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Autore: Mirokia    11/09/2011    4 recensioni
-Ma non lo vedi tu stessa? Si sta per sposare! Con una donna!- fece Kurt a voce talmente alta, che le vecchie dietro di lui gli intimarono di tenere la bocca chiusa con uno “shhh” sommesso. -Sta delirando.-
-Quello che sta delirando qua dentro sei tu, razza di Hummel.- ribattè Santana, tranquillissima.
-Sarà l’errore più grande della sua vita.-
-Probabile. Mi divertirò parecchio.- ridacchiò la ragazza.

[ Kurtofsky/Possibili spoiler delle ultime puntate ]
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Dave Karofsky, Finn Hudson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Delirious

 

 

 

14. -Two plus Two.-

 

 

 

 

Kurt Hummel servì un cliente che aveva intenzione di comprare un profumo a cui erano allegati anche dei bagnoschiuma e dei trucchi e sperò vivamente che li dovesse regalare a sua moglie e non dovesse usarli per se stesso.

Era già da un’ora buona che era tornato in profumeria, e non era vero che si sentiva ‘perfettamente in forma’ come aveva detto. D’altra parte, poche ore prima gli era venuto un malore che, sì, era leggero leggero –infatti l’avevano dimesso senza troppi giri di parole-, ma era anche vero che l’aveva fatto stramazzare al suolo per poi tremare convulsamente quasi stesse morendo di freddo. E aveva quasi fatto morire di paura il povero Dave.

Adesso aveva ancora i giramenti di testa, soprattutto se pensava a Blaine. Cercava in tutti i modi di tenerlo fuori dei suoi pensieri, ma proprio non ce la faceva: il viso che gli era sembrato sempre puro e sincero gli compariva davanti agli occhi, mentre cantava Baby it’s cold outside, mentre gli dedicava Somewhere only we know al ritorno al McKinley, mentre gli chiedeva se potessero fare il duetto di Candels, e Kurt era stufo di questi continui dejà-vu. Era come staccarsi completamente dalla realtà, e perdeva la cognizione dello spazio e del tempo, e si sentiva di nuovo svenire. In effetti era svenuto un’altra volta mentre era in magazzino a cercare non si sa cosa. Fu uno dei suoi colleghi a trovarlo raggomitolato accanto a una scala a pioli, e fu un miracolo se non aveva sbattuto contro il ferro della suddetta scala. S’era svegliato grazie a un paio di schiaffi e al collega che continuava a riferirsi a lui come ‘Polly Pocket’, della serie ‘Polly Pocket sta poco bene. Ehi, Polly, svegliati, ci sei?’, poi aveva fatto finta di sentirsi ‘perfettamente in forma’, di nuovo, e se n’era tornato barcollando dietro il bancone, non prima di aver indossato la maglia col logo della sua profumeria. Era una maglietta di stoffa scadente e di un colore che faceva a pugni con i suoi stivaletti, ma in quel momento nemmeno lo sbagliatissimo accostamento di colori riusciva a distrarlo. Se ne stava altamente fregando della maglietta che gli lasciava strisce di prurito dietro al collo a causa dell’etichetta. Altamente fregando! Adesso aveva in mente solo Blaine, il suo tradimento, l’anno e passa passato a dispendere bugie e destra e a manca, il fatto che, Dio, in effetti aveva sempre avuto la sensazione che Blaine gli nascondesse qualcosa di grosso. Anche a lui sembrava troppo strano che suo marito se ne stesse più tempo fuori casa che dentro. E quelle sere in cui tornava sempre tardi. Macchè tardi, tardissimo. Kurt si svegliava, vedeva che l’orologio digitale segnava le 3.30, si girava dall’altra parte e, beh, vedeva che non c’era Blaine, ma poi si metteva a pancia in giù e riprendeva sonno, pensando che quello fosse solo un sogno, un incubo o un’allucinazione, boh. Blaine che tornava alle 4 di mattina era come una Rachel Berry che stava zitta per più di tredici secondi. E quando Finn gli aveva confidato che Rachel non aveva parlato per mezz’ora quando avevano litigato, Kurt aveva iniziato a pensare che forse sì, poteva essere possibile che Blaine alle 3 e 30 di mattina fosse ancora in giro per le strade di Lima. Magari se ne andava anche fuori città, perché in realtà non c’era niente da fare a Lima.

