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Autore: Emily Alexandre    09/09/2011    3 recensioni
È strano come il destino si diverta a giocare con le nostre vite, mescolando e confondendo le carte di un’eterna partita di cui noi, alla fine, non siamo nè vinti nè vincitori. O forse siamo entrambi.
Un antico castello scozzese, un ritratto ed un diario, una donna dimenticata ed una verità da portare alla luce.
Chi era la donna del quadro? Joséphine non può fare a meno di chiederselo: ha il suo stesso nome, le somiglia in maniera impressionante e, soprattutto, sembra essere scomparsa nel nulla senza lasciare tracce. E così inizia una caccia al tesoro dai risvolti inaspettati che porterà una sola risposta e infinite domande.
Una mini long sospesa tra un passato avvolto dal mistero ed un presente assetato di risposte.
"Mi sedetti sul letto e aprii finalmente il pacchetto: conteneva un ciondolo. Lo riconobbi subito: era quello del quadro, stessa grandezza, stesso colore, stessa forma a goccia. Lo posai con cautela accanto a me e aprii il libro con mani tremanti: era il diario di Joséphine. Con il cuore in gola per l’emozione cominciai a leggere."
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Andai alla finestra cercando di ritrovare la concentrazione necessaria per continuare la lettura, ma non fu un’impresa facile. Mille domande mi affollavano la mente ma le risposte continuavano a sfuggire. Sapevo che l’unico modo che avevo per capire qualcosa era terminare la lettura del diario, ma dentro di me aveva iniziato a diffondersi una sensazione di paura e ansia; non ero mai stata una ragazza paurosa, ma quello che mi stava succedendo...  beh, senza dubbio non era normale. Ad ogni modo, dopo una decina di minuti riuscii a riprendere in mano il diario.
 
 
“ 3 Marzo 1896
Caro diario, mancano solo diciassette giorni alla partenza. America aspettami, sto arrivando! A casa fervono i preparativi, Louis è partito, mentre non fanno altro che arrivare sarti da tutto il mondo per il vestito di mia sorella; poverini, non conoscono l’indecisione di Meg e non sanno che probabilmente il vestito lo sceglierà il giorno prima delle nozze. Le visite di Phillip si fanno più assidue e più lunghe e mi fanno molto piacere, ma non vorrei che il ragazzo si mettesse strane idee in testa su di noi, perché tra poco parto e mi dispiacerebbe dargli un dispiacere. Quando parlo di lui con Jack diventa pensieroso, forse è geloso, ma non deve preoccuparsi perché io amo solo lui. A proposito di Jack, ieri è venuto all’appuntamento con mezz’ora di ritardo, quando gli ho chiesto cosa gli fosse successo è stato evasivo e ha semplicemente detto di aver avuto un contrattempo, ma dal pallore del viso e dall’affanno che aveva credo piuttosto che sia stato male.”
 
“7 Marzo 1896
Che spavento! Per poco  non  ci hanno scoperto. Eravamo come al solito sotto l’albero quando ho sentito mio padre che mi chiamava, Jack è corso a nascondersi e io ho risposto; mi ha detto di seguirlo perché Phillip voleva portarmi in città, e purtroppo non ho avuto scelta, non ho potuto neppure salutare Jack. Quando sono tornata era ora di andare a dormire, mia madre mi ha salutata e sussurrato di stare attenta. Io non ho risposto, né chiesto spiegazioni e mai lo farò: mi dispiace lasciarla dal momento che siamo molto legate, ma la ragion del cuore non si discute e seguirò Jack anche in capo al mondo.
Magari, quando tutto si sarà sistemato, la inviterò in America; a quel punto io sarò già sig.ra Dalleyes e cittadina americana a tutti gli effetti, quindi mio padre non potrà fare niente. Ho scoperto da poco che Jack è orfano, ma una lontana zia viveva in America e per questo lui ha la cittadinanza americana. Ha diciannove anni e gira il mondo da quando ne aveva tredici, guadagnandosi da vivere dipingendo.”
 
