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Autore: formerly_known_as_A    19/09/2011    3 recensioni
Quando gli tende la mano per la prima volta, trovandolo nel tronco cavo in cui si era rifugiato, gli sembra immenso.
La presenza del fratellone Noregur dietro di lui lo rassicura, ma quell'uomo è ancora più grande di lui, che già gli sembrava gigante.
Il signore grande sfiora il medaglione con le rune e le pietre colorate e gli sorride, annuendo, come se quel medaglione dicesse tutto di lui.

Non si possono sovvertire le regole che vigono tra le Nazioni. Non esistono famiglie, per chi è troppo lontano e non ha veri legami. Ognuno per sé, a crescere e farcela da soli. Non importa se hanno l'aspetto di bambini, non importa che provino attaccamento, affetto, bisogno di stare con altri. Sono Nazioni.
In quanto tali, chi è isolato, lontano da tutti, è costretto a restare nella propria solitudine.
Queste sono le regole.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Danimarca, Islanda, Norvegia
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando gli tende la mano per la prima volta, trovandolo nel tronco cavo in cui si era rifugiato, gli sembra immenso.

La presenza del fratellone Noregur dietro di lui lo rassicura, ma quell'uomo è ancora più grande di lui, che già gli sembrava gigante.

Il signore grande sfiora il medaglione con le rune e le pietre colorate e gli sorride, annuendo, come se quel medaglione dicesse tutto di lui.

“Sei ancora più adorabile di quanto immaginassi! Norge non sa proprio descrivere le cose carine!” esclama, con una voce allegra ma forte.

Ísland nasconde il viso dietro le manine, come se quel gesto potesse nascondere il rossore incredibile che ha raggiunto le sue orecchie. O, ancora meglio, potesse farlo scomparire.

L'uomo grande si schiarisce la voce e gli tende di nuovo la mano, attirando la sua attenzione. Resta a fissarla, spuntando leggermente da dietro quella barriera, allungando una delle proprie come per confrontarla con la sua.

L'uomo grande sorride, se possibile, con tutti i denti disponibili, capendo -leggerà il pensiero?- che cosa vorrebbe fare e posando il palmo sul suo.

La sua mano è tanto grande ed Ísland la fissa, meravigliato. Non è morbida come quella del fratellone Noregur, è tanto diversa.

Prende nel pugno il suo indice, rendendosi conto che si sente davvero minuscolo, in confronto all'adulto.

“Nor! Nor! Mi ha preso il dito!” esclama, con la stessa meraviglia -o almeno così gli sembra-.

“Vedo. Sei contento, ora? L'hai visto. Torniamo a casa, Dan.” taglia corto il fratellone Noregur, già spazientito.

Ad Ísland piace tanto il fratellone Noregur. Gli racconta un sacco di storie bellissime ed ha degli amici che lo fanno ridere tanto.

Allunga le manine verso di lui, scuotendo la testa. Non vuole che vadano a casa! Vuole sentire le sue storie! Vuole parlare con le fate!

Si agita, mentre il fratellone Noregur lo prende in braccio, lanciando una strana occhiata al signore grande.

“Oh, andiamo, guarda com'è carino, si è affezionato!” esclama, quando nota che, nonostante sia passato in altre braccia -e, a dire il vero, cercava solo un modo per fargli capire che non voleva che se ne andasse-, ha di nuovo la mano stretta intorno al suo indice.

“E' così adorabile, lo possiamo tenere?” chiede il proprietario del dito, abbassandosi fino al livello del bambino e prendendo ad osservarlo.

“Non è un orso, imbecille.” ribatte il fratellone Noregur, stizzito, mentre l'altro scoppia a ridere sguaiatamente.

“Vi somigliate così tanto che sembri la sua mamma!”esclama, divertito, subito interrotto da una manata in fronte.

“Non confonderlo, con le tue idiozie. Non sa ancora parlare, non dirgli parole sbagliate.” protesta il fratellone Noregur, con un tono letale.

Ísland lo guarda, pieno di dubbi, ma è il signore grande a rispondere. Parla sempre molto più del fratellone, deve avere una strana malattia. Ísland spera che non ne muoia subito, perché è divertente.

“La mamma e il pabbi sono persone che ti vogliono bene, che si occupano di te e ti tengono al caldo d'inverno, piccolo Ísland. Pabbi è un maschio come me o Nor, mamma è... come le sue fatine!” spiega, serissimo.

