Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Lily White Matricide    11/09/2011    24 recensioni
Tutto ha inizio durante un viaggio in Irlanda, verde come gli occhi di Lily. Un viaggio per allontanarsi da Spinner's End per Severus, per averla ancora più vicina ... Per capire, tra uno sprazzo di sole ed uno scroscio di pioggia, che cosa sia averla vicina ogni giorno. La pioggia purifica e salva, il sole asciuga il senso di colpa .... E in tutti quegli anni e mesi e giorni, la pioggia irlandese accompagnerà sempre Lily e Severus. Un lungo viaggio nella loro adolescenza, che andrà ad incupirsi per l'ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte, ma che li spingerà a prendere una posizione ben precisa in questa guerra all'orizzonte. Riusciranno i due ragazzi a sopravvivere alla guerra?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Lily Evans, Severus Piton, Voldemort | Coppie: Lily/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Irish Rain Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

12.

Springtime

 

“It's spring fever .. You don't quite know what it is you DO want, but it just fairly makes your heart ache, you want it so!” Mark Twain

L’enorme corpo di madre natura si stava risvegliando. Si scrollava di dosso le stalattiti di ghiaccio, scuotendo le chiome ed i rami dei propri alberi. Gli strati di gelo battevano in ritirata, formando tanti piccoli rivoli silenziosi, pronti a farsi strada tra l’erba tenera ed appena nata. Essa, assetata, porgeva le proprie labbra avide e screpolate verso l’aria, cercando di catturare l’acqua che defluiva via, ingoiandone ampi sorsi. 

Ciascun respiro sempre più sicuro ed ampio della terra ridava calore e tepore ad ogni creatura vivente. Il sole era più deciso nell’accarezzare il morbido manto verde rinvigorito. La pioggia, l’amata pioggia di Severus e Lily, si faceva premurosa: era come un balsamo nutriente, ben attenta a non colpire od a non recidere petali o soffici gemme. Cadeva con ticchettii gentili nei primi mesi. Non era ancora il momento di cadere con furia ed aggressività.

Giorno dopo giorno, si ridava colore e vigore ad un affresco di gigantesche proporzioni. Era un’opera magnifica, sempre più imperiosa ed affascinante, con il susseguirsi degli anni. Un occhio attento e sensibile al mutare delle stagioni non si sarebbe mai stancato di fronte ad uno spettacolo simile.

 

Nell’aria si respirava un’energia travolgente. Qualcosa era sempre pronto a scoppiare, toccato dalla giusta scintilla.

 

La stessa energia che era necessaria alle farfalle adulte per recidere la propria crisalide, in modo tale che potessero godere appieno della propria breve vita. Il brivido di posarsi su un fiore, di meravigliare le giovani studentesse di Hogwarts con la propria eleganza, fatta di disegni complicati sulle proprie ali.

Era la medesima energia occorrente ai fiori per sbocciare e spargere il loro profumo penetrante ovunque. Quelle fragranze bloccate in prigioni ghiacciate, ora fendevano l’aria, mescolandosi tutte assieme, quasi con il simpatico intento di rincitrullire gli studenti di Hogwarts. Le splendide rose coltivate con amore dalla Professoressa Sprite, i lussureggianti cespugli di fucsie selvatiche ed i cardi selvatici si divertivano a solleticare l’olfatto umano. Come conseguenza, sembrava proprio che i ragazzi della prestigiosa scuola di magia fossero più insofferenti al rimanere rinchiusi in classe, al dover seguire le lezioni e svolgere i compiti assegnati. Preferivano attraversare l’aria a tutta velocità con le loro scope volanti, magari per allenarsi a Quidditch, oppure sdraiarsi sui prati infiniti attorno a quell’imponente edificio. Il lago era una meta naturalmente molto ambita per poter studiare in tranquillità e trovare refrigerio - spesso con qualche tuffo del tutto indesiderato o inaspettato. Bastava una semplice disattenzione e, con le persone sbagliate attorno, il rischio che un ragazzo o soprattutto una ragazza finisse in acqua era molto alto. La povera sventurata, se di aspetto particolarmente gradevole, poteva pure incappare in commenti poco opportuni circa le sue qualità fisiche.

