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Autore: Quintessence    16/09/2011    5 recensioni
Il Destino ci narrò storie di coraggio su Sailormoon, su quello che furono le Senshi, sulla venuta di Chaos. E ognuna di noi sapeva che l'umanità sarebbe vissuta. Che l'accecante potere del Ginzuishou avrebbe toccato tutti. Che Serenity avrebbe vinto anche l'ultima sfida, sconfitto anche la Catastrofe finale, creando la nuova e Luminosa Crystal Tokyo.
Il Destino aveva parlato. Noi avevamo creduto.
Oggi, però, il Destino è cambiato.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ami/Amy, Makoto/Morea, Minako/Marta, Rei/Rea, Usagi/Bunny
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la fine
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Con questo capitolo ho tardato parecchio e lo so. Me ne dispiaccio ma l'uni è quella che è... Proprio un caos. E' anche il motivo per cui non rispondo sempre alle recensioni, e di questo mi duole ancora di più. Vorrei quindi ringraziare tutti coloro che hanno sempre la creanza di lasciare anche solo un segno del loro passaggio, una piccola recensione o una grande. Siete tutti importanti per me. Un bacio a tutte voi!!! E ora, il primo giorno di battaglia. Enjoy. 


16 ~ Giorno uno

Durante il primo giorno c'è aria di tempesta. Tutte si preparano a quella che sarà la battaglia del secolo, sanno che durerà molto. Sanno anche quanto durerà. Ma non sanno quanto dolorosa sarà, quanto dura sarà, quanto in effetti sono pronte ad affrontarla. E quanto i loro problemi peseranno sulle loro anime, in questi venti giorni di battaglia. Ancora una preparazione.

 

Ami aprì gli occhi e si ritrovò al buio. Si portò le mani dietro la testa e cominciò ad ascoltare il ticchettio delle gocce di pioggia sul soffitto di casa Tsukino. Era per terra. Stava dormendo su un futon di fortuna. Se lo ricordava, sapeva dove si trovava, e questo le diede sicurezza. Non arrivò nessuna premonizione, e questo la rassicurò di nuovo. Non sapeva cosa sarebbe successo, e questo significava che non c'erano tragedie in arrivo. Sospirò, contando le gocce sul soffitto. Era bastato tanto poco, per farle tornare a un tempo. Quella sera, a cena, avevano riso come se il tempo non fosse davvero passato. Come se avessero distrutto la barriera che si era creata in tutti quegli anni. Ripensò a quando Usagi le aveva supplicate, per strada. A come aveva pianto, e quando si era rialzata il suo viso era nero di lacrime e di polvere. Un misto di pena e compassione le arse il cuore. L'amore di una madre per una figlia, Ami non l'aveva mai provato. Voleva chiedere ad Usagi se fosse vero, che non le interessava del feto che aveva perduto anni prima, ma temeva che la domanda sarebbe risultata indiscreta. E poi, dentro di sé, conosceva già la risposta. Era sì, certo che le importava. Le importava così tanto che pur sapendo in fondo al suo cuore che non era Chibiusa, aveva tentato di uccidersi. Ami era sicura che Usagi lo sapesse, che lo sapesse benissimo. Eppure, una seconda voce si fece strada dentro di lei, eppure le aveva abbandonate. E loro non erano state capaci di restare unite. La battaglia le aveva unite, e senza di essa erano solo foglie al vento, solo persone. Persone normali. Persone che litigano e fanno pace, dopo otto anni. Otto? Forse nove. O dieci? I conti ancora non le riuscivano perfettamente. Sciolse il nodo da dietro la testa e si intrecciò le mani sulla pancia. Il buio si stava diradando leggermente, e cominciò a vedere il soffitto con più chiarezza. Come la battaglia le aveva divise, così le stava riunendo. Ami non era sicura che andasse bene così. Ma i suoi pensieri furono interrotti bruscamente da una orribile fitta alla testa. Si rizzò sul futon, e fece giusto in tempo ad arrivare in bagno per vomitare tutta la cena che aveva ingurgitato sul pavimento. Si aggrappò alla maniglia.
« R-Raga-aa-zze » -Balbettò con la voce più alta che poté- « A-Arriva » -Gridò afferrandosi la testa- « ...di-di... Nuovo... »