Avrebbe voluto che Blaine fosse come Finn. Spontaneo, sincero, un po’ buffo, incapace di mentire, incapace di sorriderti in modo così convincente da pensare che sia tu quello ad aver torto e non lui. Voleva che fosse come Finn.

Blaine però non era una cattiva persona, quello era certo. Era buono e altruista, e gli aveva dedicato un mucchio di canzoni. E non avrebbe potuto farlo se sotto non ci fosse stato almeno un minimo di sentimento. E allora perché, si chiedeva. Forse non c’era abbastanza sesso tra di loro? Forse davvero Kurt era diventato poco attraente? Forse era troppo poco uomo per uno come lui? Non lo sapeva, però stava a fissarsi nel vetro su cui stavano poggiati i depliant del negozio, chiedendosi se tutto questo fosse dovuto alla sua perdita di fascino. Guardò i propri occhi acquosi e li trovò grigi e spenti, ma forse era dovuto al fatto che, in effetti, quel pezzo di vetro non era propriamente uno specchio. O magari i suoi occhi erano diventati cangianti, un po’ come quelli di Dave.

Dave…

Si mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio e sospirò, mentre uno dei suoi colleghi lo controllava con la coda dell’occhio nel caso dovesse accasciarsi di nuovo sul pavimento.

Cercava anche di non pensare a Dave: gli sembrava egoista da parte sua in quel momento. E nemmeno si ricordava che anche lui, alla fin fine, aveva tradito Blaine con Dave. Cioè, non è che non se lo ricordasse, anche perché era successo solo la notte prima, i ricordi erano stampati in testa e chissà se se ne sarebbero più andati via. No, il fatto è che adesso non sentiva più il senso di colpa. Pensava ‘Ehi, anche io l’ho tradito andandomene con Dave’ e poi si diceva ‘Ma chi se ne importa? Ha iniziato lui.’, quasi fosse uno stupido gioco fra bambini.

E’ vero, cercava di non pensare a Dave, eppure in quel momento avrebbe solo voluto che proprio lui arrivasse in profumeria buttando giù la porta, come una specie di Superman o qualunque altro supereroe, lo prendesse in braccio come fanno i principi con le principesse, e lo portasse via in volo, lontano da Lima e da tutti i problemi legati a quella città. Va beh, proprio in volo no, magari nella sua macchina mezza scassata.

Dopo aver scosso con energia la testa, tanto che il mondo davanti a lui girò per un paio di minuti, guardò alla sua destra e vide che il suo collega, il gigante striminzito e adatto al lavoro di becchino, aveva di poco alzato la schiena e s’era dimenticato di fare lo scontrino, la testa completamente altrove.

-Mark, tua sorella…?- fece Kurt tentando come ogni giorno di instaurare una conversazione.

-Una settimana di vita.- rispose l’altro in un soffio e con gli occhi completamente asciutti. Come potevano essere tanto asciutti, degli occhi?

-Oh…Mi dispiace da morire.- mormorò Kurt, sinceramente dispiaciuto, col labbro inferiore che gli tremava. Lo stangone accanto a lui lo degnò di uno sguardo, allargò un attimo gli occhi e poi tornò a dare attenzione ai pulsanti del registratore di cassa borbottando qualcosa.

-Grazie…Hummel.- disse, e pronunciò per la prima volta il suo cognome. Probabilmente il nome neanche se lo ricordava. –Credevo… che i gay non potessero… provare sentimenti.- aggiunse sempre parlando a tratti. Kurt storse la bocca, ma non lo rimproverò. Aveva sempre pensato che quell’uomo fosse davvero troppo poco istruito per capire certe cose, e comunque era afflitto da tremende tragedie familiari, non poteva biasimarlo o, peggio di peggio, dirgliene quattro. Provò a sorridere, ma smise di guardarlo.

