Seconda Seconda parte della stupidata. Di nuovo, buona fortuna.
Di delitti imperfetti e funerali in giardino
(parte seconda)
I
bagni pubblici sono un luogo odioso, davvero.
E non perché ci si
ritrova a fare il bagno con degli sconosciuti, solitamente tutti
appartenenti alla massa di viscidume ipocrita che è Konoha. No, i
bagni pubblici sono un luogo odioso perché il bagno finisci a farlo
coi conoscenti.
«Mia madre ha detto che le sporcavo la vasca. Mi
ha praticamente cacciato a calci!» sta spiegando Inuzuka Kiba,
mentre si insapona festante un'ascella, col cane che gli lecca la
schiena in un qualche perverso tentativo d'aiutarlo nelle
abluzioni.
«Ma non dovrebbero restar fuori, i cani?» mastica
Sasuke, senza che si capisca se ce l'abbia con Kiba o
con Akamaru,
dato che è voltato di schiena e si sta insaponando i capelli da
mezz'ora, per riempirsi le orecchie di schiuma e non dover più
sentire le ciarle imbecilli che Naruto sta scambiando con
quell'idiota di Inuzuka. E per fortuna che non è ancora comparso
Sai, o avrebbe dovuto far fronte ad una sequela di assurdità sulle
dimensioni dei peni, e non è proprio dell'umore adatto: sarebbe
diventato volgare.
«Sasuke, passami lo shampoo» gli fa Naruto,
tendendo il braccio alla cieca, ancora tutto preso dalle ciarle con
Kiba, cui sta raccontando dettagliatamente lo stato pietoso in cui
versava il rubinetto e in generale l'intero ambiente della stanza da
bagno di casa Uchiha.
Sasuke alza le pupille al cielo, rimanendo
però sapientemente rivolto verso la parete.
Un rivolo di schiuma
gli cola sulla fronte e va a finire nell'occhio. Alla cieca,
raccoglie il flacone dal pavimento e lo mette nella mano aperta
dell'idiota, che dimentica di ringraziare, o forse è che in tutto
quel parlottio, quel caldo, quell'odore di sapone e umanità che
riempie le narici come cotone, semplicemente, è come avere la testa
imbottita di schiuma e non c'è verso che si riesca a sentire un
tubo.
Sasuke li odia da morire, i bagni pubblici.
Se lo ripete
mentre sciacqua la testa e l'occhio brucia furioso – per un attimo,
del tutto irrazionale, lo coglie il timore che non appena lo riaprirà
si attiverà qualche diavoleria come Amaterasu – e poi, con uno
sbuffo, si defila nell'acqua calda senza proferire verbo, ansioso di
mettere qualche metro tra sé, Inuzuka e possibilmente l'intero mondo
circostante.
Viene subito deluso, perché Naruto gli scivola
appresso in fretta,
beccandosi le occhiatacce di mezza clientela del bagno, dato che
ha qualche
rimasuglio di schiuma sulla spalla. Comunque, nessuno fa in tempo a
fermare l'irruento eroe di Konoha che lui è già dentro, seduto a
gambe incrociate sul fondo, un sorriso morbido e soddisfatto in viso
e le ginocchia a cozzare non troppo involontariamente con quelle di
Sasuke; con tutto che l'ex nukenin si era assicurato di stare
nell'angolo più discosto della vasca, perché, a parte la fobia
sociale, starsene nudo come un verme senza il ventaglio a ricordare a
tutti che se sono vivi è solo per un suo capriccio, e coi capelli
troppo bagnati per potercisi nascondere dietro senza sembrare
particolarmente idiota, Sasuke si sente decisamente inerme.
Naruto
mantiene quel sorriso stupido e tranquillizzante per un altro po',
solo per lui, e poi fa cenno a Kiba di darsi una mossa, voltandosi di
nuovo verso il bordo e appigliandovisi col braccio.
«Fate posto!»
si annuncia Inuzuka con un'aria da spaccone che non c'entra nulla,
visto che di posto ce n'è a sufficienza per una mandria di
Akamaru.
E infatti, mentre il padrone si pianta nell'acqua calda
con un uggiolio soddisfatto e già smania per rompere le scatole,
ingaggiando una lotta di schizzi con Naruto – sfida
accettata!,
ovviamente –, Akamaru prende la rincorsa per partecipare
attivamente alla festa. Prima che riesca davvero a tuffarsi nella
vasca, un anziano indignato raglia
«ma insomma!», qualcuno urla «il cane nella vasca no!» e Kiba fa
giusto in tempo a lanciare un ammonimento ringhioso che gela Akamaru
sul posto.
Il cane resta sul bordo, a mugolare imbronciato, ma
ubbidisce; rincula e muove il testone per assistere alla stupida
battaglia di schizzi tra il suo padrone e l'idiota biondo.
Sasuke
osserva costernato la scena mentre il suo sedere scivola sempre più
giù, fino a fargli immergere il naso nell'acqua. Sbuffa, generando
una manciata di bolle.
«Toh, guarda un po' chi si vede»
esordisce una voce, dall'alto.
Kiba interrompe il suo tentativo di
annegare Naruto e lui tossisce «ciao Shikamaru!» facendo girare
mezzo bagno.
Sasuke no, inorridisce ma resta al suo posto,
degnandosi solo di spostare le pupille per inquadrare due gambe e una
cintola coperta da un asciugamano, e il cane enormemente bianco che
sta cercando di slegarlo e portarselo via.
«Akamaru...»
bofonchia il nuovo arrivato, strappandoglielo dalle fauci solo per
essere slinguazzato in ogni punto raggiungibile dalla bestia; Kiba si
scompiscia, mollando la presa su Naruto.