 

Emmeline Newey, Mary MacDonald e Marlene McKinnon avevano già provato la deprimente esperienza di essere buttate in acqua dai Malandrini, solo perché avevano ingenuamente accettato di “studiare” con quei mascalzoni. A dire il vero, la povera McKinnon sembrava averla presa proprio male, tanto da arrivare a versare più di qualche lacrima amara. Se ne andò, afferrando nervosamente i propri libri, dimenticandosi delle pergamene sparse per il prato, lanciando un’occhiata furiosa e disperata a Sirius Black.

Era innamorata di lui.

Si era sentita umiliata: era lì per quel ragazzo ribelle, per farsi notare ed avere una possibilità di stare con lui. Ed era stata irrisa più di tutti proprio da Black. Probabilmente era il suo modo per sentirsi sicuro di sé, ma con quell’occhiata triste e carica di rancore, il Grifondoro si ridimensionò parecchio.

Marlene iniziò a correre verso il castello, con i capelli biondi e lisci ancora bagnati, impacciata negli abiti zuppi, singhiozzando rumorosamente. Si stava facendo sera e Lily si era appena congedata da Severus, dopo l’intenso studio pomeridiano all’ombra di una grossa quercia.

Il pianto disperato di Marlene riecheggiava per la sala comune, arrivando fino al dormitorio. Condivideva la stanza con Lily, Emmeline e Mary oramai dal primo anno. Si erano trovate bene tutte assieme sin da subito, benché Marlene fosse la più schiva e riservata delle quattro. Di rado mostrava apertamente le sue emozioni ed era una ragazza molto quieta e tranquilla. Proveniva da una famiglia scozzese di maghi estremamente potente e Marlene non voleva deludere le aspettative della sua rigida famiglia. Era una delle migliori studentesse Grifondoro, assieme a Lily ed a qualche altra.

Lily si stava spazzolando i capelli con cura, districando con fatica ed una certa sofferenza i nodi ai capelli. Appena arrivava la bella stagione e le temperature si alzavano, iniziava a legarsi i capelli, in varie fogge e stili. Con l’arrivare delle temperature più calde, li teneva raccolti, ma apparivano più ribelli. Le ciocche rosse cadevano mosse, come tante piccole onde allegre, agitate da una brezza gentile. Nodo dopo nodo, con smorfie di dolore sempre più intense, Lily si riprometteva di accorciarli, a volte pensava proprio di tagliarseli di netto, senza mettere in conto un’eventuale reazione della madre, che si era sempre prodigata per curare quella chioma rossa e brillante. E poi pensava alle mani di Severus, dalle dita lunghe e fini che passavano senza sosta tra i suoi capelli e ci ripensava.

Si limitava a soffrire in silenzio.

“Per abbellire bisogna soffrire” borbottò Lily, riponendo la spazzola.

Alzò lo sguardo e vide irrompere l’amica in camera. La ragazza bionda crollò sul letto, scossa da forti singhiozzi. Lily accorse e si appoggiò a bordo letto, profondamente sorpresa, e si chinò verso Marlene.

“Marlene! Che cosa è successo?” la ragazza posò una mano sulla spalla dell’amica affranta.

Per qualche attimo continuò a singhiozzare, poi riacquistò il controllo.

“S-Sirius ...” iniziò un po’ esitante, mettendosi a sedere.

Lily già sentiva il sangue agli occhi. Uno di quei quattro nomi era in grado di mandarla fuori di testa in pochi secondi. Strinse i pugni e cercò di mantenersi lucida e calma.
“Che cosa ti ha fatto quel cialtrone?” disse quasi ringhiando, digrignando i denti fino a farli stridere tra loro.

“M-mi ha buttato in acqua. D-davanti a tutti ... Mi s-sono sentita umiliata. Rideva più forte di tu-tutti e ... Mi ha ferito”.

Lily scattò in piedi: “Lo credo bene, sono sensibili come dei draghi norvegesi in un negozio di cristalleria!”.

La ragazza si chiese perché quei quattro non sarebbero mai maturati. Perché si divertivano a dar fastidio alle persone, a tartassarle con i loro incantesimi stupidi. Lily era rimasta stupita dalla reazione della povera Marlene: si aspettava un Pietrificus Totalus da parte sua. Aveva sempre l’aria di una ragazza tutta d’un pezzo.

