Anime & Manga > No. 6
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Autore: ScarletFlower    11/09/2011    3 recensioni
Vi racconterò di una storia, della storia.
Una storia, che ahimé, ha infangato ulteriormente quella purezza che il mondo non ha più - o che, probabilmente, non ha mai avuto.
Di una storia che avrete sentito fino alla nausea, perché questa, è una storia che non va dimenticata. Che ci parla della crudeltà dell'uomo, nella sua massima e dannata forma. Dell'uomo che uccide un altro uomo. Che lo priva della propria libertà.
Dell'uomo che non è considerato più uomo, né bestia, né cosa.
Dell'uomo che è considerato nulla.
Ma questo che sto per raccontarvi, è qualcosa di estremamente puro e nobile in un mondo lurido.
È la storia di due bambini -Cosa c'è di più innocente?- e della loro amicizia...
Cit: Tutto successe il pomeriggio del 1° settembre 1939.
Nezumi e Shion, amici fin dalla più tenera età, stavano giocando spensieratamente in una strada del Ghetto di Varsavia, quando tutto d'un tratto...
Genere: Drammatico, Storico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Voglio restare con te, perché la vita è bella così


 

 

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Premessa: Bene, rieccomi qui con una nuova storiella. Dopo aver introdotto nel fandom il fluff, il sentimentale ed cosiddetto "bollino rosso" (mi piace essere una pioniera!), vi porto un genere che adoro: le AU. No, non poteva mancarne una!
Vi lascio alla lettura.
Ps: Anche l'immagine è mia.

 

Sorridi, senza una ragione
Ama, come se fossi un bambino
Sorridi, non importa cosa dicono
Non ascoltare una parola di quello che dicono
perché la vita è bella così.

[Trad. Beautiful That Way, Noa]

 

 

