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Autore: Arwen297    10/09/2011    13 recensioni
Quando l’unica ragione della tua vita è condannata ad una morte così atroce cosa puoi fare se non seguirla? Con quale forza potrei mai in futuro affrontare la vita, con il suo ricordo scavato nel mio essere?
One Shot in ricordo delle vittime dell'11 Settembre 2001
Veloce comparsa di Amy e Marta.
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai | Coppie: Haruka/Michiru
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Nessuna serie
- Questa storia fa parte della serie 'In memoria degli angeli '
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The Angel of the Towers

Idea di Arwen297  – Personaggi di Naoko Takeuchi

Dedicata alle vittime della tragedia
Che ha colpito l’America
l’11 Settembre 2001.


Oggi è l’11 Settembre 2001, sono negli uffici del giornale sportivo presso il quale lavoro, con sede nel Building 72 di Liberty Street, Lower Manhattan. I raggi del sole illuminano la mia scrivania coperta da bozze di articoli di giornali, ormai pubblicati, mescolate a quelle che devo consegnare entro la fine della settimana, la luce filtra attraverso la vetrata del mio studio dopo essersi infilata tra le Torri Gemelle che occupavno tutto il mio orizzonte. Lavorare in quest’ufficio mi riempe di orgoglio, mi fa sentire al centro dell’universo, anche se in realtà il centro del mondo è da tutti associato a quei due mostri di cemento e acciaio che posso osservare seduta comodamente alla mia scrivania. Questa mattina sono giunta in ufficio alle otto e mezza, mezz’ora di anticipo sul mio normale orario lavorativo, questo per cercare di portarmi avanti con gli articoli in modo da non giungere esaurita a questo venerdì. Bionda con gli occhi verdi, fisico androgino, sono consapevole di rappresentare il desiderio di ogni donna che ho incontrato durante la mia esistenza. E questo oltre a divertirmi, mi lusinga. Sono riuscita ad evitare il matrimonio con una pazza isterica quando ancora risiedevo nel Wiscosin. Si Avete capito bene, mi stavo per sposare con una donna. Sono lesbica, problemi? In alto, a destra del tuo fottuto schermo c’è una croce rossa. Sei pregato di cliccarla, e di portare il tuo brutto muso lontano da queste parole. Degli omofobi come te non me faccio un cazzo.
Di cosa vi stavo parlando? Ah si! Di quella pazza isterica che ha tentato di incastrarmi con il matrimonio quando ancora non ero una cittadina di New York. Da allora ho avuto molte donne e molte altre storie, durante al massimo qualche mese. L'unica eccezione a tutte loro è stata Michiru Kaioh, la mia attuale compagna, manager del punto vendita Tiffany e Co. che si trova esattamente dieci piani sotto al mio ufficio. Entrambe gelose della nostra indipendenza, siamo giunte a validi compromessi per rendere il nostro rapporto duraturo nel tempo. Ci vediamo tutti i giorni, ma per scelta che sta bene ad entrambe, conviviamo solamente nei week and. L’unico incontro giornaliero si riduce al pranzo, che puntualmente consumiamo insieme, poi il resto della giornata ognuna di noi lo trascorre immersa nei propri impegni e nelle proprie passioni. Troppo egoiste per sacrificarci a favore della nostra storia d’amore. Io fin da quando ero al Liceo e poi al Collage amo le moto e le corse motociclistiche, e appena ne ho l’occasione non perdo la possibilità di salire in groppa alla mia bambina, una Ducati Desmo 16 nera e argentata, correre mi fa sentire libera, un tutt’uno con il vento. Può sembrare strano ma a volte mi sembra quasi che lui mi parli. Michiru invece è la parte mondana della coppia, nel tempo libero è sempre impegnata con i concerti di violino in cui non ha eguali, se non ha concerti da svolgere cercava comunque di presenziare a qualsiasi evento cinematografico, di musica o di teatro per cui New York è elogiata – giustamente – in tutto il mondo. Viviamo la nostra intimità nel fine settimana.
Quando alle 8.45 il volo numero 11 del American AirLines colpisce la Torre Nord, io ho appena finito di espandere una delle bozze dei mie articoli, lo schianto produce un boato così assordante che per garantire l’incolumità dei miei timpani porto istintivamente le mani a proteggermi le orecchie. Ancora incapace di definire con precisione la causa di quel rumore così forte mi giro verso la fonte di tutto quel casino, mi avvicino alla finestra e comprendo in fine che c’è stata un’esplosione in cima alla Torre Nord. Le mie iridi si imbattono in una nuvola di fumo nero, misto a fuoco e fiamme, una visione quasi infernale, dalla finestra del mio studio leggermente aperta si diffonde un odore acre, che va a mischiarsi con lo smog e l’odore di fritto delle bancarelle che vendeno cibi poco salubri lungo le strade. Il risultato di questa unione è molto simile al gasolio, ma non è certamente la stessa cosa. Questo è l’odore della morte.
