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Autore: innerain    11/09/2011    2 recensioni
".. Hey, Platypus, indovina un po' chi ti ha portato il Frappucc-"
Si bloccò di colpo.
Sul suo viso, incredulità.
L'incomprensione della realtà, la confusione, il terrore, lo stupore; il caos.
Dipinto su quegl'occhi color ambra, grandi e spalancati.
Seduti davanti a lei, i Green Day.
Uno davanti all'altro; Tré più verso di lei, che copriva parzialmente Mike, seduto al centro, e in fondo, quasi sul lato opposto della stanza, Billie. La mente si rifiutava di capire, il cuore di battere; erano Loro. Non una foto, non un video clandestino su YouTube, non un poster, non il booklet di un CD. Non un sogno.
Erano Loro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Billie J. Armstrong, Mike Dirnt, Nuovo personaggio, Tré Cool, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Author's Notes: Hi again. E' un po' di tempo che non aggiorno, è vero. Solite scuse, vacanze estive in mezzo, tante cose da fare, e pochi commenti. Ma la Zia Miriam vi ama lo stesso. E mentre ascolto gli attacchi di rabbia di mia madre che urla ai 23 mondi (emmezzo) paralleli che è indecente che vengano lavati i calzoncini di un pigiama ma non la maglietta, penso che domani di tornare a scuola non mi va. Concludo. Ringrazio la mia Capa, fedelissima come sempre, che ha commentato ormai mesi fa il precedente capitolo, con una dedizione che non ho mai visto (di certo non in un commento). Pazzesco. Grazie.
Un grazie anche a ShopaHolic, a cui dedico questo capitolo, sperando che non ti deluda, e che continui a commentare così fedelmente. (; Non so come ringraziare. (Prometto di rispondere al tuo commento nel prossimo capitolo.. Perdonami.)

Grazie a tutti voi che leggete.
Fatevi sentire, perplease.

PS: Aggiornamento del giorno dopo: scusatemi tanto per le frasi mancanti. Evidentemente EFP si è divertito a cancellarmi qualche cosa, dove meglio gli aggradava. Pertanto, lo riposto, sperando che mettendo le frasi mancanti al loro posto vi venga un po' più di voglia di leggerlo. Cheers.







And where will we all go when it's too late?
[Letterbomb, Green Day]


Titolo:
I'd pray for a good coffee (here's to the past).
Soundtrack: East Jesus Nowhere, Green Day; Here's To The Past, A Day To Remember.
 