Tutto successe il pomeriggio del 1° settembre 1939.
Nezumi e Shion, amici fin dalla più tenera età, stavano giocando spensieratamente in una strada del Ghetto di Varsavia, quando tutto d'un tratto sentirono urla e rumori di spari provenire dal fondo della strada, videro gente correre impaurita. Alcuni soldati scesero da automobili, con ai lati bandiere rosse con all'interno una svastica nera, ed iniziarono ad impartire ordini in tedesco, che non riuscirono a capire essendo polacchi. Tuttavia, il tono con cui quelle parole furono gridate bastò ad intimorirli a morte.
I soldati puntarono le loro armi contro le persone costringendole con la forza a salire su alcun grosse camionette, che erano state parcheggiate nel piazzale della via.
«Dove stiamo andando?», «Dove ci state portando?», domandarono alcuni, in preda al panico, senza ricevere alcuna risposta, a parte forti spintoni; chi invece tentò di opporre resistenza venne preso a pugni o a violente manganellate.
«Bewegung! Bewegung!», continuavano ad urlare, «Climb in der van!»*
Nella confusione, Nezumi e Shion furono sballottati e spinti bruscamente in un camion insieme agli altri, tra i pianti isterici di donne e di bambini.
«Ho paura, Nezumi!», esclamò in un mezzo grido Shion, mentre una tremenda angoscia gli attanagliava lo stomaco. «Anche io!», sbarrò gli occhi, agitato con il cuore in gola. Si abbracciarono tremanti per la paura, facendosi coraggio a vicenda. I portelloni vennero chiusi e blindati con spranghe d'acciaio dall'esterno, in modo che non potessero scappare. I motori furono messi in moto ed i furgoni incominciarono a muoversi, verso una destinazione sconosciuta.
Shion iniziò a piangere, nascondendo il volto nell'incavo della spalla di Nezumi, stringendosi più forte a lui. L'altro bambino, nonostante fosse spaventato quanto l'amico, riuscì a sussurragli un: «Andrà tutto bene, ci sono io con te» con voce tremante, lottando alla stregua contro le lacrime che premevano per scendere copiose dai suoi occhi. Si morse il labbro inferiore e cercò di calmarsi.
Rimasero abbracciati fino a quando i furgoni si arrestarono. I portelloni vennero finalmente aperti, ma ci fu solo il buio e la luce di una luna crescente ad avvolgerli, dato che era notte inoltrata. Tutti furono fatti scendere, Nezumi e Shion si presero per mano, tremanti, cercando di non perdersi. Si guardarono intorno per cercare di capire dove fossero: erano in una stazione ferroviaria. Un treno merci era fermo sulle rotaie e furono costretti a salire nei vagoni. Quella era stata solo una sosta, per poi riprendere il viaggio.
I due erano riusciti a sedersi in un angolo.
«Dove stiamo andando?», piagnucolò Shion, senza riferirsi a qualcuno in particolare. Poi guardò Nezumi, che rafforzò la stretta delle loro mani, sudate e tremolanti. Nezumi avrebbe tanto voluto piangere, ma non lo fece per non mettere ulteriore ansia all'altro.
«Forse non rivedremo più i nostri genitori...», sospirò tra le lacrime quello, «Forse non torneremo mai più a casa!», continuò, la voce rotta dai singhiozzi. L'unica cosa che riuscì a fare Nezumi fu portargli un braccio dietro la schiena per abbracciarlo ed iniziare a cantare la canzone che piaceva tanto all'amico. Fu così che ne intonò le prime parole, anche se il costante groppo alla gola non gli permise di farlo al meglio. Le parole si levarono nell'aria opprimente che c'era all'interno di quelle quattro mura di legno. Ma il suo dolce canto riuscì comunque a calmare Shion, che pian piano si addormentò tra le sue braccia.
Cantò finché ebbe voce, poi diede sfogo a tutta la sua inquietudine e tristezza piangendo a dirotto, fino a quando si addormentò a sua volta.
Vennero svegliati dal rumore dei portelloni aperti con forza e l'accecante luce del giorno li colpì in pieno viso. Scesero e furono fatti mettere in fila dalle SS, i due bambini continuarono a tenersi mano nella mano, entrambi avevano gli occhi gonfi e rossi di pianto. Si ritrovarono di fronte ad una specie di campo, tutto circondato da reti di metallo e filo spinato, all'entrata si trovava un grosso arco con su scritto: Arbeit macht frei. - «Il lavoro rende liberi», disse un uomo leggendo l'insegna.
La fila iniziò a muoversi verso l'entrata del campo.
Iniziò così lo smistamento.
Gli uomini vennero separati dalle donne, i bambini furono strappati dalle braccia delle loro madri e portati altrove insieme a Nezumi e Shion, dove vennero esaminati da alcuni dottori.
Tu di qua, tu di là. Dicevano i medici ed i bambini venivano divisi ulteriormente in due gruppi.
«Non voglio che ci separino.», bisbigliò Shion all'orecchio dell'altro.
«Non lo faranno», ribatté, o almeno così sperò Nezumi.
Alla fine non li separarono: si guardano felici, nonostante fossero appena giunti all'Inferno.

 

 

 

Era passata poco più di una settimana da quando erano stati portati lì. I bambini maschi del loro gruppo erano stati adibiti allo spostamento di alcuni blocchi di cemento.
«Domani è il tuo dodicesimo compleanno», disse Nezumi a Shion, mentre spostavano alcuni blocchi. «Già...», gli rispose triste guardando i suoi piedi sporchi di terra, «e siamo qui, in questo posto orribile!», continuò mentre alcune lacrime iniziarono a rigargli il volto.
L'altro gli si avvicinò, accarezzandogli ed asciugandogli la guancia. «È vero che siamo qui, in questo Inferno, senza sapere cosa ci accadrà, ma...», continuò mentre l'altro alzava lo sguardo nei suoi occhi grigi, «ma ci sono io insieme a te. Puoi festeggiarlo con me, o non ti vado bene?», mise su un finto broncio che fece sorridere Shion.
«Va benissimo, senza di te il mio compleanno non avrebbe senso, anche se fosse la più grande festa del secolo!». Sorrisero entrambi, abbracciandosi.
La mattina seguente, Nezumi gironzolò un po' per il campo alla ricerca di qualcosa, quando trovò quello che stava cercando lo raccolse e se lo mise in tasca.
Durante il primo pomeriggio, quando finalmente riuscì ad incrociare Shion gli si avvicinò tirandolo da parte, dietro un cumulo di terra e mattoni.
«Tanti auguri!», gli disse sorridendo.
«Grazie», rispose l'altro.
«Dammi la mano e chiudi gli occhi», disse poi Nezumi, l'altro fece come gli fu chiesto, quindi rovistò nella tasca del suo pantalone. Prese la cosa che in precedenza aveva raccattato da terra e la mise in mano a Shion. «Adesso puoi riaprirli!»
L'amico dischiuse le palpebre e guardò quello che aveva nella mano, poi guardò Nezumi e di nuovo la sua mano. «È una-».
«Una violetta selvatica», continuò l'amico per lui, «È il mio regalo per il tuo compleanno. È una cosa stupida e da femminucce, lo so, ma ho trovato solo questo... », disse distogliendo lo sguardo, arrossendo leggermente. Shion sorrise intenerito dal rossore che imporporava le guance dell'amico.
«Grazie,» disse «è il più bel regalo che potessi desiderare!», concluse dandogli un bacio sulla guancia come ringraziamento. Si sedettero dietro dei piloni di cemento appoggiati a terra, cercando di nascondersi dalle donne che li controllavano.
«Tieni», disse Nezumi porgendo un pezzo di pane all'amico, «l'ho tenuto da parte appositamente per festeggiare insieme a te», sorrise.
Shion si commosse e fu sul punto di piangere: perché, nonostante quello che venisse dato da mangiare nel campo fosse poco e niente, l'amico si era privato del suo pranzo per dividerlo con lui.
«Grazie», riuscì a dire semplicemente. Ti voglio bene - pensò; ma non glielo disse, facendo rimanere quella frase un pensiero nella sua mente.