«Ciao Naruto, Kiba...»
saluta Shikamaru , sedendosi sul bordo e lanciando un'occhiata tra il
divertito e l'esasperato ad Inuzuka. «Sasuke» aggiunge poi, con un
cenno del capo.
«Nara» fa lui, con immotivato astio che viene
però prontamente ignorato dal genio.
«Come mai da queste parti?»
domanda quello, mentre acciuffa un bagnoschiuma dall'odore fortemente
muschiato che sembra esattamente il genere di cose che potrebbe
comprare sua mamma. Si accomoda su uno sgabello e lascia che Akamaru
gli gironzoli attorno festoso, beccandosi manciate di sapone sul
muso.
«La mamma era convinta che io e Akamaru avremmo sporcato la
vasca» sbuffa Kiba, scuotendo la testa incredulo, mentre si avvicina
al bordo.
Shikamaru annuisce, con l'aria però di star dando
ragione alla signora Inuzuka. Ma rinuncia alla polemica e comincia
piuttosto ad insaponarsi un braccio con fare stanco.
«Stesso
motivo» spiega pigramente. «Quando deve venire la nonna mia madre
diventa ossessionata dalle pulizie... le suocere sono il genere
femminile più intollerabile che esista, appena dopo le
madri».
Akamaru gli poggia la testa sulle gambe, sbavandogli
addosso e facendo le bolle di sapone col naso.
«E voi? È strano
vedervi qui» domanda Shikamaru, fingendo di non accorgersi del
cane.
Naruto se la ride, i gomiti sul bordo, e Sasuke si ritira di
nuovo col naso sotto il pelo dell'acqua, cercando di svicolare con la
maggiore dose di dignità possibile.
«Questo psicopatico ha
demolito il bagno. E poi mancava l'acqua» spiega il jinchuuriki col
pollice alle spalle, a indicare Sasuke. Poi, senza preavviso, trasale
e si volta di scatto verso di lui.
«E le piante?!» fa, nel
panico.
Sasuke inspira l'acqua della vasca e mezzo affoga tra le
risate di Kiba.
«Cretino»
ingiunge, oltraggiato, mentre tossisce e torna a Naruto, che lo
guarda con gli occhi d'una madre che non sappia che fine abbiano
fatto i suoi cuccioli. Qualcosa nello stomaco di Sasuke, all'altezza
del diaframma, tenta di suicidarsi.
L'ex nukenin si riprende,
tossendo altra acqua.
«Le piante stanno benissimo, usuratonkachi.
E smettila di essere ossessivo» soffia, stizzito.
Naruto
lo ignora, ben consapevole dell'opinione dell'altro riguardo il suo
attaccamento per gli esseri verdi.
«Anche Ukki? Con cosa le hai
innaffiate? Non c'era un goccio d'acqua» domanda, un po' più
tranquillo, mentre Shikamaru finisce di sciacquarsi con cura e entra
anche lui nella vasca, lasciando il povero Akamaru ad uggiolare
invidioso sul bordo.
Al nome della beneamata, defunta pianta, la
cosa nello stomaco di Sasuke si impicca con l'intestino, o almeno
questa è la sensazione che ha lui. Dall'esterno, si nota solo un
lievissimo tremolio della palpebra sinistra, che passa
tranquillamente inosservato sotto la salvifica cortina dei capelli ed
un'espressione il più possibile altera e seccata.
«Con l'acqua
in bottiglia, idiota.
Smettila di smaniare» ribatte, sperando che si volti per unirsi a
Kiba nella sua opera di tormento ai danni di Shikamaru, dato che
Inuzuka sembra divertirsi un mondo mentre prova a ribaltarlo dalla
sua flaccida posizione seduta, tirandolo per un piede e godendo nel
vedere la testa del genio scivolare sempre più, spalmata contro il
bordo vasca.
«Giusto...» fa invece Naruto, senza avvedersi di
nulla. E quando Sasuke sta già per rilassarsi, aggiunge, aggrottando
le sopracciglia: «ma perché era lì?».
C'è silenzio per un
attimo, rotto solo dalla risata trionfale di Kiba, che è riuscito a
stendere Shikamaru tutto sul fondo; dal viso deformato del genio,
sotto il mezzo metro d'acqua, si alzano grosse bolle sbuffanti che
increspano la superficie.
Sasuke opta per una tattica di
temporeggiamento.
«Cosa»
chiede, adottando il tono più infastidito del suo repertorio.
«Lo
sai, teme. Ukki, dico. Ci stavi seduto vicino, di solito non sta
lì...» fa Naruto, vago, la mente come tesa a focalizzare qualcosa:
non è in tensione, anzi, sta solo conversando, ma Sasuke sente il
pericolo vibrare nell'aria allo sfiorare dell'argomento e si
irrigidisce.
«No?» ribatte, ostentando disinteresse. Apre la
bocca per proporre di tornare a casa, ché gli si stanno raggrinzendo
i polpastrelli – e lui odia che
gli si raggrinziscano i polpastrelli – ma
Naruto ha l'aria pensosa di quando le cose non gli tornano, quella
insopportabile da eroe risolvi-tutto.
Sasuke inizia a progettare rapidamente di inscenare uno svenimento;
non necessariamente suo: andrebbe bene anche stordire Inuzuka, così
riuscirebbe ad ottenere un po' di sano silenzio, in aggiunta.
«Si
sarà spostata» aggiunge l'ex nukenin, quando vede che Naruto lo sta
ancora guardando con espressione interrogativa.
