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Autore: Guazzo89    14/05/2006    5 recensioni
"Harry si trovava fuori da Privet Drive 4, in una notte buia e senza stelle. I lampioni erano spenti, e questo conferiva alla strada un'aria di desolazione. Improvvisamente apparve il rumore di un motore, che quasi lo assordò."

Harry si ritrova dentro se stesso, dentro la sua memoria, alle prese con i suoi ricordi migliori e peggiori. Riuscirà, armato del senno di poi, ad accettare la sua vita per come è stata, o continuerà a illudersi che avrebbe potuto fare meglio? Alla fiction l'ardua sentenza!
Potrei introdurre dei momenti di qualche coppia inerente ad Harry (principalmente Harry/Ginny), ma saranno momenti sporadici. Il rating è, per adesso, PG ma potrebbe aumentare nelle parti successive
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho iniziato questa one-shot preso da un'ispirazione improvvisa, e prima di rendermene conto avevo scritto l'inizio (per l'esattezza le prime 1700 e rotte parole, qui contenute) di questa one-shot, divisa per comodità in due o tre parti. Questa è la prima, purtroppo adesso l'ispirazione è un po' calata, quindi mi ci vorrà del tempo per scrivere le restanti parti. Anche per questo ho deciso di spezzare la storia: in modo da poter iniziare a postarla e vedere cosa ne pensate.

Harry si ritrova dentro se stesso, dentro la sua memoria, alle prese con i suoi ricordi migliori e peggiori. Riuscirà, armato del senno di poi, ad accettare la sua vita per come è stata, o continuerà a illudersi che avrebbe potuto fare meglio? Alla fiction l'ardua sentenza!

MEMORY OF A HERO

Harry si trovava fuori da Privet Drive 4, in una notte buia e senza stelle. I lampioni erano spenti, e questo conferiva alla strada un'aria di desolazione. Improvvisamente apparve il rumore di un motore, che quasi lo assordò. Poi il motore si spense, e Harry riuscì a distinguere due voci. Ad un certo punto una delle due voci scoppiò in quello che doveva essere un pianto, anche se assomigliava di più all'ululato della sirena di un allarme.

Dopo poco la cortina nera che lo circondava scomparve, ed Harry si ritrovò immerso nella luce dei lampioni. Strizzò gli occhi un paio di volte, prima di mettere a fuoco l'ingresso della casa dei suoi zii. Davanti alla porta sempre uguale di Privet Drive 4 giaceva un fagotto, avvolto dentro una copertina blu, con ricamate delle stelle dorate.

Harry fece qualche passo in quella direzione, ma già sapeva cosa lo aspettava. Già sapeva cosa avrebbe trovato dentro quel fagotto. Se solo avesse trovato il coraggio di guardare, perché le gambe iniziavano già a tremargli per l'emozione e lo spavento. Harry si chiedeva perché diamine si trovasse in quel posto in quel momento. Non si ricordava nulla di quello che stava facendo, quando questa visione era apparsa. Si chiedeva se fosse una cosa saggia darsi un'occhiata intorno, o potesse essere rischioso.

Avanzò ancora di qualche passo, continuando a scrutare il fagottino, che nel frattempo si stava muovendo tranquillamente. Si chiedeva perché avesse paura; d'altronde era solo lui; lui all'età di un anno. Non poteva esserci nulla di pericoloso nel toccarlo e guardarlo. O forse avrebbe dovuto di re toccarsi e guardarsi. Forse era proprio questo che lo tratteneva; perché non aveva senso essere lì, a guardare se stesso, in un ricordo che nemmeno sapeva di avere. Un ricordo che era rimasto sommerso per tutto quel tempo, cancellato da emozioni più recenti; emozioni che continuavano a rinnovarsi nel suo cuore.

Harry era ormai ad un passo dal fagottino, ed allungò una mano, per scoprirlo e vedergli, anzi vedersi, la faccia. Il piccolo Harry si agitò nel sonno, e una manina sbucò fuori dalla coperta. Harry, che aveva ritirato rapidamente la mano, si diede dello stupido; uno spavento del genere per un piccolo bambino; come fa una persona a spaventarsi da sé, si chiese Harry, dandosi ancora dello stupido. Allungò la mano, e, senza esitare, afferrò il panno, scostandolo dalla faccia del bambino.

Harry fece un salto indietro. Si aspettava la faccia di un neonato, con un taglio in fronte. Quello che aveva visto di certo non poteva esistere. Sicuramente era stata un'immagine prodotta dalla sua mente; doveva ammettere di trovarsi in una situazione molto strana; probabilmente il suo cervello aveva reagito in maniera anormale. Non poteva trattenersi, doveva convincersi che si era immaginato tutto. E quale metodo migliore per convincersi di questo che guardare di nuovo, si disse Harry.