 


«Sai? Ho sempre pensato che questa divisa a strisce bianche e blu ti doni molto, Nezumi», gli fece notare il ragazzino, mentre giocherellava con la piccola stella a sei punte, attaccata al lato sinistro del suo petto. L'altro lo guardò in silenzio inclinando la testa, mentre portava alla bocca l'ultimo pezzetto del suo pane. Poi l'altro alzò lo sguardo smettendo di torturare la sua maglietta: «A te quale numero hanno tatuato sul braccio?», gli domandò con sincerità. Nezumi spalancò la bocca di fronte all'ingenuità dell'amico, «Il mio è 174231», continuò sorridendo, «Il tuo?»
«Il mio è 174232», rispose automaticamente. Come poteva chiedergli una cosa del genere e sorridere, non aveva capito a cosa si riferiva quel numero impresso nella loro pelle?
«Hai visto, i nostri tatuaggi differiscono tra loro solo di una cifra!»
Dove arriva la tua ingenuità Shion?!, chiese a se stesso Nezumi.
Dopo qualche minuto di silenzio rispese a parlare: «È vero che questo posto è orrendo, ma con te al mio fianco non ho paura!», sorrise di nuovo.
Nezumi non ebbe il tempo di dirgli niente che venne afferrato con forza da un SS e spinto, insieme all'amico, verso il gruppo di bambini che stavano mettendo in fila. Furono sballottati e nella confusione non capirono il perché.
«Alle docce, è l'ora di fare la doccia!», gridarono quelle donne.
Nezumi sbarrò gli occhi a quella frase, iniziò a respirare affannosamente in mancanza d'aria, con il cuore in gola. In preda al panico totale. Istintivamente afferrò per la mano Shion, strattonandolo con forza, «Dobbiamo andarcene! Dobbiamo andarcene!», continuava a ripetere mentre cercava di tornare indietro, invano, spinto dalla calca che andava nel verso contrario. L'amico non riuscì a capire il perché di tutta quell'agitazione. Dopotutto era solo una doccia, no?
«Nezumi, è soltanto una doccia», gli ricordò a quel punto, «non avrai per caso paura dell'acqua?!», lo schernì ridendo.
L'altro lo guardò. No, non aveva paura dell'acqua, ma del fatto di quello che facevano in quelle docce. Perché lui sapeva cosa succedeva in realtà. L'aveva sentito dire da alcuni prigionieri, dicevano che chi entrava lì non faceva più ritorno. La spiegazione era solo una. L'amico sorrideva ignaro di tutto, tenendolo per mano, Nezumi lo guardò con occhi vuoti. «Già... è soltanto una doccia!», cercò di sorridere, ignorando la paura ed il groppo alla gola. Non poteva piangere e rovinare l'ultimo compleanno dell'amico! Quindi si rassegnò al suo destino. Quando arrivarono in una grossa baracca, gli fu ordinato di spogliarsi; Nezumi era bianco in volto e tremava, l'amico lo guardò preoccupato. «Sto bene, non preoccuparti», era inutile rovinargli gli ultimi minuti di vita che gli rimanevano, pensò.
Poi furono spinti e chiusi in una stanza dove c'erano tante docce, il bambino continuò a guardarsi intorno impaurito.
«Nezumi, che ti succede?», gli domandò l'amico.
«Niente!», si affrettò a rispondere.
«Guarda, ho portato con me anche il fiore che mi hai regalato, non voglio perderlo!», sorrise non sapendo quello che sarebbe accaduto di lì a poco. L'altro lo guardò ancora, lo sguardo disincantato davanti a quella realtà, e rimase in silenzio. Poi, una puzza di gas invase la stanza.
«Cosa sta succedendo?», gli domandò. Nezumi scosse il capo, continuando a sorridere. Se devo morire insieme a te, per me va bene.
Avrebbe fatto bene a dirgli la verità, sporcando l'innocenza che da sempre caratterizzava l'amico. Colorare di terrore i suoi occhi?
No, sarebbe rimasto in silenzio, sorridendo per quel poco tempo che gli rimaneva.
«Questa puzza... mi gira la testa», piagnucolò Shion portandosi le mani alla bocca, stringendo la viola tra di esse, «la vista mi si sta annebbiando».
«È perché stiamo per andare in Paradiso», gli sussurrò l'amico, un bel sorriso disegnato sulle sue labbra. «In Paradiso?», era sorpreso da quelle parole. Cosa c'entravano?
«Sì, non sei felice di festeggiare lì il tuo compleanno?», a quel punto lo abbracciò e Shion rimase immobile: «Ti voglio bene, Shion», gli disse d'improvviso all'orecchio. «An-anche io, ma perché me lo dici in questo momento?», chiese confuso.
Il ragazzino scosse le spalle, scuotendo il capo: «Volevo soltanto che tu sapessi che ti voglio tanto bene...». L'amico rimase interdetto, «Io di più!», ribatté. Mentre gli occhi gli si annebbiavano sempre di più, sentendosi sul punto di svenire.
Le urla strazianti di dolore dei bambini si diffusero nella stanza. I due amici si abbracciarono più forte tra loro, «Stiamo andando in Paradiso, dove rimarremo per sempre», sussurrò un'ultima volta Nezumi all'orecchio di Shion; mentre la Morte li accoglieva fra le sue braccia.

