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Autore: alicehorrorpanic    20/09/2011    1 recensioni
IN REVISIONE!
Istituto Manzoni: Rebecca durante i suoi primi giorni di liceo farà la conoscenza del suo compagno di banco, Lorenzo, il quale è fidanzato con Vanessa.
Cosa succederà se Rebecca si innamorerà di lui?
Il suo amore sarà ricambiato?
***************
Lorenzo mi stava guardando trattenendosi dal ridere e indicando con il dito la mia bocca.
Corrugai la fronte per cercare di capire il significato di quel gesto.
«Ti sei sporcata» e senza preoccuparsi di chi ci stava guardando avvicinò il pollice alla mia bocca e ne tracciò il contorno.
Ero come imbambolata dai suoi occhi e dalla luce maliziosa che emanavano che non mi accorsi neanche che lui si fosse avvicinato, superando la distanza di sicurezza.
Deglutii e cercai di allontanarmi ma lui mi prese saldamente per le spalle per non farmi muovere.
In un attimo la sua bocca era sulla mia e ci stavamo baciando in mezzo alla classe.
Non riuscivo a staccarmi ma anche se avessi potuto non lo avrei fatto per nulla al mondo.
Lorenzo Perri mi stava baciando, poteva venirmi un infarto solo per quello.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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5

COME LA NOTTE COL SOLE


 


Ero imbambolata davanti allo schermo del pc da almeno venti minuti, non respiravo e avevo bisogno urgente di una secchiata gelata in testa.

Mi ero così fusa che potevo scorgere il mio riflesso sul monitor e la mia faccia faceva abbastanza paura, sembravo spaventata, con quegli occhi scuri e così spalancati, stessa sorte era toccata alla mia bocca, ci sarebbero potuti passare almeno quattro treni in corsa.

Cercai di ricompormi un minimo, mi tastai i capelli lunghi e lisci per assicurarmi che non mi avessero abbandonata al mio destino crudele e chiusi gli occhi.

Contai mentalmente fino a dieci e li riaprii: il suo stato su Facebook esisteva ancora, l'aveva scritto circa cinque ore prima a scuola, ed era tutto vero.

Copiai il testo e lo incollai su google, per curiosità, per autoconvincermi che fossero solo parole scritte a caso, senza riferimento a niente e nessuno.

Deglutii rumorosamente e gli occhi mi si appannarono dall'agitazione, l'ansia che saliva senza un avviso, una chiamata d'emergenza.

Quei modi di fare 
A nobilitare
Ogni tuo comportamento
Che sono le sei di mattina
Ma è di mattina che soffia il vento
Io sono qui a scrivere ancora
A ridere ancora di me, mentre
Un raggio di sole ti sfiora 
Con le lenzuola poggiate sul ventre

Le sei di mattina 
E lei di mattina
Metti che mi sta a fianco
Non sono lo scemo di prima
E verso la china su un foglio bianco
Non faccio questioni di stato
Zero emissioni di fiato, mentre
Quelle altre che m'hanno lasciato
Pregano il fato che muoia per sempre
Vorrei sapere a cosa stai pensando
Ora che hai gli occhi chiusi
E abusi del fatto che sbando
E quel sorriso messo come scudo
Bocca dipinta
Prendo e rifiuto
Scossa di quinta magnitudo

Dormi
E non pensarci più
Che non è facile restare in questo posto
Dormi 
Che sono pazzo di te
E non è strano che ti voglio ad ogni costo
Dormi
E non pensarci più
Che non è facile restare in questo posto
Dormi
Che sono pazzo di te
E non mi posso più fermare
Un limite non c'è

Il profumo che indossi
La pelle di seta
I capelli mossi
È un misto di come tu sei
O come, più o meno, vorrei che tu fossi
Tra i miei paradossi
T'invito nei miei desideri nascosti
Ti vedo nel buio nuda
In infradito
Ho gli infrarossi
E cerco te nel letto
E quando non ci sei
I miei problemi che fanno effetto
(Resta con me)
Se te ne vai t'aspetto
Ma non tornerai 
Prima che non te l'abbiano detto
(Resta con me)
Che tutto questo adesso parla di te
In questa stanza preso male
Dove Dio non c'è
E tutto questo adesso parla di te
Puoi darmi un attimo di più, di più, di più

 

Rilessi almeno cinquanta volte, per assicurarmi di aver letto ogni singola parola, di aver colto ogni minima sfumatura, ogni emozione di sillaba.

Restai di sasso, perché quella canzone era stupenda, racchiudeva l'amore, di quel tipo che si tiene sotto pelle, e lui aveva scritto una frase del ritornello.

