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Autore: MilesAway    21/09/2011    2 recensioni
In sette giorni, Dio ha creato il mondo. Qualcuno, in sette giorni, si è divertito a distruggere il mio.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Aveva cominciato a piovere. Sulle finestre, sul tetto, si sentiva il picchiettio attutito e dolce dell’acqua. Marta sapeva che, se avesse aperto una finestra, l’odore della pioggia l’avrebbe avvolta come una coperta in pieno inverno. Fissò l’armadio aperto senza in realtà vedere niente di ciò che conteneva. La testa le si era fermata da qualche ora. La penombra della stanza le rendeva più nitidi i pensieri e più confusi i contorni degli oggetti che la circondavano.
Conosceva Alessia da anni, e non c’era mai stato un segreto troppo grande per potergliene parlare. Ma stavolta era diverso. Il senso di colpa le faceva battere il cuore più veloce, come il vento che faceva oscillare le foglie della quercia, nel giardino, scompigliandone la chioma come la carezza dispettosa di un bambino sulla testa di una ragazza.
D’un tratto, sentì la pelle pungere. Abbassò lo sguardo sulle braccia scoperte; da sotto i brividi di freddo, che a malapena sentiva, una piccola goccia di sangue le scivolò in un rivolo umido e ferroso, fino a raggiungere la mano. Restò sbigottita a fissare la puntura, prima di accorgersi di che cosa l’aveva ferita; l’ago che solo qualche ora prima si era rifiutata di usare per il patto con l’amica, era ancora appuntato sulla maglia, appena sotto il seno. Le sembrò, paradossalmente, un tradimento. Si pulì con l’altra mano la riga rossa sul braccio, continuando a ripetersi che non era altro che una banale coincidenza; non credeva ai segni. La pioggia aumentò d’intensità. Adesso, il picchiettio, sembrava più lo scroscio di un temporale. Quasi riusciva a vedere l’acqua scivolare sulle tegole, infossarsi nelle fenditure e nelle crepe dei muri, cadere in gocce scomposte sull’erba già allagata. Controllò l’orologio, poi lo controllò di nuovo perché, la poca luce che filtrava, non sembrava quella delle sei e mezza di pomeriggio.
Sentì la porta sbattere, a pianterreno, preceduta dall’acuirsi del rumore della pioggia. Prima di richiudere l’armadio, rimise a posto il completo che aveva tirato fuori per la serata, attenta a non fargli prendere brutte pieghe.  Poi, scese le scale due a due.
Trovò la madre indaffarata tra le borse bianche della spesa, con i capelli appiccicati alla testa ed i vestiti umidi. Le lanciò un sorriso, prima di correre in suo aiuto. Le tolse di mano gli acquisti, posandoli con cautela sul tavolo in legno scuro.
‘Va a cambiarti.’ Disse poi, accennando agli abiti ingrigiti dall’acqua.
‘Che serataccia.’ Sbottò lei, sollevata tuttavia di potersi finalmente avvolgere qualcosa di caldo addosso.
‘Vado a farmi una doccia, ti spiace?’ Marta scosse la testa, continuando ad ordinare pacchi di pasta sugli scaffali.
‘Tu stasera esci?’ il tono della madre, per quanto cercasse di coprirlo di indifferenza, era speranzoso.
‘No, stasera no.’ Indicò il pigiama stinto, a sostegno dell’affermazione. Sentì la madre sorridere, anche se le dava le spalle. Quando fu sparita oltre il corridoio malamente illuminato, Marta si decide a chiamare Alessia. Il telefono squillò a vuoto per qualche secondo. Poi, una voce familiare che, tuttavia, non rassomigliava affatto quella dell’amica, la raggiunse come un colpo in pieno petto.
‘Sì?’
La voglia di riattaccare le palpitò nel petto come l’eco del galoppo di un cavallo imbizzarrito. Si accorse, comunque, di non poter fare finta di niente. Il suo numero era certamente apparso sul display.
‘Ciao, Mattia. C’è tua sorella nei paraggi?’ Un attimo di indecisione precedette la domanda, la stessa che sembrò colorare il silenzio dall’altra parte della cornetta. Con rammarico, si rese conto che probabilmente il ragazzo non aveva affatto badato al nome, aveva semplicemente premuto il tasto verde.
‘ Ciao.’ Non aggiunse altro, la sua voce, se non qualche respiro pesante, affannato. 
‘C’è Alessia?’ ripetè, anche se chiaramente la domanda non era sfuggita a Mattia.
‘ E’ tanto che non ci sentiamo.’
‘Deduco che sia un no.’ Sospirò lei, con falsa ironia.
‘Saresti dovuta venire all’appuntamento. O almeno, avvertire.’
‘Beh, se non c’è riattacco.’
‘ Mi sei mancata, sai?’
‘Puoi dirle che ho chiamato? Anzi, dille solo che stasera non posso.’
‘C’è il concerto, stasera’ Disse infine, sintonizzandosi sulla sua stessa lunghezza d’onda.
‘Beh, divertitevi.’ Fece per aggiungere qualcosa, qualcosa che le sembrò talmente superfluo ed irritante da farle colorire le guance di un rosso porpora.
‘Devo vederti, Marta.’
‘ Avverti Ale, ok?’ terminò. ‘Mi dispiace.’ Sussurrò poi, prima di riagganciare. Ma non era sicura di averlo fatto ad alta voce.
Spense subito il telefono, evitando che squillasse. Si concentrò dunque sull’ordinare barattoli e scatolette nel poco spazio di fronte a sé. Fu un po’ più complicato ordinare i pensieri che, come polvere invisibile, vagavano ovunque nella luce pallida del temporale. 
  
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