«Da sola» fa
quello, scettico.
«Sarà stato il gatto! Qual è il problema?»
si ritrova presto ad alzare la voce Sasuke, frustrato.
Mezzo bagno
si volta – checcazzo,
se Inuzuka urla oscenità però nessuno si gira, eh. Gli abitanti di
Konoha hanno la discriminazione nel sangue – e lui decide che,
invece di provare fastidio e imbarazzo, li spedirà tutti in un
genjutsu. Fa per voltarsi, pronto a concepire qualcosa che sia il più
sanguinoso possibile, quando Kiba interviene, curioso e
divertito.
«Il gatto ha fatto cosa?»
domanda, mentre strangola un flaccido Shikamaru con
l'avambraccio.
Sasuke riversa per un istante tutta la sua ira in
un'unica occhiata nella sua direzione, sventando il massacro.
Poi
si alza in uno scroscio d'acqua, recupera il suo asciugamano e si
allontana a passo marziale. L'unico verso che si degna di emettere,
ignorando del tutto il richiamo di Naruto e l'aria perplessa ma non
troppo di Kiba e Shikamaru – non è che gliene freghi poi molto a
loro, delle turbe psicotiche di Uchiha Sasuke – è un mugugno breve
e secco in direzione d'Akamaru, che gli lancia un abbaio
indisposto.
Due secondi dopo, Sasuke se l'è squagliata via e
Naruto sta salutando frettolosamente gli altri e recuperando la sua
roba, per raggiungerlo.
Uchiha
Sasuke è un imbecille con le turbe psichiche.
Questo Naruto lo
sa, e se lo fa anche andare bene, perché altrimenti il loro rapporto
non avrebbe ragione d'esistere. Ma resta il fatto che Sasuke è uno
stronzo, senza contare che è pure matto come un cavallo, e anche se
nel corso d'un paio d'anni è riuscito davvero a migliorare parecchio
sotto molti punti di vista – ogni tanto ha quasi un barlume di
senso dell'umorismo, sebbene sempre tendente alla drammatizzazione
esasperata e con un certo gusto per l'orrido che Naruto non può fare
a meno di attribuire alla prolungata permanenza ad Oto –, ma se c'è
una cosa che non è migliorata è la sua comunicabilità. Anzi, con
quella faccia immobile che si ritrova, e rilassa un po' giusto in
casa, quand'è d'umore passabile, capire cosa gli gira per la testa è
dieci volte più complicato di quand'erano bambini.
E dire che
prima, a dodici anni, Naruto credeva che Sasuke fosse una specie di
monolito: adesso rimpiange enormemente quell'incredibile gamma
d'emozioni che gli si poteva leggere in viso in ogni momento e che
lui non aveva la maturità adatta a notare.
Soffia, stanco, e si
versa del latte presumibilmente rancido nella tazza.
«Bleah»
fa, annusando. Sbadiglia al rettangolo di luce polverosa che filtra
dalla finestra, sopra il lavello, e poi abbassa lo sguardo per
degnare il rubinetto di un'occhiata depressa e un po' scoraggiata:
l'acqua non c'è e fa un caldo da svenire, appiccicoso e senza un
alito di vento.
«Ehi, non sul tavolo» ammonisce in direzione del
gatto, mentre si accomoda con la sua tazza di latte rancido e dei
biscotti: troppo, troppo caldo per il ramen. La situazione è
veramente critica.
Naruto Due non gli dà retta – non gli
dà mai retta,
quel maledetto sta a sentire solo i sibili minacciosi di Sasuke – e
si sistema pigramente proprio accanto ai biscotti, gli occhi chiusi e
tutta l'aria di star soffrendo anche lui la temperatura
proibitiva.
Naruto sospira e gli rifila una grattatina dietro le
orecchie sbadigliando ancora, il gomito sul tavolo già coperto di
pelame arancio.
Con la testa inclinata, inquadra uno sprazzo di
soggiorno: sul divano basso, la faccia mezza affondata
nell'imbottitura, sta Sasuke, o almeno alcune parti visibili del suo
corpo, quali ciuffi neri di capelli e, giù, un piede e mezza
caviglia.
«Ma quanto è imbecille quello lì, mh?» commenta
Naruto, il viso accanto a quello del gatto, che approva
strusciandoglisi contro.
Quando la coda gli finisce sotto al naso,
facendolo starnutire, Naruto finalmente si alza da tavola,
abbandonando i biscotti a se stessi e il latte rancido al gatto, la
cui ciotola, nota in quel momento, è tragicamente vuota.
Il
jinchuuriki sbuffa, annotando a mente l'ennesima cosa che dovrà
rimproverare a quell'idiota di Sasuke quando si deciderà a tornare
vagamente trattabile.
Nei bagni pubblici non ce lo porterà più,
questo è certo, perché è evidente che lo innervosiscano, anche se
l'eroe di Konoha è quasi sicuro che a rendere così scorbutico il
suo sfiancante compagno sia in buona parte anche il caldo.
«Stupido
caldo» commenta a voce alta, aprendo un'altra volta inutilmente il
frigo, in cerca di liquidi che non ci sono.
D'accordo che evitare
il sesso post missione sicuramente consente di recuperare le energie
più in fretta, e dormire in un letto non matrimoniale per una volta
senza che Sasuke mugugni o lo prenda a cazzotti e pedate mentre si
rivolta come un gambero fritto durante la fase REM sia certamente
riposante, ma se non il suo corpo – e comunque l'assenza della
persona di Sasuke, che sia a tremila chilometri o al piano di sotto,
gli provoca comunque una sorta di sottile malessere fisico, come un
doloretto lieve ma persistente alla bocca dello stomaco –, il suo
umore ne risente enormemente.
