, perché mi metteva davvero in agitazione.
Lui sorrise, in un modo piuttosto inquietante. Mi chiesi se avessi fatto bene ad andare da lui, sembrava che fosse pronto a balzare al collo di qualcuno e banchettare con il suo cadavere. «Ti ha detto così, eh?» io mi limitai ad annuire, non sapendo se volesse una risposta o meno, mi capitava spesso di rispondere a domande retoriche solo perché non sapevo che lo fossero. Lui sospirò. «D'accordo...» concesse, ma non riuscivo a capire se stesse parlando con me. «immagino di meritarmelo.» corrugai la fronte, ma decisi di non chiedere niente riguardo gli affari suoi e del dottore, memore delle prigioni e delle ossa spolpate.
«C'è qualcosa che posso fare?» pregai che fosse una domanda legittima da porre, sperando che non suscitasse qualche tipo di strana reazione indesiderata.
Niente si mosse.
«Ascoltami bene, Mikan,» il suo tono di voce si faceva sempre più serio. «probabilmente so che tipo di Alice è il tuo nuovo potere, ma devi ascoltarmi con attenzione.» io annuii di nuovo: non volevo interromperlo. «Conoscevo i tuoi genitori.»
«Davvero?» non riuscii a trattenermi. Il nonno non mi aveva parlato molto di loro, era quasi come se preferisse evitare l'argomento, quindi io non sapevo molto riguardo i miei genitori. Tuttavia, non riuscivo a trovare il nesso tra loro e il mio nuovo Alice.
«Tuo padre aveva l'Alice dell'Annullamento, un tipo raro, che non si manifesta come gli altri. È raro e... potente, in qualche modo.» sapere che mio padre era un Alice fu una grossa sorpresa: non immaginavo di aver ereditato anche quello dai miei genitori. Sembrava che fosse una sofferenza per lui andare avanti, ma lo fece. «Tua madre, invece... quello del Teletrasporto.» mi ritrovai a sorridere senza volerlo. Forse, avevo ereditato anche quello e di potevo spostarmi da un punto ad un altro del mondo, come volevo. Magari avrei anche potuto andare a trovare Natsume. Era un Alice molto utile e sembrava proprio che io l'avessi. «almeno all'inizio, ma non ha la caratteristica di trasmettersi di generazione in generazione. Si tramanda con l'andare del tempo, ma non è questo il caso.» le mie speranze furono abbattute con poche parole in pochissimi secondi, con la forza di un bulldozer. «Più tardi, verso i tredici anni, sviluppò un secondo Alice, che nessuno aveva mai visto prima, almeno in questa scuola.» si fermò, con lo sguardo fisso su una penna che teneva tra le mani, ma non sembrava che la stesse osservando.
«Che tipo di Alice era?» lo spronai, curiosa. Era la prima volta che potevo sentire qualcosa a proposito dei miei genitori ed era una stranissima sensazione.
Lui sembrò risvegliarsi dal sonno, era come se mi notasse per la prima volta. «Credo che... sia meglio descrivertelo.» disse, passandosi la lingua sulle labbra secche. «Aveva il potere di... sottrarre, per così dire, l'Alice di una persona e... inserirlo nel corpo di qualcun altro.» corrugai la fronte. «Lo chiamavamo, a quel tempo, Alice del Furto, ma non è del tutto esatto.»
A me sembrava una spiegazione davvero calzante. Come si poteva portare via l'Alice a qualcuno e non considerarlo furto? Non mi piaceva l'idea di poter possedere un Alice simile. Sperai che anche quello fosse uno che non era trasmesso dai genitori ai figli, e che mio padre avesse avuto un altro Alice, anche se avesse dovuto essere la capacità di sparare fuochi d'artificio color salmone. Non mi trovavo a mio agio con l'idea di essere in grado di privare un altra persona del suo potere. «E...» tentai, cercando di trovare un lato positivo nella faccenda. «...perché non è del tutto esatto?»
«Se l'Alice è davvero molto forte, radicato nella persona, non è possibile portarglielo via del tutto. Il tuo vecchio insegnante, Narumi-sensei, l'ha sperimentato personalmente.» non riuscivo a credere che mia madre avesse cercato di rubare l'Alice di Narumi-sensei e che lui fosse così gentile con me. Mi chiesi che razza di persona fosse mia madre. «Non è come pensi,» sorrise, come se mi avesse letto nel pensiero. «Narumi voleva liberarsi del suo Alice, ma tua madre non fu in grado di accontentarlo.»
«Perché lei pensa che io possa avere questo Alice?» nonostante tutte le spiegazioni, il fatto che potessi averlo davvero non mi dava una gran bella sensazione. «L'idea non mi entusiasma.» pensai che questo avrebbe potuto scongiurare la possibilità.
«Mi dispiace di non essere riuscito a spiegarmi.» sembrava amareggiato dalla mia reazione. Me ne chiesi il motivo. «L'ho già detto in passato a un mio studente, che poi è diventato padre di un altro mio studente: l'Alice non è un'entità separata da chi lo possiede.» mi grattai la testa, cercando di capire dove volesse arrivare. «Come non puoi dire di un bambino se sarà una buona persona o meno, non puoi neanche stabilirlo del tuo Alice. Saprai che un bambino diventerà una buona persona in base a ciò che farà della sua vita, saprai che un Alice fa del bene in base a come verrà usato.»