-Beh, spero di averti fatto cambiare idea, perlomeno.- si limitò a dire benevolo, e l’altro annuì impercettibilmente. Una cliente gli chiese un’informazione, ma quello, poverino, era troppo occupato a pensare alla sorella, così si preoccupò Kurt di rispondere alle domande della ragazza. In realtà, Kurt stava parlando coi clienti soprattutto per tenersi impegnato, per non dover stare sempre a fissare la soglia della porta della profumeria, dove una sua vecchia conoscenza s’era appostata con le braccia conserte e lo sguardo guardingo. Poi arrivò un momento in cui Kurt non ce la fece più e si assentò un attimo dagli scaffali dei profumi –fortuna che era appena arrivata Rory, la sua cara collega coi capelli rossi- e si mise di fronte all’amica con le braccia incrociate.

-Si può sapere perché mi stalkeri?- chiese quando si accorse che la ragazza faceva finta di non vederlo e continuava a guardarsi intorno.

-Di che parli?- fece quella, e tentò di non guardarlo.

-Cedez, guardami in faccia.- disse Kurt prendendo tra le mani il viso di colore dell’amica e voltandolo verso di sé. –Perché mi stai spiando? E cosa c’entri tu in questa storia?-

L’altra allontanò le mani dell’amico con fare leggermente infastidito, poi sbuffò, pronta ormai a lasciarsi scappare qualcosa.

-Senti, dolcezza, non ho idea del perché devo stare qui a controllarti. Mi ci hanno costretto.- disse infatti tornando a guardarsi intorno.

-Chi ti ha costretto?- chiese Kurt, anche se già aveva un’idea. E non si stupì quando indovinò.

-Santana. Chi altro?-

-Come ha fatto a convincerti?-

Mercedes sbuffò di nuovo, come ogni volta che veniva sottoposta a insistenti interrogatori camuffati da domande amichevoli e miti.

-Mi ha minacciata.- disse poi, e abbassò il tono di voce, quasi si aspettasse che Santana le spuntasse dietro. O che Kurt prendesse le sembianze dell’ispanica. Sì, coi capelli scuri legati in una coda di cavallo, gli occhi neri e penetranti, la pelle beige, il fisichetto da ragazzina e le tette rifatte. Mercedes ebbe una delle sue allucinazioni, e si immaginò Kurt dotato di un paio di poppe di dimensioni per niente indifferenti e per poco non vomitò lì. -Ha detto che sarebbe andata a dire a Matt che mi scambio messaggini romantici con Azimio Adams.-

Kurt fece una faccia da pesce lesso, ignorando il fatto che il povero Mark, là dentro, era in difficoltà col registratore di cassa che aveva smesso improvvisamente di funzionare e adesso chiedeva aiuto con lo sguardo ad Hummel, a Rory, o a qualunque altro essere vivente. Però non si permetteva di parlare, quello no. Probabilmente la sua gola gli si era prosciugata a tal punto da non poter lasciare uscire più alcun suono.

-Ed è vero?- fece allora Kurt, che pensò di essersi immaginato lo sguardo insistente di Mark addosso.

-Vagamente, ma se Matt lo sa, dà di matto.-

Ah, ecco che si scoprivano gli altarini. Possibile che non esistesse almeno una persona di sua conoscenza che non giocava a tradire i propri compagni barra mariti barra mogli barra fidanzati e, beh sì, barra amici. Forse Finn, forse. Non aveva la forza cerebrale per pensare a un tradimento, in realtà. Anche se, è vero, al liceo aveva uno schianto di fidanzata, e intanto pensava a quanto potesse essere sexy Rachel sotto i vestiti, ma in realtà, pensava, lo era anche sopra ai vestiti, e puntualmente pensava di dover pomiciare con lei, e si arrabbiava se si metteva con tale Jesse St. James, e le cantava Jesse’s girl per farla tornare da lui, e si scordava per un attimo di Quinn. Poi ci ripensava: Quinn era bionda e intelligente, il che è strano –vedi Brittany-, era popolare, bella,  bellissima, aveva una voce dolce come le caramelle alla frutta, tutte le carte erano in regola. E tornava da lei, lasciandosi dietro Rachel. Ma Rachel era davvero troppo attraente ai suoi occhi per passare inosservata, e andava avanti così, facendo la spola tra le due ragazze. Adesso sembrava essersi calmato, o Rachel, o niente. E non riusciva a tradirla neanche col pensiero.