E non è mica la prima volta che
Sasuke semplicemente decide di passare la notte in giro per casa per
poi essere rinvenuto negli angoli più disparati, dalla cucina
all'engawa, di solito con la faccia spalmata su una rivista di sudoku
e il gatto a russargli addosso; ma non succede la notte subito dopo
che uno dei due è tornato da una missione di più giorni: è una
specie di accordo tacito, come la questione del se
tu cucini io sparecchio o
il ramen da Teuchi minimo due volte la settimana.
La porta del
frigorifero sbatte rumorosamente, ma dal soggiorno non arriva alcun
suono.
«E ha pure il sonno pesante, lo stronzo» brontola Naruto,
curandosi di fare un altro po' di rumore coi mobili, mentre apre ante
degli armadietti così, senza uno scopo preciso.
Arriva al lavello
e spalanca il mobiletto sottostante, sbuffando alla vista dello stato
sempre pietoso in cui versano i tubi: perché no, Sasuke può fare
tutto da solo, a lui mica serve l'idraulico. Adesso si verrà a
sapere che a Oto Orochimaru gli insegnava economia domestica.
«Questa
roba va cambiata» commenta Naruto, a voce più alta di prima. A
dargli retta c'è solo il gatto.
Il jinchuuriki mugugna
d'insofferenza, scompigliandosi i capelli con una certa furia, e poi
fa per chiudere lo sportello e andare finalmente a svegliare il
bastardo, perché comincia decisamente ad annoiarsi e annoiarsi è
contro la sua politica, nei giorni liberi. Proprio mentre la sua
testa bacata è regredita ad un'età inferiore agli undici anni per
concepire qualche scherzo macchinoso che causi la caduta di Sasuke
dal divano, con la mano ancora poggiata sull'anta aperta, nota
qualcosa che per un attimo cancella tutto e gli fa illuminare lo
sguardo: c'è una bottiglia di vetro piena d'acqua limpida che il
giorno prima non aveva proprio notato, stretta tra un pacco di buste
per la spazzatura formato cadavere e il detersivo per
piatti.
«Ah ah!»
esclama, deliziato, come avesse sgamato il colpevole di un libro
giallo a pagina cinque. «L'acqua
è finita, usuratonkachi, piantala di cercarla come un'anima in pena»
fa il verso a Sasuke, citando dalla sera precedente, con una voce
saccente al massimo grado d'insopportabilità.
Il gatto lo guarda
come fosse suonato e salta giù dal tavolo, per zampettare in
soggiorno e andare a tormentare l'altro inquilino.
Naruto non lo
ferma perché ha deciso che lo stronzo se lo merita, e invece preleva
la bottiglia con espressione soddisfatta e fa per stapparla.
Si
blocca a metà dell'atto di buttare giù un sorso, realizzando in
quell'istante che una bottiglia sopravvissuta a una settimana di
caldo torrido come quella corrente dovrà essere quantomeno
disgustosa. Fa per posarla in frigo, ma mentre aggira il tavolo per
raggiungerlo, intravede un guizzo verde oltre il divano, nell'altra
stanza.
Guarda prima il verde, poi l'acqua, poi di nuovo il verde,
poi di nuovo l'acqua e finalmente il suo cervello rallentato dalla
temperatura tropicale fornisce il giusto input e conduce i suoi piedi
prima in corridoio e poi in soggiorno.
Sasuke dorme della grossa
sprofondato prono nel divano, i piedi che sporgono dal fondo e un
braccio rilassato e molle giù, a toccare il pavimento con le dita. E
dorme proprio profondamente, perché Naruto Due gli sta mordicchiando
le falangi con un certo impegno e lui non ha ancora battuto
ciglio.
Naruto si ferma a guardare la scena imbambolato per
qualche momento e nel suo cervello inceppato formula solo due
pensieri sconnessi: che a stare così a Sasuke sicuro verrà mal di
schiena e che ha una voglia esagerata di buttarsi sopra di lui a peso
morto, per svegliarlo e vedere poi cosa succede. Magari dopo lo fa,
sì. Anzi, farà esattamente così, subito dopo aver innaffiato le
piante.
Distoglie lo sguardo a fatica e inquadra di nuovo il
verde: il fogliame di Ukki cresce rigoglioso; un un po' floscio per
via del caldo, ma il colore delle foglie resta brillante. La striscia
giallastra nel mezzo, a seguire la venatura, sembra persino un po'
più chiara del solito.
«Sete, Ukki chan?» cinguetta l'idiota,
contento. Agita la bottiglia d'acqua come fosse un biberon, mentre
soppesa amorevolmente qualche propaggine un poco smorta, e decide che
un'innaffiata a pioggia è proprio quel che ci vuole.
Poi rovescia
la bottiglia.
Prima
c'è l'urlo, poi l'impatto.
Di solito, con l'intensa attività
onirica di cui è vittima, Sasuke è abituato a sognare di urlare e
accorgersi magari di star quantomeno mugugnando nella realtà; ma,
appunto, l'urlo si interrompe col sonno, mica il contrario.
Apre
gli occhi di colpo e non fa in tempo a capire che diavolo siano
quelle cose nere e filamentose su fondo blu che gli ricadono davanti
agli occhi, che è già bocconi sul pavimento assieme a tutta la
copertura – blu – del divano e i capelli non solo negli occhi, ma
pure nel naso e in bocca, e un gatto incastrato sotto
l'ascella.
Naruto continua a sbraitare.