Le sue parole mi impressionarono: non ci avevo mai pensato. «Quali vantaggi potrebbe darmi questo tipo di Alice?»
«Chiamarlo Alice del Furto non è del tutto esatto per il semplice fatto che non mette in evidenza tutti i suoi aspetti. Tanta gente ha sempre pensato che Alice del Furto e dell'Inserimento fossero separati, ma sono uno soltanto. Puoi portare via l'Alice a qualcuno ma puoi anche darlo a qualcun altro.» non riuscivo a capire tutta quella positività. «Pensa a uno come Narumi.» non riuscivo davvero a immaginarlo mentre chiedeva a qualcuno di privarlo del suo Alice. «Puoi sottrarre l'Alice a chi non lo desidera e donarlo a chi ne ha bisogno. Una pietra Alice della guarigione, per esempio, data a qualcuno come te, e inserita nel corpo di qualcuno che soffre, ma non può essere curato dai metodi tradizionali, potrebbe dare al malato una possibilità.» mi sentii molto stupida per aver giudicato senza pensare sia mia madre che il suo Alice. «Mi sembra una prospettiva... confortante.»
«Lo è.» ammisi, a bassa voce. «Lei è sicuro che io... l'abbia ereditato?»
Lui annuì. «Abbastanza sicuro,» specificò. «visto che tua madre è stata la prima a possederlo, almeno da quando sono Preside in questa scuola.» e doveva essere parecchio tempo che lo faceva.
«Quindi... come si esercitava mia madre?» probabilmente, se avessi fatto ciò che faceva lei, avrei risolto ogni mio problema.
«Lei non si è mai... allenata.» mi rispose lui, sospirando. «il suo potere è venuto fuori è ha dovuto imparare a controllarlo in fretta. La mandavano in missione, temo che abbia imparato lì.»
Mi morsi il labbro inferiore. «E io come posso fare?» Natsume mi aveva quasi sempre tenuta all'oscuro di ciò che succedeva durante le missioni, e sapevo che aveva le sue buone ragioni. Io non volevo prendere parte a quelle cose spaventose.
«Immagino che sarò la tua cavia.» spalancai gli occhi: non potevo permetterlo. «È necessario che nessuno a parte te, me, il dottore e Imai Hotaru sappiano del tuo nuovo Alice.»
«E se non riuscissi più a restituirle l'Alice, Preside?» domandai, terrorizzata. Narumi-sensei poteva anche avere il raro dono di non poter essere privato dell'Alice, ma il Preside? «E perché nessuno deve saperlo?»
«Mikan, se puoi privarmene puoi anche restituirmelo, tranquillizzati.» disse lui, per niente agitato. «Ti ho detto che ho già avuto a che fare con questo Alice. E anche gli altri, purtroppo. Pensa a come hai reagito tu, che lo possiedi. Cosa pensi che farebbero gli altri quando sapranno che ce l'hai?» non riuscivo esattamente a farmi un'immagine mentale della possibile situazione. «Avranno paura di te, perché li priverai dell'Alice solo toccandoli, se non impari a gestirlo.» rabbrividii immaginandomi i miei amici che mi guardavano con terrore. Mi chiesi se davvero dovevo cambiare la visione negativa che avevo del mio nuovo Alice. Non ero del tutto sicura di volerlo, nonostante tutto quello che aveva detto. «Quando imparerai a padroneggiarlo, potrai dirlo alle persone di cui ti fidi ciecamente. Ma è sempre meglio che tu lo tenga nascosto alla maggior parte della gente. Mikan, ci sono... persone che... desiderano utilizzare il tuo Alice per i loro scopi. Non dargliene modo spargendo la voce che lo possiedi.»
«Ho capito.» assicurai: nessuno doveva sapere niente tranne Hotaru, almeno per il momento. «E quando....»
«Cominceremo domani, Mikan.» mi interruppe, alzandosi. «Ora andiamo a salutare il Preside delle Elementari, e dopo a cena. Torna domani e cominceremo.»
«Ho un'altra domanda.» non riuscivo più a contenere la curiosità, ora che ero certa che Hotaru mi avesse preso in giro riguardo alle prigioni. Il Preside sembrava una gran brava persona. Lui attese. «Saprebbe dirmi... i nomi dei miei genitori?»
Lo vidi deglutire e stringere la penna che aveva tenuto fino a quel momento. Si schiarì la gola. «Tu.. tua madre si chiama Azumi Yuka. Tuo padre...» sembrava molto addolorato a riguardo, per qualche motivo. Mi fissò stranamente. «Mi dispiace...» continuò, schiarendosi la voce. «...non ricordo come si chiamasse.» rimasi un po' delusa: era ovvio che fosse il figlio del nonno, visto che portavamo lo stesso cognome, ma... neanche lui aveva mai voluto dirmi niente.
Strano.