-E perché non è venuta Santana di persona?- domanda alla fine non così indispensabile.

-Perché non gliene fregava niente di te.- disse senza giri di parole l’amica di colore.

-E allora perché…?-

Mercedes, ormai stanca di quelle continue domande che sembravano più che altro un interrogatorio, lasciò la sua posizione e si mise sul marciapiede.

-Senti, Kurt, non giriamoci intorno, è Karofsky che vuole tenerti d’occhio perché sei appena uscito dall’ospedale.- sbottò, e interruppe Kurt prima che potesse chiedere qualunque cosa. -E non chiedermi perché non è venuto lui di persona, perché in realtà, beh, è qui dietro a una macchina e si vergogna di appostarsi come un bodyguard all’entrata di una discoteca.-

Kurt rotolò gli occhi all’indietro e scosse la testa, e il modo in cui lo fece convinse Mercedes che quello era davvero la regina del dramma.

-Ah, pensavo ci fosse abituato.- disse ironico, poi indicò con la testa la macchina più grossa che c’era lì davanti e guardò Mercedes. Quella annuì velocemente, lasciando che Kurt camminasse a grande falcate e a braccia conserte verso quel mostro di auto e sbirciasse nello spazio tra una macchina e l’altra.

-Fai davvero pena come stalker.- mormorò Kurt, e solo in quel momento Dave si accorse della sua presenza. Altrimenti se ne sarebbe stato accucciato lì dietro col respiro corto e le punte dei piedi che gli facevano male. Qualcuno l’avrebbe scambiato per un orango tango scappato dallo zoo intento a fare i suoi bisogni.

-Jones, sei davvero un’incapace!- sbottò Dave rivolto a Mercedes, che se la sarebbe già squagliata se non fosse che Kurt la tratteneva da un braccio.

-E’ con me che devi parlare, lascia stare Mercedes.- disse subito Kurt togliendo l’amica di colore dalla visuale di Karofsky. Il che era tutto dire.

-Non ho niente da dirti, fatina.- ribattè l’altro, e voltò il capo dalla parte opposta, ostinandosi però a rimanere accovacciato e fregandosene del fatto che sembrava un bambino troppo cresciuto che giocava a nascondino.

-Potresti alzarti in piedi, di grazia?- chiese Kurt, e Dave avrebbe tanto voluto dirgli di non provare a usare quell’accezione con una montagna come lui, ma le parole gli morirono in bocca quando la aprì per parlare, e allora si mise in piedi spolverandosi giacca e pantaloni e, naturalmente, facendo finta di niente.

-Se avessi voluto una guardia del corpo, avrei pagato qualcuno, non credi?- fece Kurt una volta che ebbe il volto di Karofsky molto vicino al suo. Mercedes, adesso che aveva il braccio libero, era letteralmente scomparsa –Kurt temette che avesse usato il Mantello dell’Invisibilità per scappare senza essere vista…Aspetta, ma il suddetto mantello esisteva? Lo diceva che stava perdendo la cognizione della realtà- e al suo posto, una Santana particolarmente cazzuta si stava avvicinando a loro. Ma che diamine…? Si davano il cambio, per caso?

-Non ti sto bene io, come guardia del corpo?- disse Dave, e un po’ si imbarazzò. Kurt alzò gli occhi al cielo: si era ripromesso di non pensare a Dave, e adesso se lo ritrovava di nuovo davanti. Forse avrebbe dovuto starsene un po’ da solo. Ma ripensandoci no, non avrebbe voluto rimanere solo.

-Per essere grande e grosso lo sei.- disse accennando un sorriso. –Però dovrai vestirti…-

-Alla Man in Black?!- fece l’ex bullo, già terrorizzato all’idea.

-Ho paura di sì.-

-Allora te lo puoi sognare, Hummel.- sbottò Dave incrociando le braccia e facendo un’espressione che voleva sembrare imbronciata.

-Kurt.- lo corresse subito l’altro, e sperò che l’avesse fatto apposta. Un’ombra gli passò sul viso, e adesso si sentiva ancora più depresso.

