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Autore: _Kidagakash_    11/09/2011    1 recensioni
Questa One-shot racconta della fuga di Ron, avvenuta durante la ricerca degli Horcrux insieme ad Harry ed Hermione. I suoi sentimenti, i suoi tormenti, le sue gioie ;D
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Il trio protagonista, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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La_fuga_di_ron.html La fuga di Ron


Non c'erano scuse. Harry non ne aveva. Si stava sbagliando eppure Ron era pienamente consapevole che quello stramaledetto Horcrux faceva più effetto su lui che su Harry ed Hermione. Già, Hermione. L'aveva lasciata lì. Lei aveva scelto di restare con Harry. Certo, chi avrebbe scelto di andare con lui? Chi avrebbe preferito lui al Prescelto? Chi? Non Hermione, poco ma sicuro. La rabbia che cercava di contenere era tanta, quasi un fuoco che gli bruciava in petto. Dei maghi passarono di fianco a lui, allontanandosi un po' con lo sguardo torvo, quasi come qualcosa di pericoloso da cui stare alla larga. Anche loro avevano qualcosa in contrario? Anche loro volevano prendere le difese di Harry? Anche loro volevano ridere di lui, come stavano sicuramente facendo già i suoi "amici"? Forse, ma per il momento era il suo dirignare i denti e il suo fulminare chiunque gli capitasse a tiro con lo sguardo.

Era solo e l'unico posto che gli era venuto in mente per andarsene di lì era la "Testa di Porco". Si era Materializzato direttamente lì. Sapeva che il barista della locanda non diceva nulla perchè lo aveva già visto fare ad altri.
<< 'Sera >>  annunciò andandosi a sedere << vorrei una Burrobirra, per favore >>.
I nervi ancora tesi, le gambe gli tremavano, il petto gonfio di rabbia, la testa affollata di tanti pensieri. Aveva davvero bisogno di bere per cercare di farsi passare il tutto.
La bevanda arrivò subito. Ne tracannò buona metà e si asciugà le labbra col dorso della mano.
Un po' di persone lo guardavano, lo infastidivano. Lui non era un cliente abituale e l'angolo tetro e privo di alcunchè alle pareti, che rendeva l'ambiente ancora più freddo, lo faceva sentire estremamente fuori luogo. Si sedette esattamente dove si erano seduti due anni prima, vicino al camino, dove avevano dato vita all'Esercito di Silente. Li ricordava tutti. C'erano Ginny, Luna, Neville, Ernie, Fred e George, Cho...c'erano tante persone con lui, con Harry ed Hermione, ma nessuno in quel momento.
Si rese conto di aver fatto una stupidaggine, si rese conto che non c'era altro posto in cui  avrebbe voluto essere se non la tenda di Perkins, dove aveva vissuto gli ultimi mesi insieme ai suoi migliori amici.
<< Hey tu! >> degli uomini gli urlarono contro, Ron fece finta di nulla e bevve un altro sorso della sua Burrobirra.
Si, aveva finalmente realizzato quanto era stato stupido, non avrebbe dovuto, ma soprattutto non avrebbe voluto abbandonare Harry e Hermione. Quanto era stato stupido a lasciarli, ad andarsene. Si, era vero, quelle cose le aveva pensate. Aveva pensato che Harry forse aveva qualche idea in più, che sapesse esattamente cosa fare, che avesse un piano. Ma se così fosse stato, perchè non avrebbe dovuto dirglielo? Era stato così stupido a dubitare di lui. No, Harry non l'avrebbe mai fatto.
<< Sei sordo, Rosso? >> chiese impaziente un uomo, con dietro la sua "banda" che ridacchiava .
Gli abiti insudiciati, gli occhi infossati, i capelli lungi legati da un elastico sembravano quasi il nido di un uccello, gli stivali di cuoio consunti erano macchiati in più punti e in altri erano stracciati, come se un lupo li avesse squarciati con gli artigli.
Gli uomini dietro di lui non erano poi tanto diversi. Ron li riconobbe come Ghermidori.
<< Dici a me? >> chiese Ron con aria da finto tonto.
<< E chi se no, mezzo scemo! >> Di sicuro il Ghermidore si sentiva sicuro e protetto dagli schiamazzi e la confusione che facevano gli uomini dietro di lui.
<< Come ti chiami?! >> chiese lui, col meno alto, avvicinandosi a Ron.
<< Stan Picchetto >> rispose Ron prontamente. Non sapeva perchè lo aveva detto, ma almeno conosceva qualcosa di lui.
<< Stan Picchetto, eh? Non so, mi pare che Stan non avesse i capelli rossi >>.
Ron si voltò e il barista lo guardò torvo. Insomma, non era di suo gradimento avere una banda di Ghermidori nella sua locanda, e questo era un fatto.
L'uomo si voltò e Ron vide i Ghermidori parlare tra loro. Non sembravano convinti che lui fosse Stan Picchetto, eppure c'erano altri che sostenevano di averlo visto, e che era proprio davanti a loro.