Il ragazzo fece un respiro profondo ed allungò di nuovo la mano, ripetendo il gesto con una lentezza inimmaginabile. Harry scostò di nuovo la coperta dal volto del bambino, dal suo volto di bambino; ma quello che vide lo fece restare ancora senza parole. Non era cambiato nulla, quello che stava guardando era il suo volto. Non il volto del bambino Harry Potter, ma il volto dell'Harry maturo, segnato dalle fatiche della vita. Una netta cicatrice risaltava in mezzo alla fronte dell'Harry che si trovava nel fagotto. Harry allungò la mano, esitante, poggiando un dito sulla fronte, e facendolo scorrere fino alla cicatrice dell'altro sé.

Nel momento in cui il dito del ragazzo sfiorò il segno inciso nella fronte di Harry Potter una nebbia grigia scese sulla strada, avvolgendo tutto. La nebbia formò una specie di circolo intorno ai due Harry, e poi si avvicinò velocissima, fino ad avvolgere Harry. Il ragazzo scattò in piedi senza vedere nulla. Gli parve di essere diventato cieco, immerso in quel grigio.

Passò qualche minuto, prima che il terrore di Harry si dileguasse insieme con la nebbia. Harry si trovava in piedi nello stesso punto, mentre un bambino di sei o sette anni correva fuori dalla porta della casa, dirigendosi verso l'unico albero del giardino. Subito dopo di lui corse fuori un enorme cane, che lo seguiva, abbaiando. Dietro di questo una donna, così grossa da sembrare sul punto di scoppiare; aveva una faccia così poco curata da sembrare un uomo. La donna urlava, aizzando il cane. Dalla porta, lasciata aperta, uscì anche un altro bambino; doveva avere la stessa età del primo, il viso ancora rigato da lacrime che ora non scendevano più, sostituite da grasse risate.

Ci volle ancora qualche secondo, prima che quell'episodio tornasse alla mente di Harry. Il tempo di ricordarsi del ottavo compleanno di Duddley, e già il giovane Harry era raggomitolato su uno dei rami dell'albero. Nessuna lacrima solcava il suo viso, ma la sua espressione era un misto di terrore e rabbia, che faceva quasi impressione. Harry provò un dolore immenso; quello era uno dei suoi ricordi più brutti, che pensava di avere rimosso. Tutti i ricordi di zia Marge erano terribili, ma questo lo era perfino di più.

Harry corse verso l'albero, intenzionato a salvare il bambino sull'albero. Vista dall'esterno era una scena ancora più terribile; Harry si chiedeva come fosse possibile che i vicini non dicessero niente. Harry arrivò di corsa, tirando una spallata alla donna, che cadde addosso al secondo bambino, estrasse la bacchetta e colpì il cane con un incantesimo.

Subito si rese conto di quello che aveva fatto. Non era possibile, non poteva aver interferito con gli avvenimenti. Ma soprattutto non poteva aver usato la magia; non davanti al sé bambino. Mise via la bacchetta di corsa, avvicinandosi poi all'albero, a passo lento;

"E' stato forte" l'espressione del bambino ora sembrava quasi di gioia "ma come hai fatto? e chi sei?"

Harry non disse nulla. Si avvicinò di qualche altro passo, e tese la mano al bambino; questi la afferrò. Ma proprio in quel momento la strana nebbia calò di nuovo. Harry sbatté velocemente gli occhi, e la nebbia si diradò. Si trovava in piedi, in mezzo a quello che sembrava il cortile di una scuola. Passò qualche secondo prima che una campanella suonasse, attutita dai portoni della scuola.

Subito le porte si spalancarono, e il suono accompagnò la carica dei bambini che uscivano in cortile, finalmente liberi di giocare. Un bambino di quasi dieci anni si fece largo verso il cortile, spingendo le persone che c'erano davanti. Era decisamente uno dei più grandi, ma sembrava scappare da qualcosa. Dietro di lui correvano altri tre bambini, decisamente più lenti.