"O Romeo, Romeo, wherefore art thou Romeo?"
Un grugnito. Il letto cigolò sotto il peso che si spostava.
Una serie di colpi. Secchi, deboli.
"We are once again reminded that America can do whatever-"
Altri colpi. Altri grugniti. Imprecazioni.
Do you mind?!
Vibrazione improvvisa, e la vecchia tivvù della vecchia signora del piano di sopra e la vecchia signora del piano di sopra improvvisamente non sembrarono più così fastidiosi.
Erin socchiuse un occhio, dopo aver girato appena la testa. Storse il naso per la luce del display del cellulare, che le ferì gli occhi ancora assonnati.
"Lice", sapeva che vi avrebbe letto.
Il telefono vibrava allegramente nella sua mano esattamente come aveva fatto le altre ventisette volte nell'ultima ora. E, come le altre ventisette volte, Erin sbuffò e lasciò cadere il piccolo aggeggio sul materasso.
Nascose il cellulare sotto al cuscino, tuffandovi il viso nell'attesa che quella dannatissima vibrazione finisse.
Sospirò.
"Try the new Big N' Tasty! With extra salad-"
Grugnito crescente in esasperazione.
Vibrazione.
«This is East Jesus fucking Nowhere! Ti spiacerebbe andare all'inferno?»
Urlare nel cellulare non era sembrata proprio l'azione più meditata, ma il sollievo era tale che-
Una breve risata dall'altro capo della linea. Maschile.
Erin sentì il sangue gelarsi nelle vene.
«I'd love to, ma mi seccherebbe buttare tutto questo caffé.. Ah, e ho anche quella canzone che mi avevi chiesto ieri. .. Anzi, non è neanche tanto male.»
Erin lasciò cadere il viso nel cuscino, tentando di sopprimere l'urlo disperato che le stava nascendo in gola; respirò profondamente, e avvicinò di nuovo il telefono all'orecchio.
«You've got to be kidding me.» Una risatina soffocata, appena isterica, nervosa.. Esasperata.
Si alzò dal letto, una mano tenendo il cellulare all'orecchio, l'altra afferrando qualche ciocca disordinata di capelli che tirò indietro.
Si affacciò alla finestra, e rimase sospesa tra lo scoppiare a ridere e il cadere a terra per lo shock.
«Dimmi che non sei quello in piedi qui sotto.. Vicino all'insegna del cinese.»
Breve silenzio.
«Allora, che fai.. Scendi o no?»
Oh.
«Arrivo.» Risposta secca, con una traccia di ansia.
Erin lanciò il cellulare sul letto, mentre con lo sguardo sceglieva e scartava i vestiti che pendevano alla rinfusa dal vecchio e malridotto armadio, facendo slalom tra mucchi di vestiti gettati sul pavimento e un gatto così prepotentemente appollaiato sopra la sua borsa a tracolla, anch'essa a terra.
Non credette di essersi mai sbrigata tanto in vita sua.
Sette minuti dopo usciva dal portone biancastro del palazzo sistemandosi gli occhiali sul naso, al contempo mentalmente domandandosi se avesse chiuso la porta di casa e come avesse fatto a scendere le scale senza gli occhiali e di corsa senza schiantarsi e-
Cosa cazzo ci facesse Billie Joe Armstrong davanti al suo portone di casa con due caffè e un sacchetto con ciò che pareva essere un brownie in mano.
Dovette rimanere imbambolata per almeno dieci secondi; il suo viso era contratto in una lieve smorfia, qualcosa a metà tra l'addormentato, l'incredulo e l'infastidito, ma quest'ultimo per colpa del sole semi-nascosto dalle nuvole che le feriva gli occhi.
"Coffee?" Billie le allungò uno dei due bicchieri; sorrise appena, divertito dall'impaccio e dall'espressione della ragazza.
Erin grugnì, buttando giù per la gola rasposa una sorsata del liquido bollente, per poi allontanarne il contenitore e osservarne con naso arricciato la nota marca verdastra stampata sul cartoncino anti-ustione-dita-consumatori. Poi guardò Billie, con un'espressione che appariva ancora più confusa.
".. Perché mi hai portato il caffé?"
Cristo, Erin. Di tutte, le domande che potevi fargli.. Sai com'è, perché si trovi qui, perché proprio ora, come ha fatto a sapere dove abitassi, dove abbia pescato il mio numero.. No, eh? Niente.
Billie rise appena. "Tré non ama svegliarsi prima delle due di pomeriggio senza quattro o cinque caffé.. Volevo ringraziarti per il favore che hai reso alla nazione ieri. - Erin sorrise appena; Billie si schiarì la voce, facendo poi spallucce. - E comunque volevo darti almeno un motivo per non uccidermi selvaggiamente per averti svegliato".
Erin annuì, sentendo gli ultimi due interrogativi che si era mentalmente posta premerle tra i pensieri. Un attimo prima che potesse aprire bocca, Billie fece un gesto per invitarla a camminare.
Costeggiavano la grigia Telegraph Ave. sotto un grigio cielo, lungo sfilze di Café, pizzerie e lavanderie a gettoni, lei tenendo tra le due mani infreddolite il caffè, lui sorseggiando il suo con una mano in tasca, avanzando con quel suo strano incedere che ricordava i tempi di Dookie, in cui non riusciva a mettere un piede davanti all'altro senza che sembrasse che si stesse perdendo i piedi, come se li facesse rimbalzare troppo in là per la gamba e il resto del corpo. Come se non avesse proprio voglia di camminare.
Billie alzò gli occhi, scontrando lo sguardo con l'enorme facciata di un'altrettanto enorme cattedrale. Alte mura, enorme rosone, la bellezza di tre entrate pesantemente decorate con le strutture in marmo. Ebbe una sensazione di fastidio addosso, improvvisa, e scostò lo sguardo, sospirando. La punta delle sue Converse sembrava infinitamente più interessante.
"Stupide marionette di una salvezza che si sono costruiti da soli, ecco cosa sono." Aria uscita dal naso, brevemente, con evidente disapprovazione. Uno sguardo di lato, subito tirato via; eppure non c'era solo disdegno in quegl'occhi..
"Vuoi spiegarmi allora perché vivi in un quartiere di ferventi protestanti?" La domanda non era solo curiosità; affronto, forse?
".. Per masochismo." Rise aridamente Erin, tra sé e sé, mentre finiva il suo caffé per buttarlo in un cestino lungo la strada. "Mio fratello e mio padre hanno avuto sempre rapporti migliori con dio che con me."
Billie girò lo sguardo verso di lei, alzando un sopracciglio, perplesso. Ma non ebbe neanche il tempo di processare il tutto e di fare ulteriori domande che cominciarono a venire giù grosse gocce d'acqua.
"Ecco. Merda, lo sapevo.." Billie ed Erin cominciarono a correre sotto la pioggia che si intensificava di momento in momento, mentre cercavano di coprirsi alla meglio. Billie si sfilò il chiodo in pelle, porgendolo ad Erin, che non aveva nulla con cui coprirsi. Erin lo guardò con un'espressione indecifrabile, un misto di ammirazione, confusione, gratitudine e orgoglio, prima di accettare la giacca e riprendere la corsa.
Chissà per quale motivo, finirono nel campo da baseball del liceo principale di Oakland, dove si ripararono sotto alle tribune coperte.
Lasciandosi cadere su uno dei sedili in plastica, Billie sospirò, chiudendo gli occhi. Riaprendoli qualche attimo dopo, si ritrovò davanti la mano di Erin che gli rendeva la giacca, con un'espressione in viso piuttosto eloquente; i capelli erano zuppi, come anche il viso e gli altri vestiti. Sorrideva appena.
"Grazie comunque." disse, tentando di rimanere impassibile.
Dopo averla guardata qualche secondo, Billie scoppiò a ridere. Erin alzò gli occhi al cielo.
"Cazzo, grandioso! Prima il cavaliere dei miei sogni viene sotto casa brandendo un caffé, poi viene giù il diluvio universale, e ora il suddetto cavaliere ride pure di me? Davvero, Erin, ti sei superata." L'irlandese alzò appena le braccia, lasciando che cadessero pesantemente sui pantaloni, che produssero quel tipico suono di indumenti bagnati. Billie rise anche di più, Erin si sfilò gli occhiali per stringere tra due dita il dorso del naso, con gli occhi chiusi. Sospirò.
Billie ridusse la sua risata ad un sorriso, lanciando un'occhiata laterale ad Erin, prima di sedersi con i gomiti sulle cosce, sporto in avanti. Osservò distrattamente l'enorme campo da baseball, con l'erba bagnata e fangosa in alcuni punti, ricordandosi di come Tré, quella mattina di qualche tempo prima, lo avesse trovato proprio presso un campo da baseball.
Infilando una mano nella tasca dei pantaloni, Billie tirò fuori un foglietto spiegazzato e umidiccio, che porse ad Erin, senza spostare lo sguardo dal campo davanti a lui.