Diciannove anni. La stessa età di Will.
Chissà cosa stava facendo in quel momento… con chi era... se mi pensava.
Era ora di cena ed eravamo stati invitati dagli amici dei miei, così mi cambiai e scesi all’ingresso; la serata fu piacevole, oltre la figlia dell’età di Elena avevano un altro bimbo più piccolo, un vero amore. La casa era molto bella, moderna ma non troppo, e la cena  fu squisita… non mi resi quasi conto del passare del tempo, presa com’ero dai tre bambini, e quando tornammo si era fatto molto tardi e io ero stanca, così mi misi a dormire. La mattina dopo andai con Elena a raccogliere frutta dagli alberi del frutteto lì vicino, poi assecondai mio padre che faceva foto ricordo a tutto e tutti. Qualunque cosa per distrarmi dal pensiero di Will.
In quel momento, solo in quel momento, potevo capire cosa provava Joséphine lontana da Jack. In quel momento sentivo l’angoscia dell’attesa…
Dopo pranzo decisi di andare a leggere il diario nel luogo degli incontri tra Joey e Jack, proprio sotto l’albero dove si erano scambiati promesse, fatto progetti e dove erano sepolti. 
 
“14 Marzo 1896
Oggi Jack si è sentito male: eravamo sotto l’albero quando ha cominciato a tossire e a perdere sangue dalla bocca, in preda al panico l’ho fatto sdraiare e, dopo un po’, si è sentito meglio; mi sono fatta promettere che sarebbe andato dal medico.
Non so più che pensare, quel sangue non era certo un buon segno..
Lui è evasivo, ma fiducioso, e io lo sono con lui…
Ad ogni modo tornata a casa ho trovato mio padre ad aspettarmi e mi ha accolta affermando che presto ci sarebbero stati dei cambiamenti per me. Non so a quali cambiamenti si riferisse lui, ma sicuramente ce ne saranno: l’America, il matrimonio con Jack e la fattoria che porterò avanti.”
 
Cercai di immaginare la scena: Jack seduto sotto l’albero, Joey che lo raggiunge, gli abbracci, i baci, i sorrisi, gli sguardi complici… era felice; lui era malato ma, per il bene della ragazza che amava, cercava di nasconderlo. Eppure non riuscivo a non chiedermi se non ci fosse dell’egoismo in quel gesto: quanto poteva sperare di vivere, la sola idea di sopravvivere al viaggio era folle. E poi, cosa ne sarebbe stato di Joséphine? L’avrebbe abbandonata sola in un mondo sconosciuto, una ragazza che della vita non aveva visto nulla... La amava, sì, e lei avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui, ma era così giovane e sconsiderata dopotutto. Lui no, era un uomo adulto. C’era, in quel suo comportamento, una nota stonata, qualcosa che non mi piaceva, ma non potevo cambiare il passato, potevo solo cercare di comprendere l’amore che li legava e che li aveva convinti che tutto sarebbe andato bene.
Probabilmente, anzi, sicuramente, il padre aveva deciso il matrimonio tra lei e Phillip; Joséphine non l’aveva capito, così presa dal viaggio e dall’amore, ma Jack sì, e le occhiate non erano di gelosia, ma di preoccupazione.
 
“ 16 Marzo 1896
Oggi Jack non è venuto all’appuntamento, l’ho aspettato, ma poi si è fatto tardi e sono dovuta tornare a casa. A cena è venuto Phillip con i genitori: la madre mi ha riempito di complimenti dicendo che ero splendida e raffinata, sembrava addirittura compiaciuta, il padre e mio padre si scambiavano occhiate complici, Meg ci ha definito una bella coppia e la mamma sembrava imbarazzata, anche se cercava di non darlo a vedere, mentre l’imbarazzo mio e di Phill si notava molto. Peccato che Louis non ci sia stato perché mi avrebbe potuto dire cosa stava succedendo; anche se in realtà non m’interessa molto: sono preoccupata per Jack, non vorrei si sia sentito male di nuovo.”
 
“ 17 Marzo 1896
I miei dubbi e le mie paure purtroppo erano fondati, Jack non era stato bene, me l’ha detto questo pomeriggio. Era molto pallido anche oggi e gli ho chiesto se fosse andato dal medico, lui mi ha risposto che non aveva niente, ma io mi sono arrabbiata moltissimo, abbiamo litigato  e me ne sono andata. Jack mi ha rincorso e mi ha promesso che ci sarebbe andato oggi stesso, ma non so se credergli; vorrei andare io, ma non conosco bene i sintomi, né posso andare con lui perché il medico si insospettirebbe e andrebbe subito da mio padre. Mi sento impotente. Ho paura. Stringo tra le dita la collana come fosse un talismano, eppure se prima mi infondeva fiducia ora la cupa fine della sua antica proprietaria si stende su di me come un velo macchiato di sangue.”
 
