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Autore: adamantina    12/09/2011    2 recensioni
Sono passati tre anni da quando Vanessa, Damien, Lily, Charlotte, Blake, Arthur e Jonathan si sono separati con l’intenzione di tornare alla loro vita normale. Ma cosa significa normale per chi è dotato di poteri che potrebbero cambiare il mondo? Blake non si è arreso e continua a lottare. Ma anche chi ha da tempo rinunciato a combattere per un mondo più giusto dovrà tornare in campo quando le persone a lui più care saranno minacciate …
«Non puoi biasimarci per averne voluto restare fuori, Blake. Quello che tu stai facendo è fingere di essere ancora al Queen Victoria’s, e ti rifiuti di andare avanti con la tua vita. […]»
«Stavo cercando di impedire un omicidio!»
«Sei un idealista» taglio corto, incrociando le braccia. «Ammettilo, lo sei sempre stato. E credo che il tuo vero scopo sia riportare Lily sulla retta via. Ammettilo, ancora ci speri […].»
Genere: Dark, Drammatico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Queen Victoria's College'
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~TELEPAThY~

 

[Jonathan]

 

Stanco, irritato e nervoso.
Sono piuttosto sicuro che non è così che dovrei sentirmi dopo il nostro consueto pranzo domenicale, ma tant’è.
Ormai è da un pezzo che non abito più qui, per fortuna. Ho trovato un appartamento carino in città e un lavoro temporaneo nell’officina di un meccanico, mentre di sera studio: da due anni sono iscritto a veterinaria –sì, scelta ironica, lo so.
In ogni caso, da qui non si scappa: il pranzo a casa di domenica è un obbligo e non posso rifiutarmi. Purtroppo martedì sarà festa nazionale, perciò mia madre mi ha costretto a passare da loro tutto il ponte. Impresa non da poco.
Ovviamente abbiamo passato l’intero pranzo a discutere. Secondo i miei genitori il mio lavoro è “vergognoso” e la scelta di studiare veterinaria è “ridicola”. So che la cosa non dovrebbe toccarmi più di tanto, ma sentire le loro critiche serrate è insopportabile.
Perciò esco di casa e mi dirigo nel bosco. Ho bisogno di una calma che non posso recuperare all’interno. Mi trasformo in lupo –semplicemente per non essere disturbato da nessuno e poter correre in libertà.
Raggiungo la radura dove andavo sempre da ragazzino, prima di trasferirmi al Queen Victoria’s, e mi siedo con il muso a terra.
Chiudo gli occhi.
Questi ultimi anni non sono stati un eccitante mix di libertà e tranquillità come pensavo. Anzi. Ho scoperto che la vita reale mi sembrava più strana e falsa di quella di prima. E l’idilliaca vita di famiglia che mi ricordavo da quando avevo dieci anni … beh, diciamo solo che idilliaca non era l’aggettivo più calzante.
Un suono improvviso mi fa sussultare –lo scricchiolio di un ramo spezzato. Mi volto di scatto, i denti scoperti, istintivamente in posizione d’attacco. Ma mi rilasso subito, anche se il mio momento di pace è già finito.
Un ragazzo bruno si è fermato a guardarmi, tra il timoroso e il divertito.
«Jon?» si premura di chiedere, casomai potessi essere un lupo vero –in tal caso mi chiedo quanto in fretta riuscirebbe ad andarsene. Sono tentato di fargli uno scherzetto, ma poi decido che non ne ho voglia. Annuisco e lui mi raggiunge.
Jack, mio fratello minore, ha da poco compiuto diciotto anni. Questo è l’ultimo anno di liceo per lui.
Dai ricordi che ho di lui prima di partire per il Queen Victoria’s, era un bambino allegro e iperattivo. Poi, quando sono tornato, l’ho visto nei panni di un quindicenne alle prese con problemi esistenziali come brufoli, ragazze e interrogazioni di matematica. Alla fine ha scoperto il football. È entrato nella squadra come kicker al suo secondo anno di liceo e si è adattato alla vita quotidiana da liceale piuttosto popolare. Ha anche parecchie ragazze che gli ronzano intorno, compresa la sua attuale fidanzata, una cheerleader bionda chiamata Susie.
Tra poco finirà l’ultimo anno –sta cominciando a ricevere le lettere di ammissione ai vari college.
Tutto ciò che io non ho mai potuto fare. Una vita normale.
Mi si avvicina e si siede accanto a me, grattandomi la testa dietro alle orecchie. Me la godo per qualche secondo prima di trasformarmi.
«Allora» esordisco «Stai cercando anche tu di scappare?»
«È stato il pranzo della domenica più imbarazzante della mia vita.»
«Non sei l’unico a pensarla così.»
Jack sorride, ma vedo che c’è qualcosa che non va. È teso e continua a tormentarsi le mani.