Il foglietto sembrava cedesse sotto alle sue dita che tremavano appena; schiuse la carta appesantita, respirò. Lesse.

Is this a tale
the ones you used to tell?

Cos'era, una storia? Un ricordo? Una favola?
Erano storie di amori e coraggio, quelle dei libri, quelle che ricordava. Quelle che non si era mai sentita raccontare. Ne aveva sapute inventare tante, ne aveva sapute raccontare innumerevoli, ma mai per se stessa. Erano sempre state per suo fratello.
Non c'era stato nessun padre, nessuna madre ad evocare nelle loro menti assonnate ambientazioni fantastiche di boschi incantati, castelli stregati e case di dolciumi e marzapane. Non c'era nessuna storia, nessuna fiaba che finisse, nella sua memoria. E lei aveva imparato che ogni cosa, ogni cosa vera, aveva una fine.
Le fiabe, quelle.. Non finivano. Quelle erano solo finzione.

I was lost when I couldn't find you
Now you're nowhere to be found


Alzò lo sguardo dal foglio, appena indirizzandolo verso l'uomo che sedeva accanto a lei. Il suo era uno sguardo illegibile, cupo e lontano; non era il presente, né la realtà ad avere stretta in pugno la sua mente.
Era lontano.

Rilesse la frase.
Chi aveva perso? Cosa lo aveva spinto a brancolare nel buio?
Eppure c'era un tale amore in quelle parole, in quel primo verso, una tale dipendenza da una persona..
I respiri diventavano più forzati, gli occhi rileggevano quelle due righe come fossero un mantra.
Perdevo me stesso quando non ti trovavo.. E ora non so neanche più dove cercarti.
Ti ho perso, ho perso me stesso.
Così apparentemente chiaro, così crudo. Una perdita, improvvisa. Ma non una perdita inevitabile, ma era semplicemente.. Qualcuno che aveva scelto di nascondersi. Che aveva scelto di non farsi trovare.
La fiaba, la menzogna di qualcuno che sceglie di perdersi, via da ogni cosa.