Alle 9,03 quando il secondo aereo colpisce la torre Sud sono in strada che discuto con alcuni miei colleghi e conoscenti, stiamo cercando di capire cosa stia accadendo, intorno a noi il caos più completo: grida, pianti…sembra di essere protagonisti di un film ad alta tensione, ma purtroppo questa non è la scena di nessun film, è la pura e tragica realtà. Di fronte a questo secondo impatto la maggior parte delle persone corre per allontanarsi il più possibile da quei mostri che pian piano stanno andando in fiamme, trasformandosi in un inferno. Sono pienamente cosciente che prima di allontanarmi il più possibile dalla zona, devo trovare Michiru, non posso lasciarla qui, quando molto probabilmente è totalmente ignara di ciò che sta accadendo presa com’è dai problemi del suo punto vendita, mi dirigo correndo verso il negozio dove lei lavora, le sue colleghe stanno tirando giù le saracinesche, ma non mi fermo a quella visione, entro nel negozio con la potenza di un uragano.
“Dov’è Michiru?” chiedo ad alta voce, con un groppo in gola mentre le mie iridi saettano da un volto all’altro alla ricerca di colei che amo. Sono tutte qui, ma la mia Sirenetta no. “Dov’è?” chiedo una seconda volta, la mia voce ha quasi un tono isterico, arrabbiato. Spaventato. “Dov’è?” chiedo per una terza volta, a quell’ennesima richiesta di informazioni si fa avanti Marta, una biondina americana collega della mia compagna, sembra tremare come una foglia mentre compie qualche passo nella mia direzione uscendo dalla penombra del negozio. “E’… è uscita… aveva una riunione importante con uno dei nostri più importanti clienti…è al World Trade Center” sussurra con un tono di voce pari a un fruscio. Queste parole hanno su di me l’effetto di una doccia fredda, devo trovarla, a qualsiasi costo. “Michiru è la in mezzo?” il mio gridò sovraumano aumenta se possibile ancor di più la tensione che si respira qua dentro. “In mezzo a quell’inferno?” non ci posso credere, questo è sicuramente il peggiore dei miei incubi più reconditi. Michiru cazzo con tutti i giorni che avevi per la riunione proprio oggi dovevi andare. Non posso fare a meno di pensare ciò. “Dove Marta? A che piano è? in quale Torre??” chiedo cercando di ricacciare indietro il glaciale terrore di non rivederla più, e all’improvviso capisco quando sia stato stupido da parte nostra non sfruttare tutto il tempo a nostra disposizione per vivere la nostra storia. Con tutte le persone malvagie in questo mondo, proprio lei deve essere li in questo momento? Marta mi fissa con i suoi occhi azzurri colmi di lacrime, so quanto sia legata a Michiru, soffre quanto me.
“E’ all’ultimo piano della Torre Sud. Mi dispiace Haruka, mi dispiace davvero.” Mi dice lei abbassando lo sguardo. Senza sentire altro mi volto e raggiungo l’ingresso del negozio, la fiumana di gente è impressionante, sembra un fiume in piena riempe l’intera via dilagando in parte anche nelle corsie riservate alle automobili. Il caos regnava sovrano, le sirene entrano nel cuore delle persone e sovrastavano tutti i rumori circostanti, tutti tranne uno. Il rumore del fuoco che lambisce le strutture in ferro e cemento delle due colonne che uniscono la terra al cielo, è ancora vivido, presente e soprattutto terrificante. Avanzo lentamente, in fondo credo di essere una delle poche a muoversi in direzione dei due grattaceli, e tutte queste persone hanno la forza trascinante di una corrente d’acqua, mentre continuo a camminare e spingere a gomitate chi mi si para davanti, prendo il mio telefono e la chiamo, uno, due squilli e poi la segreteria telefonica, con il telefono all’orecchio continuo ad avanzare mentre il mio dito schiaccia freneticamente quel piccolo tasto verde nella speranza che primo o poi Michiru risponda.
Quando giungo nei pressi dell’entrata principale del World Trade Center osservo con un po’ di sollievo che sono già arrivati i pompieri, alcuni si preparano per entrare nella torre, altri entrano dentro proprio sotto i miei occhi. Giovani uomini, padri di famiglia che nonostante le speranze di salvezza siano minime non si sottraggono al loro dovere, ma cercano invano di salvare più persone che possono. Il cellulare della mia Michi però, alla mia ennesima chiamata non squilla più. E’ spento. Una tristezza, che in seguito sfocia in un dolore puro, devastante mi pervade, le gambe non mi sorreggono più, sono costretta ad inginocchiarmi in terra, il palmo della mano sinistra aperto a contatto con il nero dell’asfalto, la mano destra chiuso in un pugno