Mentre scendevamo le scale, in silenzio, ricominciai a pensare alle informazioni che avevo ricevuto. Per qualche strano motivo, il Preside aveva parlato di mia madre al presente, come se fosse ancora viva, ma non riuscivo a capirne il motivo, forse la conosceva bene e non si era accorto di averlo fatto. Doveva essere così per forza, visto che il nonno mi aveva detto che erano morti prima che io fossi in grado di ricordarli entrambi. Non avrebbe avuto motivo di mentirmi su qualcosa del genere, eppure non riuscivo a non sperare che si fosse sbagliato e che lei fosse viva.
Sarebbe stato bello incontrarla e farmi dire qualcosa di più sul mio Alice. Lui era stato convincente, quando aveva parlato delle intenzioni di chi usa l'Alice piuttosto che dell'Alice stesso, ma io non sapevo ancora come usarlo, e qualche indicazione in più mi avrebbe resa più sicura a riguardo.
Scendemmo le scale verso il cortile, la sezione delle superiori era in un punto piuttosto lontano dal cancello principale, tuttavia mi stupii molto vedere che davanti alla porta ci aspettava una macchina. Il Preside mi fece cenno di salire, quando un uomo vestito di nero aprì la portiera. Eseguii l'ordine, notando che nell'auto c'era un altro occupante.
«Hotaru!» la chiamai, sbracciando. Avevo intenzione di raccontarle tutto su quel colloquio, e anche del fatto che le prigioni sotto la sezione elementare erano solo una specie di leggenda metropolitana. Ammesso che lei già non lo sapesse, ovviamente.
Lei mi rivolse uno sguardo scocciato. «Muoviti a salire, scema.» mi disse, invece, indicando alle mie spalle. Allora mi ricordai che, probabilmente, il Preside aspettava per salire. Mi affrettai a mettermi a sedere, non sapendo se scusarmi o meno. «Allora, tutto bene, a quanto pare.»
Io mi limitai ad annuire, sperando che non andasse avanti e non rivelasse al Preside quanta paura avessi di lui prima di entrare. «E tu che stavi facendo in laboratorio?» mi ricordai che aveva detto qualcosa a questo proposito, appena fuori dall'infermeria, ma non si era spiegata di più.
«Quante volte te lo devo dire?» sbuffò lei, incrociando le braccia al petto. «È per la mostra che ci sarà in occasione dell'Alice Festival.» corrugai la fronte: non sapevo se mi avesse mai detto una cosa simile, ma immaginai che fosse così. «I ragazzi delle Abilità Tecniche avranno la possibilità di esibire le proprie invenzioni a degli imprenditori, in modo che le loro aziende possano offrirsi di produrlo e dare una certa percentuale dei guadagni alla scuola.»
«Non ho mai visto una mostra.» commentai, pensierosa. Ora che ci pensavo, non mi ero mai preoccupata di pensare a come la scuola guadagnava i soldi per pagare le nostre famiglie, darci dei soldi per andare a Central Town, e darci del cibo.
«Non so se la vedrai anche quest'anno.» mi rispose lei, storcendo il muso. Mi chiesi perché mai non avrei potuto. «Sarai sicuramente a occuparti dell'attrazione della tua classe di Abilità, non credi?»
«Giusto!» mi battei il pugno sull'altra mano aperta: come avevo potuto non pensarci prima? Ovviamente, tutte le classi di Abilità stavano cominciando a organizzarsi, mentre né io né i miei compagni avevamo ancora tirato fuori l'argomento. Mancava ancora molto al Festival, ma, di solito, cominciavamo a prepararci molto prima. Tutte le volte che noi non l'avevamo fatto, l'attrazione aveva sempre avuto qualcosa che non andava, ricordavo che Tsubasa-sempai dava la colpa alle cose fatte all'ultimo minuto. «Dovremmo pensare a prepararci...»
«Quest'anno le Abilità Tecniche non parteciperanno.» precisò lei, in tono piatto. «Perciò non aspettarti che avrò tempo per provare il vostro gioco.» io annuii: avrebbe avuto molto da fare, comunque, quindi non pensavo che avrei dovuto di disturbarla.
Mi voltai verso il Preside Yukihira, che era rimasto immerso nei suoi pensieri per tutto il tempo, da quando avevo nominato i miei genitori. Sapere che lui li conosceva era stata una grande scoperta, e avevo intenzione di fargli altre domande su di loro, quando avremmo avuto tempo. «Lei verrà a provare la nostra attrazione, vero, Preside?»
Lui sorrise. «Forse.» fui piuttosto scoraggiata dalla mancanza di una promessa. Forse non avrebbe potuto perché avrebbe dovuto fare lo stesso per gli altri, o perché aveva da fare cose di cui non voleva parlare con noi. «Quest'anno, Jinno-sensei si è rifiutato di prestarsi per le valutazioni delle proposte dei ragazzi, e nessuno si è offerto come sostituto, perciò ho deciso di assumermi la responsabilità. Se la vostra proposta mi piacerà, magari verrò a farvi visita.»