~

Rei non aveva dormito che due ore. Aveva passato la notte in cucina. All'inizio aveva detto alle ragazze di andare pure a dormire, che lei si sarebbe curata dei piatti. Poi, ne aveva approfittato per farlo più lentamente possibile mentre le chiacchiere dall'altra stanza le arrivavano prima divertite, poi sempre più sommesse, e infine si interrompevano. La fioca luce che era rimasta le aveva consentito di sfregare la pentola con forza. Sempre più forza. Perché quella macchia non andava via, perché...? Le era sfuggito un gemito quando la spugna per raschiare le aveva tagliato la mano. Il sangue era corso giù fino al polso, e Rei non lo aveva fermato. Aveva goduto della sua vista e del dolore per qualche secondo. Poi aveva unito le mani in una preghiera silenziosa. I serpenti avevano trasferito il dolore da una mano all'altra, formando due cicatrici speculari. Straordinario, aveva pensato lei. Doveva ancora abituarsi a quel potere. Doveva ancora abituarsi a tutta quella situazione. Era rimasta lì ferma, sveglia, gli occhi serrati sulle due cicatrici a specchio. L'acqua del lavandino che scorreva sulla spugna e sulla pentola del riso. Chiuse il rubinetto abbandonandola al suo destino. Qualche volta, sciacquare il sudicio da fuori non ti toglie il sudicio da dentro. Il suo corpo era martoriato di cicatrici, diverse per forma e per numero. Sulle ginocchia c'era ancora il segno di quella frenata, sui polsi quelli di quegli otto anni. Rei si abbandonò sulla sedia, la luce fioca che l'illuminava appena. Si guardò i polsi. La voglia di aprirli di nuovo la divorava, il senso di colpa che la prendeva ogni secondo la rendeva vulnerabile. L'unica cosa che le impediva di farlo era il ricordo di quelle spine, il ricordo di Psyché. Le sue parole, sei viva. Ci vuole coraggio per morire, ma tu devi averne di più. Per vivere! -Quando aveva avuto l'unione e aveva preso i suoi poteri, Rei si era sentita completata da tutte quelle cose che nella vita aveva perduto. E aveva scelto di non perderle mai più. Di non perdere Yuu o chiunque altro. Ma sapeva come sarebbe andata, sapeva quello che il Destino diceva. Usagi creerà Crystal Tokyo. Tutti moriranno. Tranne noi. Ma che cosa aveva questa Usagi di tanto speciale per condannare tutta questa gente? Rei aveva lottato per loro, non solo per la sua Princess. La sua vita non gravitava più intorno ad Usagi da otto lunghissimi anni, e non voleva che tornasse ad essere così. Amava Usagi, questo era fuori discussione. Avrebbe dato la vita per lei, ma... Amava se stessa, adesso. Usagi aveva insegnato loro ad amare gli altri, ma mai ad amarsi. Passò la notte a piccoli sonni e brevi risvegli, sul tavolo, inframezzati da incubi in cui Yui veniva preso e portato via, in cui tutto veniva inghiottito. Alla fine, Psyché era scesa su di lei, e aveva custodito i suoi sogni. Infine, era scivolata in un sonno quasi rilassato. Finché le urla di Ami l'avevano svegliata.

~

Minako aveva passato la notte pensando che doveva assolutamente vomitare tutta quella robaccia che aveva mangiato. Siccome però non poteva farlo davanti alle ragazze, ci aveva rinunciato presto, pensando che l'indomani non avrebbe toccato nemmeno un minuscolo frammento di qualsivoglia cosa commestibile. Forse così avrebbe recuperato le mille calorie che aveva assorbito la sera a cena. Si sentiva orribilmente in colpa, e anche elettrizzata per ciò che aveva fatto la sera prima. I suoi poteri erano aumentati straordinariamente, e il muro che aveva sollevato era una ulteriore prova del suo riuscire a manipolare tutti gli elementi. Nel suo cervello frullavano formule chimiche e composizioni di oggetti che non credeva potessero esistere. Si stava divertendo da morire a esplorare la sua mente da un giorno a quella parte. A cena aveva mutato l'insalata in patate fritte, e tutte avevano applaudito e riso. Si sentiva sollevata a pensare a quella scena, perché si sentiva di nuovo accettata. Di nuovo fra visi amici e sorridenti. Qualcosa la inquietava, però, dall'interno. Un po' associò quel malore alla battaglia, ma sapeva che non era quello a disturbarla al cento per cento. Parzialmente aveva paura di tornare a combattere, ma visti i risultati dell'ultimo rendez-vous era pienamente convinta di farcela. Mano mano che la Catastrofe era più vicina, si sentiva sempre più pronta a fermarla. Allora quel malumore da dove le veniva? Il mal di pancia non era associato al cibo, ma a un inconfessato desiderio di qualcosa... Qualcosa che non riusciva a spiegare, probabilmente legato al fatto che dopo otto anni carburare è veramente faticoso per tutti. Tutti, tranne Usagi. Quando sentì Ami rantolare restò a letto, pensando andrà qualcun altro.
E poi, sentì Mars che si trasformava. Si costrinse ad alzarsi. Sgranò gli occhi.