«Cosa succede, Jack? Hai qualche problema a scuola? Con Susie?»
Scuote la testa. Rimane in silenzio per un po’, prima di chiedere:
«Non mi hai mai raccontato come mai te ne sei andato da quella scuola.»
Lo guardo, sorpreso.
«Beh, per fartela breve, il preside era un pazzo psicopatico che voleva addestrarci per uccidere il presidente degli Stati Uniti.»
Jack sgrana gli occhi.
«Ti ho mai detto» aggiungo, pensieroso «Che quando siamo scappati, io e i miei compagni, il preside, Vahel, mi ha sparato?»
«Che cosa?»
«Dico sul serio. Due colpi. Ho rischiato grosso, ma Charlotte mi ha salvato la vita.»
«Charlotte … il genio, giusto?»
«Proprio lei.»
E, come sempre quando ci penso, mi coglie un’ondata di malinconia che devo scacciare con forza.
«E … Jon? Quando sei partito per quella scuola … lo hai deciso tu o ti ci hanno mandato mamma e papà?»
«In realtà, è venuto Hermann –il vecchio preside- a casa nostra. Non so esattamente come lo sapesse, ma mi ha spiegato che esisteva questo posto speciale … avevo dieci anni, mi sembrava una cosa estremamente eccitante, e mamma e papà non vedevano l’ora di sbarazzarsi del figlio strano, immagino, anche se non l’ho capito fino a pochi mesi fa.» Sorrido cupamente. «Perché lo vuoi sapere, comunque?»
Jack abbassa gli occhi. Respira profondamente, esita, quindi mormora:
«Credo di avere anch’io una specie di … potere, Jon.»
Sussulto, preso alla sprovvista.
«Che cosa?»
«È cominciato solo da qualche mese. Io … credo di sentire i pensieri delle persone.»
Sono troppo sbalordito per replicare. Mi aspettavo una chiacchierata tra fratelli sulle ragazze, o sul football, e sento Jack che dice di essere telepatico.
«Credevo di star impazzendo. Sentivo queste … voci nella mia testa, all’inizio solo ogni tanto, poi sempre più spesso, e … non capisco se … » si blocca per un momento e poi aggiunge «Non faccio che venire qui, perché almeno non c’è nessuno … di solito, e c’è silenzio. Ma è una cosa orribile, Jon! Non so se sono veramente pazzo oppure … »
La sua voce si spezza e io intervengo.
«Ehi, ehi, calma» dico, mettendogli una mano su una spalla. «Perché non me l’hai detto prima? Avrei potuto aiutarti.»
«Temevo che non mi credessi, e … avevo paura che mamma e papà mandassero via anche me» rivela sottovoce.
Chiudo gli occhi per un secondo.
«Ok» dico, cercando di sembrare calmo e rilassato «Non devi preoccuparti. Non è una cosa terribile come può sembrare. Puoi conviverci tranquillamente.»
«Ma non riesco più a pensare! Mi sembra di avere una radio accesa in testa ventiquattr’ore al giorno!»
Mi ricorda incredibilmente Damien, e per un secondo penso a quelle pastiglie che prendeva e provo un brivido di terrore, ricordando le urla che arrivavano attutite dalla stanza della disintossicazione.
«Che pastiglie?» chiede Jack, aggrottando le sopracciglia.
Io lo guardo per un istante, chiedendomi se ho parlato ad alta voce –ma poi mi rendo conto che no, non l’ho fatto, ma lui mi ha letto nel pensiero.
E la cosa è piuttosto inquietante.
«Cos’hai sentito, di preciso?» gli chiedo, distraendomi per un attimo dal suo problema.
«Da te? Beh, qualcosa riguardo a Charlotte … qualche pensiero non proprio casto, ecco.»
Ride e io arrossisco, tirandogli un pugno sul braccio.
«Sei un piccolo spione impertinente» sbotto.
«Il problema è questo» replica, tornando serio e cupo.
«Cosa?»
«Io non ti ho spiato, Jon. Non riesco a fare a meno di sentire tutto» mi spiega. «E comunque, a quali pastiglie stavi pensando?»
«Non è una soluzione applicabile» taglio corto. «È una droga vera e propria. Damien –quello che vede nel futuro- le ha prese per un po’, prima di rendersi conto di esserne diventato completamente dipendente. Aveva un problema simile al tuo. Le visioni lo tormentavano giorno e notte.»
«E poi?»
«Poi, dopo una disintossicazione per nulla piacevole, Charlotte lo ha aiutato ad imparare un metodo del tutto naturale per controllare le visioni.»
«Pensi che potrei impararlo anch’io?» chiede, gli occhi che si illuminano improvvisamente per la speranza.
«Immagino di sì» rifletto. «Forse potremmo andare a trovare Damien. È da un po’ che pensavo di farlo, comunque.»
«Dove abita?»
«A Cape Coral, in Florida.»
«Mi risulta che la Florida sia piuttosto lontana dal Colorado.»
«Credo che sia una buona occasione per prendersi una vacanza da mamma e papà e lasciare Meredith a goderseli da sola, che ne pensi?»
Jack sorride.
«Penso che sia un’ottima idea.»
 