che colpisce il suolo con un’ira funesta, e soprattutto impotente, mentre piccole gocce salate cadono tra le due. In questo preciso istante, a circa due metri da dove sono io cade un corpo umano, lo schianto e degno dei migliori film horror, il rumore delle ossa che si spezzano e della carne umana sfracellata giungono chiare alle mie orecchie, mentre schizzi sanguinei e frammenti di ossa mi colpiscono in pieno viso. Questa visione così terrificante fa si che in me torni un po’ di lucidità, volgo il mio sguardo verso l’alto, alla colonna di fumo che brandisce le torri, vedo altri corpi di disperati che cadevano nel vuoto, non so neanche io cosa mi spinge a chiedere a Dio di far si che la mia Michiru trovi la forza necessaria per fare ciò che sta facendo la maggior parte delle persone intrappolate nei piani al di sopra dell’incendio, qualsiasi cosa purché non bruci viva, morendo in un modo così atroce. Non degno di una creatura così dolce e aggraziata. Trovo anche la forza per alzarmi nuovamente in piedi, ma prima di poter anche solamente realizzare cosa posso fare, come posso raggiungerla, due Vigili del Fuoco mi raggiungono e mi afferrano quasi di peso intimandomi di allontanarmi da quella zona per preservare la mia incolumità.
“La dentro, c’è la mia donna!!!” urlo disperata con le lacrime che tornano nuovamente a far breccia nei miei occhi “Lasciatemi andare, devo raggiungerla!” probabilmente le mie parole sembrano quelle di una pazza al di fuori di se stessa, e forse è proprio così. Ma quando l’unica ragione della tua vita è condannata ad una morte così atroce cosa puoi fare se non seguirla? Con quale forza potrei mai in futuro affrontare la vita, con il suo ricordo scavato nel mio essere?
Mi guardo intorno e dopo qualche istante vedo un piccolo vicolo cieco che divide due palazzi, lo raggiungo e dopo aver compiuto qualche passo verso la sua fine tiro nuovamente fuori il telefono in quello che è un ultimo, disperato tentativo di mettermi in contatto con lei. Niente. Spento. Dolorosamente Irraggiungibile. Come il mio cuore dopo questa mattina.
Improvvisamente però intorno a me sento una brezza leggera, innaturale oserei dire visto che l’aria e calda, piatta, soffocante. Un sibilo molto simile a quello del serpente a sonagli giunge alle mie orecchie, spingendomi a volgere lo sguardo verso l’alto. Una decina di metri sopra di me scorgo una figura diafana, quasi trasparente sembra fatta d’acqua con due ali trasparenti da libellula, il viso coperto da una mascherina di quelle per carnevale, intorno a me i giornali vecchi volano impazziti quasi in preda di un uragano. Man mano che quella figura scende temo il peggio, chissà perché il mio pensiero crede che quella è Michiru, il mio dolce angelo venuto a salutarmi per un ultima volta prima di lasciare per sempre questo mondo. Quando quella strana visione arriva a terra però, la mia visuale registra tra le sue braccia un corpo inerme, il volto arrossato e sporco di cenere, i vestiti bruciati in più punti e scottature che non sembrano gravi sulla sua pelle candida. Quei capelli così simili al mare che tanto adoro accarezzare. La figura quasi invisibile mi fissa in silenzio, le sue forme si fanno più nitide pur rimanendo quasi trasparenti, davanti a me ho un corpo di ragazza sui diciotto anni, i capelli cortissimi di uno scuro blu, dopo qualche istante la maschera scomparve dal volto di quell’ancestrale creatura di cui non credo, anzi ignoro la vera esistenza. Quegli occhi blu così identici a quelli di Michiru non li dimenticherò mai e poi mai. “Lei non merita una morte così atroce, portala via. Mettetevi in salvo finché siete in tempo” Mi dice la ragazza. “Non parlare di questo incontro, ti prenderanno solamente per pazza, e poi morirete entrambi se solo pensi di farlo” continua “Ora prendila e corri, il tempo che vi rimane e veramente poco, se indugi ulteriormente potreste non farcela”.
Appena sento la presenza del corpo della donna che amo tra le braccia, la forza della disperazione mi spinge a correre per la strada ormai totalmente deserta a parte la presenza di qualche disperato che spera ancora di veder comparire sull’ingresso i propri cari.
Sono le 10,07 quando la Torre Sud del World Trade Center collassa su se stessa cadendo rovinosamente a terra, noi siamo sull’autoambulanza già da qualche minuto, i medici si prendono cura della mia dolce Sirenetta, le scottature non sono gravi, e i parametri sono ottimi anche se lei non ha ancora ripreso conoscenza. Ha la maschera di ossigeno per aiutarla a respirare dopo tutto il fumo che ha inalato. Alle 10.28 anche la seconda e ultima torre si arrende al suo destino, portando con se le vite di migliaia di innocenti.