Era strano, perché non riuscivo a togliermi dalla testa che fosse un casuale riferimento al mio ritardo di quella stessa mattina.

Era strano, perché probabilmente mi facevo così tanti film mentali da sottovalutare che fosse in realtà riferito alla sua Rapunzel.

Storsi in naso e sbuffai, non potevo competere con lei, neanche lontanamente, per prima cosa non ero bionda e questo era a mio svantaggio, e poi gli occhi, scuri come la notte senza stelle, non ci si poteva specchiare nè perdere, erano un pozzo di oscurità e basta.

Niente trasparenza, niente limpidezza, il buio totale.

Chiusi il pc e mi coricai sul letto stanca, stanca di farmi illusioni senza alcun senso e fondamento.

Quando riaprii gli occhi era ormai quasi sera e mia madre sarebbe tornata a momenti.

Strizzai gli occhi per farli abituare alla luce artificiale e accesi il computer, sperando di non avere altri infarti.

Dormigliona, domani arriva in orario miraccomando. Buona serata

Boccheggiai e avvampai, anche se non potevo vedermi sentivo il rossore e il caldo salirmi in viso.

Sorrisi quando tornai in me e risposi.

Sarà fatto. Buona serata anche a te.

Spensi tutto ancora con la felicità stampata in faccia e proprio in quel momento mia madre comparì sulla porta della mia stanza.

Mi guardò interrogativa un attimo e poi scosse la testa divertita «dopo mi dirai perché stai sorridendo come quando hai il vasetto di Nutella davanti agli occhi» sospirò e riprese «ho prenotato due pizze per stasera e ti devo dare una buona notizia»

Mi misi sull'attenti e la guardai speranzosa ed entusiasta, sperando che fosse la notizia che tanto aspettavamo.

«Papà torna a casa per il weekend» affermò eccitata, e io andai ad abbracciarla forte.

Non lo vedevo ormai da settimane, il suo lavoro lo teneva impegnato e lontano da casa, ma nonostante questo si faceva sentire per telefono, anche se per poco, e cartoline dei luoghi magnifichi in cui attraccava.

Ero al settimo cielo, non vedevo l'ora che fosse sabato così da poterlo stringere a me e raccontargli tutto della mia nuova scuola, ma ovviamente avrei omesso la parentesi Lorenzo ancora per un po', lui sarebbe andato a prenderlo a casa direttamente e non ero ancora pronta a certe figure.

Pensare a lui mi faceva sorridere e deprimere allo stesso tempo, un po' perché sembrava che lui ci tenesse a me e un po' perché immaginavo cose senza senso e impossibili.

Mi persi ancora immaginando il suo sorriso, i suoi occhi, la sua voce, la sua risata, e capii che ormai avevo perso la testa e il cuore per lui, e anche i polmoni ogni volta che mi guardava come solo lui riusciva a fare e che mi faceva sentire una bambina di cinque anni.
 

Per la prima volta nella mia vita mi alzai felice, sprizzavo allegria da tutti i pori, e ciò si poteva notare anche con quanto entusiasmo mangiavo le mie gocciole di prima mattina.

«Non esagerare» mi rimproverò mia madre, sempre attenta e sempre pronta a mandarmi il morale sottoterra.

Alzai le spalle e feci una smorfia «sono felice, fammi mangiare» risposi, accompagnando le parole azzuffando un altro biscotto dal sacchetto.

«Rebecca, vuoi diventare una palla?» battè una mano sul tavolo della cucina facendomi tremare sulla sedia «oggi pomeriggio vai a correre poi» sentenziò, alzandosi poi dalla sedia e sparendo nel corridoio.

Alzai gli occhi al cielo e sbuffai, con le lacrime agli occhi, chiusi a chiave le gocciole prima di finire l'intera confezione.

Mi diressi in camera per vestirmi, agguantai un pantalone della tuta e una felpa, sembrava proprio che volessi nascondere la ciccia immaginaria che mi sarebbe cresciuta tra qualche ora.

Misi lo zaino sulle spalle e mi diressi alla porta, dove la madre superiora già mi attendeva con le braccia incrociate e imbronciata «mi viene voglia di farti fare la strada a piedi, correndo»

La guardai boccheggiando e assottigliai gli occhi «ma quanto la fai lunga per due biscotti in più» sbuffai seccata e guardando altrove «vado a correre oggi così smaltisco, contenta?»

Lei sorrise vittoriosa e compiaciuta prima di darmi una pacca sulle spalle «brava bambina»

Il tragitto fu silenzioso, il mio cervello macchinava in continuazione brutte parole da rivolgere a mia madre che aveva fatto una storia assurda per una cosa da niente.