-Sì, Kurt, come preferisci.- borbottò Dave, e notò che Hummel s’era rabbuiato, anche più di prima, e cercò di rimediare. –Senti, Kurt, io…-

-Non siete ancora marito e moglie, piantatela di litigare, per cortesia.- fece la voce estremamente sensuale, ma per Kurt estremamente fastidiosa, di Santana, una volta che fu arrivata davanti a loro.

-Vi siete date il cambio?- chiese Kurt, adesso piuttosto acido, visto che stavano venendo tutti a rompergli l’anima proprio adesso che voleva stare solo. –Non so, deve arrivare qualcun altro?- aggiunse con i palmi delle mani aperte. Santana guardò al di là della spalla di Kurt e fece una faccia leggermente preoccupata –il che non era da lei-.

-A ore diciotto.- si limitò a dire. Karofsky fu il primo a voltarsi. Diede uno sguardo, poi sospirò e si guardò le scarpe, quasi ne avesse già abbastanza di quella personcina lì che si avvicinava a loro di gran carriera. Kurt lo riconobbe, negò con la testa e fece per rientrare in profumeria.

-Kurt!- lo chiamò quello quando fu quasi arrivato ad afferrargli il braccio. –Perché non vuoi darmi l’occasione di spiegarti le cose come stanno?- aggiunse, e alla fine non riuscì a prendergli il braccio, perché quello s’era scostato di scatto. Kurt non rispose e rimase girato verso il suo negozio, dove Rory gli indirizzava uno sguardo interrogativo.

-Non voglio mentirti, Kurt, vorrei solo che parlassimo, che riuscissimo a dirci tutto.- disse ancora Blaine, e Santana fece finta di mettersi due dita in gola per vomitare. Le scene da soap opera erano decisamente l’ultima cosa di cui aveva bisogno. Dave diede un’occhiata a Santana e volle sghignazzare, almeno un po’, ma il suo sguardo tornò alla coppia che tentava di comunicare, e si sentì nuovamente fuori posto.

-Dovevi pensarci un po’ prima, non ti pare?- fece Kurt, più acido del solito, mentre guardava Blaine da sopra la spalla.

Blaine stette un attimo a bocca aperta senza sapere cosa dire, poi guardò nell’angolo a destra e cercò di parlare.

-Avevo…paura, Kurt.- disse guardando timidamente –mah- suo marito. Santana borbottò un ‘Ditemi che è solo un incubo, vi prego.’ e intanto si spostava con una mano la massa di capelli che aveva in testa. Di lì a poco se ne sarebbe andata, decise con un cipiglio.

-Courage, Blaine, courage.- rispose Kurt con tono totalmente ironico, e rise per finta, quasi a voler fargli capire che si stava palesemente prendendo gioco di lui.

-Guardami, Kurt, sto dicendo sul serio. Ti avrei perso, se ti avessi confessato le mie debolezze.- disse Blaine, e sembrava davvero patetico.

-Ma…quali debolezze? Stai parlando come se io fossi uno sconosciuto, come se non avessimo mai avuto un rapporto più o meno serio. Debolezze... A quanto pare sei davvero uno sconosciuto.- disse Kurt, e si voltò di nuovo verso la profumeria, incapace di guardare in faccia Blaine. –Senti, in questo modo stai solo complicando la situazione. Non voglio vederti, d’accordo?- e lo disse con tono pacato, ma si sentiva che faceva di tutto per fare in modo che la voce non tremasse.

-Non puoi non volermi vedere più!- esclamò Blaine e si buttò verso Kurt, come se quest’ultimo stesse scappando e lui volesse catturarlo.

-Cosa devo fare secondo te?- ribattè Kurt girandosi completamente verso il marito e guardando con la coda dell’occhio Dave che sarebbe sparito volentieri: se ne stava lì con una mano sul mento, ancora incapace di intervenire, ma anche incapace di girare i tacchi ed andarsene come se tutto quel casino non lo riguardasse. Lo riguardava, certo che lo riguardava. C’era anche il suo zampino lì, da qualche parte. –Accoglierti in casa a braccia aperte e dirti: ‘Bravo, Blaine, ben fatto. Hai davvero del Coraggio per potermi tradire. Sei così coerente, non ti smentisci mai. Vuoi un po’ di riso soffiato?’- non sapeva cosa c’entrasse il riso soffiato, ma era l’unico cibo dietetico che gli era passato per la testa.