Nel mezzo, Sasuke cerca
di alzare la testa, almeno per capire che diavolo stia succedendo, ma
vede solo il piedi nudi del compagno filare a razzo davanti ai suoi
occhi e sparire in cucina tra altri rumoreggi vari di talloni e
piante che assestano martellate sul tatami.
«Buongiorno»
sibila l'ex nukenin in direzione di Naruto Due, sarcastico; ricade di
lato e si mette seduto, schiena al divano.
Ah, sì: ci ha dormito
per via del caldo. E in minima, marginale parte per via dei sensi di
colpa dovuti alla vista di Naruto che dava un'amorevole buonanotte a
Ukki preoccupandosi del fatto che le foglie paressero meno vigorose
del solito.
Completamente distrutto, Sasuke si alza esibendosi in
un concerto di scricchiolii ossei che fanno voltare il gatto, e poi
si guarda attorno, stanco.
Oltre gli
shouji spalancati, sull'engawa ancora ombroso nonostante il calore –
deve essere un'ora non troppo tarda, quindi – lo sgabello su cui
stava il vaso di Ukki è libero, un'unica linea circolare di terra a
testimoniare che una volta lì c'era un vaso. Sotto giace una
bottiglia di vetro vuota, immobile e muta.
Quel che non è muto,
lì dentro, è Naruto, che guaisce in cucina come gli fosse appena
stato tagliato un arto.
«Idiota?» domanda Sasuke, dubbioso,
presagendo sciagure. Nel dubbio, resta fermo sulla porta della
cucina: Naruto gli dà le spalle, chino sul lavandino a picchiare e
insultare il rubinetto, l'acqua, Sasuke, la siccità e svariate altre
cose del tutto randomiche.
«Sasuke!» sbraita non appena si
avvede della sua presenza.
L'ex nukenin sussulta sul posto ma non
ha la forza di rispondere; sgrana solo gli occhi quando la faccia
sconsolata di Naruto accenna alla pianta in vaso che sta nel lavello,
probabilmente in un ultimo disperato tentativo del jinchuuriki di
salvarla da qualsiasi cosa l'abbia ridotta nello stato pietoso in cui
versa.
Sasuke si avvicina, gli occhi sgranati: quella è la
sostituta di Ukki. Quella che lo ha indebitato con Yamanaka di una
cifra non indifferente e anche quella che meno di otto ore prima
stava perfettamente in salute sullo sgabello, a coprire il suo sporco
misfatto.
Naruto, sconvolto com'è, non ragiona e scambia la sua
sorpresa per interesse.
«Non so che è successo!» rantola,
agitato. «Lo stavo innaffiando e neanche cinque secondi dopo ha
cominciato a fumare e sciogliersi, e... »
boccheggia, davanti allo spettacolo della sua povera pianta ridotta
ad una pappa molliccia e corrosa nel vaso. Le foglie attorno sono
ancora verdi, ma il ceppo principale è andato completamente.
«Con
che diavolo...» comincia l'ex nukenin, sconcertato.
«Con
l'acqua! Gli ho dato l'acqua che stava là, sotto al lavello! E poi
così, s'è sciolta!»
Sasuke assottiglia le palpebre e vaga con
lo sguardo sullo stipetto chiuso ai loro piedi. Non c'è acqua, lì.
Men che meno acqua in bottiglia. Lì ci sono i sacchi della
spazzatura, il detersivo per piatti e l'acido solforico per sturare
lo scarico costantemente intasato.
Oh.
«L'acido
solforico è un liquido cristallino, incolore e inodore» gli esce,
quasi Iruka avesse posto una domanda alla classe. «Altamente
corrosivo» aggiunge poi, guardando il martoriato ex sosia di Ukki
che emette gli ultimi fruscii agonizzanti di foglie grigie.
Poi
ritorna a guardare Naruto, che tiene gli occhi fissi su di lui,
sgranati.
Boccheggia qualche sillaba inudibile, la bocca appena
schiusa, e poi cala le pupille a terra e si passa una mano sulla
nuca.
«L'ho ammazzato. Ho annegato Ukki nell'acido» articola
incredulo, nel silenzio della cucina.
Sasuke, senza parole,
osserva per un po' il compagno che fissa vacuo il pavimento, finché
semplicemente non lascia ricadere le mani ai fianchi e chiude la
bocca. Infine, ammutolito, l'eroe di Konoha va a sedersi davanti al
tavolo e intreccia le mani.
C'è più d'un momento statico durante
il quale Sasuke tenta di capire cosa dovrebbe fare per un paio di
volte, ma non c'è verso; si guarda attorno, andando dalla pianta
morta alla testa scompigliata di Naruto, ma resta lì nel mezzo, in
piedi.
«Beh, puoi anche cominciare, teme» fa di colpo il
jinchuuriki, amaro. «Dimmi quanto sono idiota e patetico, a
prendermela per la morte d'una stupida pianta».
Sasuke sgrana gli
occhi e individua il broncio addolorato dell'altro sotto un fallace
tentativo di durezza; deglutisce e fa per aprire bocca, indeciso su
cosa teoricamente ci si aspetterebbe che dicesse.
«Lo so che è
idiota, okay?» riprende però l'altro, senza dargli il tempo di fare
niente. «Ma era... Ce l'avevo da sempre. Me l'ha regalata Iruka
sensei. Era... mi aspettava quando tornavo dall'accademia. Ho
imparato a prendermi cura di me quando ho dovuto cominciare a badare
a lui, e lo so che tu pensi che le piante siano uguali ai tavoli e ai
muri, ma io...»