A casa di Damien non risponde nessuno, quindi provo sul cellulare.
«Pronto?»
«Damien? Ciao, sono Jon.»
«Jon! Che bello sentirti. Cosa succede?»
«Niente di particolare.» Lancio un’occhiata a Jack, seduto in cucina a pochi passi da me, che mi guarda di sottecchi. «Pensavo di fare un salto a trovarti, la prossima settimana. Che ne dici?»
Un silenzio abbastanza lungo mi induce a pensare che sia caduta la linea.
«Dam?»
«Sì, ci sono. Ehm … ci sarebbe solo un problema. Non sono a Cape Coral, ora. Sono a Baltimora.»
«A Baltimora?» Penso subito a Charlotte, che lavora lì. «Come mai?»
«È una storia … piuttosto lunga.»
«Oh … d’accordo. Ma ascolta, avrei veramente bisogno di parlarti faccia a faccia. Per quanto resterai lì?»
«Per il momento è a tempo indeterminato, diciamo così.»
Sono piuttosto confuso, ma non insisto.
«Ok. Sarebbe un problema se venissi lì, allora?»
Un nuovo silenzio.
«Immagino di no. Vieni pure, se vuoi.»
«Perfetto. Credo che potrei arrivare mercoledì, se trovo un volo.»
«D’accordo. Ci vediamo, Jon.»
«Ciao.»
Riattacco e mi volto verso Jack.
«Accendi il computer. Dobbiamo trovare un volo per Baltimora.»
 