Dovevano stare attenti a chi catturavano. Se il ragazzo era esattamente chi diceva di essere e lo catturavano, avrebbero passato qualche guaio. In fondo Stan Picchetto era un Mangiamorte.
Quanto possono essere stupide le persone?  Si chiese Ron. Era possibile che chi sosteneva di aver avuto a che fare con Stan fosse così cieco e confuso?!
Uno di loro lo fece alzare facendo rovesciare la sedia sulla quale era seduto, lo trattenne mentre un'altro gli prese con forza la bacchetta che aveva in mano.
<< Guardatelo bene, non possiamo finire nei guai! >> sentenziò questo.
Mentre gli altri quattro iniziavano a discutere le voci si fecero sempre più insistenti e le urla sempre più fitte. I Ghermidori iniziarono a litigare fra di loro con sempre più cattiveria e ferocia.
<< Bartoch, non lasciare il Rosso, capito? >> urlò uno di loro all'uomo che lo tratteneva.
Due di loro iniziaro ad azzuffarsi e così Ron vide legata a quella zuffa, la sua unica ancora di salvezza. Doveva decisamente approfittarne.
Diede un pugno nello stomaco al mago che lo teneva fermo e gli strappò la bacchetta di mano.
<< Pietrificus Totalus! >> spedì l'incantesimo dritto al petto del Ghermidore e si voltò a Disarmare quello che aveva la sua bacchetta : << Expelliarmus! >>
Non ci riflettè nemmeno due volte e si Smaterializzò.
Il fiume freddo, l'aria gelida rendeva il suo fiato corto puro fumo. I suoi amici avevano già deciso che era il momento di levare le tende. Era ancora solo. L'unica cosa che poteva fare era quella di Smaterializzarsi da un'altra parte, un posto dove trovare riparo.
Si Materializò  in Huntington Valley, un posto in cui andava spesso coi genitori in primavera.
I suoi genitori. Ginny, Fred, George. Ma che aveva fatto? Il suo solo pensiero di perdere i suoi ari l'aveva accecato da ciò che la stessa cosa poteva suscitare in Harry. La sua famiglia era diventata ormai anche quella di Harry. Era per questo che ogni anno se lo ritrovava in casa. Era per questo motivo che ogni anno prima di partire per Hogwards, Harry riempiva la casa (più di quanto già non fosse) con i suoi bauli, con la sua gabbia di Edvige.
Harry faceva parte della famiglia. Harry era  parte della famiglia.
Decise di passare le notti che precedevano Natale in una locanda. Tornare a casa sarebbe stato fin troppo rischioso. Entrò in una locanda a caso, pagò il locandiere e non appena gli fu data la chiave, si recò in camera. Era sfinito, voleva tornare dai suoi amici, dormire sul lettino al quale si era tanto abituato negli ultimi mesi nella tenda che Hermione, la sua Hermione, aveva nascosto sapientemente nella sua borsetta a perline.
Lo spettacolo che gli si presentò era esattamente diverso. Un letto a baldacchino, con le tende sudice e logore, si trovava vicino all'unica finestrella della camera. Una cassettiera alta di mogano intarsiata si trovava esattamente sotto uno specchio vecchio e macchiato. Una sedia, probabilmente rosicchiata dai Doxy, giaceva in un angolo buio. Accanto al letto, una porticina che Ron identificò come il bagno.
Le tende, che una volta dovevano essere bianche, erano ingiallite, troppo corte e stracciate in punti sparsi, ma si intonavano perfettamente col parato al muro di un verde pastello.
Gettò lo zaino a terra e si stese sul letto, sfinito, le membra stanche. Non ne poteva più di stare lontano dai suoi amici. Loro erano...loro erano un trio! E lui amava terribilmente Hermione. Forse in cuor suo l'aveva sempre saputo ma era troppo occupato da altri pensieri per accorgersene, e Lavanda Brown di sicuro non gliene aveva dato il tempo.
Al pensiero di Lavanda, Ron gemette. Era stata insopportabile!
Passò alcuni giorni così, da solo, sul letto o a percorrere tutto il perimetro della camera senza scendere, tranne per mangiare. Fino alla sera di Natale. Era terribilmente solo.
Si mise a sedere sul letto e afferrò il Deluminatore che Silente gli aveva lasciato. Quanto poteva essere utile accendere e spegnere le luci? Per distogliersi da quei pensieri, accese la radio. Aveva trovato finalmente una frequenza divertente e che diceva le cose come stavano.
"Radio Potter".
<< Fenice >> sussurrò alla radio.
La voce di Lee Jordan risuonò in tutta la camera, ma qualcosa, un'altra voce la sovrastò. Non arivava dalla radio, non arrivava da sotto e sicuramente, nessuno avrebbe potuto chiamarlo lì.