«Quella roba non era Ukki».
C'è un attimo
di silenzio sepolcrale, come se il quartiere fosse di nuovo vuoto
dopo quasi tre anni di litigi, ramen e arancione.
Dura poco,
finché Naruto non si schiarisce la voce.
«Se è un modo contorto
per dire che l'anima vola via e quindi effettivamente quel cadavere
non è Ukki...» comincia, incerto.
Sasuke, le labbra strette,
scuote la testa, rigido.
«No» prende aria. «Quella pianta non
era Ukki, quindi tu non l'hai uccisa» spiega, assicurandosi di
scandire bene le parole. E precede la replica di Naruto a pugni
stretti, chinando di mezzo grado la testa «Non l'hai uccisa perché
si dà il caso che l'abbia fatto io. Ieri».
Guardare gli occhi di
Naruto prima sgranarsi, poi strizzarsi, e contemporaneamente tutta la
sua vivissima faccia seguire il discorso come fosse un'inconcepibile
sequela di assurdità, ha lo strano effetto di fomentare Sasuke,
piuttosto che frenarlo.
Quindi l'ex nukenin si siede, deciso, e
riporta il resoconto degli avvenimenti che l'hanno costretto a farsi
mezza Konoha scalzo con un vaso annacquato in mano. Quando
finisce, è come se avesse appena vomitato: si sente leggero ma
vagamente nauseato.
«Quindi
tu avresti...» esala Naruto, vagando con lo sguardo in direzione del
lavello, dove giace la pianta.
Sasuke annuisce.
«Sì, ho
sostituito Ukki» conferma, sentendo forte la voglia di
arrossire.
Naruto emette un versetto sordo di comprensione,
muovendo lievemente il capo in assenso, troppo sconcertato per
articolare qualcosa di più.
«I miei piani hanno questa cosa di
sembrare sempre un po' più sensati mentre li
elaboro, piuttosto che dopo» borbotta Sasuke, perso anche lui a
guardare un punto indefinito della cucina, quasi stesse parlando con
se stesso.
Naruto si riscuote di colpo, incredulo.
«Teme...»
inizia, ammaliato; «quella
era autocritica?»
e sembra quasi commosso.
Sasuke resta per un secondo con la bocca
dischiusa, senza parole, prima di serrare bruscamente le labbra e
voltarsi ovunque possa evitare di incrociare lo sguardo di
Naruto.
«Usuratonkachi»
sibila, profondamente oltraggiato.
Non
c'è stato alcuno spargimento di sangue.
Non c'è stato neanche
alcun violento litigio sull'insensibilità di qualcuno e la stupidità
di qualcun altro.
C'è stato qualche sospiro triste, qualche
mugugno indefinibile che pretendeva d'essere consolatorio ed è
finita con un bel po' di sesso pressoché immotivato; qualcosa di
sudato in ogni senso, che è iniziato in corridoio – no, in cucina
no: non davanti al cadavere di Ukki Due – per procedere a tappe un
po' in ogni angolo del primo piano, dato che le scale sembravano
faticosissime e accaldanti e Naruto aveva così fretta di spogliare
Sasuke che stavano già inciampando da fermi, sul gatto.
«Pesi»
ansima Sasuke, alla fine, il petto che sale e scende rapido e la
testa di Naruto che non facilita il compito, pesantemente adagiata
sullo stomaco, di traverso: sembra che abbiano fatto una rissa, più
che altro, a giudicare dalle ammaccature – perché nel mezzo ci
sono sempre fusuma, e stipiti, e mobili e muri e pavimenti. Ai
soffitti non ci sono ancora arrivati, ma mai dire mai.
Il
jinchuuriki non si sposta neanche morto, gli occhi
chiusi.
«Vorrei...» comincia, sfiatato dal caldo, «vorrei
seppellirlo».
Il mugugno fiacco e interrogativo di Sasuke gli fa
decidere che forse la sua testa sta ostacolando respirazione e
annesso apporto d'ossigeno al cervello, quindi si solleva con
eccezionale fatica, rotolando sulla pancia per guardare il compagno
in faccia.
«Ukki. E anche Ukki Due, magari» aggiunge, ammiccando
un po' triste oltre il muro, in direzione della cucina. «Sai,
seppellirli in giardino, dire qualcosa in loro ricordo...»
«In
ricordo di una pianta che è stata qui una notte sola e che credevi
fosse un'altra?» ribatte Sasuke, apertamente scettico.
Naruto
avvampa e gli tira una manata sul fianco nudo.
Prima che possa
aggiungere qualcosa – magari ricordargli di
chi sia
la colpa di tutto -, Sasuke capitola del tutto
autonomamente.
«D'accordo» fa, in uno sbuffo annoiato. «Puoi
seppellirla in giardino. Ma ormai Yamanaka si sarà sbarazzata di
Ukki» aggiunge, cauto.
Naruto però la prende piuttosto bene, con
un unico «già» rassegnato.
«Dici che l'avrà buttato nella
spazzatura assieme ai gambi tagliati?» rantola poi, inorridito
all'idea di Ukki gettato in una fossa comune coi gambi di orchidee e
gerbere.
Sasuke ne osserva l'espressione angustiata e solleva gli
occhi al cielo.
«Andiamo a chiederlo a lei» accorda, distrutto
anche solo nel concepire una cosa simile.
Naruto salta su come un
grillo e si mette a cercare i vestiti sparsi in giro, di nuovo
attivo.
«Ah, poi si torna al bagno pubblico, eh. Cominci a
puzzare anche tu» gli comunica, lanciandogli le mutande.
Sasuke
serra gli occhi, senza forze.