Fine Flash Back.

Sono passati ormai dieci anni da quella tragica mattina, sono seduta qui sulla poltrona, io e Michiru ci siamo finalmente sposate, e grazie alle due torri abbiamo capito che forse possiamo mettere da parte il nostro egoismo per permettere ai nostri sentimenti di manifestarsi ogni volta che ne sentiamo bisogno, senza aspettare i week and. Sulla televisione passano le immagini di quei terribili attimi, seguiti dai giornalisti che parlano della cerimonia di commemorazione dei caduti del 11 Settembre. Michiru è convinta che sia stato un angelo a portarla via da quell’inferno, ricorda solamente di aver sentito qualcosa che la sollevava verso l’alto poco prima di svenire poi più niente. La versione ufficiale in possesso della polizia e che io l’ho ritrovata a circa un centinaio di metri dalla torre, ma la realtà e che nessun soccorso è arrivato all’ultimo piano della Torre Sud, ne di quella Nord, e lei è l’unica sopravvissuta tra le persone che vivevano quegli attimi. Un autentico miracolo. In seguito mi ha parlato di aver avuto una sorella, morta a diciotto anni nell’incendio scoppiato repentino all’interno della scuola, si chiamava Amy. Ha ammesso di non averne mai parlato perché quel pensiero le faceva male nel profondo della sua anima, mi ha fatto anche vedere una foto di loro due insieme e, se prima possedevo qualche dubbio, ora sono perfettamente certa di chi potesse essere “L’angelo delle due torri”.







   
 
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