XXV Capitolo
Le parole di George mi avevano fatto accapponare la pelle.
Forse non era stata una buona idea fare un giro nel castello degli
orrori.
Già … beh, ormai siamo in ballo, balliamo!
Dopo essermi schiarita la voce con un breve colpo di tosse chiesi
a George di raccontarci qualcosa su quella casa.
Raccontò che gli ultimi proprietari sembravano una famigliola
molto felice.
Una coppia, la
donna innamoratissima del marito e lui altrettanto di lei. Dopo appena un paio
d’anni di matrimonio lei rimase incinta e i due furono felicissimi della cosa. Pensarono
che un bambino, un figlio, sarebbe andato a completare e ad arricchire il loro
amore. I bambini nati furono due, due
gemelli, un maschio ed una femmina. Il marito però qualche mese dopo in seguito
ad una ferita infetta curata malamente morì e la donna rimase sola con i figli.
I bambini speravano di riuscire a riempire il buco che la morte del loro amato
padre aveva lasciato nel cuore della loro mamma.
Il castello era
enorme e per loro ogni piccolo dettaglio era motivo di risa, allegria e gioco.
La donna però era ben lontana dalla felicità e la sua tristezza si tramutò in
pochi anni in profonda depressione. Non riusciva proprio a capacitarsi della
scomparsa del marito e nonostante i figli non si riprese mai.
Un giorno un urlo
di donna squarciò l’aria.
La donna era
morta e con lei i bambini, affogati entrambi nella vasca da bagno. La madre
aveva ucciso, in un raptus di follia, i figli e poi resasi conto di cosa aveva
fatto si sparò un colpo di pistola alle tempie.
Si racconta che i
loro spiriti abitino ancora qui e che non si siano resi conto di essere morti.
“Come nel film The Others con Nicole Kidman?” domandai esitante
“Già, credo che la trama del film sia stato ispirato proprio da
questa storia” replicò asciutto Gerard.
Solo allora notai la rigidità nel suo volto e nei suoi movimenti.
Era teso e per nulla contento del luogo. E non potevo dargli
torto. Con un’occhiata mi accorsi che anche per tutti gli altri era lo
stesso.
“Beh, sarà pur successo qualcosa di felice in questo posto” replicai
esasperata
“Forse, ma non contarci troppo!” mi rispose Chris seria
Forse non era stata una buona idea venire …
mancava solo la scritta “Benvenuti all’inferno” alla porta!
Nonostante i racconti sempre più macabri di cui ci deliziava il nostro cicerone George,
riuscimmo a visitare interamente le cantine e le cucine poi, passando per una
porta secondaria, uscimmo in giardino, sul retro della casa.
L’erba era bassa ed umida e la nebbia offuscava ancora tutto.
Cominciai a rilassare le membra, a sciogliere i muscoli perché, senza nemmeno accorgermene,
ero rimasta in tensione tutto il tempo.
Stavo massaggiandomi la base del collo quando d’improvviso sentì
delle deboli grida … quasi fosse un’eco.
Girai la testa a destra e a sinistra ma non vidi nessuno a parte i
miei compagni. Stavano parlottando poco lontano, Gerard si voltò un secondo
nella mia direzione, come a volersi accertare che fossi ancora li con lui, mi
sorrise e si riconcentrò sulle parole di George. Scossi la testa pensando di
essermelo solo immaginato.
Solo suggestione! Troppe brutte storie …
troppa tristezza e dolore tra queste mura.
Stavo per unirmi agli altri quando risentì quell’eco di dolore.
Sembravano urla intrise d’angoscia e di paura. Il solo sentirle era straziante.
Le stavo solo immaginando?
Sembravano così reali ed ora … così vicine. Decisi di verificare.
Tesi l’orecchio per ascoltare meglio e identificare con esattezza
da dove provenissero.
Finalmente captai qualcosa. Sulla destra, non molto distante.
Dovevo controllare. Con uno sguardo agli altri mi accertai che
fossero concentrati sulla conversazione e non su di me.
Mi allontanai velocemente finché la nebbia mi inghiottì oscurando
la mia immagine agli altri e la loro a me. Non camminai per molto. Sentivo che
le urla si facevano più flebili diventando però più penose.
La nebbia si diradò e mi permise di scorgere un vecchio e diroccato
pozzo non molto distante da dove mi trovavo.
Più mi avvicinavo più le sentivo nitide. Quelle urla divennero
chiare e comprensibili.
Chiedevano aiuto e sembravano … no, non era possibile … eppure …
le grida erano quelle di un bambino. Piangeva e chiamava la sua mamma.
Sentì una fitta dolorosa al petto e arrivata al pozzo allungai le
mani. Mi appoggiai al bordo per sporgermi.
Volevo aiutarlo … magari era ferito. Dalla sua voce sentivo quanto
fosse impaurito.
Mi sporsi ancora di più e a gran voce lo chiamai
“Hey … ti ho sentito. Stai bene? Sei ferito?“ domandai preoccupata
In risposta ricevetti solo mugolii di sofferenza
“Non preoccuparti ti tiro fuori da lì … fra poco sarai a casa con
la tua mamma, non temere” ripresi con voce più dolce per cercare di
tranquillizzarlo
Una mano bianca e forte si poggiò alla mia spalla e un braccio mi
cinse la vita. Cacciai un urlo di spavento e tentai di liberarmi.
“Sophie … Sophie calmati, sono io. Ma che diavolo … cosa fai qui?“
Non lo avevo sentito avvicinarsi ed ora la sua voce sembrava
preoccupata. Alzai lo sguardo verso di lui e vidi il suo volto teso
“Cosa hai fatto al viso? Perché sei ferita? E perché stai
piangendo?” domandò ancora
Le sue parole sembravano avere poco senso così mi portai le mani
al viso, per verificare.
Stavo piangendo e
non me ne ero accorta?
Gerard mi prese le mani come per abbracciarmi ma anche quelle
erano ricoperte da graffi ed escoriazioni. In alcuni punti usciva addirittura
del sangue come se le avessi lacerate.
“Dio, sei gelata … ma cosa hai fatto? Dove te li sei fatta tutti questi
graffi?”
Mi guardai le mani e poi guardai di nuovo verso il pozzo a pochi
centimetri da noi.
“L’hai trovata? Sta bene?” le voci di Chris e degli altri mi
raggiunsero
Sollevai gli occhi verso di loro e li vidi a qualche metro di
distanza con le torce in mano
“Si, è qui” rispose Gerard abbracciandomi e allontanandomi dal
pozzo
Mi voltai ancora verso quel punto … le grida erano scomparse.
Mi strinsi più forte a Gerard e accoccolai la testa contro il suo
braccio.
D’improvviso mi sentì stanca, debole. Priva di energie. Confusa e
spaventatissima.