“Lily, a me piace Sirius” disse tutt’a un tratto la giovane, asciugandosi le lacrime, come se avesse letto nel pensiero della propria amica.

La giovane dai capelli rossi era sconcertata. Come faceva a piacergli un tipo simile?!

“Marlene, sei una ragazza intelligente e sensibile, ma ... ” esordì, misurando bene le parole, per non peggiorare la situazione “Perché proprio Sirius Black!?”

La bionda rimase in silenzio, con le mani in grembo. Guardava verso il basso, pensierosa e triste.

“Perché è un ragazzo solo, non ha nessun altro se non gli altri Malandrini. Però, se lo prendi da solo, non è così male ... Non è per niente spavaldo ...” si giustificò la giovane.

Lily si morse un labbro. Ancora non capiva, ma non poteva farci molto ed in qualche modo si riconosceva nella propria compagna di stanza. Lei veniva irrisa e presa in giro per il fatto che frequentasse Severus Piton, tante non si capacitavano di come potesse stare con lui, ma poco le importava. Lei amava Sev, vedeva nel profondo del suo cuore e le piaceva quello che vedeva e quello le bastava per spazzare via le malelingue.

A Marlene poteva piacere qualunque ragazzo, purché non venisse ferita inutilmente, come aveva fatto Black nel pomeriggio. Quello non lo poteva ammettere. Dopotutto, era una delle sue più care amiche e mal sopportava le ingiustizie, quali che fossero.

“Lene, si è comportato come un cretino e glielo devi urlare in faccia. Devi farlo sentire un verme, nella speranza che si ridimensioni”.

“Se poi dovessimo litigare? Io penso di piacergli, non voglio allontanarmi da lui”.

Non aveva tutti i torti neppure la fragile McKinnon.

Lily finì di prepararsi per andare a cena, rimase in silenzio per qualche minuto, con l’amica seduta, che pendeva dalle sue labbra. Cercava una risposta convincente da darle, che potesse spronarla a sentirsi sicura di se stessa. Ma non poteva ammettere che l’ennesimo misfatto dei Malandrini finisse impunito.

Se ci tiene davvero a te ... Saprà come farsi perdonare e terrà la testa china a dovere”.

Marlene sorrise speranzosa.

“Dici davvero?”.

Lily annuì, immaginando Sirius disperato che corre dietro ad una Marlene glaciale ed altezzosa e ridacchiò tra sé e sé.

Si diede un’ultima sistemata veloce e si voltò verso la compagna, facendole cenno di seguirla.

“Piuttosto vieni a cena. Non c’è niente di meglio che del buon cibo per dimenticarsi di certi brutti momenti”.

“Grazie Lily, ti faccio compagnia volentieri. Dopo gli parlerò serenamente”.

 

“Marlene, io non volevo offenderti davanti a tutti ...” si giustificò Sirius Black, seduto sul divano della sala comune dei Grifondoro. Gesticolava nervoso e tutta la sua arroganza e baldanza aveva lasciato spazio ad un ragazzo tremendamente spaventato. Ci teneva a farsi perdonare da Marlene.

La ragazza bionda, furibonda, alzò gli occhi al cielo e urlò: “Ah si?! E allora come mai hai lasciato che quel cretino di Potter mi buttasse in acqua!? Perché non lo hai schiantato!?”

“Io ... Ti prego, ascoltami” Sirius si alzò in piedi e con gentilezza cercò di prendere la mano della ragazza, che si scostò, ma non troppo. 

Lily era accoccolata su un divanetto poco distante, con in grembo un libro di Incantesimi. Alzò la testa, abbastanza scocciata da quel Black che non faceva altro che ripetere come un disco rotto di voler essere ascoltato, di perdonarlo, che non l’aveva fatto apposta. 

Meno male che dovevano parlarsi serenamente pensò la Grifondoro. E riprese a leggere, cercando di concentrarsi sul proprio volume. Grazie al cielo con Severus non aveva di questi problemi.

“Sirius, mi chiedo allora se non volevi offendermi, perché hai lasciato che i tuoi amici storditi si divertissero così” chiese con vigore la ragazza.

Il ragazzo si fece avanti deciso e strinse forte la mano della giovane, portandosela al petto.

“Marlene, tu mi piaci” disse d’un fiato Black.

Merlino, spero di aver sentito male fu il pensiero di Lily.

