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Autore: May90    14/09/2011    2 recensioni
(Seconda storia della serie "Come...")
Due pirati bloccati a Ward-Golfe.
Se uno é Regy "Spada d'Argento", la Marina alzerà al massimo il margine d'allerta. Ma se l'altro é Ace "Pugno di fuoco", le cose si faranno davvero scoppiettanti!
Al loro fianco, due indigeni davvero imbarazzanti.
I fratelli McFerson: Principessa, più accattivante (e prepotente) che mai, e Clayton, un cucciolo con qualche asso nella manica.
Dubbi esistenziali, mercanti prepotenti, nuove entrate e vecchie conoscenze, marinai indisponenti, risoluzioni estreme... Mai visti quattro giorni così...
Genere: Avventura, Demenziale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Portuguese D. Ace
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie '"Come..."'
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I Giorno – Mattina

Principessa si rifiutò di aprire gli occhi.

Era la settima volta che il suo sonno veniva interrotto bruscamente da un singolo sobbalzo nervoso, sintomo di tensione pura che non riusciva neanche a tradursi in incubi. Tutte le volte che quell’improvviso gesto, che in nessun modo sembrava causato da scene oniriche o pensieri formulati in piena volontà, la scuoteva in quel modo fastidioso, era obbligata a tornare alla realtà. Allora nella mente echeggiava a lettere cubitali il suo dovere di alzarsi e andare a controllare la situazione, nettamente in disaccordo con il desiderio meramente fisico di tornare invece al rilassamento di poco prima e di riuscire magari a riprendere sonno. Si rivoltava tra le lenzuola candide, i capelli rossi che in parte le finivano anche sul viso, cercava nel nuovo fianco una posa più favorevole, le mani rifugiate sotto il morbido guanciale.

Quest’ultima volta il sonno tardò a riprendersela e ciò la rese se possibile ancora più nervosa. Ma la decisione definitiva tardava a venire.

Sbuffò tra sé. Non c’era nulla da temere. Era stupido lasciarsi trascinare da vuoti timori.

Non aveva neanche rifatto quel sogno tanto caratteristico e straordinario, cosa che doveva già rassicurarla. Nulla a che vedere con lo stupore di due giorni prima, quando le era sembrato addirittura di vederlo realizzato nel suo improbabile salvataggio ad opera del “mantellato”. La tanto clamorosa assenza dal suo inconscio poteva essere un sintomo: anche se non era dato sapersi prima del tempo, certo non di catastrofi estemporanee legate ai suoi “ospiti”. Doveva stare tranquilla, non erano tanto folli da combinare qualche guaio dopo le scene decisamente istruttive della sera prima…

- Prin! -

Il tono basso ma urgente del fratello a pochi centimetri dal suo orecchio la fece gemere di insoddisfazione. Aveva già fatto la prima previsione errata della giornata?

- Clay… - gli confermò di essere sveglia. Si rivoltò per avvicinarsi al lato destro del letto, quello dal quale sentiva provenire il sussurro, ma tenne gli occhi chiusi, in attesa.

- Devo andare in negozio… - iniziò, spiegandole quindi subito il motivo di quella fretta.

- E… Perché? – lo interruppe, con tono strascicato, ma corrucciando significativamente le sopraciglia.

- Come “perché”…? C’è la Marina, magari riesco a piazzare qualcosa! Se tanto non sappiamo a che santo votarci… - la riprese, quasi con fastidio, cercando di uscire, senza neanche entrarci, dallo spinoso argomento del disastro economico.

Principessa fece una smorfia silenziosa, sempre ad occhi chiusi: - Va bene, ma non so se sia il caso di lasciarmi sola… con “loro”… -

Il fratello lasciò un clamoroso momento di silenzio, che ben dimostrava il suo scetticismo: - Mi prendi in giro? –

- Clayton… - lo richiamò, come un’intimidazione sottintesa.

- Andiamo, Prin! Te la caverai anche meglio senza di me! – protestò – Come potrei esserti di aiuto con due pirati che sono il doppio di me!? Scommetto che una delle tue minacce farà molto più effetto di qualunque mio consiglio… - concluse, conciliante.

- La fai facile… E lasci tua sorella in balìa dei pirati… -

- …che non sono altro che “amici di famiglia”, no…? –

- Poi decidono di fare qualche follia fuori programma, nella brutta situazione in cui siamo… -

- Ma se sono ancora di là che dormono della grossa! – esclamò infine, esasperato.

