- 2 novembre 2000
- “Non
possiamo farlo.”
- “Non è
che non possiamo farlo. Noi dobbiamo farlo. Questa è una presa di posizione.
Noi faremo vedere a questi snobboni ricconi che c’è gente forte, qua fuori,
capace, piena di vita, che si ribella a queste leggi distorte.” Prendo un
respiro profondo, è il momento. “La società inglese va oltre ogni definizione
di malato. Sta a noi cambiarla. Rivoluzioneremo questo mondo. La terra
d’Albione tornerà a spendere di pace e d’amore, la natura sarà tutta un
rigoglio e ci saranno musica e armonia, niente più divisioni sociali, niente
più guerre e odio.” Potrei mettermi a piangere per quanto il mio discorso è
bello. “Si tratta solo di compiere questo passo. Romperemo gli argini. Saremo i
fautori della rivoluzione morale e spirituale più grande e importante che l’uomo
vedrà mai sulla terra. I libri di storia ci ricorderanno. Ci saranno statue di
noi due in ogni angolo di mondo, non solo in Inghilterra. Perché una volta che
gli altri paesi vedranno quanto è diventata bella Albione, anche loro vorranno
essere così. E tutto grazie a noi. Che abbiamo avuto coraggio. Noi abbiamo
combattuto e abbiamo vinto.”
- Jade mi
guarda spaventata.
- Intorno
a noi non c’è più nessuno, tutti sono entrati a scuola per le lezioni.
- Sospiro
profondamente con calma e pacifico equilibrio zen. Le metto le mani sulle
spalle e la guardo fissa negli occhi.
- “E’ il
primo passo, Jade. Letteralmente il primo passo. Noi possiamo farcela. Te l’ho
spiegato. La prima cosa da fare per la Rivoluzione è minare alle leggi imposte
dai ricconi della nostra scuola…”
- “Ma
Peggy, tua madre è una delle rappresentanti dei genitori!”
- Chiudo
gli occhi e sento distintamente che ho cominciato a digrignare i denti. Calma e
pacifico equilibrio zen. Calma e pacifico equilibrio zen. Calma e pacifico
equilibrio zen. Siamo tutti figli della grande Albione. Se rimaniamo uniti,
questa terra rinascerà dalle sue stesse ceneri come una gloriosa fenice.
- Oh,
come sono poetica!
- “Peggy?”
Azzarda Jade.
- Riapro
gli occhi e le faccio un sorrisone incoraggiante. “Non importa, Jade.”
- “Vuoi
dire che possiamo entrare semplicemente a lezione?”
- “No,
voglio dire che non importa se mia madre è una delle rappresentanti dei
genitori. Noi lo faremo lo stesso. Perché è con questo atto che i maledetti
ricconi capiranno con chi hanno a che fare. E si ritroveranno a doverci
ascoltare. Perché è giusto così! Non possiamo andare avanti in questo modo!” Mi
infervoro così tanto che prendo a gesticolare. “Questa è una realtà dove i
potenti possono permettersi di tutto e noialtri poveri plebei dobbiamo faticare
ogni giorno per ottenere un tozzo di pane e…”
- “Peggy!”
Esplode Jade. “Noialtri?! Tuo padre è un broker della City, per l’amore del
cielo! E noi andiamo in una scuola privata da diecimila sterline l’anno. È te
stessa che devi combattere!”
- Mi
blocco all’improvviso. Jade mi fissa col fiatone e le mani che tremano.
- Rimaniamo
per un po’ in silenzio. Lonsdale Road è sempre abbastanza trafficata a
quest’ora, ma comunque silenziosa. A Oxford Street dovrebbero prendere esempio
da questi signori in giacca e cravatta dietro berline nere, sempre detto io.
Nessun clacson, nessun insulto. Si tratta solo di aspettare.
- Ma
torniamo al discorso principale.
- Inchiodo
Jade con lo sguardo. Sono un po’ offesa, sinceramente. E lei sarebbe la mia più
cara amica? Sì, certo.
- “Lo
vedi?” Le chiedo. “Lo vedi? Non hai capito niente.”
- Lei
sbuffa pesantemente e mi dice: “Sei una povera pazza e finirai solo nei guai.
Io me ne vado a lezione.” Così prende e mi volta le spalle.
- Ma… ma…
cosa?
- “Non
puoi farlo!” Urlo. “Non puoi abbandonarmi! Non avrai futuro, sappilo!