~

« Jupiter Eternal, make up! » -Ancora prima che Ami dicesse cosa stava succedendo, Makoto era in mise da combattimento. Già il giorno prima la crisi di quella portata aveva annunciato la battaglia. Meglio essere pronte prima. Prima dei due minuti di scarto che Ami regalava loro. Si accasciò vicino alla ragazza e la sorresse. Pesava poco meno di una piuma per lei. Le mise una mano in fronte, reggendole la testa, mentre un altro conato la scuoteva da capo a piedi. Rantolò, la bocca impastata dal sonno e la fuku stretta in vita, chiamando Usagi e Rei. Usagi mugolò e si rigirò nel suo letto, e una rabbia inconfessata si fece strada nel cuore di Makoto. Perché dovevano sempre essere loro ad occuparsi delle cose serie? Alla fine Usagi interveniva e basta e solo nel finale. Tutte loro la proteggevano, ma lei non proteggeva loro? Quei pensieri erano chiaramente dovuti agli otto anni di liti e di incomprensioni, quindi Makoto li scacciò con forza mentre sollevava Ami e la metteva a sedere. Rei si unì a loro quasi istantaneamente, saltando la sedia e il tavolo e atterrando di fronte ad Ami. Le poggiò due mani sulla testa, e la sentì risollevarsi mentre il dolore entrava nelle sue mani. Era la seconda volta che succedeva.
Infine, anche Usagi si sollevò dal letto, dalla nottata quasi tranquilla che l'aveva caratterizzata, e si unì a loro. Ami le fissò con occhi vitrei.
« Amichan, parla! »
« Cos'è, questa volta? »
« Lasciatela respirare » -Intimò Makoto.
Ami sollevò lo sguardo e vide tutte e quattro le ragazze di fronte a sé. Si era fatto il silenzio. Tutte avevano dormito con la penna a portata di mano, ma Rei era l'unica a stringerla nel pugno.
Makoto era l'unica con la fuku addosso, e il tempo stringeva. Non sapeva cronometrare con precisione centoventi secondi, ma era sicura che ne avevano appena sprecati almeno metà. Aprì la bocca acida di vomito.
« Acqua... » -Rei scattò verso la cucina. Si sentì uno sciacquare, e poi tornò con un bicchiere in mano.
« Ecco, ecco, bevi » -Lo mise nelle mani di Ami. Lei, ancora leggermente scossa, ne bevve. Poi lo rese alla guerriera di marte.
« Acqua... »
« Ne vuoi ancora? »
Ami scosse la testa.
« Arriva l'acqua. » -Aveva cercato di informare le ragazze con meno parole che aveva potuto. Difatti non pensava di avere energia per usarne altre. Minako si alzò dal letto in quel preciso istante, proprio mentre tutte le altre sollevavano le loro penne. Si rese conto di essere in ritardo sulla situazione di almeno una manciata di secondi. Fatali. Si sentì sollevare e fece appena in tempo a recuperare la penna da sotto il cuscino. L'acqua sfondò completamente le finestre della cucina. Le luci saltarono tutte in una volta. Usagi mugghiò un lamento vedendo la sua cucina distruggersi completamente. Paralizzate dal terrore, vedendo arrivare l'acqua in tale portata, si prepararono a morire in quel momento; nessuna si mosse. Nessuna, tranne Makoto.
Aveva avuto una leggera sensazione già precedentemente, e successivamente aveva intuito, una frazione di secondo prima che succedesse, quello che stava per accadere. Aveva aperto gli occhi, e l'aveva vista arrivare. Afferrò le ragazze una dopo l'altra, per la vita, come delle bambole, e scattò in avanti verso il muro della camera di Usagi, spingendo con forza sulle gambe. Prese una velocità straordinaria in poco meno di un secondo. Usagi ebbe giusto il tempo di stupirsi di essere sotto il braccio di Makoto insieme a Minako, e il tempo di gridare qualcosa che avesse il suono di un « Makochan, no! » -che la guerriera di Giove aveva sfondato con la spalla il muro ed era saltata