Quella notizia le fece tirare un sospiro di sollievo, anche se non le permise di rinfrancarsi delle ore di sonno perse ad immaginare scenari molto diversi e catastrofici. Aprì gli occhi neri per incontrare quelli nocciola del fratello minore, quieti nonostante il viso fosse atteggiato a rimprovero per quelle continue obbiezioni. Le guance erano perfettamente rasate e i capelli cenerini acconciati in un corto codino sul capo.

- Dormono? – chiese, come per una conferma.

- Si, sorella di poca fede… - la canzonò amichevolmente – Quindi puoi anche smettere di fare l’intimidita… A questi tuoi atteggiamenti non credo da tempo… -

Inutile dire che ricevette in cambio un immediato pizzicotto sul viso, dopo il quale finse solo di protestare e piuttosto rise dell’annunciata vendetta.

– Però adesso devo proprio andare: la colazione è pronta, ancora sul tavolo, e la vasca è piena. Fai sicuramente in tempo a darti una rassettata prima che si sveglino. –  concluse, certo che non volesse farsi trovare in vestaglia e ancora da lavare dai loro ospiti.

 

Non appena Clayton uscì, nonostante il sonno fosse ancora al centro dei suoi pensieri, Principessa rotolò fino al bordo del letto e spostò oltre il margine le gambe, come perno per mettersi seduta. Dopo il rituale stiracchio e sbadiglio a tutta bocca, malamente coperto da una mano passeggera, trovò la forza di mettersi in piedi e ciabattare fino all’armadio. Si stropicciò gli occhi addormentati. Intravvedere il proprio riflesso fu ancora una volta poco gradevole, soprattutto per le occhiaie che avanzavano ogni giorno di più e complice la camicia da notte particolarmente storta, a lasciare scoperte parti del corpo eccessive in presenza di stranieri. Si riassettò, senza molto successo, per poi afferrare un paio di abiti puliti e uscire, diretta al piano di sotto.

Superò velocemente e in punta di piedi la porta delle stanze per gli ospiti, nonostante lo spiraglio attraente, che sembrava lasciato apposta per curiosare all’interno. Anzi, ulteriormente determinata a schivare inconvenienti paradossali ma fin troppo comuni in simili circostanze, pensò di chiudersi a chiave in bagno. Le sembrava di avere già sotto gli occhi la banalità e l’innocenza con la quale il comandante avrebbe spalancato quella porta, certo nessuno si trovasse all’interno. Storse il naso, indispettita al solo pensiero.

Eppure, una volta immersa fino alle spalle nella vasca calda e carica di schiuma, come piaceva a lei, le passò la voglia di pensare a quelle cose tanto assurde.

Si fece subito molto cupa e d’istinto lanciò uno sguardo agli infissi delle finestre, lieta di trovarli ancora per buona parte chiusi, nonostante ciò implicasse l’uso di luce artificiale. Era sicura stessero ancora fumando là fuori, in lunghi serpenti verso il cielo… Che brutta immagine…

Scosse la testa tra sé. La Marina la stava prendendo troppo seriamente… O forse troppo poco seriamente, come una di quelle posizioni “non ufficiali” o “straordinarie” con cui quella gente amava riempirsi la bocca…

Sicuramente nessuno scherzava. E la sera prima ne avevano avuto la prova…

 

- Quello chi sarebbe…? -

Principessa lo aveva chiesto a tutti e a nessuno, ma sapeva già chi avrebbe risposto.

- Viceammiraglio Kesp Yona. -

Il tono incolore di Regynald era se possibile ancora più vuoto, in un modo tanto teatrale  da far pensare che in una persona più empatica sarebbe stato rabbioso. In realtà, fissava impenetrabile la scena. La ragazza gli scoccò un’occhiata infastidita, ma preferì tacere. Del resto era meglio parlare il meno possibile e farlo molto sottovoce.

Scendendo dalla scogliera verso la città, si erano trovati nel bel mezzo dello sbarco dei marinai e l’unica soluzione era stata quel vicolo non illuminato. Tuttavia la luna piena era loro ostile: brillava intensamente al centro del cielo scuro. Come loro riuscivano a intravvedersi reciprocamente, una persona attenta avrebbe potuto scorgerli, nonostante il movimento che si svolgeva sul molo, o forse proprio per questo. Ma spostarsi per mettersi al riparo – neanche sapevano dove – poteva essere anche più pericoloso. Quindi si erano tutti e quattro addossati alle pareti degli edifici laterali, a valutare la situazione.