Stavo male per lei, il suo sogno si stava poco a poco sgretolando. Quando tornai alla torre presi il ciondolo e lo rigirai tra le dita: Joey aveva ragione, il sangue di Anna Bolena sembrava tingerlo di riflessi rossi... Forse era solo suggestione, forse stavo impazzendo, eppure ogni volta che lo avevo tra le mani sentivo come un brivido. Nessuna donna che l’aveva posseduto era morta felice.
17 marzo, di lì a poco avrei risolto il mistero, o almeno una parte. Si era fatto tardi, andai a cena, ma dovetti interrompere la lettura per tutto il giorno successivo perché avemmo avuto da fare; erano gli ultimi giorni ormai e eravamo presi dalle cosiddette “ultime cose”… gite, compere, foto, tè a casa di amici.
La mattina, appena sveglia, vidi Hermione sistemare un mazzo enorme di rose bianche e gialle sul tavolino, proprio come aveva fatto la madre di Joséphine.
Mi alzai e non ci fu bisogno di leggere il biglietto per capire chi le mandava: Will era tornato!
Lasciai rose e biglietto sul tavolino, mi vestii velocemente e andai in cucina; lui era lì. Mi sorrise e uscimmo all’aria aperta: involontariamente ci trovammo sotto il grande albero.
Mi raccontò del suo viaggio a Londra, della sua vita, e io gli parlai della mia a Roma; il tempo scorreva senza che neppure me ne accorgessi e, forse per il nervosismo, non stetti zitta un solo secondo.
Dopo un po’ lui mi poggiò il dito sulle labbra per dirmi di tacere, mi prese il viso tra le mani e… ci baciammo.
Fu dolcissimo, speciale... volevo non finisse più.
E ci baciammo ancora, e ancora, e ridemmo, e ci baciammo, e parlammo, e ci baciammo ancora, mai stanchi, immensamente felici.
Forse la nostra sarebbe rimasta solo un’avventura estiva, ma stavo così bene con lui, specchiarmi in quegli occhi chiari e limpidi, giocare con le ciocche bionde del suo capo poggiato sulle mie gambe, parlare e ridere di tutto, viaggiare lontano. Condivisi con lui il mistero di Joséphine, istintivamente, perchè sapevo di potermi fidare e perchè avevo bisogno di confrontarmi, di sfogarmi, anche solo di condividere quello che stavo vivendo.
Ci separammo quando ormai la sera era calata su di noi, ma nonostante desiderassi trascorrere ancor più tempo con lui, sapevo anche di avere un compito da completare.
Tornai alla torre: avevo un mistero da svelare che non poteva aspettare più.
Salii in camera, presi il diario. Mancavano solo poche pagine.
Così poche.
 
                                 
“ 18 Marzo 1896
La mia vita è finita!
Questo pomeriggio ho raggiunto Jack e l’ho trovato con tela e colori; mi ha detto che voleva farmi un ritratto che avrebbe ornato la nostra nuova casa. Mi ha donato uno splendido vestito rosso che mi ha detto essere all’ultima moda americana, e io, coperta da un telo, l’ho indossato. Il giorno prima mi aveva anche detto di indossare lo zaffiro; avevo tentennato a quella richiesta, ho scoperto che non mi piace averlo al collo, ma non sono riuscita a negargli quella piccola richiesta.
Dopo qualche ora il ritratto era finito ed era splendido come il primo, solo che ero io, molto più che nell’altro, ero viva, trasmettevo emozioni e non ero una bambina.
Solo una nota stonava: i miei occhi erano tristi. Gli ho chiesto perché li avesse dipinti così tristi e mi ha risposto che erano la copia esatta dei miei; in effetti ero triste, un po’ perchè comunque  stavo per lasciare la casa, le persone e i posti a me più cari, un po’ per quella dannata goccia della Bolena. Ma non gliel’ho detto, mi sono limitata a declamare la mia gioia per la futura vita insieme.
Ha firmato il quadro e ha messo la data di domani perché sarebbe stato l’ultimo giorno trascorso in Scozia.
‘A Joséphine, con amore…Jack. 19 Marzo 1896’
Dopo ci siamo baciati, e credevo che niente avrebbe potuto spezzare quella felicità, ma mi sbagliavo: il mio unico, vero amore si è sentito nuovamente male; era peggio del solito, non riusciva a smettere do tossire e respirava male, così mi ha detto di prendere il quadro e andare a cercare aiuto. Sono corsa a casa e fortunatamente ho trovato Louis, quasi fosse stato un dono dal cielo. Gli ho detto che Jack stava male: lui è corso insieme ad altri servi, mio padre li ha visti e li ha seguiti, ma prima ha ordinato di chiudermi in casa. È stato tutto così frenetico, attimi interminabili.
Sono andata in camera con mamma e Margaret, io ero sul letto, la mia testa era come svuotata da ogni sensazione che non fosse la paura, non sapevo cosa fare, così mi ho iniziato a pregare. Mia madre e Margaret piangevano; dopo cinque ore che mi sono sembrate un’eternità, Louis è tornato. I suoi occhi trasmettevano ciò che il suo cuore non aveva il coraggio di dire: Jack era morto. Tubercolosi, mi disse più tardi.  Mi hanno abbracciato tutti e tre, ma io ero immobile. Che stupida ero stata a non accorgermene prima.
Tubercolosi. Che sciocca a non insistere perché si facesse visitare.
Tubercolosi. E io avevo creduto al cambiamento d’aria.
Dopo un po’ mi hanno lasciata sola raccomandandomi di dormire, ma io sono rimasta sul letto con i due quadri davanti a me, a pregare che fosse tutto un brutto sogno e che mi sarei svegliata tra le braccia di Jack. Sono successe così tante cose da quel 29 Dicembre… così tante... e io sono così stanca.”
 