«Anche se sarà una casa dei fantasmi?» Jinno-sensei non aveva voluto sentirne parlare. Sumire una volta mi aveva detto che aveva paura dei fantasmi, ma riusciva difficile da immaginare JinJin spaventato da qualcosa. Avevo sempre pensato che anche i fantasmi, o un mostro marino sarebbero fuggiti davanti a lui.
Il Preside inarcò un sopracciglio. «Perché la casa dei fantasmi dovrebbe rappresentare un problema?»
Io mi grattai una guancia, a disagio. «Beh...» preferivo tenere per me le considerazioni su JinJin, ma non sapevo se perché pensavo che lui si sarebbe messo a ridere o perché mi aspettavo che sbucasse fuori nel momento in cui l'avessi nominato. «i fantasmi fanno paura a molte persone.»
«Sono troppo grande per aver paura dei fantasmi, Mikan.» mi fece notare lui, gentilmente. Immaginai che fosse così: chissà quanti anni aveva.
«Avete intenzione di fare una casa dei fantasmi?» mi girai verso Hotaru, che aveva un tono piuttosto dubbioso. «E come farai? I fantasmi ti terrorizzano.» ovviamente, l'osservazione era più che giusta. Poi, mi venne in mente un'altra questione: quel giorno che Hotaru mi aveva accennato alla mostra, o comunque qualcosa che doveva fare a proposito delle sue invenzioni, anche Kisaki aveva detto qualcosa di interessante su un nuovo studente che si sarebbe presto trasferito alla Alice.
«Preside,» lo chiamai, curiosa. «che cosa sa del nuovo studente?»
Lui parve preso di sorpresa. «Come fai a sapere del nuovo studente?» domandò, infatti, ma non come se lo volesse sapere davvero, piuttosto come se volesse rimarcare il fatto che non dovessi sapere niente. Sperai di non aver appena messo Kisaki nei guai. Deglutii. «Arriverà stasera, penso proprio che tu possa chiedergli le cose che vuoi sapere di persona.»
«Arriverà stasera?» il tono di Hotaru si fece strano.
Lui parve comprendere. «Non è un'Abilità Tecnica.» la mia amica si limitò a muovere le sopracciglia, e mi chiesi se davvero avesse considerato una minaccia per le sue incomparabili invenzioni una persona che nemmeno conosceva. Io, di invenzioni, non ci capivo un granché, ma Hotaru era semplicemente insuperabile, e l'aveva dimostrato più volte. Non capivo cosa avesse di cui preoccuparsi. «Il resto lo vedrete da voi, più tardi.»
«Non vedo l'ora.» ammisi, eccitata. Non capitava tutti i giorni di vedere arrivare uno studente da qualche altra scuola, chissà quante cose sapeva delle scuole che non erano la Alice. Io avevo avuto la possibilità di frequentare parte delle scuole elementari con gli altri bambini, ma non sapevo se le altre erano come la nostra o no. Sarebbe stata una buona occasione per fare domande.
«Siamo arrivati.» annunciò Hotaru, guardando fuori dalla finestra. Quando la imitai vidi una consistente folla di studenti di tutte le età. Erano venuti tutti per salutare il Preside delle Elementari. Non capitava spesso che un Preside partisse, quindi era comprensibile la confusione. Inoltre pensavo che non fossi l'unica che si sentiva in soggezione con lui nei paraggi: io ero piuttosto contenta che non avrei più avuto la possibilità di incontrarlo per caso nei corridoi, e forse anche altre persone la pensavano come me, o almeno lo speravo, anche solo per non sentirmi l'unica stupida che si sentiva gelare di fronte a un bambino. Gli uomini che ci avevano aperto le portiere poco prima lo fecero ancora, invitandoci a scendere dall'auto. Una volta a terra, presi il braccio di Hotaru per non perderla di vista, non volevo ritrovarmi da sola in mezzo a un mare di studenti.
«Cerchiamo i nostri compagni.» proposi, sorridendo. «Magari troviamo anche Ruka-pyon.» non ero ancora abituata a pensarli come una coppia, Ruka-pyon non sembrava esattamente il tipo per Hotaru, ma forse era questo che lo rendeva adatto a lei. Ma non ci avevo mai capito molto di affinità in una coppia, perciò non avevo mai esternato i miei pensieri, nemmeno con Natsume, anche perché a lui non piaceva parlare di queste cose: di solito alzava le sopracciglia e mi diceva che erano tutte sciocchezze che servivano alle persone che cercavano un qualche tipo di conferma sul rapporto di coppia. Quella volta, aveva concluso la discussione con: «Le percentuali alte di qualunque cosa non faranno durare di più o iniziare un bel niente.» mi chiesi se non avesse ragione. Però ricordavo di aver sentito anche Ruka dire qualcosa in proposito a test di compatibilità di coppia, ma non ne ero sicura.
«Ruka è laggiù.» disse lei, indicando proprio di fronte a noi. Ruka-pyon stava sbracciando per farsi notare col braccio sinistro, mentre il destro era tra le grinfie di Sumire. «E ha anche compagnia.» arricciò le labbra per un attimo, prima che ci incamminassimo. Immaginai che fosse la reazione più vistosa di gelosia che avrei mai potuto vederle avere.