L’autorità della nave attraccata proprio di fronte a loro stava avanzando in mezzo ai sottoposti indaffarati e circondato da quello che sembrava un corteo trionfale di ufficiali di basso rango. Abbastanza imponente, appariva altrettanto tozzo, tanto da non avere una divisa della sua misura, a giudicare dalle asole tese della giacca bianca. Le guance erano gonfie fino a seppellire gli occhi slavati, cosa cui partecipava altrettanto attivamente una lunga e unta frangia bruna. Al fianco, in bella vista, quello che sembrava un semplice martelletto.

- Non l’ho mai visto. – commentò Ace, con un certo disprezzo. Come se il fatto di non essere mai stato visto da un pirata, evidenziasse un chiaro demerito del soggetto.

- E’ un faccendiere. Contabile. – rispose ancora Regynald, secco. Se possibile l’aver evidenziato il puro lavoro di ufficio del marinaio suonò come un insulto anche peggiore.

La folla disordinata si stava diradando, sostituita da doppi schieramenti di soldati ordinati e impettiti, in attesa di ordini, o meglio di congedo per la notte. In effetti il Viceammiraglio sembrava intento ad interrompere il chiacchiericcio con gli ufficiali per prendere finalmente parola con le truppe.

- Signore! -

Tutti, compresi i quattro nascosti nel buio, cercarono con lo sguardo chi aveva urlato tanto sguaiatamente. Un soldato di basso rango stava avanzando di corsa, incurante dei colleghi in attesa rispettosa. Anche se era proprio di fronte al superiore, il tono era così alto che risuonò nel silenzio creatosi sul molo:

- Mi manda il Commodoro Jenji, Viceammiraglio! Chiede che cosa dobbiamo fare in merito! -

Kesp emise la voce più gracchiante e strascicata che si fosse mai sentita, nonostante l’insistita imperiosità: - “In merito” a cosa, marinaio? –

- Ai pirati, Signore! – esclamò in risposta, poi aggiunse – Poco lontano, sul fondo del molo sud, ci sono almeno una trentina di navi! -

Un brusio si diffuse tra i militari e ne approfittarono i clandestini.

- Ma cosa diavolo ci fanno ancora lì!? – chiese Clayton a bassa voce, scuotendo la testa tra sé.

- Non hanno fatto in tempo a tagliare la corda..! Che razza di domanda stupida! – scattò Principessa, con una smorfia.

- Forse i “nostri” sono stati gli ultimi a tentare di salpare. Gli altri o sono stati presi di sorpresa o hanno pensato che ormai i marinai fossero troppo vicini e potessero attaccarli prima di riuscire a fuggire. – spiegò Ace, gli occhi scuri e stretti in fessure sempre fissi sull’ufficiale maggiore.

Regy produsse solo un lieve mugugno, quasi un cattivo presagio.

Tuttavia, Clay insisté: - Be’, e cosa ci sarebbe da fare!? Nella notte tutti i pirati taglieranno la corda e i marinai faranno tranquilli la loro stupida… -

Ma non pronunciò mai l’ultima parola.

- Bruciatele! Mi sembra logico! -

In un solo scatto contemporaneo tutti e quattro gli sguardi si incrociarono, scioccati.

- …Che cosa ha detto…!? – riuscì ad esalare il biondo, gli occhi spalancati dall’incredulità.

 

Riemerse dal ricordo solo quando si guardò nel piccolo specchio sul lavello, soprattutto per sistemarsi i capelli, dal momento che aveva deciso di rimettere per comodità l’abito bronzo del giorno prima e che le occhiaie sembravano ancora più spesse sotto il fondotinta leggermente più scuro. Lasciò almeno sciolta la chioma del colore del fuoco, a scendere sulla schiena e a dare un minimo di vivacità al viso dalla carnagione chiara.

Chissà perché si stava vestendo tanto accuratamente per restare tutto il giorno chiusa in casa. Del resto, non poteva certo lasciare quei due da soli. Che almeno avessero l’impressione di essere controllati, dato che più che ospiti sembravano “pacchi-bomba”!

 

Dopo aver fatto colazione e aver rassettato tutto con calma, si rese conto che era decisamente tardi. Quasi ora di pranzo e quei due non erano ancora scesi. Era tempo di buttarli giù dal letto, fu il suo pensiero, nitido e spietato.

Entrò piano nel salottino, che era del tutto vuoto come aveva immaginato, nonostante gli scombinati cuscini intorno al tavolino basso.

Si avvicinò allora alla porta dipinta di bianco che conduceva alla camera da letto. Era rigorosamente chiusa: nessuna scusa per intervenire. Che poi quella era casa sua e guarda se doveva farsi tanti scrupoli!