Tre giorni dopo, sono all’aeroporto di Baltimora con Jack. Compongo rapidamente il numero di Damien.
«Ehi, ciao. Sono appena arrivato.»
«Ciao.»
«Dove posso raggiungerti?»
Una lunga esitazione, quindi risponde brevemente, conciso:
«All’ospedale.»
«Cosa?»
«Senti … ti spiegherò tutto quando sarai qui, ok?»
«Io … va bene, immagino.»
Chiudo la telefonata.
«Che succede?» mi chiede Jack.
«Vorrei proprio saperlo» borbotto.
Prendiamo un taxi e in dieci minuti siamo in ospedale. La prima persona che vedo quando entro è l’ultima che volevo incontrare.
«Ciao, Jonathan.»
Charlotte è diventata splendida. Non so se sono io, ma mi sembra più alta, più bella, più adulta, più tutto. E vorrei solo salutarla nello stesso modo in cui le ho detto addio tre anni fa.
Sento Jack soffocare una risatina dietro di me e lo congelo con un’occhiataccia. Torna subito serio.
Non dev’essere facile per lui. Ha detto che i posti affollati sono sempre i peggiori, perché sente migliaia di voci contemporaneamente.
«Ciao, Charlotte. È bello rivederti.»
Mi dà un bacio sulla guancia.
«Sei qui per vedere Damien, giusto?»
«Già. Ma non sono riuscito a capire … »
«Ti spiegherà lui stesso, immagino. Vieni.»
Guarda Jack incuriosita.
«Oh, già. Charlotte, ti presento mio fratello Jack. Jack, Charlotte.»
«Ho sentito parlare molto di te» dice Jack stringendole la mano. «Ecco, in effetti ho sentito parlare solo di te per svariate settimane … »
«Oh, sta’ zitto» sbotto, e Charlie ride.
Ci accompagna fino al quarto piano, per poi indicarci la stanza di Damien.
«Suppongo che vorrai parlargli per conto tuo.»
«Credo che sia meglio.»
«Non preoccuparti, me la caverò» replica tranquillamente Jack, e annuisco mentre busso alla porta.
«Avanti.»
Entro nella stanza e il mio cuore perde un battito nel vederlo.
Damien è seduto sul letto. È pallido e più magro che mai. Diversi tubicini corrono dalle sue braccia a varie macchine intorno al letto.
Mi blocco davanti alla porta, incapace di reagire.
«Cosa … ?» mormoro.
«Ciao, Jon.»
«Ciao.»
Mi faccio forza e mi avvicino a lui, fino a sedermi cautamente su una sedia di plastica accanto al letto.
«Cosa ti è successo?» non posso fare a meno di domandare, sconvolto.
Damien si passa una mano tra i capelli, teso.
«È … beh, Charlotte dice che … » si interrompe, guardandomi quasi con timore «È AIDS.»
Mi manca improvvisamente l’aria. Lo guardo con sguardo perso, cercando di dare un senso alle sue parole.
«Ma … »
«Senti, Jon» mi ferma subito «Lascia perdere. Non ne voglio parlare, ok? Sei venuto qua per un motivo, giusto? Avanti, dimmi.»
Cerco di restare calmo e lucido e annuisco.
Mi alzo e chiamo Jack e Charlotte.
«Damien, questo è mio fratello Jack.»
«Ciao.»
Jack ricambia il saluto, e rivedo nel suo comportamento teso il mio stesso disagio. Immagino come debba sembrare orribile la situazione a Damien e mi rimprovero per essere stato così stupido.
«Beh, per quanto la cosa possa sembrarti assurda, abbiamo un problema» dico, ricordandomi all’improvviso che quello che ho davanti è ancora il mio migliore amico.
Damien ridacchia.
«Oh, avrei scommesso che avresti pronunciato queste parole.»
«Da qualche mese Jack ha scoperto di essere telepatico» spiego.
Charlotte drizza le orecchie.
«Sul serio?» domanda, fissando mio fratello. «Quindi non è venuta con la nascita? Questa sì che è una novità. Mi piacerebbe poter fare un confronto genetico … »
«Sì, d’accordo» la blocco, nascondendo un sorriso «Ma il motivo per cui siamo qua è che le voci … i pensieri, insomma … gli danno il tormento.»
Guardo Jack per incoraggiarlo a continuare da solo.
«È così» conferma lui «Li sento sempre più forti, non riesco a concentrarmi su nessuno in particolare. È come un ronzio continuo e incontrollabile che non smette mai, neanche di notte.»
«Ho pensato che avresti potuto spiegargli come funziona quel metodo che ti aveva insegnato Charlie.»
«Certo» dice Damien. «Ti capisco benissimo, Jack. Dici che funzionerebbe, Charlie?»
«Non vedo perché no. Il principio è lo stesso» replica lei.
«Bene, allora lo farò io» decide Damien. «L’ho perfezionato parecchio nel corso degli anni, potrebbe essergli utile.»
«Grazie» replica Jack, sollevato.
«Figurati. Non ho molto altro da fare per impiegare il tempo, dopotutto.»
Guardo Damien e sento il bisogno di dire qualcosa –qualunque cosa- ma non ci riesco. Nonostante sia il mio migliore amico, o forse proprio per questo.
   
 
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