Non
devono avere proprio un aspetto meraviglioso, Naruto e Sasuke, con
gli indumenti spiegazzati e i capelli scomposti, stipati tra azalee e
ficus dietro ad una vecchia che sta ordinando un bouquet da sposa
grosso come un lampadario.
Ino li ha visti entrare, ha fatto una
faccia sorpresa e poi ha sorriso come se lei ne sapesse di più. Non
si sa riguardo cosa, ma Ino ha spesso il sorriso io
ne so di più,
quello che Shikamaru chiama anche la
faccia da femmina.
Sasuke
non le ha prestato alcuna attenzione, mentre Naruto salutava
contento, e ha continuato a bubbolare riguardo la stupidità della
razza umana, le braccia conserte e il naso regalmente irritato da
tutti quei profumi floreali.
«Buongiorno ragazzi» cinguetta
finalmente Ino, quando la vecchia zampetta via, spuntando pensosa
un'altra voce da una lunga lista scarabocchiata su un pezzo di carta.
Ino la saluta, ma non riceve risposta.
«Come mai da queste
parti di
nuovo?»
prosegue poi, rivolta chiaramente a Sasuke, mentre getta gambi recisi
nella pattumiera sotto il bancone e ripone dei nastri di carta per
farsi spazio.
Sasuke storce il naso e non dice niente.
«Noi...
volevo sapere dove avevi buttato il cadavere di Ukki» interviene
Naruto con un sorriso finto un po' stentato, molto alla Sai.
Ino
gli punta gli occhi azzurri addosso e poi sposta le pupille su
Sasuke, con aria di sufficienza.
«Non ha funzionato» commenta,
con un sospiro rassegnato.
«Come
puoi vedere»
ribatte lui, aspro.
Ino lascia sfuggire uno sbuffo e si
stiracchia, rilassata.
«Beh, meglio» si stringe nelle spalle,
guadagnandosi delle occhiate sorprese. «Stavo cercando una buona
scusa per farvelo vedere, ma non mi era ancora venuto in mente nulla.
Così è più facile».
Sorride, sfacciatamente allegra, e si
volta per far scorrere la porta dietro al bancone, nel
retrobottega.
«Su, venite! Questo è un negozio, abbiamo altri
clienti, se non fosse chiaro» puntualizza, ma senza smettere di
sembrare contenta.
Naruto guarda istintivamente Sasuke, che gli
risponde con la stessa espressione stupita, anche se venata da un
palese sentimento di assoluta sfiducia nonché sottovalutazione delle
facoltà intellettive di Ino.
«Vi muovete, citrulli?» fa lei,
già dentro.
Naruto scatta sul posto e aggira il bancone,
schizzando svelto appresso alla coda bionda dell'amica.
«Citrul...»
rantola Sasuke, sfregiato; ma poi, con sommo sforzo di inumana
volontà, raccoglie i pezzi del suo orgoglio e segue gli altri due,
procedendo a passo marziale.
«Senti un po', Yamanaka...»
comincia, sibilando altero in direzione della schiena di Ino, che è
china su un tavolo da lavoro ingombro di piante, rametti e arnesi
vari. Ammonticchiati in un angolo, ci sono sacchi di terriccio e
taniche di fertilizzante.
Lei lo liquida con un gesto distratto
della mano, completamente disinteressata alle sue rimostranze, e si
rivolge a Naruto, senza smettere di rovistare tra mucchi di fogliame
verdeggiante folto come una giungla.
«Esiste una cosa chiamata
talea» spiega, lo sguardo concentrato nella ricerca. «In pratica,
le piante hanno un potere di rigenerazione tanto forte che in alcuni
casi è possibile ricavare altre piante da parti recise... beh, è un
po' difficile da spiegare, così».
Caccia la mano nel verde fino
al gomito e poi la tira su, contenta.
«Non l'avevo mai fatto
prima... mi ha aiutata mia madre. A te, eroe. Omaggio della casa»
conclude, piazzando un barattolo pieno d'acqua in mano a Naruto.
Lui
continua per qualche secondo buono a fissare solo lei che sorride,
poi cala finalmente le pupille sul barattolo.
Sasuke può vedere i
suoi occhi sgranarsi increduli e la sua bocca cominciare a balbettare
versi insensati, prima che il mento si risollevi per inquadrare di
nuovo Ino, che ha cominciato proprio a ridere.
«Ma, quindi questo
è...» prova ad articolare il jinchuuriki, stringendo il vaso al
petto come fosse un neonato.
Poi si volta verso Sasuke e glielo
piazza in mano, lasciandolo per un attimo fortemente sconvolto, prima
di gettarsi ad abbracciare Ino, per stritolarle le costole e
ringraziarla a profusione.
La
talea è un metodo di riproduzione che consente a parti recise di
pianta, inserite in acqua o nel terreno, di sfruttare le proprie
capacità rigenerative e mettere radici.
Quel che nasce è
definito anche clone, perché in tutto e per tutto identico alla
pianta madre.
Avrebbe dovuto buttare il mucchio di foglie
agonizzanti che Ukki era diventato, ha spiegato Ino, ma poi, sotto il
fogliame smorto, un lungo fusto carnoso teneva ancora a penzolare un
ciuffo di foglie dall'aspetto incredibilmente vitale, se comparato al
resto della pianta.
Era stata una specie di operazione chirurgica,
poi, recidere il sottile fusto e immergere la piantina direttamente
in acqua; la madre di Ino l'aveva fatto con calma, spiegando il
procedimento e dicendole, comunque, che con la pianta madre ridotta a
quel modo c'erano ben poche speranze che la figlia avesse abbastanza
energie da riuscire a mettere su radici.