«Siete arrivate!» Ruka-pyon sorrideva come un bambino, mentre muoveva un passo verso di noi. Hotaru non rispose al sorriso, si limitò a guardare in modo inespressivo Sumire, per poi tornare a fissare Ruka. Non so per quale motivo, ma il suo modo di fare mi mise i brividi.
«Il Preside è arrivato?» volle sapere la mia migliore amica. Ruka aggrottò la fronte, come se fosse stato preso alla sprovvista. Chissà se si aspettava un commento su Sumire. In effetti, anche io avevo pensato che Hotaru avrebbe detto qualcosa a lei, in tono tanto glaciale da farla spostare, come faceva con me quando non mi voleva tra i piedi. Rimasi un po' sorpresa.
«Ehm... no.» rispose lui, titubante. «O... almeno, io non l'ho visto.»
«Immagino.» commentò lei, spostando lo sguardo sulla folla di studenti davanti a noi. «Sarebbe impossibile accorgersi di qualcosa nelle tue condizioni.»
Ruka-pyon sembrò anche più confuso. «Cos...?» poi si girò verso Sumire e parve illuminarsi per la comprensione. «Non è come pensi!» si liberò dalla stretta della mia compagna di classe e mise bene in mostra le mani libere. «Te lo giuro, Hotaru, non è come pensi!»
Se avessi creduto che Hotaru potesse sorridere, avrei anche potuto giurare di averglielo visto fare. «Stavo parlando degli studenti. Non si vede niente.» rispose lei, e mi sembrò... divertita? Possibile? «Non l'avevi notato?»
«Cos...?» Ruka-pyon deglutì, e si raddrizzò. «Certo che l'avevo notato.» si inumidì le labbra con la lingua e proseguì. «Di cosa pensavi stessi parlando?»
Lei inarcò un sopracciglio, tirando su un angolo della bocca. «Non lo so proprio.» concluse, girandosi di nuovo verso gli studenti. Io passai lo sguardo prima all'uno e poi all'altra, senza capire il senso di ciò che si erano detti.
«Ma cosa dovremmo fare?» chiesi, allungandomi sulle punte per vedere se riuscivo a scorgere qualcosa di interessante o un cambiamento nei movimenti degli altri ragazzi. «Salutarlo mentre passa in macchina?»
«E come faccio a saperlo?» Hotaru si girò verso di me, indicando gli altri con la testa. «Anna, Nonoko e gli altri sono più avanti. Vuoi raggiungerli per sapere che fanno?»
«Magari.»
Io, Hotaru e Ruka-pyon ci dirigemmo dagli altri, notando che Sumire ci aveva preceduti. Le ragazze chiacchieravano a proposito del nuovo studente in arrivo, eccitate, mentre i ragazzi sbuffavano, chiedendosi che ci facevano lì. Koko era appoggiato contro uno degli alberi che segnavano il confine tra l'erba su cui ci trovavamo e la parte di terra battuta su cui, di solito, passavano le macchine vicino ai plessi delle scuole. «Mikan i tuoi pensieri sono così turbinanti che non riesco a sentire niente.» ammise lui, aprendo gli occhi. Io alzai le spalle, evitando di chiedere in che modo potessero sembrare turbinanti i miei pensieri. Forse era materia per lettori del pensiero.
«Mi dispiace.» dissi, non sapendo che altro fare. Lui rise.
«Lo sai? Ho incontrato Otonashi-san e mi ti stava cercando.» si stiracchiò, allontanando la schiena dal tronco dell'albero. Otonashi-san aveva frequentato con noi, per un periodo, le elementari: era la veggente dell'Accademia, ma nessuno sapeva mai se faceva sul serio o meno. «Secondo lei c'è un sacco di aura negativa intorno a te. Avrai degli incontri spiacevoli, molto presto.» la sua voce era tetra e l'atmosfera molto cupa. Deglutii, fissandolo agitata. Lui mi fissò e poi scoppiò a ridere come se non desiderasse di fare altro da secoli. «Le tue espressioni sono magnifiche!» si batté una mano su una coscia, mentre continuava a ridere. «Le predizioni di Otonashi-san non si avverano mai! Dovresti essere contenta, invece di fare quella faccia. Adesso sai per certo che non farai nessun incontro spiacevole. Sorridi.» distolse l'attenzione da me e fissò lo sguardo sul punto da cui sarebbe dovuta sbucare l'auto del Preside. «Ah, le ho anche letto un'altra parola nella mente, mentre pensava a te.»
«Sarebbe?» mi feci curiosa, anche se non sapevo se sarebbe stata una buona predizione oppure no.
«Foto.» rispose lui, alzando le spalle. Io, però, non riuscii a capire: non aveva nessun senso per me. «Te l'ho detto che le sue predizioni sono, per la maggior parte delle volte, inutili, o senza senso.» mi rivolse un sorriso entusiasta. «Sta arrivando finalmente.» accennò con la testa davanti a sé e vidi un'auto nera, quella del Preside, con ogni probabilità. «Mi ero rotto di aspettare per sentirgli dire quanto gli dispiace lasciarci.»