La McKinnon si ammorbidì, rivelando un sorriso malinconico.

“Non mi basta che io ti piaccia e basta. Devi essere te stesso di fronte a me, non un ... Un pallone gonfiato, per Merlino!” esclamò. 

Ben fatto, Lene! Lily sorrise tra sé e sé, compiaciuta.

Sirius abbassò la testa, mortificato.

“Io ... Io mi comporto così perché mi sento solo” sussurrò, in modo tale che solo la diretta interessata potesse cogliere quella frase. Lily, da buona osservatrice, capì il cambio di tono di voce da parte del ragazzo.

Oh mamma, la vittima no! La ragazza dagli occhi smeraldini rifletté per un attimo, temendo di essere sembrata ingiusta nei confronti del ragazzo.

In effetti, Sirius Black non aveva una situazione rosea. Ribelle sin dalla più tenera età, discendente da una delle più grandi famiglie di maghi purosangue, con generazioni intere cresciute nei Serpeverde, era stato smistato nei Grifondoro, con buona pace dei genitori. Essi avevano sopportato a fatica tutte le stravaganze, il carattere estroverso ed esagerato del figlio, ma quello era stato l’ultimo affronto. Era stata l’ultima goccia che aveva fatto traboccare il vaso, rovinando in maniera inesorabile i rapporti con i propri genitori e tutta la famiglia Black, comprese le due cugine Narcissa e Bellatrix, che chiaramente abbracciavano gli ideali della nobile casata. Andromeda, la terza cugina e sorella delle altre due, rimaneva quella più amata, perché era diversa, come lui. Ragionava con la sua testa, esattamente come Sirius. L’essere differente non veniva percepito come un difetto, anzi: era esibito con orgoglio in tutta la propria stanza presso Grimmauld Place 12. Motociclette, poster di avvenenti pin-up Babbane, stemmi e colori appartenenti a Grifondoro ovunque. Se avesse potuto, avrebbe dipinto le pareti d’oro ed amaranto.

Lily con un leggero senso di colpa, chiuse il libro e si avviò verso la propria stanza, camminando senza fare troppo rumore e senza farsi notare da Marlene e Sirius.

I due, illuminati appena dalle candele, si erano seduti e si parlavano sommessamente, l’uno molto vicino all’altra. Sirius in particolare parlava senza sosta e la giovane bionda annuiva, muovendo il capo con energia e lo guardava negli occhi con un’espressione sofferente, ma dolce e comprensiva. Di tanto in tanto, gli posava una mano sul ginocchio e lo esortava a proseguire. L’amore era nell’aria.

 

Lily si spogliò pigramente e si mise la sua camicia da notte preferita, di un tenue color lavanda. Era leggera e non vedeva l’ora di poterla indossare nelle notti miti di primavera o d’estate. Con dispiacere sapeva che se sarebbe cresciuta di più, sarebbe stata immettibile per lei. In altezza sentiva che sarebbe rimasta piuttosto bassa, esattamente come sua madre, al contrario dell’alta e secca Petunia. Ma il resto si sarebbe ribellato, lo sentiva.

C’era una sorta di rivalità fisica tra di loro, oltre a quella che le aveva divise per sempre.

Se una si cambiava in presenza dell’altra, partivano le occhiate furtive. Erano pronte a trovare differenze, difetti, pregi nel corpo dell’altra. Ogni cambiamento veniva accolto con ostilità. 

A casa Lily cercava sempre di uscire dal bagno perfettamente vestita, o chiudeva accuratamente la porta della stanza: non voleva concederle un singolo centimetro di pelle in più del dovuto. Non desiderava i suoi commenti acidi pure sul suo corpo. 

Si scrollò di dosso i soliti ricordi amari e si sdraiò sul letto. Affondò dolcemente nel materasso ed allungò una mano verso il comodino, prendendo il nuovo libro di lettura che aveva preso in biblioteca. Aveva esaurito i propri libri di lettura portati da casa e necessitava di qualcosa da leggere.

In biblioteca ad Hogwarts non era sicura di trovare la tipica letteratura babbana, ma ci aveva provato.

La burbera Madama Pince le aveva indicato una sezione senza un nome particolare, ma era stracolma di libri da smistare. 

