Buonasera!
Ora è il momento delle signore!Ecco a voi Tosca
la buona, ma prima vi do un paio di avvertenze:
Nel primo capitolo avevo detto che l’unica
ballata in endecasillabi era quella di Godric. Bene, alla fine sono riuscita a
far diventare endecasillabica (è un termine che esiste o me lo sono appena
inventato?) anche questa, al solito bossandoci un po’ con le vocali. Un unico verso è
dodecasillabico, proprio non c’è stato modo di cambiarlo. Dai, me lo
concedete?Non conterete le sillabe per scoprire qual è, vero?
Poi: di Tosca Tassorosso non sappiamo
praticamente niente, quindi qui di autobiografia ce n’è poca. Anzi, non ce n’è.
Ho provato a porre l’accento sul fatto che la sua Casa in genere è quella più
sottovalutata (ingiustamente, perché è fioriera di ottime virtù), anche grazie
al Cappello Parlante che ha pensato bene ad un certo punto di dire “Tutti gli
avanzi da Tassorosso!”(la canzone del Quinto Libro).
Bene signori, Tosca si è stufata di questi
luoghi comuni e vuole dire la sua!
La ballata di Tosca
Se mi chiedessero quand’è iniziato
che l’onestà paresse un peccato,
per quanto la domanda mi sia posta,
non saprei mai darmi una risposta.
Oggi, quella virtù che è la lealtà,
è vista quasi come stupidità,
come se, in questo mondo feroce,
un cuor onesto fosse una croce,
ché viver d’imbrogli pare migliore
che metter’in gioco il proprio sudore.
Lo so bene cosa dice la gente,
come se io non sentissi un bel niente:
“In quella Casa, sai, vanno a finire
quei che non han né acume né ardire,
in loro non c’è alcuna ambizione,
furbizia o
sagacia, che aberrazione!
In fondo ci vuol un simile posto
per il mediocre che vive nascosto,
e di certo non può esser preteso
ch’ogni giovin sia d’ animo acceso”.
Dall’alba dei tempi, come saprete,
quest’uso antico viepiù si ripete:
la pagliuzza nell’occhio accanto,
eclissa una trave come d’incanto,
facile dir: “è la Casa dei tonti”,
ma con le vostre, avete fatto i conti?
Furti, un serpente, eterni rancori,
e ancor ci tacciate fasti minori?
Se da lealtà aveste tratto sapere,
avreste evitato un gran dispiacere,
se amicizia fosse stata sincera,
avrebbe beffato la crisi più nera.
Forse di fama siam poco affamati,
o d’intelletto un po’ meno dotati,
ma siamo giusti, onesti e sinceri,
e queste virtù ci rendono fieri,
non ci spaventa il duro lavoro,
ch’al nostro nome dà lustro e decoro.
Se l’esser buoni è diventato reato,
c’è rischio che il crudel venga premiato,
che io possa impedir tal cosa losca,
ch’io ci riesca, o non mi chiamo più Tosca!
Ovviamente “furti, un serpente, un eterno
rancore” si riferiscono alle vicende degli altri cofondatori. È vero che
probabilmente lei non sapeva che ci fosse proprio un basilisco nella Camera,
però…anzi, facciamo che l’ha indovinato (e comunque come cavolo si fa a
inserire “basilisco” in una poesia?! È orribilmente cacofonico!). “Furti” in
primis si riferisce al diadema, ma potrebbe anche darsi che Tosca credesse alla
versione elfica della spada di Godric (e altrimenti suppongo che una volta
Salazar abbia rubato la merenda a Godric, questo spiegherebbe molte cose).
Ovviamente l’eterno rancore è quello tra Serpeverde e Grifondoro. Probabilmente
avevate già capito tutto e io sto continuando a cianciare inutilmente J.
Arrivederci alla ballata di Priscilla
(Ebbene sì, preferisco Priscilla a Cosetta. È grave?), quella che mi piace di
più J.
Grazie mille a chi recensirà e a chi ha già
recensito!
Vi adoro!
Janet