Non importa quanto marciume ci sia in questo mondo, la nostra amicizia rimarrà sempre colorata del bianco della sua purezza.

 

 

 

Conserva la risata nei tuoi occhi
presto verrà premiato il tuo aspettare
non dimenticheremo i nostri dolori
e penseremo ad un giorno più allegro
perché la vita è bella così.

[Trad. Beautiful That Way, Noa]




 

Angolo dell'autrice: Bene, su questa one-shot ho qualche parola in più da spendere, rispetto ai miei soliti sproloqui.
Innanzitutto, l'ho scritta perché il nono ed il decimo episodio mi hanno fatto pensare proprio all'olocausto (vogliamo parlare di tutta quella pila di corpi umani?). Secondo, mi ero dimenticata del compleanno di Shion: un'occasione in più per scrivere. passando alla storia, mi sono ispirata a fatti realmente accaduti (come già sapete, ovviamente), le date sono esatte: infatti il 1° settembre 1939 i tedeschi invasero il ghetto di Varsavia e per quanto ho capito, iniziarono da lì a deportare i primi ebrei nei campi di sterminio. Precisando, Shion e Nezumi sono stati portati ad Auschwitz.
Le due citazioni, alla fine e all'inizio della storia, le ho prese dalla traduzione della canzone Beautiful That Way, la colonna sonora de "La vita è bella". Le frasi in tedesco contrassegnate dall'asterisco invece significano: Muovetevi, muovetevi! Salite nei camion.
La mia intenzione era quella di sottolineare l'amicizia di Nezumi e Shion che sopravvive anche a questo scempio fino alla fine, non so se ci sono riuscita.
Spero sia piaciuta, fatemi sapere.
Rox <3

 

 

   
 
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