dal primo piano di casa sua con addosso solo l'armatura e con loro quattro praticamente in braccio. Il rombare dell'acqua passò loro sopra in un getto unico e potente, devastando del tutto il primo piano di quella che un tempo era stata casa Tsukino. Atterrò sulla schiena, proteggendo tutte le guerriere. Si aspettava di sentire dolore, molto. La schiena impattò con l'asfalto con forza, la sua schiena si inarcò innaturalmente. Ma il dolore non arrivò. Il suo corpo era fatto di un acciaio straordinario, ricordò mentre si alzava come se avesse appena saltato uno scalino. Quando ebbero tutte poggiato i piedi per terra, Minako strinse la penna in mano e si trasformò. Appena ebbe finito, tutte e cinque si fissarono attonite e tremanti. Ciascuna di loro, nel momento di piena, era stata investita da spruzzi di acqua un po' ovunque, bagnandosi la fuku e i capelli; Makoto le guardò con il fiatone per lo scatto.
« Tutto bene? » -Chiese alle altre mentre si appoggiava sulle ginocchia, per l'enorme sforzo dello scatto. La pioggia ticchettò su tutte loro, finendo l'opera che l'ondata aveva cominciato.
« Bene »
« A posto »
« Makochan, sei stata grandiosa »
« Sì, senza di te saremmo morte »
Makoto fece un gesto come a dire che non era nulla di speciale, ma il suo cuore batteva forte e sul suo viso si stava già allargando un sorriso compiaciuto e orgoglioso per la prontezza, e per il pericolo appena scampato. Si rivolse a Sailormercury.
« È stato merito di Ami. Se non avesse detto quella frase... » -Ami la stava fissando. Le girò intorno velocemente, ravviandosi i capelli fradici, e poi il suo viso si illuminò.
« Makoto, è straordinario. Nemmeno un graffio, e hai fatto un volo di quasi quattro metri! » -Makoto arrossì un poco, e abbassò lo sguardo. La Forza era un bel dono, non c'era che dire. Essere così forte, così indistruttibile, la rendeva sicura di se stessa e molto più convinta di poter fare qualcosa di concreto per il mondo. Di salvare quelle persone. Tutte. Di fermare la catastrofe. Tutte sorridenti, le senshi si congratularono a turno, dando pacche sulle spalle di Mako per provarne la resistenza. Rei fu l'unica che ristette. Aveva aguzzato l'udito, e aveva sentito l'acqua tornare indietro. Tutte se ne accorsero poche frazioni di secondo dopo di lei, e le loro facce si oscurarono all'improvviso; Rei aveva tutte le ragioni di credere che stesse tornando indietro, e aveva anche una … forma.
« Che... che... diavolo è quello? » -Fece Usagi, e l'indicò con la mano guantata. Tutte scossero la testa, più perché la risposta era quantomeno ovvia, piuttosto che perché non lo sapessero. Era un drago. Alto quasi il doppio del grattacielo più alto della città, stendeva un'ombra minacciosa come una colonna, su tutta l'area occupata dalle ragazze. Era fatto di acqua e di ghiaccio su alcune protesi, come i denti o le corna o le unghie. Se ne stava fermo e maestoso, enorme a dominarle, a studiarle. Man mano che l'acqua saliva, diventava più grande e il cielo più scuro. Minako pensò che questa volta una barriera avrebbe dovuto essere alta non due, non tre, ma almeno cento metri per fermare l'acqua. Acqua che spinge tutto, non è come l'aria. L'acqua si infila, filtra, e preme, con forza e durezza. È forte e subdola l'acqua, dolorosa, fredda. L'acqua se vuole non ha pietà. All'acqua dai una crepa, si prenderà tutta una casa. All'acqua dai del vento e fa un maremoto. L'acqua ti da' la vita e in un secondo può riprendersela.
I cinque respiri si fecero più regolari. Makoto sfoderò la spada. Usagi chiamò a sé lo scettro. Rei caricò l'arco. Minako roteò il suo cerchio.