Blaine aggrottò le sopracciglia, quasi avesse colto nelle parole di Kurt un allusione che mai per l’amor del cielo avrebbe voluto sentire.

-Aspetta…non puoi cacciarmi di casa.- disse, piuttosto serio, e con quegli occhi che non promettevano niente di buono.

-In teoria posso. Mi hai tradito. Dovrò contattare un avvocato.- disse Kurt, le labbra strette e secche, le ginocchia che gli tremavano e minacciavano di non reggerlo più. Anche Blaine strinse le labbra e allungò il passo fino ad afferrare il gomito di Kurt.

-No. Non puoi.- disse secco, quasi arrabbiato. –Guardami, Kurt! Non hai il diritto di lasciarmi fuori casa, io…-

-Non toccarmi, per favore.- disse Kurt con voce flebile, incapace di parlare più forte.

-Come puoi dirmi di non toccarti? Sono tuo marito, fino a poco fa mi abbracciavi, e…-

-Adesso basta.-

A parlare non era stato né Kurt, né Blaine, e infatti Santana smise di massaggiarsi gli occhi esasperata, e alzò lo sguardo curiosa, come quando stai guardando un film già visto e particolarmente noioso e, nel turning point, ti svegli e presti attenzione allo schermo, sperando che questa svolta renda il resto del film leggermente più stimolante.

Blaine si voltò lentamente verso la sua sinistra e finalmente si accorse di Dave, come se prima non l’avesse proprio visto. Quasi fosse stata solo una sua svista, Blaine si voltò nuovamente verso la schiena di Kurt, la sua mano che stringeva forte sul gomito del marito facendolo gemere silenziosamente.

-Basta, ho detto.- ripetè Dave con voce ferma. E si sentì tanto paladino della giustizia. A Santana scappò da ridere, guardò il suo amico e si segnò un’enorme S sul petto che, ragionò Dave, stava a significare ovviamente ‘Superman’. La ignorò e diede attenzione a Blaine, che adesso era sicuro al cento per cento che Karofsky aveva cercato di fermarlo.

-Mi chiedo per quale motivo in ogni luogo che implica la presenza di Kurt ci sia anche tu, Karofsky.- disse Blaine. Kurt sapeva che Blaine non era cattivo: poteva essere infedele, superficiale, egocentrico, ma non cattivo. E sapeva che quella non era cattiveria, anche se poteva sembrare tale. Non lo era. Voleva solo che qualcuno gli desse una spiegazione, gli dicesse perché Karofsky era sempre in mezzo, perché era entrato nella vita sua e di Kurt quando davvero non c’entrava niente.

-Lasciagli il braccio, per favore.- rispose Dave, in modo di certo non consono alla domanda. E anche quel ‘per favore’ non era consono alla sua persona. Si vedeva lontano un miglio che si sforzava di essere gentile. Blaine allentò la presa, ma non la mollò, tanto per fare un dispetto all’ex bullo.

-Ma tu che c’entri in questa conversazione? Anzi, perché sei qui, prima di tutto?- chiese ancora il damerino, e di lì a poco, forse, avrebbe anche lasciato il gomito di Kurt. Giusto perché si stava stancando di stare lì col braccio dritto.

Dave allargò le narici e ingoiò la saliva, quasi ciò che stava per dire non potesse aiutare a migliorare la situazione.

-Chiamo al telefono di Kurt, e rispondi tu. Vengo a sapere da te che Kurt ha avuto la febbre e che tu, giustamente, sei andato a fargli compagnia. Corro da Kurt in ospedale e trovo te seduto al suo capezzale, poi vengo qui per chiarire con mio marito, e ci sei tu…-

Blaine interruppe il suo discorsetto del tutto ironico e fissò gli occhi in quelli di Dave, che sembravano avergli appena comunicato qualcosa di importante. Perse improvvisamente il suo sorrisetto, che per la prima volta non era uno dei suoi sorrisi ampi, sinceri e rassicuranti, e allargò gli occhi, quasi fosse riuscito a fare finalmente due più due. Dopo aver mollato la presa sul braccio di Kurt, guardò quest’ultimo in cerca di spiegazioni e lo vide mentre abbassava il capo, incapace di aggiungere altro.