«Farà un discorso?» in effetti, poteva spiegare il motivo per cui tutta quella gente si trovava lì.
«Fare discorsi è roba da presidi.» lui scrollò le spalle, come se fosse del tutto ovvio.
«Capisco.» solo allora notai una specie di palchetto che doveva essere stato messo in piedi per l'occasione.
«Non è una gran bella notizia,» commentò Ruka, stiracchiandosi. «il Preside delle Elementari è un tipo piuttosto prolisso.»
«Già...» mi ricordai che Natsume lo ripeteva sempre ogni volta che era convocato da lui. Mi diceva sempre di aspettarlo per cena, se veniva chiamato di mattina. Esagerava di proposito, ma ci metteva sempre un po' a tornare.
Vedemmo il Preside scendere dalla macchina per farsi strada tra gli studenti e mettersi davanti al microfono. Qualche mio compagno di classe si stiracchiò, mentre Hotaru tirava fuori un blocchetto di appunti pieno di calcoli e disegni strani. Poi si rivolse a Ruka. «Se dice qualcosa di interessante, dopo, me la riassumerai.» lui rispose con un cenno della testa.
«Buonasera ragazzi,» incominciò lui, mentre la sua voce si espandeva per il cortile. «mi dispiace di avervi fatto venire qui quasi all'ora di cena. Prometto di essere breve.» in effetti sembrava avere una certa fretta, probabilmente era in ritardo e l'aereo sarebbe partito presto. Non avevo idea di come funzionassero gli aeroporti nel dettaglio. «Volevo comunicarvi che, in mia assenza, il professore Rei Serio farà le mie veci, e che di qualunque cosa abbiate bisogno lui sarà disponibile a risolvere i vostri problemi, proprio come ho sempre cercato di fare io.» sorrise spostando lo sguardo su di noi. «Inoltre volevo augurare un buon diploma ai ragazzi dell'ultimo anno, dato che non credo che potrò partecipare alla cerimonia in vostro onore. Spero anche che tutti voi passiate un anno scolastico degno di essere ricordato.» sorrise di nuovo, e, per un attimo, mi parve che stesse guardando proprio me. Comunque non potevo dirlo con certezza con tutta quella gente. Il Preside guardò il proprio orologio, sollevando entrambe le sopracciglia. «Purtroppo è tardi, e ho ancora dei dettagli da definire prima della partenza, e non voglio trattenervi oltre dal recarvi a cena. Volevo salutarvi e augurarvi un buon proseguimento dell'anno scolastico. Arrivederci.»
«Arrivederci!» gridammo tutti. Hotaru ripose il suo blocchetto nella borsa che si era portata dietro, senza dire una parola. Ruka-pyon la prese per mano e le sorrise. «Niente degno di nota.»
«Perfetto.» rispose lei, cominciando a incamminarsi verso la mensa. Si girò a guardarmi. «Andiamo, non hai fame?»
Ora che ci pensavo, non mangiavo da un bel po', ero svenuta quella mattina nell'ora di matematica e avevo anche saltato l'ora di pranzo. Il mio stomaco si stava lamentando un bel po'. «In effetti sì.» ma non avevo neanche avuto il tempo di pensarci, che quei due erano a quasi mezzo metro da me. «Hotaru!» la chiamai, sperando che mi aspettassero.

«Chi è Rei Serio?» domandò Koko, mentre stavamo mangiando. Ricordavo di averlo sentito nominare da qualche parte, mi girai verso Hotaru, ma anche lei stava guardando Koko.
«Mi sembra che una volta sia venuto a fare supplenza da noi, alle elementari.» ridacchiò Kitsuneme, mentre masticava. «Narumi-sensei se la svignava spesso!»
«Io non l'ho mai visto in giro.» commentò Sumire, gettando un'occhiata al tavolo dei professori. «Non dev'essere un'insegnante regolare.»
«Certo che non lo è.» confermò Ruka, sospirando. «È l'insegnante di una Classe di Abilità piuttosto impopolare.» lo guardai, confusa.
«Abilità Pericolose.» mi sussurrò Hotaru all'orecchio. Mi girai, stupita, nella direzione dei nostri insegnanti: non avevo mai visto quell'uomo senza la maschera, non avrei mai potuto riconoscerlo. Quel tipo, quindi, era quello che Natsume chiamava Persona. Mi chiesi che motivo avesse di usare quel nome quando ne aveva già uno, che suonava piuttosto normale. Comunque, anche gli altri sembravano aver capito. Ricordavo che Natsume parlava di lui come un sottoposto del Preside quasi senza voce in capitolo che dipendeva direttamente da ciò che lui diceva. Chissà perché aveva fatto in modo che fosse lui a sostituirlo. Hotaru mi avrebbe sicuramente dato una risposta, perciò le esposi i miei pensieri.
«Certo che tu sei proprio scema.» fu, però, la sua inaspettata risposta. «L'ha lasciato qui proprio per questo. Chi lasceresti per controllare i tuoi affari quando sei via? Una persona che ha capacità di iniziativa o qualcuno che non si lava nemmeno i denti se non sei tu a dirglielo?»