Ami fu l'unica a rimanere ferma ad ascoltare. Ascoltò il battito del suo cuore andare a tempo con quello sciacquio, ascoltò il respiro condensarsi nel freddo che quell'umidità e quella pioggia stavano procurando. Tutto quello che le stava intorno la fece sentire parte del mondo, per davvero, per la prima volta. Perfettamente incastrata in un punto in cui doveva stare, dove c'era l'acqua. Non le sembrò una pessima idea, per un momento, inondare Tokyo e renderla al mare. Non le sembrò male lasciare che la Natura si riprendesse il suo mondo, creare una nuova città perfetta, un nuovo punto di incontro per tutti. Una capitale del mondo emerso che garantisse la vita anche alla Natura, senza inquinamento, senza nulla di tutti quei palazzi... Tutto governato dalla suprema essenza del Ginzuishou. L'acqua le pulsò nelle vene al posto del sangue. Restò ferma.
« Mercury-sama! Che stai facendo?! » -La voce le arrivò ovattata. Stava per voltarsi e scappare. Poi, si sentì abbracciare forte. Per un momento le mancò il respiro, proprio come se fosse sott'acqua, proprio come se non potesse parlare, scappare o anche solo muoversi. Era un abbraccio amichevole, non cattivo. Era un abbraccio che sentiva familiare, che sentiva suo. Come quello di sua madre, o quello di una sorella. Come l'abbraccio di Usagi.
« Non avere paura, Ami » -Ami si chiese come aveva fatto a non riconoscerla subito. L'abbraccio le era stato subito amico perché era il suo abbraccio.
« Sophìa... »
« Affrontalo » -Affrontarlo? Era assolutamente al di fuori di qualsiasi discussione. Non era capace, non era abbastanza forte e il suo potere era limitato. Preveggenza. Niente di più. Non sarebbe stata in grado di fare altro se non prevedere le sue mosse.
« MERCURY! » -Le arrivò di nuovo la voce di Rei, e poi- « Usagi, attaccalo! »
Ami restò ferma, inebetita, a fissare il drago con Sophìa alle spalle che l'abbracciava con le ali d'acqua. Inspira, espira. Forse era quello che intendeva con affrontalo. Forse aveva capito male, forse voleva dire... Ascoltalo. Sentì le profondità dell'oceano dentro le viscere, e improvvisamente lo sentì. Sentì che parlava, o meglio, che gorgogliava. Le gorgogliava nella testa.
« Aprigli la mente » -Suggerì Sophìa. Ami ubbidì. Aprì la testa, prese fiato, e fu sott'acqua di nuovo. Le voci delle sue compagne non esistevano più.
« Usagi, attaccalo. Adesso! »
« NO! » -Ami sollevò la mano sinistra senza voltarsi- « Non attaccare! Sta soffrendo... »
Il gorgoglìo mutò in un soffocato urlo di terrore. Qualsiasi cosa fosse quella creatura, in quel momento aveva paura. Ed era molto arrabbiata. Empatìa, ricordò Ami. Posso sentire quello che sente, posso percepire la sua paura. Sono dentro il drago, sento la sua rabbia e la sua frustrazione. Era una colpa antica ad animarla, una colpa di tutti e di nessuno. Colpa dello spreco dell'acqua, e del calore dei riscaldamenti artificiali. Colpa dell'uomo, che voleva farle del male. L'acqua la stava implorando. Ami non riuscì a trattenere una lacrima di sgomento.
« Mi dispiace » -Sussurrò.
« Ma con chi parla? » -Domandò Minako in direzione delle altre.
« Penso che... Stia parlando con l'acqua... » -Le rispose Rei.
La voce che gorgogliava nella testa di Ami divenne distinta. Potente. Le fece male come mille aghi di ghiaccio. Immaginò che la stesse attaccando, invece voleva solo parlarle. Ma forse non era abituata a un contatto telepatico di qualsiasi tipo, e lo faceva con troppa veemenza. Ami arretrò di un passo, ma non si fermò. Mantenne la mente aperta, gemendo di dolore. Fu a quel punto che Psyché poggiò una mano sulla spalla di Rei.