« Harry, non credo. Ri-cordi... ricordi Ron? Quando ha rotto la sua, cadendo con l'auto? Non è più stata la stessa, ha dovuto procurarsene una nuova ». Era la voce di Hermione! Senza alcun dubbio. Per un attimo vacillò, il suono della voce di lei era come se qualcuno gli avesse dato una padellata in testa. Si sentì stordito. Il suo cuore mancò un colpo, e quando riprese a battere, sembrava un treno in corsa. Veloce, potente, pulsava contro il torace.
Com'era possibile che sentisse la sua voce?!
Tutto intorno a lui tacque, non esisteva più nulla che potesse distrarlo dalla sua voce.
Cercò la fonte di ciò che aveva sentito e la trovò nel Deluminatore. Lo fece scattare e le luci si spensero.
<< Ovviamente...>> disse ad alta voce tra sé e sé. Non finì neppure di dirlo che una luce uscì dal Deluminatore fluttuando fuori dalla finestra.
Cosa stava succedendo? Stava sognando? Se lo stava immaginando?
Una luce azzurina fuori la finestra iniziò a pulsare e a Ron parve quasi che la sfera di luce lo stesse chiamando.
Si vestì, prese le sue cose ed uscì. Scese le scale, e seguì la luce dietro un capanno.
Aveva il timore di toccarla eppure la voglia era così forte. Non sapeva perchè, non aveva idea del perchè si stesse fidando di quella sfera azzurra.  Quela sfera ched dopo un attimo annullò ogni pensiero. Galleggiò verso di lui, entrò nel suo petto. Era bollente. Era come un'esplosione, sentiva il suo cuore colmo d'amore per Hermione, ricolmo di senso di colpa per aver abbandonato il suo migliore amico. Stranamente sapeva dove doveva andare, come se la pallina di luce ce lo avesse portato. Doveva solo Materializzarsi. E così fece.
Si ritrovò su una gelida collina, ricoperta di neve. Neve dappertutto. Ogni orizzonte visibile era bianco e in più punti si confondeva, diventando tutt'uno, il cielo bianco e la neve.
Chiamò varie volte i nomi dei suoi amici. Nulla. L'angoscia che si impadronì di lui era tale che quasi perse le speranze, e così si addormentò in un sacco a pelo aspettando che uscissero fuori. Se la luce l'aveva portato lì, un motivo doveva pur esserci. Ma forse si era sbagliato.
Così la notte passò e decise che l'unica cosa giusta era fidarsi di nuovo della sfera.
<< Forse questa è la volta buona >> si disse.
E si Smaterializzò di nuovo, guidato dalla pallina bollente nel suo petto.
Sbucò in una foresta, ancora innevata. Ogni albero traboccava di neve, era difficile individuare eventuali solchi di terra perciò decise che era meglio stare là ad aspettare. Si sedette sulla neve gelida, appoggiando la schiena ad un albero. Il fatto che credeva fosse così vicino ai suoi amici, non gli faceva avvertire il freddo. Era colmo di ongi pensiero positivo, sapeva che presto o tardi li avrebbe incontrati di nuovo, sapeva che era così.
E il suo istinto non lo deluse. La notte calò rendendo tutto tetro e decisamente più freddo. Alzò la testa al cielo e scorse la luna. Quasi si era immaginato di vedere i volti di Hermione ed Harry. Scosse la testa. D'improvviso vide una luce argentea fluttuare, si alzò per andarle incontro e notò che non era una semplice sfera di luce, ma una cerva. Che fosse Harry? Senza pensarci due volte la seguì, fino a scorgerela figura di Harry, che si tuffava nel lago ghiacciato non appena la cerva argentea sparì. Tenne lo sguardo fermo per un istante fino a rendersi conto che doveva aiutarlo, e subito anche. Corse al buco nel ghiaccio che harry aveva fatto con la bacchetta e si tuffò. L'acqua era gelida. Dovette lottare contro il suo corpo che desiderava salire, era come se spade dalle gelide lame trapassassero il suo corpo in ogni punto. Con gli occhi tenuti faticosamente aperti, prese la spada e tirò Harry per un braccio. Lo distese sul ghiaccio freddo mentre si riprendeva. Il suo cuore batteva come non mai. Finalmente era con Harry, e presto avrebbe visto Hermione. Nelle mani aveva il Medaglione-Horcrux e la Spada di Grifondoro. Tremava, era travolto dai brividi di freddo.Gli si era ghiacciato tutto. Gola, cervello, mani, braccia gambe. Qualsiasi cosa. Col dorso del polso avvolto dalla maglia fracida si scansò i capelli bagnati dalla fronte e con la voce affannata parlò: << Ma..sei..scemo? >>
Non poteva più mentire a se stesso. Non c'erano parole per esprimere la sua felicità e quello fu tutto ciò che riuscì a dire mentre guardava il suo migliore amico rivestirsi. Li aveva trovati. 
   
 
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