«Credo di aver capito.» assicurai, mentre tornavo a rivolgere l'attenzione al mio piatto. «Ma perché se n'è andato se non vuole che qualcuno si immischi nei suoi affari?»
«Questo è strano.» concordò lei, e fui felice e sorpresa di non aver tirato fuori un argomento che lei considerava stupido o di poca importanza. «Probabilmente non ha potuto farne a meno. Chissà che sta succedendo a Londra.»
Ruka si avvicinò ad Hotaru e me, e parlò a bassa voce. «Non abbiamo modo di scoprirlo?» chiese, e sembrava preoccupato. «Non so a voi, ragazze, ma a me tutta questa storia non convince per niente. Prima Natsume che se ne va chissà dove, tutti questi bambini che arrivano da tutte le parti del Giappone, e adesso anche il Preside leva le tende. Io penso che qualunque cosa abbia da fare a Londra, sia collegata con Natsume e con i bambini... ci sono troppe coincidenze.»
«È possibile.» concesse Hotaru, pensierosa. «Ma non saltare a conclusioni affrettate. Se c'è un modo per scoprire che combina a Londra, lo troverò. E se è collegato col resto, lo scopriremo.»
«Ci fa molto investigatori, non trovi, Hotaru?» chiesi. Lei scrollò le spalle, come se la cosa non le interessasse per niente.
«Fossi in te,» mi disse lei, poi. «non spererei di trovare qualche risultato, il Preside è troppo furbo per farsi mettere nel sacco da tre studenti, per quanto geniali possano essere.» avevo paura che avesse ragione.
«Ehi, Mikan!» mi chiamò Anna, che si trovava due posti a sinistra davanti a me. «Stasera, io e Nonoko pensavamo di passare un po' di tempo nel dormitorio dei ragazzi, per vedere che tipo è questo nuovo studente,» guardò l'amica con la coda dell'occhio e lei annuì. «forse verranno anche Sumire e Wakako, ma Hotaru mi ha già detto di no, lei aspetta domattina. Noi non resistiamo alla curiosità! Tu che fai?» era un po' di tempo che non stavamo un po' tutti insieme, e non avevo voglia di tornare in camera mia sapendo che sarei stata sola.
«Vengo con voi.» risposi. Lei sorrise, emettendo un urletto di gioia.
«Fantastico!» strillò poi, attirando l'attenzione di metà mensa su di sé. Arrossì. Parlò a voce più bassa, sporgendosi verso di me. «Andiamo subito dopo cena. Hanno una grande sala d'aspetto al primo piano, e questo ragazzo nuovo dovrà passare per forza di lì.»
«Gli tendiamo un agguato.» specificò Kitsuneme, ghignando. «Il primo regalo dai suoi nuovi compagni di classe.»
«Non sarà un po' stressato dalla cosa?» chiesi, ricordandomi come ero stata accolta nella classe, diversi anni prima. «Forse sarà stanco.»
«Sì, beh... sai, com'è...» cercò di spiegarmi lui, gesticolando. «È il rito di iniziazione. Ognuno dei nuovi ci deve passare. L'hai fatto anche tu, ricordi?» deglutii al ricordo di cos'avevo passato nella foresta e di Mr. Bear. Lo ritenevo spaventoso quasi come JinJin, e lui era in assoluto la persona più spaventosa del mondo: su questo non avevo dubbi. «Questo sarà il suo.»
«E in cosa consisterà?» chiese Nonoko, interessata.
«Gli faremo prendere un bello spavento!»
Lei, però, sembrò piuttosto delusa. «Tutto qui?»
«Beh, che pretendi? Arriva stasera non possiamo organizzare qualcosa di più complicato! E poi abbiamo le illusioni di Yuu, sarà spaventato a morte, te lo prometto.»
Sentii Nonoko borbottare sul fatto che era proprio quello che la preoccupava. Quando ci alzammo mi presero da parte e mi trascinarono un po' lontano dai ragazzi. «Che ne pensate?» chiese lei, dubbiosa. «In questo modo non ci presenteremo certo nel migliore dei modi. Saremo solo gli stupidi che hanno fatto paura a quello nuovo quando stava morendo di sonno.»
«Penso che Yuu si rifiuterà.» le feci notare io: in fondo, Yuu non avrebbe mai potuto fare paura a qualcuno di spontanea volontà. Non era il tipo.
«Penso che abbiano già escogitato un modo per convincerlo.» mi contraddisse Anna. «Erano piuttosto sicuri. Cosa pensate che ne verrà fuori?»
Essere spaventosi era il classico modo di presentarsi, o almeno così mi avevano spiegato quando ero diventata parte integrante della classe, dopo varie peripezie. «Non lo so.» ammisi, sospirando. «Avete qualche idea?»
«Non complottate contro di noi.» ci rimbeccò Koko, sbucando dietro la spalla di Nonoko. «Abbiamo un piano geniale che non abbiamo il tempo di spiegare nei dettagli.»
«Parla.» lo incitò invece lei, incrociando le braccia al petto.
