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Autore: Sere_Anima    18/09/2011    1 recensioni
Ero come un neonato. Non pensavo, non parlavo…nulla. A volte me ne
stavo seduta a fissare il Vuoto per un tempo infinito.
Poi Lui iniziò a parlarmi.
Ed è così che cominciò tutto. Dalla mia fine.
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bianche memorie

† Bianche Memorie †

 

 Capitolo primo

C  

 

 he strano colore il bianco. A dire il vero non è nemmeno un colore. Eppure è diventato parte di me, così tanto che mi sembra perfino di poterlo toccare, annusare, assaggiare. Ma mi piace il bianco, perché mi fa sentire a casa in qualche strano modo. E la verità è che il nero, è l’assenza di colori. Il bianco è l’insieme di tutti i colori. E splende.

A quei tempi non sapevo chi fossi, né da dove venissi. Vivevo in questo posto infinito e solitario, da sola. Una volta vidi anche una farfalla nella Stanza, o almeno credevo fosse una farfalla…Aveva tantissimi colori sulle ali, di cui ancora non sapevo il nome, ma erano meravigliosi…E poi anche la farfalla sparì. Lui diceva che non mi devo preoccupare. Me lo ripeteva in continuazione.

La Stanza è il luogo dove vivo…se si può definire “vivere”. E’ tutto bianco. Non c’era nulla a parte me, prima che iniziasse tutto. All’inizio provai ad inoltrarmi alla ricerca dei confini un sacco di volte, ma non li trovai mai. Io continuavo a correre, correre, correre…Finché mi rassegnai. Forse da anni, forse da ore. Questo posto non ha dei confini. Qualche volta Lui mi diceva anche che non devo cercarli, e la cosa mi incuriosiva ancora di più, ma ben presto, esausta, mi arresi.

Non sapevo esattamente chi fosse Lui. Sapevo solo che esiste da sempre, e che mi insegnava delle parole nuove ogni tanto…Mi aveva detto che tutto attorno a me è “bianco” e che io vivo nella “Stanza”. E’ da allora che mi abituai a chiamarli così. La parola “farfalla” invece la sapevo già, ma non il perché…Me l’ero chiesta più volte, cercando di tirare fuori dalla mia testa un collegamento, ma fu tutto vano. Soffrivo, sempre, in continuazione. Io sapevo di avere dei ricordi e cosa sono. Perché io ce l’avevo già un ricordo. Colori, grida, freddo…No, non voglio pensarci. Se non avessi avuto nemmeno quel ricordo, non avrei sofferto così tanto. Perché se non sai cos’è la pienezza, non sai nemmeno cos’è il vuoto. Se io non avessi avuto ricordi, non avrei saputo nemmeno cosa sono o come sono fatti…e non avrei sofferto.

Dopo averci pensato più volte, avevo realizzato che questa non era la mia vera vita. Non sapevo  perché ma credevo che prima di venire qui avessi una vera vita.

 

Ma poi, cos’è la vita? Che valore ha? Quanto tempo è passato? Da quanto tempo sono qui? Chi sono io? Chi è Lui? Dove mi trovo?

Non facevo che pormi queste domande e mi sembrava di impazzire. Continuavo a fare domande a Lui, ma come risposta ottenevo solo il silenzio. L’avevo chiamato “Lui” perché ha una voce più profonda, diversa dalla mia, e mi faceva pensare a qualcosa di opposto a me. Io sono una “lei”. Però non sapevo, o non ricordavo, che aspetto abbia il mio opposto, cioè un lui. Proprio non me lo ricordavo. E Lui non l’avevo mai visto davvero. Lo sentivo e basta.

La mia “vita” qui iniziò molto tempo fa. Tutto cominciò quando aprii gli occhi per la prima volta. Ero stranamente calma, quando mi resi conto di ciò che mi stava intorno. Bianco. Già mi piaceva. Provai ad alzarmi, ma ci impiegai un po’, dato che avevo il corpo piuttosto rigido e pesante. Notai le macchie molto più tardi. Ma non mi chiesi se era normale averle o meno.

Ero come un neonato. Non pensavo, non parlavo…nulla. A volte me ne stavo seduta a fissare il Vuoto per un tempo infinito.

Poi Lui iniziò a parlarmi.

Ed è così che cominciò tutto. Dalla mia fine.

 

 

 

Continuo a vagare senza meta

in questo anonimo luogo senza tempo

imprigionata in una vita e un corpo che non conosco

vuoti e senza memorie.

Non ho punti di riferimento in questo assurdo infinito

e veramente non so neanche

o non ricordo

cosa sia un vero punto di riferimento.

  
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