Gli occhi di Blaine divennero lucidi e increduli, e Santana mormorò un ‘Ohi ohi’ a voce fin troppo alta.

Poi fu un attimo. Nessuno si accorse dello scatto che fece Blaine, e quando era già troppo tardi per fermarlo, lo videro quasi appeso al collo di Dave mentre con le mani gli stringeva la giugulare e con le ginocchia gli assestava dei colpi veloci e potenti –non male per un damerino canterino- sull’addome e anche più in basso.

Dave, del tutto impreparato, strinse i denti quando Blaine gli tirò un calcio preciso nello stomaco, e gli mancò il respiro per un tempo indeterminato, almeno finchè non riuscì a piantare le mani sulla schiena di Blaine tirandolo via dalla giacchetta. Kurt si prese le braccia e se le strinse mentre guardava quella scena, e di nuovo un flashback gli si parò davanti: c’era lui che stava facendo un giro turistico della scuola a Blaine, che, dopo aver visto Brittany e Artie scambiare qualche battuta con Kurt, diceva a quest’ultimo che si vedeva quanto gli mancavano i suoi vecchi compagni del McKinley. Poi arrivava Karofsky, che diceva di aver interrotto il suo allenamento coi pesi perché aveva sentito che due fatine spargevano polvere fatata per tutta la scuola. E anche in quel momento. Kurt non ricordava i discorsi esatti, ma poi aveva assistito a Blaine che metteva le mani addosso a Dave, cercava di spingerlo, e quest’ultimo, indignato, si faceva avanti per conciarlo per le feste. Kurt era del tutto impotente, e il litigio sarebbe andato avanti, se non fosse intervenuta Santana.

-Ehi, basta, ragazzi! Piantatela, fermi!-

Kurt tornò improvvisamente al presente e guardò il tutto davanti a sé come se stesse svenendo per l’ennesima volta. Tutto era sfocato, abbastanza confuso, forse qualcuno gli aveva somministrato altri funghi allucinogeni mentre dormiva, magari era stata Santana, o magari era tutto effetto del delirio che gli era salito fin sopra ai capelli. Vedeva Santana vestita di rosso e di nero che tentava di fermare quei due che avevano tutta l’intenzione di azzuffarsi, e meno male che anche questa volta c’era lei. Perché in qualche modo riuscì a fermarli, anche se non da sola, perché Rory era accorsa da dentro ad aiutarla, e Santana l’aveva anche guardata con ammirazione, quasi se la stesse mangiando con gli occhi. Kurt sperò che Rory non fosse lesbica o bisex, o sarebbe caduta presto anche lei nella rete di Santana. Ma adesso perché pensava a Rory e a Santana a letto insieme? Delirio, sì, delirio. O Finnite. E se il delirio fosse effetto della finnite? E se la finnite e il delirio fossero la stessa cosa?

Dave e Blaine s’erano appena staccati e Santana s’era messa in mezzo dividendoli con le braccia distese. Kurt continuava a guardare il tutto come fosse una vecchia pellicola, il viso morto –non smorto, bensì morto-, cadaverico. Guardava Dave mentre teneva una mano davanti allo stomaco e un occhio chiuso, poi Blaine che stava lì ad ansimare, carico di rabbia repressa. Rabbia che poi si sfogò in un paio di lacrime che gli scesero sul viso facendolo piangere come un bambino.

Probabilmente Blaine amava ancora davvero tanto Kurt, ma il fatto che lui potesse tradirlo, mentre Kurt non era autorizzato a farlo, lo rendeva piuttosto egoista, e possessivo, soprattutto. Ma Kurt non provò niente per le lacrime di Blaine, si sentì solo in colpa per quello che stava combinando. Battè i denti quasi stesse morendo di freddo, e gli occhi languidi si fermarono nuovamente su Dave, che alzò lo sguardo verso di lui, ma non disse niente. Era stranamente zitto, Dave, dopo quella piccola azzuffata.