“Dubito che molti di loro finiranno sugli scaffali di questa biblioteca. Non parlano di magia” sentenziò seccamente la bibliotecaria.

Lily, non avendo molto da fare, dato che Sev era a lezione, si precipitò in quella sezione, toccando i libri avidamente, tastandone le copertine, sfiorando con curiosità i titoli dorati e consumati dal tempo.

Piccole Donne. Aveva provato a leggerlo, era uno dei libri preferiti di Petunia. Lei lo aveva trovato di una noia mortale.

Delitto e Castigo. Le sembrava un libro troppo complicato.

Orgoglio e Pregiudizio. Lo leggeva spesso sua mamma, poteva prenderlo in considerazione.

Cime Tempestose.  Quello suonava interessante.

Afferrò la copia e se la mise in borsa.

Non si sentiva ancora soddisfatta della sua ricerca, quando il suo sguardo cadde su un grosso volume dalla copertina rossastra. 

Poesie d’Amore.

Lily non era molto appassionata di poesie, spesso finiva per non capirle, o le trovava troppo complicate. Figurarsi le poesie d’amore: o le trovava smielate, o svilivano eccessivamente quel sentimento intenso. La maggior parte delle volte, dopo la lettura, non si sentiva purificata, né tantomeno illuminata da alcuna luce sovrannaturale. Eppure qualcuno le aveva detto che ci si sarebbe dovuti sentire bene. Il più delle volte rimaneva ad interrogarsi sul significato di questa o quella lirica, su questa o quella figura retorica.

Aprì il libro e lesse l’elenco di autori al proprio interno. Per un attimo, vide le pagine agitarsi, scrollarsi via di dosso la polvere, per poi ricadere leggere nella loro immobilità. 

Le parve di sentire un vociare concitato all’interno del libro. Era un libro magico: quindi una voce le avrebbe potuto recitare le poesie. Era perfetto prima di addormentarsi, dato che Lily con la bella stagione iniziava a dormire sempre meno ed in estate, quando si trovava a Corkworth, faceva proprio fatica ad assopirsi.

Era lì sdraiata sul letto, pronta a farsi accompagnare verso il mondo dei sogni con dolcezza e amore. Si distese e rilassò le gambe ed i piedi. Con attenzione aprì la prima pagina. Decise che avrebbe scelto un autore senza un motivo preciso, a caso.

 

Gaio Valerio Catullo recitava il titolo elegante, con una grafia svolazzante e d’altri tempi. Guardò il ritratto di quel giovane poeta: dal viso abbastanza tondo, i lineamenti non erano affatto sgraziati. Gli occhi erano grandi ed i ricci scuri cadevano disordinatamente sul viso. Il naso era piuttosto grosso, le labbra piccole e sottili. Sembravano più delle labbra da donna, però. Erano dei boccioli di viola delicati.

“Mai sentito questo Catullo” osservò soprappensiero Lily. Non l’avesse mai fatto.

Il ritratto si animò ed il poeta strabuzzò gli occhi.

“Ragazza, bada a come parli! Io sono Catullo, il grande poeta d’amore dell’antica Roma!” il ritratto redarguì Lily con voce sdegnosa. La giovane sobbalzò spaventata.

“Va bene, non si agiti, signor Catullo. Non c’è bisogno di scaldarsi” gli rispose decisa Lily, per poi chiedergli curiosa “Ha qualche poesia da recitarmi, stasera?”.

Il ritratto si calmò ed il giovane ragazzo parve sorridere.

“Signorina ... Mi dica il suo nome. Non posso recitare di fronte ad una così bella fanciulla senza sapere il suo nome”.

Lily esitò. Potevano dei ritratti provare dei sentimenti? O semplicemente, riflettevano il carattere degli illustri personaggi defunti? Quel poeta pareva un donnaiolo, la ragazza ne aveva quasi la certezza.

“Mi chiamo Lily. Lily Evans”.

Il poeta la scrutò con attenzione, poi sorrise.

“Tutte le poesie d’amore che desidera Lily, la mia signora”.

Lily abbozzò ad un sorriso. Addirittura aveva un poeta al suo servizio, in quel momento. Si sentiva  colpita dalla gentilezza di quell’artista, proveniente da un mondo e da un’era totalmente distante da lei. 

Catullo schiarì la voce, facendo svolazzare la pagina. Evidentemente, era molto tempo che non prestava la sua voce alla recitazione di poesie. 