Il risveglio era partito benissimo ma ora il mio umore era nero, grigio scuro, e neanche il sole mi aveva fatto cambiare pensieri.

«Sei arrivata» constatò «buona giornata»

«Meglio di così» bofonchiai e uscii dall'auto, accennando solo un saluto con la mano.

Nel corridoio mi imbattei nella solita folla di ragazzini impazziti che urlavano come dei pazzi criminali già alle otto di mattina, cercai di non farmi abbattere e varcai la soglia della classe.

Se pochi secondi prima il mio umore era grigio scuro ora era di un bel giallo canarino, con tanto di occhi verdi e sorriso mozzafiato.

Mi ero incantata, ne ero consapevole, ma le mie gambe si rifiutavano di camminare e io non potevo certo biasimarle.

Una forte risata acuta e antipatica mi riportó sulla terra ferma e scrollai la testa per far uscire i neuroni impazziti.

Andai a sedermi al mio posto e sorrisi al mio compagno di banco, in confronto potevo sembrare la rana dalla bocca larga, per fortuna non avevo l'apparecchio ai denti o mi sarei incollata le labbra.

«Sei in orario» ridacchiò lui, facendomi l'occhiolino e sistemandosi più comodo sulla sedia, che equivaleva a dire poggiare le scarpe sul banco.

Ero persa di nuovo nei miei pensieri e sulla mia nuvoletta rosa che non mi accorsi di una presenza inquietante, o meglio, stile gatta morta alla ribalta.

«Ehi, tu sei il fidanzato di Vanessa, quella della 5B vero?» civettò una ragazza con caschetto moro e occhi a panda, io ero così imbranata coi trucchi che mi sarei vergognata perfino di uscire di casa conciata in quel modo.

«Si e tu sei?» chiese Lore alzando un angolo della bocca, sembrava ci stesse provando e esercitando il suo fascino su quella povera illusa.

«Laura» squittì lei, già con gli occhi a cuoricino «sono in questa classe, strano che tu non mi abbia notato» si voltò frettolosa verso di me e fece una smorfia con il naso.

E con quel gesto che voleva dire quella arpia?
Che non ero meritevole di sedermi a fianco di sua maestà il principe?

«Non mi guardo molto in giro» ribattè lui, per nulla turbato dalla frecciatina rivolta probabilmente a me.

Per fortuna quella insensata conversazione fu interrotta dal suono della campanella che mi portò davanti a una realtà ancora più dura.

Alla sesta ora ero stremata, sudata peggio di un maiale, annoiata e demoralizzata.

Maledetto greco, riuscirò mai ad impararti come Zeus comanda?
No, decisamente no, ci vorrebbe un miracolo.

All'ultima campana della giornata ringraziai gli dei di questa salvezza e imprecai in aramaico contro i greci.

«Problemi?» mi voltai e notai Lore con le braccia incrociate e lo sguardo divertito osservarmi impassibile.

Sbuffai come un toro, abbattuta «i greci mi vogliono male» ironizzai, solo per non scoppiare a piangere.

«Immaginavo, anche io ci capivo meno di zero» rispose schioccando la lingua «se vuoi ti posso dare una mano per superare il problema greci» sorrise e persi almeno dieci battiti in un secondo.

«Uhm» balbettai, sicuramente ero più rossa di un peperone, dannazione «va bene» sputai fuori infine in un sospiro, sembrava che avessi appena corso una maratona.

Lore si morse un labbro divertito dalla mia espressione buffa e poi si poggiò lo zaino su una spalla «facciamo oggi alle tre al parco, fa troppo caldo per stare chiusi tra quattro mura»

Annuii incapace di rispondere in modo sensato, lui ridacchiò di nuovo e mi stampò un bacio sulla guancia facendomi sciogliere sulla sedia.

Non poteva uscirsene con una frase del genere senza pensare alla mia povera sanità mentale in esaurimento.

Sistemai quaderno e astuccio nello zaino come un'automa, non ero veramente consapevole di ciò che stavo facendo.

Ero su di giri ed emozionata per il pomeriggio, che poi avevo un appuntamento solo con i greci, e il ragazzo biondo passava di sicuro in secondo piano rispetto allo studio.

Risi di gusto mentalmente, mi sentivo vidi scema quella mattina, forse era davvero colpa delle due gocciole in più mangiate a colazione.

Misi lo zaino di tre tonnellate sulle spalle e mi avviai come una povera vecchia nel corridoio, per fortuna mezzo vuoto, visto che erano già passato dieci minuti dal suo della campanella.

Ero abbastanza lenta ma il colpevole era proprio quello che stava abbracciando e baciando la sua ragazza sulla sella della moto.

  
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