Il primo corse deciso verso Harry, e in pochi secondi lo raggiunse, superandolo. Il ragazzo si voltò, seguendo con lo sguardo se stesso che, a dieci anni, fuggiva dalla banda di Duddley. Il bambino correva diretto verso dei cassonetti, ripieni di rifiuti alimentari; spiccò un salto, nel vano tentativo di oltrepassarli, e sparire lì dietro. Ma a metà del salto qualcosa non andò come doveva; uno dei piedi del bambino si impigliò dentro ad un sacco. Harry estrasse velocemente la bacchetta, deciso ad impedire a se stesso di cadere; ma prima ancora che potesse fare qualcosa il bambino era sparito. Il giovane si guardò intorno per qualche minuto, prima di notare il fatto che tutti guardavano verso il tetto.

Harry alzò lo sguardo, e si vide appollaiato sul tetto, attaccato saldamente alla grondaia. Gli tornò alla mente quell'episodio, e con quello ricordò anche la punizione che ne sarebbe seguita. Di sicuro la faccia che Duddley aveva ripagava completamente qualunque cosa sarebbe successa in seguito, anche i diversi mesi di reclusione nel sottoscala.

Ma la sensazione di vittoria negli occhi del bambino sul tetto svanì subito, alla vista di due persone che uscivano dalla scuola, portando una scala. Questa fu appoggiata al tetto, e venne intimato al bambino di scendere. Il piccolo Harry non si fece ripetere due volte l'ordine, scendendo, con ancora un piccolo lampo di trionfo negli occhi. Una volta che il bambino fu sceso il preside e il bidello lo scortarono verso l'edificio della scuola; Harry, che si trovava sul loro percorso, si scostò leggermente, ma allungò la mano, come a voler dare il cinque al bambino.

La nebbia calò ancora una volta, il contatto tra le due mani era durato poco più di un secondo, poi Harry si era ritrovato immerso nel grigio.

Quello che apparve pochi secondi dopo fece saltare il cuore in gola ad Harry. Diversamente da pochi minuti prima si trovava in una stanza, insieme ai due piccoli Harry e Duddley, che dovevano avere entrambi dieci anni. Diversamente dalle volte precedenti, però, sembrava esistere solo la stanza. Fuori dalla finestra si vedeva solo un grigio uniforme, che, sotto forma di nebbia, penetrava anche da sotto la porta.

Il piccolo Harry stava rintanato in un angolo, mentre Duddley si trovava nel mezzo della stanza, ridendo, e continuando a ripetere "La testa... Ti metteranno la testa nella tazza del water". La scena sembrava irreale, tanto era disumana la voce di Duddley; era anche molto snervante, tanto che Harry colpì Duddley, nel tentativo di zittirlo. Questo cadde a terra, ma non smise la sua sequenza di risate e parole, ne si rialzò. L'altro bambino era invece rimasto impassibile.

Harry gli si avvicinò, e gli toccò la cicatrice. Subito la nebbia lo avvolse, e Harry lasciò andare un sospiro di sollievo; per fortuna il suo desiderio si era esaurito. Era bruttissimo vedersi lì, a subire impassibile le prepotenze del cugino, forse perfino più brutto che vedersi inseguito da un cane.

Questa volta la nebbia rimase per qualche minuto, e Harry si chiese come mai ci volesse così tanto.

Quando finalmente la nebbia si sollevò, Harry si ritrovò in una scena simile alla precedente; una sola stanza, avvolta dalla nebbia. Dentro si trovavano schiacciati tutti e tre i Dursley, un piccolo Harry e un uomo enorme, che Harry riconobbe subito. Era proprio quest'ultimo che parlava. La sua voce era ancora un continuo ripetersi; sempre le stesse parole ripetute senza sosta "Harry, tu sei un mago...". Il giovane si soffermò a guardare le espressioni di tutti i presenti; i Dursley sembravano scossi da un profondo brivido di rabbia, mentre Hagrid aveva degli occhi che sembravano quasi mostrargli il suo orgoglio. Da ultimo si soffermò sui verdi occhi dell'altro se; da questi emanava una felicità che sembrava inimmaginabile; di sicuro una felicità che il povero Harry non aveva mai provato prima. E che forse pensò Harry non avrebbe provato più, oppresso da un destino più grande di lui.

Il ragazzo sapeva già cosa fare; si avvicinò al bambino con la cicatrice, e gli toccò la faccia, quasi volesse fargli una carezza. La nebbia calò di nuovo, densa e molto più lunga delle volte precedenti.

E così siamo alla fine della prima parte. Spero che per adesso vi sia piaciuta. La seconda delle tre parti inizierà dal primo viaggio di Harry verso Hogwarts e, se devo essere sincero, non so proprio dove finirà.

Un commentino è ben gradito, anche solo per farmi sapere che vale la pena che vada avanti a scrivere!

PS grazie per aver letto questa storia!

  
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