 

Viviamo, mia Lesbia, e amiamoci
e ogni mormorio perfido dei vecchi
valga per noi la più vile moneta.
Il giorno può morire e poi risorgere,
ma quando muore il nostro breve giorno,
una notte infinita dormiremo.
Tu dammi mille baci, e quindi cento,
poi dammene altri mille, e quindi cento,
quindi mille continui, e quindi cento.
E quando poi saranno mille e mille
nasconderemo il loro vero numero,
che non getti il malocchio l'invidioso
per un numero di baci così alto.”

 

Lily, al di là del fascino dell’amore, dei baci tra due amanti, pensò a questa Lesbia. Doveva essere abbastanza restia a baciare il povero poeta sventurato. D’altronde, quest’ultimo sembrava innamorato alla follia. Non sentiva il fuoco imperioso delle poesie d’amore ghermirla. Neanche questa volta.

“Catullo, perdonami, potrei chiederti una cosa?” chiese dopo qualche attimo di silenzio la Grifondoro.

Il ritratto annuì.

“Lesbia era la tua ragazza?” gli chiese con confidenza.

L’interpellato annuì con aria grave.

“Non era solo mia, purtroppo, mia signora”.

Lily non era proprio una ragazza ingenua ed aveva capito che cosa intendesse il poeta latino. Ma come faceva quel poeta ad amare una ragazza che non poteva essere solo la sua? Non era troppo una donna virtuosa questa Lesbia.

“Ma come facevi ad amarla?” le chiese dubbiosa la ragazza, sapendo di mettere in evidente difficoltà il poeta.

“L-lei mi prometteva di volere solo me! Avrebbe rifiutato anche Giove in persona! Ma Lesbia ... Desiderava solo me ... A-a volte”.

La ragazza s’indignò: ma come poteva accettare di essere amato solo a volte? In amore era tutto o niente. Era la sua visione di quindicenne molto innamorata. La visione di amare il suo Sev a rate, condiviso con qualche altra ragazza gelosa od invidiosa, la fece rabbrividire. 

“Scusami e tu eri contento di averla solo qualche volta?” chiese a voce un po’ alta la giovane.

“Perché quelle poche volte che l’avevo per me, mi faceva stare bene” ribatté piccato il poeta.

“E pensi che lei si meritasse tutte queste poesie, dopo tutto quello che ti ha fatto penare?!”.

“Ma l’amore è così, mia signora ... Lei forse non è innamorata abbastanza per capirlo” rispose altezzoso Catullo “Forse non capisce fino in fondo che cosa comporta l’amore”.

Lily si sentì le guance avvampare e si sentiva abbastanza offesa da quell’affermazione. Urgeva prendere le distanze da quelle frasi.

“Mi dispiace di doverla contraddire, signor Catullo, ma io sono innamorata e pure tanto del mio Severus. Non ha trecento amanti in giro, è un ragazzo onesto e sincero ... E vuole solo me” disse con voce un po’ strozzata la ragazza.

“Mia signora, le ripeto che non capisce l’ampiezza dell’amore e la sua complessità. Non porta a fare scelte facili e lo sperimenterà non appena si troverà di fronte alle prime difficoltà”.

Lily si mise a sedere. Aveva voglia di chiudere quel libro ed andarsene a dormire. Prese il volume tra le mani e diede un’ultima risposta spazientita.

“L’amore saprà come guidarmi anche di fronte alle difficoltà, che per ora non mi preoccupano più di tanto. Ma mi permetta di ricordarle che l’ampiezza dell’amore è una cosa, mentre avere l’amante ampiamente condivisa è un’altra. Buonanotte”.

“Aspetti! Mia signora, la prego!” balbettò Catullo.

“Se amava davvero la sua Lesbia, non se la sarebbe mai fatta scappare. Ci pensi su. Buonanotte”.

Con gesto deciso, Lily chiuse l’enorme tomo, spargendo un po’ di polvere in giro e lo posò sul comodino, stizzita.

Nel profondo del suo cuore non avvertiva difficoltà in arrivo. O meglio, quali difficoltà avrebbe mai dovuto avere con Severus, ora? Avevano solo quindici anni, ne avevano ancora di strada da fare. Voleva godersi il suo amore sincero, onesto e pulito. Né più, né meno.