« Vai » -Le disse. Mars abbassò l'arco, respirando di paura, tremando di freddo e di insicurezza. La voce di Psyché la guidò fino da Ami.
« Coraggio » -Le disse quando l'ebbe raggiunta- « Sono qui ».
Impose le mani e dimezzò il suo dolore, afferrando i serpenti per la coda, lasciandosi mordere. Il senso di sollievo che pervase Ami fu un toccasana. Finalmente, la voce del drago si aprì nella sua testa come una bomba che esplode all'improvviso.
Vi stiamo avvertendo.
Ami affondò le mani nel terriccio, abbassandosi a terra per trovare sollievo.
Vi distruggeremo.
Perché?
Voi avete distrutto noi.
No, non è vero.
Abbiamo bisogno del mondo.
C'è un'armonia che possiamo trovare.
L'abbiamo cercata a lungo. Non esisterà.
Sì, esisterà, vi aiuteremo. Non desideriamo una Catastrofe.
Il Destino ha parlato.
Il Destino non esiste.
Noi distruggeremo ogni cosa.
Noi combatteremo.
« Usagi, attaccalo adesso! » -Intimò Ami voltandosi di scatto. Il potere della purificazione non gli avrebbe fatto del male, gli avrebbe fatto capire che l'armonia esisteva. Che poteva essere trovata. Usagi non si mosse- « Usagi! »
Lo scrosciare della pioggia e il rombo del tuono coprì il suo grido. La vide con gli odango afflosciati, fissare quell'enorme drago. La vide prendersi il viso, ed esitare. Restare ferma. Grottescamente, il drago rise di lei nella sua testa, facendola piegare su se stessa in un conato di vomito, un senso di nausea inaspettato che le attanagliò tutto il corpo, come una vertigine improvvisa. La pioggia cominciava a correrle giù per la fuku. Era inerme. Si voltò di nuovo a cercare le sue compagne e vide di nuovo Makoto prendere l'iniziativa nel momento in cui la voce le tuonava nel cervello.
Vedrete cose più grandi di questa.
« Supreme Lightning! » -Aveva affondato la spada nel terreno fin quasi all'elsa. L'acqua conduce l'elettricità... Il pensiero della fisica in quel momento la fece ridere e sobbalzare al tempo stesso. Il drago fu percorso da una luce tanto accecante da risultare inguardabile. Muggì di dolore nella testa di Ami, animalescamente. Ami vide le scintille riflettersi su tutta la sua superficie in entusiasmanti fuochi d'artificio, colori splendenti e luci così forti che pareva che il buio della mattina presto fosse stato dissipato. Frizzavano, scoppiettando lungo tutto il corpo di quell'enorme creatura. Tutte si portarono una mano davanti alla faccia, contemporaneamente, mentre una diffusa carica di energia faceva accendere tutte le luci dei palazzi, suonare tutti gli allarmi delle macchine in una insopportabile nenia. Minako scattò verso Rei ed Ami.
« Indietro, ragazze! » -Il drago si piegò su se stesso, grottescamente, come se non riuscisse a reggersi in piedi. Poi, si lasciò andare, una colonna che cade, un pilastro che cede. Un'onda che si frantumò sulle vie della città.
« Sophìa, scudo di saggezza! » -La nemesi di Ami allargò le mani, e creò per loro una grande cupola simile ad una bolla di sapone. A vederla, non si sarebbe detta così resistente perché non solo fermò la pioggia, ma anche il maremoto che si era appena abbattuto sulla città. Quando l'acqua sparì, anche Sophìa e Psyché erano andate via.
Al loro posto, un sole timido e freddo si fece spazio a gomitate fra le nuvole grigie. Qualche allarme diede ancora dei segni di vita, lontani. Le luci tornarono piano a spegnersi. L'alba si prese con violenza la notte e la portò via.
Ami pensò che se le avessero lasciato il sole, allora tutto il resto poteva morire. Fradicia e sfinita, si accasciò nel fango.

   
 
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