“Le tue spiegazioni mettono i brividi. E tu cosa ne sai delle mie fate.” chiede il fratellone, guardando di nuovo male il signore alto.

“So che sono tutte innamorate di te e che ridacchiano quando vai al fiume.” risponde il signore grande, con naturalezza, facendo imbarazzare il fratellone Noregur.

Il bambino ridacchia, nascondendo il viso nel mantello dell'adulto e il signore grande lo segue.

Ísland non scende dalle braccia del fratellone per tutta la giornata. E non lascia un secondo il dito del signore grande -che si chiama Dan... Danmörk-, obbligandoli a camminare come una strana creatura a due teste. Gli piace quella creatura.


“Solo un mese.” chiede Danmörk, con occhi supplichevoli ed Ísland lo imita, perché anche lui vuole che restino o lo portino con loro. Sono caldi e divertenti, insieme.

Il fratellone cede, ma borbotta qualcosa su un associazione di banditi. Ísland è felice. Vuol dire che vedrà il mare e salirà su una di quelle grandi barche. Sa che il fratellone voleva portarlo con lui da tanto tempo. Anche se non l'ha mai detto, i suoi abbracci, quando se ne andava, diventavano sempre più lunghi.

Anche quando accetta, c'è qualcosa, nei suoi occhi, che gli fa capire che è felice quanto il signore alto Danmörk, anche se non ride allo stesso modo. Il fratellone gli piace anche per questo.


“Pabbi.” è la sua prima parola. E' la prima parola che ormai gli viene in mente, dopo tanto tempo accanto a quei due uomini. Che veda l'uno o l'altro. Pabbi. Perché ricorda quello che ha spiegato il pabbi Dan e perché tra di loro, la sera, si sente al sicuro, al proprio posto.

“Pabbi.” ripete, più forte, ma entrambi hanno sentito perfettamente.

“Vedi, idiota, che non sapresti spiegare neppure cos'è la neve.” sbotta leggermente pabbi Nor, senza però distogliere lo sguardo dal bambino. E' uno sguardo dolce, quello che gli rivolge.

“A... a chi lo sta dicendo, Nor?” chiede l'altro, immobile nello stesso modo.

“Entrambi?”

Cade un lungo silenzio, abbastanza lungo da far preoccupare Ísland. Ha detto qualcosa di male? Dire che sono i suoi pabbi è sbagliato? Ha ascoltato anche i bambini del villaggio, anche se non ha capito che cosa volessero dire quando hanno detto che il pabbi e la mamma fanno i bambini. Non gli sembra di avere dei pabbi così, ma non importa, no? L'importante è il calore, no?

“Vieni qui, tu...” sussurra il pabbi Dan, allungando le braccia e portandoselo al petto. “Siamo i tuoi pabbi, va' bene.”


Più tardi, nel letto, incastrato tra i loro corpi, fa finta di dormire, come fa spesso, per ascoltare qualche storia che non osano raccontargli. Sente solo silenzio, come se entrambi dormissero, ma è un silenzio pesante, strano. Sente le mani del pabbi Dan muoversi tra i suoi capelli e il suono regolare lontano lo avverte che non è il solo a ricevere quelle coccole.

Non è geloso. Anzi.

“Che cosa c'è?” chiede all'improvviso il pabbi Dan, con un tono serio che non sembra quasi da lui. Serio serio come non l'ha mai sentito.

“E' una nazione come noi.”

“E?”

“E, imbecille, quando sarà adulto dovremo lasciarlo andare.”

Dopo questo, non sente altro. Solo la pressione dei loro corpi e le braccia che l'avvolgono.

Ísland si rannicchia fino a diventare una pallina bianca, stringendo forte gli occhi.

Non parla molto, ma capisce perfettamente quello che significa quella frase. Capisce quello che deve capire. Che non ci saranno più storie e abbracci e promesse e pabbi che si fa chiamare scemo dall'altro pabbi. Che dormirà solo e non avrà più nessuno a mandare via i sogni pieni di neve e solitudine e paura.

Perderà pabbi. Tutti e due i suoi pabbi.

Pensa forte al suo desiderio, ricordando una storia del pabbi Nor, sulle stelle che esaudiscono i desideri dei bambini come lui.

Desidera non crescere mai, non essere mai adulto. Non vuole perdere niente del tutto che ha.


Non lo lascerò andare.”





   
 
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