Il resto, l’avrebbe gestito con il suo fidanzato.

Mentre si addormentava tra le lenzuola candide e fresche, un ultimo pensiero le balenò per la testa.

Prima Marlene, poi questo strano poeta ... La primavera sarà bella, ma quest’aria intrisa d’amore rincitrullisce qualche cervello illustre e brillante. 

 

Sev e Lily si erano ritrovati sotto la quercia per studiare e giocare a Scacchi Magici. Severus era incredibilmente forte e polverizzava puntualmente Lily. La giovane Grifondoro litigava con i propri pezzi, i pedoni scappavano dove volevano, i cavalli si ammutinavano puntualmente, le torri non si spostavano, dubbiosi e scettici per quanto riguardava le mosse proposte dalla giocatrice. Non riusciva a fare in modo che le pedine si fidassero di lei. Forse non gradivano la strategia aggressiva della ragazza.

Sev era un giocatore attento, più riflessivo. Si prendeva il suo tempo, come se giocasse d’anticipo, cercando di prevedere le mosse di Lily. Non che fosse difficile, dato che la ragazza non riusciva a domare le proprie pedine e faceva molta fatica a condurre la partita.

E anche quel pomeriggio, all’ombra dell’albero imponente, cullati da un vento leggero di ponente che increspava il Lago Nero di Hogwarts, il giovane Serpeverde avrebbe vinto senza troppe difficoltà. Avevano sparso i loro libri ovunque sull’erba ed avevano buttato i maglioncini scuri e pesanti vicino al tronco della pianta. Lily si era levata le scarpe e le calze pesanti, rimanendo scalza. Le piaceva poter toccare l’erba e la terra ancora un po’ umida a piedi nudi.

“Scacco matto” disse soddisfatto Severus, muovendo l’ultima pedina. 

Lily sbuffò, afferrò il loro diario e segnò l’ennesima vittoria del ragazzo agli Scacchi Magici.

“Però, avrei un’ultima mossa da fare” disse la ragazza, con un sorrisetto furbo e gli occhi maliziosi.

“Fai pure” disse Severus tranquillo.

In un lampo, la ragazza balzò addosso a Severus e caddero sull’erba ridendo, facendo volare le pedine colorate ed animate ovunque.

Lily spietata solleticò Severus sui fianchi, sul collo, dietro le orecchie. Lo teneva ben bloccato sotto di sé ed il giovane si dimenava, ridendo prima sommessamente, poi sempre più fragorosamente, implorandola in maniera poco convincente di smetterla.

Con le mani cercava di rispondere agli attacchi della ragazza, ma era una battaglia persa, fino a quando non riuscì a bloccare un braccio di Lily, poi l’altro.

“Non vale!” brontolò la giovane, bloccata dal ragazzo.

“Nemmeno la tua difesa era contemplata nel manuale di Scacchi Magici, a dire il vero” sentenziò sarcastico il giovane.

Riuscì ad afferrare un piede nudo di Lily e prese a solleticarne la pianta.

“Sev ... NOOOOO!”

Non aveva mai visto la ragazza così scalmanata, scalciava e si agitava, ridendo con le lacrime agli occhi.

Severus si fermò per un attimo e Lily riprese fiato. Distesa sul prato, con i vestiti in disordine, i capelli confusamente sparpagliati per terra, era di una bellezza selvaggia ed intrigante. Non era di certo composta e perfetta come una fata di primavera. Il viso arrossato per il troppo ridere contrastava con quelle gambe bianchissime e più scoperte del solito. Se ci fosse stata sua madre presente, probabilmente l’avrebbe prontamente ripresa e le avrebbe ordinato di rimettersi a sedere perbene, perché con la gonna addosso non ci si può permettere di lasciare le gambe all’aria con quella naturalezza. Ma in quel momento, non che le importasse molto la postura. Si sentiva accaldata, scomposta, ma a suo agio, sapendo bene di avere lo sguardo discreto di Sev addosso. 

Sev lasciò andare il piede di Lily e si stese accanto a lei, non smettendo di guardarla rapito.

Lily lo guardò, immergendosi negli occhi scuri del ragazzo. Forse era quella giornata così assolata,  probabilmente era sempre stato così, ma il suo sguardo aveva una luce intensa. Era magnetico. Era una delle parti del suo corpo che gli piacevano di più.