Condannerò ai lavori forzati i ricconi e anche te, che sei una traditrice!” Non
mi ascolta ed entra verso il cancello principale, quello d’entrata.
- “Torna
subito indietro! Ora! Ti stai giocando il futuro!”
- Ma lei
continua ad ignorarmi e, in pochi istanti, si dilegua dalla mia vista.
- Lo
sapevo io che non c’era da fidarsi neanche di lei. Di nessuno in questa scuola
per snob con aspirazioni artistiche.
- The
Harrodian School.
- È un
nome decisamente privilegiato nell’infinita lista di scuole londinesi.
- Si
tratta di una scuola superiore con mille mila corsi, il più importante dei
quali è quello di teatro – che ahimé frequento e con scarsi risultati.
- Se
passate per Barnes qualche volta, la riconoscete subito. Un grande edificio
vittoriano (ma è vittoriano?) bianco, un giardino immenso e con una cosa come
cinquemila specie floreali e imponenti portici sotto la cui ombra nascondersi
in preparazione degli esami. In verità i portici sono ad uso esclusivo e
limitato di chi sta studiando per gli A-levels – altro motivo per cui la mia
Rivoluzione è necessaria. Se ne sono appropriati chissà quanti anni fa e questa
farsa tradizionalista continua ad andare avanti.
- La
Harrodian, di per sé, si ritiene una scuola piuttosto progressista. E ogni
volta che riceve qualche premio dallo Stato la Preside ride estasiata, e sono
divisa tra due ipotesi riguardo questo: prima ipotesi, si rende conto che è un
premio assolutamente immeritato, ma lei continua ad accettarlo, quella bastarda
mentitrice; seconda ipotesi, è una tale idiota
che non si rende conto di quello che succede nella sua schifosissima
scuola con tanto di nome cesellato in oro.
- Ma
grazie il cielo ci sono io, ora, pronta ad infrangere queste credenze. Pronta a
rinfacciare la realtà, a far aprire gli occhi su questo marcio (c’è del marcio
alla Harrodian, e non mi si venga a dire che non sono una brava attrice!), a
convincere le persone che c’è bisogno di un cambiamento.
- La
prima cosa da fare quando si vuole intraprendere una rivoluzione è attentare al
passato. Bisogna aver letto 1984 per
capire una cosa simile, modestamente.
- Per
quanto riguarda la Harrodian ( la dannata scuola progressista, no? ) c’è una
semplice e secolare regola che tutti gli studenti – dal primo all’ultimo –
seguono senza porsi neanche una domanda. È un dogma. Si tratta di uno di quei
confini tracciati sulla sabbia che equivalgono a muri di Berlino – da buttare
giù, tra l’altro.
- La
scuola ha due enormi cancelli neri. Il cancello est è quello adibito
all’entrata, il cancello ovest all’uscita.
- Facendo
riferimento alle cronache della Harrodian mai, neanche una volta nella sua
storia, è successo che uno studente entrasse dal cancello d’uscita o viceversa.
- Lo so
che sembra una stronzata. Ma sul serio, con un gesto simile si rischia
l’espulsione, mica cosa da poco. Ma se io per prima compio questo passo, allora
tutti dopo di me capiranno che ci si può ribellare al sistema malato – una
specie di Grande Fratello, e forse dovrei smetterla di leggere e rileggere
Orwell.
- Per
cui, è giunto il momento.
- Piano,
con una certa e pesante grandezza d’animo, mi avvio verso il cancello ovest.
- Mi
metto là davanti e lo osservo come si osserva il nemico. Annego nell’aria che
respiro. Lo sto per fare. Sto per minare l’intero sistema. Sto per distruggere
la Harrodian e le sue assurde regole. Sto per mettere in atto la Rivoluzione.
Dietro a questo passo ci sarà solo terra bruciata. Davanti ci saranno i colli
d’Albione che dolcemente cantano l’inno di vittoria ed amore.
- Oddio,
la devo smettere con queste stronzate, dai, andiamo avanti!
- Ed è un
momento. Quell’attimo che cambia una vita, quando senti i polmoni in fiamme e i
polsi vuoti, e la testa così piena di pensieri che non li riesci neanche a
fermare per capirli bene, perché hai tutto in mente e non sai come dirlo.
- È
quell’attimo che hai aspettato per così tanto tempo che quando arriva non
sembra neanche vero.
- In
effetti, sembra così poco vero che ti fa pure abbastanza schifo.