«La prima parte vi riguarda, ma... promettete di non rovinare tutto.» si intromise Kitsuneme, facendo l'occhiolino ad Anna. «Sarà uno scherzo coi fiocchi.» poi lanciò una strana occhiata al suo migliore amico.
«Va bene.» cedette Anna, con lo sguardo basso. «Cosa dobbiamo fare?»
«Solo dirci quando arriverà.» spiegò Koko, con semplicità. «Tu» indicò Nonoko «e Mikan sarete le nostre spie. Una di voi torna indietro, mentre l'altra resta a sorvegliarlo, magari lo tiene anche occupato per un po', d'accordo?» io e la mia amica annuimmo. «Così, magari, abbiamo il tempo di perfezionare i dettagli. Da te Anna abbiamo bisogno dei tuoi dolci, o almeno di spiegare a Yuu come dovrebbe sembrare in modo che sembri vero. Partiamo.»
«Mi domando cosa abbiano in mente.» sospirò Nonoko, mettendomi una mano sulla spalla, mentre loro si allontanavano, e trascinandomi dietro un cespuglio. «Però se sarà divertente e ne varrà la pena, allora non dovremo picchiarli.» mi fece l'occhiolino e io capii che scherzava.
«Cosa facciamo, quando arriva?» in effetti quella parte del piano era piuttosto nebulosa. Lei alzò le spalle, tranquilla.
«Io torno indietro per avvisarli, e tu ti inventi qualcosa per trattenerlo finché non torno e ti dico che è tutto okay.» spiegò lei, con un dito rivolto verso di me. «Così sarà tutto perfetto.»
Io deglutii: non ero un buon diversivo. «Non possiamo fare il contrario?» quasi temevo la risposta.
«Tu sei brava a parlare con le persone.» mi disse lei, con convinzione. «Io non ne sarei capace!»
Sbattei le palpebre: brava a parlare con le persone? «Lo pensi davvero?»
«Certo.» assicurò lei, sorridendomi. Poi indicò spasmodicamente un punto alle mie spalle, muovendo il dito su e giù a una velocità impressionante. «Eccolo, lì! È un ragazzo! Dev'essere lui!»
Mi accorsi di avere la bocca secca: il piano dipendeva unicamente da me. «Sei sicura?» sperai che dicesse di no, ma lei scappò via, in direzione del dormitorio maschile. Era inevitabilmente il mio turno di rendermi utile per la classe. Mi tirai su di scatto, in cerca di forza di volontà, e urlai quando mi ritrovai faccia a faccia con un ragazzo. «Sei... sei il nuovo studente?» chiesi, dopo averlo sicuramente spaventato a morte.
Lui si schiarì la gola. «Mi hai fatto prendere un colpo.» disse lui, appoggiandosi una mano sul petto. «Sono io, tu chi sei?»
«Sakura Mikan.» mi presentai, tendendogli la mano. Lui la fissò, sospettoso.
«Sei il comitato di accoglienza, Sakura Mikan?» chiese lui. Aveva una voce che metteva i brividi, non so se era per via del buio, o perché era proprio lui che aveva una voce terrorizzante.
«Beh...» cercai di trovare una buona risposta. Meglio la verità. «più o meno... come ti chiami?»
«Tanaka Yahiro.» rispose, ma non mi strinse la mano. «Posso sapere perché mi aspettavi qui al buio, Sakura Mikan?»
«Non c'è bisogno che mi chiami col mio nome per intero.» gli assicurai io, non era necessario essere tanto educati. «Chiamami pure Mikan. Ti aspettavo qui perché...» sospirai, anche se sarei sembrata una specie di stalker. «non vedevo l'ora di conoscerti!»
Lui sembrò sorpreso. «Perché?»
«Beh, sei il primo studente adulto che si trasferisce da quando sono qui. Tutti quanti sono ansiosi di conoscerti, e hanno mandato me per vedere quando saresti arrivato.»
Yahiro sembrò rilassarsi un po'. «D'accordo...» emise un sospiro quasi esasperato. «Portami da loro, allora... solo... mi aiuteresti con i bagagli?»
Solo allora vidi Nonoko arrivare di corsa. «Siamo pr... ciao!» rivolse al nuovo arrivato un sorriso raggiante e gli porse la mano. Lui gliela strinse, spingendomi a chiedermi per quale motivo aveva rifiutato di farlo con me. «Sono Ogasawara Nonoko, piacere di conoscerti.» anche lui si presentò con un sorriso. «Ti stanno aspettando tutti, vieni, coraggio!» gli prese una borsa dalla spalla, lanciandomi un'occhiata nel frattempo: doveva essere tutto quanto pronto. Mi chiesi se la festa di benvenuto avrebbe fatto paura anche a me. In un certo senso, temevo proprio che fosse così.

*****

Rieccomi dopo un tempo relativamente breve XD. L'orario è barbaro, rispetto al solito, ma non ho potuto fare diversamente XD
Oggi sono poco loquace, quindi grazie per aver letto :)

Inoltre, ringrazio tutte le persone che hanno inserito la mia storia tra i preferiti:

1. AkA GirL
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