Scacciò subito l’assurda prepotenza che rischiava di avere la meglio: bisognava fare le cose per bene con gli ospiti, si convinse. Chissà che uno di quei due – o entrambi – avesse l’abitudine di mettersi in desabillé per la notte… Meglio evitare, seriamente. La situazione era già abbastanza assurda, anche se finora era riuscita ad arginarla con accorgimenti ben piazzati.

Bussò piano, in attesa di un suono di assenso. Nulla di simile le arrivò alle orecchie.

Bussando di nuovo, respinse la prima imprecazione della giornata dalle labbra.

- Signorini! E’ ora di pranzo! – provò a chiamare. Nessun risultato.

Non poteva mancare un terzo tentativo fallito, anche se l’educazione si stava già assentando per malessere.

Infine la mano afferrò violentemente la maniglia e spalancò l’uscio in un solo gesto.

La scena che si trovò davanti le apparve tanto ridicola che le fece rimangiare anche la successiva imprecazione che aveva in mente di pronunciare nella prospettiva di svegliare i ghiri.

Ace era coricato sul fianco rivolto alla porta, un braccio accartocciato – forse neanche comodamente – sotto il cuscino, l’altro a penzoloni dal letto ma con la mano ben stretta sul lenzuolo candido, che si era avvolto al torso e alle gambe, chissà come, tanto stretto da sembrare infagottato volontariamente. Al contrario, Regy giaceva disteso sulla schiena al capo opposto del materasso di una piazza e mezza, le braccia abbandonate al di sopra della testa, tra i capelli castani sciolti e scomposti: era completamente scoperto, ma con addosso una canottiera e i pantaloni chiari del giorno prima. Nonostante la situazione all’apparenza sintomo di un sonno agitato, entrambi sembravano ancora dormire pesantemente e tranquillamente.

 Principessa sospirò con sufficienza e incrociò le braccia sotto il seno, ma un’ombra di un sorriso le increspò le labbra. Erano davvero tipi assurdi.

Attirato da un mugugno leggero, il suo sguardo finì per concentrarsi sul ragazzo avvolto nel lenzuolo, i capelli neri non molto più spettinati del normale, la bocca aperta in un lieve spiraglio, come sintomo del massimo rilassamento. Ecco, quello, però, era certo il più testardo e incontrollabile.

Un saggio della sua indignazione, la sera prima, era stato sufficiente a farsi un’idea…

 

Kesp aveva pronunciato quella condanna con una soddisfazione concreta come uno schiaffo.

Il brusio tra i marinai aveva aumentato di tono, coprendo fortunatamente le osservazioni concitate dei quattro spettatori.

- Non può farlo! – esclamò Clay, che ormai faticava a tenere il tono basso.

- Ma dannazione, si è fumato il cervello!? – commentò da parte sua Principessa, altrettanto allibita.

- Non può farlo. – ripeté Ace.

Fu il modo in cui lo disse a pietrificare gli altri due. Non era più l’indignazione, come ci si poteva aspettare da una persona tanto intrepida e insieme controllata, ma subito la minaccia. Non era incredulo, dubbioso, sconvolto. La negazione era la certezza che se questo fosse successo l’avrebbe impedito.

Regynald sostenne l’occhiata cupa di conferma che il suo comandante gli rivolgeva. Non disse nulla, probabilmente anche perché ben conosceva quel tipo di meccanismo mentale del suo compagno. Non poté tuttavia trattenere un’espressione vicina allo scetticismo: “Ah si…?” era l’ironica domanda che nel suo rigido distacco mai avrebbe pronunciato.

- Datele alle fiamme! – esortò ancora il Viceammiraglio, con entusiasmo – Se hanno il coraggio di stare qui ed aspettarci, avranno anche quello di affrontarci! Non se ne parla, che possano andarsene tranquilli sotto il nostro naso! Bruciatele! -

- Ma, Signore… - era un lieve sussurro paragonato allo scompiglio di voci che correvano tra i ranghi schierati – Perdonate la mia insicurezza, ma… Il Quartier Generale non ha dato questi ordini… -

Quando Kesp intercettò lo sguardo di uno dei suoi sostenitori più stretti e vicini, ufficiali di basso rango ma, in genere, sottomessi e collaborativi, tutti capirono chi aveva parlato e si rivolsero al coraggioso che intendeva impedire il disastro.Quest’ultimo, tuttavia, non resistette alla tensione: - Però, se giudicate che sia il modo migliore di intervenire… -