- Ok. Ho
passato il cancello.
- Sono
dall’altra parte.
- Bene.
- Sono
entrata dall’uscita.
- Mmm.
- Perché
non esce fuori la Preside e mi urla su di tutto?
- Dove
sono gli studenti che mi applaudono?
- E il
campanello d’allarme? Dai, ci dovrebbe essere un dannato campanello che suona
per l’infrazione!
- Insomma.
- Perché cazzo la Rivoluzione non ha avuto inizio?
- Dev’essere
sicuramente qui, da qualche parte. L’ultima volta era nello scaffale a destra,
non possono averlo spostato. D’altronde, che senso avrebbe?
- Come se
qualcuno fosse tanto disperato da entrare nelle cucine della scuola finite le
lezioni.
- Ma
figuriamoci.
- Tossicchio
un pochettino e mi sento una ladra. Però oh, insomma, voi non capite cosa
significa aver visto il proprio sogno andare in fumo. Completamente in fumo!
Esattamente come quella schifosissima sostanza appiccicosa che poi è andata a
fuoco, creata oggi nell’ora di chimica.
- Sono
disperata, ok?
- La
Rivoluzione non ha funzionato, a scuola è andata uno schifo, sono depressa.
Chiudiamola qui, grazie.
- E forse
dovrei cambiare corsi, perché questi discorsi a monologo davanti ad un pubblico
esistente solo nella mia mente non stanno portando a nulla di buono, se non a… oh, eccolo lì!
- Mi
avvicino al barattolo da 127 chili o giù di lì di Nutella, nascosto in una
credenza poco sopra la lavastoviglie.
- Be’,
voglio dire. I miei mica pagano tutte quelle tasse per farmi mangiare cavolo
bollito.
- Apro il
cassetto delle posate e tiro fuori un mega cucchiaione. Poi mi avvicino
all’isola che sta davanti ai fornelli – credo sia quella che usano per tritare
verdure e carni, bleah. Ci stendo il primo grembiule che trovo e mi ci siedo
sopra. Quindi, comincio a mangiare.
- Calma e
pacifico equilibrio zen, venite a me.
- Amen.
- “Ehm,
scusa?”
- Oh per
il culo pieno di piaghe della regina, ho quasi ingoiato il cucchiaio!
- Mi
volto a scatti con le lacrime agli occhi per il dolore fino a scorgere, vicino
alla porta, un ragazzetto magro come un chiodo e dei capelli che, senza offesa,
fratello, ma Mr Bean è pure più fashion.
- Grazie
al cielo non è un insegnante!
- “Ma sei
impazzito? Potevo morire.”
- Il
tipetto si avvicina lentamente verso di me e io salto giù dall’isola. Trascina
i piedi e pare piuttosto imbarazzato. La camicia della divisa ha qualche
bottone aperto e i pantaloni sono pieni di pieghe.
- Io
questo qua l’ho già visto da qualche parte.
- “Scusami,
non volevo.”
- Ha un
vocino sottile, da donnicciola. Gli occhi grandi e azzurro liquido che si
perdono all’interno della cucina, vagando di qua e di là a disagio.
- “Ci
conosciamo?” Gli chiedo, ignorando del tutto le sue scuse.
- “Ehm,
sì. Frequentiamo il corso di Teatro alla terza ora.”
- “Ah.
Sì, certo. Adesso ho presente.” Come no? Devo averlo intravisto qualche volta.
C’è sempre troppa gente e troppa confusione.
- “E cosa
ci fai qui?” Continuo.
- Magari
è una spia della Preside.
- Magari
hanno scoperto della mia Rivoluzione!
- Oddio,
sono nella lista dei nemici pubblici!
- Inarco
le sopracciglia in quella che dovrebbe essere una faccia molto da hey, non mi
fai paura, sono una ganza io.
- Ma lui
non sembra farci molto caso. Dice: “Sono in punizione. Devo tirare fuori il
pane dai freezer per il pranzo di domani.”
- Non me
la conta giusta. Uno sfigato come lui in punizione? Sì, figurati. È sicuramente
qui per me, per scoprire il mio piano diabolico e sabotarlo a favore della
scuola.
- È
assolutamente così, me lo sento. E il mio sesto senso non mente mai.
- Con
passi lenti e studiati prendo a girargli intorno. Sta tremando come una foglia.
- Balbetta:
“Ma tu… tu cosa ci fai qua?” E guarda il mio barattolo di Nutella.