«Ma Ukki era una pianta
estremamente tenace» continua ad annuire Naruto, in direzione della
buca aperta, un po' commosso. Tra le mani tiene il barattolo pieno:
dentro sta un ciuffo di foglie ancora pallide ma su cui già si
intravede la striscia biancastra caratteristica di Ukki; le radici
piccole e tuberose galleggiano nell'acqua e aspettano – tra un paio
di giorni, secondo le prescrizioni di Ino – di essere travasate in
un vaso vero, per attecchire nel terriccio. «E anche suo figlio
saprà cavarsela. Me ne prenderò cura io» conclude Naruto, come una
solenne promessa.
Sasuke non sbuffa perché si è autoimposto di
non farlo, ma non può impedirsi di sembrare almeno un po'
insofferente, perché fare il funerale a una pianta sciolta con
l'acido e ad un mucchio di foglie secche tirate fuori dalla
pattumiera di un fioraio è una cosa da imbecilli disturbati. È la
prova, definitiva, che Naruto è matto da legare, davvero, perché
uno che tratta un moncone di pianta come fosse un orfano e insiste
per dare i funerali della mamma – o papà? Non c'è più verso che
si capisca di che sesso dovrebbe essere quell'affare – è
sicuramente una persona disturbata.
«Penso che dovresti dire
qualcosa anche tu, teme» fa la persona disturbata, voltandosi a
guardare la figura rigida che gli sta accanto, in piedi.
Sasuke
gli rivolge un'occhiata incredula.
«Okay, magari no» concede
Naruto, arricciando il naso, prima di sospirare e tornare a
rivolgersi alle buche. «Beh, addio Ukki, grazie di tutto, sei stata
una buona pianta. E addio anche a te, Ukki Due. Non abbiamo avuto il
tempo di conoscerci, ma credo saremmo andati d'accordo. Scusami
ancora per l'acido» si rammarica, prima di ammutolire, triste.
Il
sole sta calando dietro i tetti fatiscenti del ghetto e i due sassi
posti alla base delle buche aperte tracciano ombre nette sulla terra
smossa.
«Possiamo chiudere... ?» si azzarda finalmente a
proporre Sasuke dopo qualche altro attimo di composto silenzio,
accennando alle tombe.
Naruto lo guarda e annuisce, compreso.
«Sì,
direi di sì» poi torna il vasetto che tiene tra le mani. «Puoi...
puoi farlo tu? Io porto dentro Ukkichi, deve stare all'ombra».
Lui
soffia un assenso mugugnante, seguendolo poi con lo sguardo mentre
risale sull'engawa e cammina dentro un po' mogio, ma attentissimo a
non sballottare troppo il prezioso barattolo.
Sasuke sospira e si
gratta la nuca, una mano sul fianco. Gira di poco il viso per
inquadrare le tombe aperte e si avvicina, finendo poi per
inginocchiarcisi davanti e cominciare a spingerci su la montagnola di
terra, per coprire gli intrichi di piante secche che stanno
dentro.
«L'ha chiamato Ukkichi»
brontola dopo un po' rivolto alla buca di sinistra, quella di Ukki,
mentre comincia a seppellirla con manciate di terriccio secco. «Non
poteva scegliere un nome più brutto, credo».
Resta in silenzio
ad ascoltare il rumore delle zolle che cadono giù e, quando ha
finito, compatta il terreno coi palmi delle mani, producendo tonfi
lievi.
«Ukkichi»
ripete, storcendo il naso al suono del nome. «Adesso tutte le
mattine darà il buongiorno a Ukkichi.
Sembra un dannatissimo starnuto».
Il sasso sulla tomba ovviamente
non gli risponde.
Sasuke sbuffa.
Ukkichi,
si ripete. Niente: è davvero un nome sgradevole.
Ukki, invece,
non era niente male.
«Forse un po' mi mancherai» mugugna
sprezzante, alzandosi.
Si stiracchia e si volta, dando le spalle
al sole.
Dall'interno della casa arrivano tramestio di pentolame,
chiacchiere ad una pianta che non risponderà mai e odore forte di
brodo concentrato.
A quanto pare, nonostante tutto, anche stasera
ramen.
Nda
Che
poi, a incrociarmi per strada, non si direbbe mica che
sono così imbecille,
eh.
Comunque:
I bagni pubblici non sono quelli di stazione
Termini, sono i furoya, quelli in cui prima ci
si lava e poi si
fa il bagno. Quindi entrare nella vasca con la schiuma addosso è da
incivili, sapevatelo.
“Sfida
accettata!” è una
delle frasi topiche di Barney Stinson di How
I met Your Mother e
no, non c'entra nulla a parte il fatto che ormai ho i fusi orari
sballati e confondo realtà, fyccyne e
telefilm. Chiudiamo un occhio (ma pure due, così forse
dormo).
Il chlorophytum
comosum può
effettivamente riprodursi in quella maniera bislacca lì, per talea,
anche se sono quasi convinta che, quando la pianta si secca, le prime
a morire siano le propaggini. Sì, tanta, tanta, tanta felice
licenza poetica per giustificare pseudo-trame che manco i Teletubbies
e Tonio Cartonio, tutto in nome degli Unicorni che mi hanno conferito
il Magico Potere dell'Arcobaleno.
Ah, il suffisso -ichi designa
la primogenitura: quindi Ukkichi è un po' “primo figlio di Ukki”
*muore*
Sì,
la lagna è finita, andate in pace XD
Grazie per l'attenzione.