“ 19 Marzo 1896
Oggi compio sedici anni, ma invece di festeggiare con Jack, come avevamo progettato, l’ho seppellito.
Appena sveglia sono andata nella Sala Bianca: c’erano tutti, i miei genitori, Louis, Margaret, Vincent; mio padre ha affermato con aria truce che avevo fatto una cosa grave e che andava dimenticata, poi è uscito. Gli altri sono venuti con me a seppellire Jack e, quando Louis ha cominciato a ricordarlo come un ragazzo adorabile, dolce, gentile, ho pianto tutte le lacrime che mi ero tenuta dentro.
Non avrei mai più sentito la sua dolce voce che diceva di amarmi. Non avrei mai più visto il suo dolce sorriso. Non mi sarei mai più persa nel mare dei suoi occhi. Non avrei mai più sentito il calore del suo corpo.
Non gli avevo neppure detto addio.
Lui era lì, gelido. Ho gettato un giglio sulla sua bara pensando che lui non l’avrebbe mai visto, che lui non avrebbe mai più visto nulla. Ho nascosto il diario e il ciondolo, nella speranza che il sogno si avveri.
Addio amore mio, con te se ne va anche la mia vita…”
 
Finisce così il diario di Joséphine, il suo ultimo desiderio è stato esaudito.
Io, però, non avrei mai saputo come era morta lei. Aveva portato con sé il suo segreto…
Crollai sul letto. Fino alla fine avevo sperato in un qualunque segno che mi potesse far capire, ma niente..
Non sapevo cosa fare. Mi sentivo persa. Andai in bagno, mi lavai il viso e mi recai dall’unica persona che poteva aiutarmi: Will.
Corsi per tutto il paese. Una corsa che mi sembrava non finire mai e soprattutto con il terrore che non fosse in casa.
Per fortuna lo trovai e dovevo avere ancora un’aria strana perché subito mi chiese cosa avessi; mentre tornavamo al castello gli dissi di come il diario finisse con il funerale di Jack.
Comprese immediatamente il mio stato d’animo, mi fece calmare e molto sensatamente mi disse che, forse, qualcuno avrà voluto che Joséphine fosse ricordata, qualcuno come… la madre!
Aveva ragione.
A mentre lucida aveva capito quello che io ero troppo sconvolta per comprendere.
Ci precipitammo alla tomba di Christine McCarter; Will la perlustrò in lungo e in largo e, quando cominciavo ormai a dubitare, provò a muovere la lapide e quella si spostò. Rivelò una nicchia che conteneva  un astuccio di pelle: le mie mani tremavano mentre lo afferravo tanto che mi abbracciò, cercando di infondermi fiducia. Quando trovai la forza di aprirlo scoprii che conteneva il racconto della morte di Joey scritto dalla madre, da Margaret e da Louis.
Andammo sotto l’albero e lui aspettò che io leggessi.


Note: un capitolo ancora e l'avventura sarà finita. So che è breve, so che è molto descrittiva, introspettiva, poco dialogata, ma così era in origine e non me la sono sentita di cambiarla. Spero ad ogni modo che la storia vi stia continuando a piacere... Grazie infinite a chi ha commentato, a chi sta silenziosamente seguendo la storia, grazie a chi rimarrà con me e Jo fino alla fine.
A presto, con il mistero svelato.
Com'è morta Joséphine?

   
 
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