- Chiaramente! – esclamò, indignato – Non siamo donnicciole, ma soldati! Dobbiamo combattere i pirati! – poi, ancora più compatto, prese ad arringare le truppe – Siamo qui per un’occasione festosa, senza dubbio! E il miglior modo per festeggiare è compiere il proprio glorioso dovere nel modo che ci compete! Bruciamo le navi e in questi pochi giorni scoveremo i pirati che si nascondono su quest’isola! -

I quattro rimasero nell’ombra, di nuovo silenziosi, fino a che lo schieramento di marinai, a quel punto armati di fiaccole, prese a marciare verso la parte sud del molo. Tutti erano pronti a compiere quello che era stato indicato come “il loro dovere”, ma nessuno appariva entusiasta della prospettiva: pochi giorni di congedo, che già sfumavano su un’isola dimenticata, si stavano ora trasformando nell’ennesima pericolosa caccia al filibustiere.

- Bruciare le navi. Che cosa vigliacca. –

Ace si staccò dalla parete con un unico gesto fluido, il cappello a nascondere un’espressione che poteva solo essere immaginata, i pugni chiusi che spruzzavano scintille.

- Bastardi privi di onore. - riprese, a denti stretti, muovendo qualche passo, lento e minaccioso, verso il molo, quindi verso lo schieramento ormai sparito alla vista del vicolo.

- E dove credi di andare? –

La voce di Principessa era ruvida. Qualcuno avrebbe potuto dire “spaventata”, se non fosse stata un’affermazione pericolosa.

Non giunse alcuna risposta. Ace le dava le spalle, anche se aveva smesso di allontanarsi.

- Vai  laggiù a proteggere le navi dei tuoi avversari? Per onore? E qualcuno farebbe lo stesso per tuo Padre? – riprese e bastò questo a renderla molto più sicura e dura nel tono, così nello sguardo degli occhi neri come la pece – Vai a combattere i marinai? Perché sono il peggio del genere umano? Bene! Ha un senso! -

Regynald fece una smorfia e gli occhi scuri sfidarono per un lungo istante quelli colore del cielo, ostili, ma il pirata non aveva interesse a dar voce al suo pensiero. Principessa tornò a parlare e con anche maggiore enfasi fece un passo verso la schiena nuda del comandante:

- Ma osa mettere nei guai me e mio fratello con un dannato colpo di testa da stupido sognatore e giuro che troverò il modo di rendere la tua vita una tragedia, poco importa se sopravvivrò o meno a questa Convention della Marina. Sono stata chiara, “straniero”? -

Quello non si mosse né fece cenno di aver ascoltato una parola. Clayton passava lo sguardo dall’uno all’altra, scontento.

- TI E’ CHIARO!? – gli gridò la ragazza, incurante del rimbombo che quella domanda ebbe nel silenzio ritrovato della strada.

- Si. – fu la sola risposta. Eppure, quando si voltò come ulteriore conferma dell’accettazione di quelle parole, l’espressione del viso segnato dalle efelidi appariva di nuovo calmo, per quanto fosse possibile in quel momento, con il primo scoppiettare degli incendi che si udiva in lontananza.

- Allora andiamo. –

 

Ed erano arrivati a casa senza intoppi, questo era vero, ma Principessa non riusciva a togliersi dalla mente che quel ragazzo, con tutti i suoi sani e virtuosi principi, un giorno si sarebbe messo nel guai…

Con quel pensiero ancora vivo in mente, vide l’interessato alzare un braccio e passarsi una mano tra i capelli scuri, prima di aprire piano gli occhi.

 

 

 

 

 

 

 

 

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Buonanotte (ebbene, é dieci a mezzanotte)! ^^

Mi scuso per il ritardo, ma gli esami regnano incontrastati e la concentrazione fatica a presentarsi anche la sera per scrivere. Se ve lo state chiedendo dopo aver letto il titolo del capitolo: si, in questa storia quattro giorni saranno eterni. XD Però, calma. Questo capitolo, con tutti i flashback, é piuttosto lungo, ma altri credo saranno davvero più brevi. Non disperate! XD

Grazie a tutti coloro che seguiranno anche questa nuova storia, dopo aver letto/scoperto/commentato/apprezzato (o tutte queste cose) la prima fiction!  Grazie a coloro che apriranno questa storia, leggeranno, e magari avranno voglia di leggersi la prima fiction e seguire la saga! Grazie a tutti coloro che leggeranno e lasceranno un commentino, in ogni caso!

Baci baci!

  
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