Is this a tale
the ones you used to sell?

Una menzogna venduta senza troppi problemi; non è difficile mascherare la verità ad un bambino che non ha conosciuto altro che la realtà della tua voce, della tua presenza, non è vero?

Erin chiuse gli occhi, respirò a fondo.
Sentiva il cuore pulsarle nelle tempie, le mani tremare di rabbia e risentimento e dispiacere e chissà cos'altro, imbottigliato nella gola bollente e chiusa, come mille parole sotto pressione, che aspettavano solo di essere versate rabbiosamente contro il mondo intero.
Respirò ancora, cercando di scacciare dalla mente il ricordo insistente, paurosamente nitido e minacciosamente vicino, di Alice.
Alice che la guardava con tutto e niente scritto sul viso, dispiacere e stupore, vergogna, rabbia. Alice che le aveva coscientemente mentito. Alice che l'aveva coscientemente, ripetutamente ingannata. Come nelle fiabe, ecco. E ora chissà chi l'avrebbe salvata in groppa ad un bianco destriero, a spada sguainata.
Contro la realtà era sola. Come, improvvisamente si rese conto, lo era sempre stata.

Chiuse velocemente, ermeticamente il foglio, piegandolo su se stesso; guardò via, non volendo leggere oltre quelle parole che avevano strappato via ogni maschera, e non solo dai suoi stessi pensieri e sentimenti.
Guardò Billie, con uno sguardo pieno di tensione, di perplesso dispiacere; non sapeva bene per cosa dovesse dispiacersi, era semplicemente quel peso terribile che gravava su quelle stesse parole, era stata quella frustata così netta di realtà, ad averla resa quasi dolorosamente sensibile.. A cosa, non lo sapeva ancora bene.
Tese la mano con il foglio, sperando non si notasse che desiderava allontanarlo il più ed il prima possibile.
Qualche secondo ancora, e Billie si girò, guardandola prima negli occhi; quasi inespressivi, i suoi, in genere sempre così accesi di quel verde pieno di tutta l'anima. Sorrise debolmente, sfilandole il foglio dalle mani e lentamente piegandolo, per infilarlo nella piccola tasca dei pantaloni ancora umidi.
"Non è sempre così che vanno le favole, sai. Ricordo di averne letta qualcuna con un lieto fine.." Billie rise appena, amaramente, quasi tra sé e sé, forse di qualche ricordo improvvisamente riaffioratogli in mente. ".. Semplicemente, non era la mia."
Si girò, la guardò ancora negli occhi, sorridendo ancora, appena alzando gli angoli della bocca; sperava forse che quel sorriso potesse mascherare anche lo sguardo infinitamente triste, senza successo.
Si alzò, passando velocemente le mani sui pantaloni, come a volerli ripulire, come se volesse ripulirsi le mani della conversazione appena avuta. Dimenticarla, forse, annoverarla negli scaffali del passato e cercare di dimenticarla, o di farla passare inosservata alla sua stessa coscienza.
Erin rimase seduta a guardarlo mentre si sistemava, mentre si infilava il chiodo di pelle ancora lucido di pioggia, improvvisamente troppo grande per le sue spalle piccole e stanche. Rimase seduta a domandarsi se fosse il suo posto, quello, di vedere tutta l'umanità del proprio eroe, del proprio idolo, tutta l'umanità, tutta la debolezza più miserabilmente umana, tutta insieme.
Non si alzò, non lo seguì; forse più per egoismo, per cercare mentalmente di non far coincidere l'immagine di uomo apparentemente immortale, sempre pieno di energie, di rabbia costruttiva, di parole, di vite che portava nelle sue parole e nella sua musica, con quell'ombra che si faceva strada tra i sedili della tribuna, con l'alone della propria pioggia interiore su ogni centimetro di sé.
Le sarebbe costato troppo. Avrebbe perso anche l'ultimo granello di quell'ultima spiaggia.
Prima di scendere l'ultimo scalino, si girò, rivolgendole un sincero, piccolissimo sorriso; gli occhi si accesero appena. "Se mai dovessi ritrovare quella forza che ti ha spinto a combattere le favole degli altri.. Vorrei esserci."
I'd like to feel what it's like.
E dopo che anche l'ultimo angolo di persona fu scomparso dalla strada, Erin rimase lì, a fissare il vuoto del presente in quel campo da baseball così vuoto. Ma non era il passato, quello riflesso nei suoi occhi, bensì il futuro.
Will I ever find the truth behind my own fairytales?

   
 
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