Kurt si sentiva moribondo, forse aveva di nuovo la febbre. Sentì dietro di sé Mark che commentava amaramente la situazione.

-Questi froci…che si contendono altri froci…il mondo è pieno di froci…-

Poi aveva sentito anche la voce del suo collega che diceva ‘Che è successo a Polly Pocket?’, dopodiché vide Blaine che si copriva il volto bagnato, evidentemente imbarazzato, e si allontanava dal marciapiede scomparendo dietro a una macchina. Fu l’ultima cosa che vide, poi si afflosciò, praticamente si sedette, all’entrata della profumeria, e svenne, quasi avesse avuto un colpo di sonno.

Ah, sì, forse sentì la vocina –si fa per dire- di Santana che si lamentava dicendo:’Questo è peggio di Dante.’

 

 

 

§

 

 

 

 

Salve salvino, so che questo capitolo non vi ha soddisfatto, ma fatemi il piacere di farvelo piacere (??) perché ho sudato un po’ per scriverlo LOL.

 

Angolo delle curiosità: -Allora, il malore di Kurt che ho descritto all’inizio (il fatto che tremava per terra eccetera) e il fatto che l’hanno dimesso subito senza fargli troppe analisi, non me li sono poi inventati. Cioè, a me fortunatamente non è mai venuto un malore, anche leggero, ma ho assistito agli spasmi di un ragazzo che era con me in spiaggia. L’abbiamo coperto con gli asciugamani, poi è arrivata l’ambulanza, l’hanno fatto stendere sul lettino all’interno, gli hanno messo la mascherina per respirare e lui, dopo essersi pure addormentato perché aveva sonno, LOL, s’è ripreso e l’hanno portato a casa. Aveva avuto un malore improvviso, e ancora non si sa la causa *chiama Raz Degan per mandare il povero ragazzo a Mistero, nel caso si sia trattato di qualche attacco alieno*

-Ho citato alcune canzoni che Blaine ha cantato con Kurt o che ha dedicato a Kurt.

-“Nuovo soprannome per Kurt: Polly Pocket xD” Grazie a Steph, che  mi ha suggerito questo nome tanto tenero <3

-Non so perché, ma in questo capitolo mi sono fissata con Superman. L’ho citato due o tre volte °°.

-La parte in cui spiego che Kurt vorrebbe che Dave buttasse giù la porta per poi prenderlo in braccio e portarlo via con sé, beh, in realtà è una cosa già vista. Se non vista, almeno sentita. “I want you walk through and burst in the door and take me away.” Katy Perry – Thinking of you. Ebbene sì, sono  anche una grande fan della Perry, passo e chiudo ç-ç

-Viva il Merzimio <3

-Mercedes ha un’allucinazione e si immagina Kurt con le poppe. Il tutto rimanda all’allucinazione che ebbe quando andò da Breadstix con Blaine e Kurt. Sì, la scenetta della borsetta rosa che cade dalla bocca di Kurt. ‘E’ così gay!’

-Il delirio interiore di Kurt gli suggerisce che Mercedes possa essere scappata col Mantello dell’Invisibilità. Sì, sta male, deve andare a farsi vedere. Ma da uno bravo, bravissimo.

-Le piccole spintonate che si danno Dave e Blaine al tempo del liceo provengono dalla 2x17, ‘Night of neglect’. I dialoghi non sono proprio quelli, ma figuriamoci se li trascrivevo uguali v-v

-‘Questo è peggio di Dante.’ Insomma, la Divina Commedia non mi dispiace, ma dai, che barba, che uomo è quel Dante, che ogni volta che deve passare da un cerchio all’altro piange e poi sviene? Sì, okey, è che l’Alighieri non aveva voglia di scrivere il modo in cui passava da un certo all’altro, okey, got it.

E dopo questa rivelazione vi auguro buon inizio scuola –per chi come me va ancora a scuola- e buon proseguimento di vita a tutti gli altri.

 

 

 

Mirokia

   
 
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