- Uhm. In
effetti non è che ci faccia molto la figura da grande rivoltosa così eh. Con un
cucchiaio per spada, le labbra probabilmente sporche e gli occhi ancora lucidi.
- Anzi,
parlandoci chiaro faccio proprio schifo.
- Sospiro.
Una volta ho sentito in un film che le migliori bugie sono le mezze verità. Forse
è il caso che io gli dica solo una parte del tutto. Non dovrà mai scoprire il
mio piano. Mai.
- “Ero
triste.”
- “Non ha
molto senso”, azzarda lui.
- Ma
questo qui non capisce una cippa. “Mi viene fame, ok?”
- “Ah, va
bene.” Si sposta in fretta e in modo molto goffo verso i tre enormi freezer e
li osserva. Credo sia un po’ tardo.
- “Senti,
ma qual è il tuo nome?”
- “Robert.
E il tuo nome lo conosco.”
- “Ah
sì?”
- Lo vedo
sorridere in fretta, senza neanche voltarsi a guardarmi. “Conosco un po’ i nomi
di tutti.”
- Mi
passo una mano sul volto, stanca.
- Gesù.
Il prossimo film su un nerd sentimentale avrà lui come protagonista.
- “Tu non
sei una spia, vero?”
- Adesso
si è girato e mi fissa stralunato. “Una spia?”
- “Tu sei
solo un povero sfi… - sfiduciato - ” Sfiduciato?!
Ma come mi è venuto in mente? Ora sì che non capirà quello che intendevo, brava
Peggy, davvero “… che ha fatto non so cosa e ora si ritrova qui, nel bel mezzo
di un furto di Nutella.”
- Ridacchia.
Ha una risata strana. Non è il caso di chiedergli se ha l’asma, magari si
offende.
- “Col
barattolo che hai rubato, mi sa che rischiamo entrambi l’espulsione.”
- Mi
sfugge un risolino. È simpatico, dai. Passata la tentazione iniziale di
pestarlo per averti fatto soffocare, alla fine può rivelarsi… mh, piacevole.
- “Be’,
ora scusa… ma devo fare, sì, il lavoro sporco.”
- “Certo,
certo.” Dico. “Buona fortuna. Ci vediamo domani, Robert.”
- “A
domani, Peggy.”
ve l'avevo detto (non ricordo, ma mi pare di sì!) che sarei
tornata entro breve u_u si trattava solo di far passare la furia
omicida per il pc e tutto sarebbe tornato al posticino suo. ma
comunque. tutto ciò non frega a nessuno!
avete appena letto (e ce ne vuole di coraggio!) il primo incontro tra
bobby e peggy, la quale era tutta presa in un suo periodo
rivoluzionario. da sapere che l'odio profondo per la scuola è direttamente
collegato al fatto che domani ricomincia
ç_______________ç e volete sapere a che punto sono coi
compiti? ovviamente no, ma siccome è il mio spazio ve lo dico:
sono ad un fottuto punto morto! oh.
babbbbene, non starò qui ad assillarvi con le mie paturnie,
ovvia. volevo più che altro ringraziarvi perché siete
tutte così affettuose con me <3 che poi, diciamolo, non me
l'aspettavo proprio un bentornato così caloroso, davvero! ero
lì lì che mi dicevo ommioddio, adesso mi spareranno
dietro per il ritardo assurdo. e inveceee *___* che donnaccia ingrata
che sono, tzé!
anywaaays. non ho idea di quanto aggiornerò di nuovo.
aggiornerò, questo è certo, ho mille mila idee per questa
storiella qui, peròòò, come ho già avuto
modo di dire (ç____________ç) domani
ricomincia la scuola (uccidetemi) e mi sono ripromessa (perché
sono così demente, perchééé?!) che
quest'anno, visto che ci sono gli esami e con molta probabilità
mi beccherò greco alla seconda prova (no, ok, ho cambiato idea,
uccidetemi adesso!), è forseforse il caso di mettersi un
cincinnino più di impegno. quindi dovrò abbandonare la
lista infinita di libri da leggere, cd da ascoltare, film da vedere e
storie da scrivere.
e dopo questi discorsi intelligenti e oltremodo interessanti (...) io
direi proprio che è il caso di andare e lasciarvi vivere la
vostra vita, che penso sia decisamente più cool.
keep bobbing (non ha alcun senso messo qua, ma chissene, era per far la figata!),
d.