“Non vale il solletico sui piedi ...” disse debolmente, senza staccargli gli occhi di dosso. 

Sev per tutta risposta allungò le braccia e la strinse a sé, baciandola prima lievemente, poi con ardore. Solo quando era certo di non avere gente attorno se non Lily, si faceva così sicuro. Quei gesti dovevano essere per lei soltanto. Nessuno, dai compagni Serpeverde, alla gente qualunque attorno a sé, doveva vedere quella parte di Severus. Apparteneva solo alla sua amata.

Lily rimase con gli occhi socchiusi, con il viso appena illuminato da qualche raggio di sole che filtrava tra le fronde. Gli strinse con dolcezza le braccia, nascoste sotto la camicia. Erano ancora piuttosto magre, ma si irrobustivano settimana dopo settimana. Il suo cuore batteva forte come sempre. Proprio come il primo giorno.

 

La Primavera rincitrulliva le menti, poteva essere vero.

La Primavera risvegliava la natura, era assodato.

La Primavera era in grado di far abbracciare due innamorati con un ardore del tutto ignoto. Quell’aspetto era del tutto da scoprire. Avevano un’intera stagione davanti, una vita intera, se l’avessero voluto.

 

I due rimasero sotto la quercia, abbracciati e parlando sommessamente, a godersi la fine del pomeriggio ed il calare del sole.

Si stavano rendendo nuovamente presentabili quando Lily vide le figure di Emmeline e Marlene correre verso di lei. Sembravano molto agitate.

“Lily, per fortuna ti abbiamo trovata! Oh, ciao Severus!” esclamò trafelata Emmeline, che si appoggiò al tronco per riprendere fiato. Marlene arrivò poco dopo.

“Ragazze! Che cosa succede?” chiese Lily preoccupata.

Marlene calma prese la parola “Mary ... Non troviamo più Mary”.

“Cosa? E dov’è finita? Non sarà fuori da qualche parte?”

Emmeline scosse la testa: “Ci eravamo date appuntamento nella Sala Comune di Grifondoro, dovevamo andare a vedere gli allenamenti di Quidditch assieme ... Ma non è mai arrivata”.

“Pensavamo fosse già al campo, che si fosse dimenticata di noi. Sai che è smemorata ... Siamo andate a controllare, ma non c’era. Abbiamo chiesto a tutti i presenti se l’avessero vista, ma niente”.

Lily sentì un brivido di terrore percorrerle la schiena. 

Dove poteva essere finita? 

Cosa poteva esserle successo? 

“Andiamo a cercarla. Sev, te la sentiresti di venire con noi? Avremmo bisogno di un ragazzo, non so dove potrebbe essere”.

Severus annuì, preoccupato. Non era mai capitato ad Hogwarts che qualcuno sparisse così nel nulla. Non negli ultimi anni. Sperava non si trattasse di magia oscura.

“Non c’è tempo da perdere, dobbiamo chiedere aiuto ad altri studenti” disse lucidamente Marlene.

Lily e Sev presero di corsa le loro borse e si misero a correre con le due Grifondoro.

*  *  *

Piccolo angolo autrice: magari dopo 12 capitoli è il caso che mi faccia vedere :D

 

Innanzitutto, un grandissimo GRAZIE di CUORE a tutti voi che leggete, recensite, sbirciate e basta questa piccola storia, un contributo personale ad una coppia che adoro, ma finita troppo tragicamente.

Sono tanto felice che stia volando e che sia apprezzata.

 

Questo capitolo l’ho voluto mantenere leggero, proprio perché il prossimo sarà impegnativo. In teoria doveva essere un capitolo unico immenso intitolato “Springtime & Voodoo”. Però non volevo rovinare la spensieratezza di questo capitolo! 

Il 13 arriverà presto e spero vi possa piacere. Temo che dovrò alzare un po’ il rating di Irish Rain, ma siamo tutti grandi adulti e vaccinati!


Un grosso abbraccio ed un grazie di cuore ancora,

a voi,

che credete nei miei piccoli tesori Sev e Lily.
Non smettete di credere nella pioggia.

 

 

Blankette_Girl

Alessandra <3

   
 
Leggi le 24 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Lily White Matricide