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Autore: alicehorrorpanic    21/09/2011    1 recensioni
IN REVISIONE!
Istituto Manzoni: Rebecca durante i suoi primi giorni di liceo farà la conoscenza del suo compagno di banco, Lorenzo, il quale è fidanzato con Vanessa.
Cosa succederà se Rebecca si innamorerà di lui?
Il suo amore sarà ricambiato?
***************
Lorenzo mi stava guardando trattenendosi dal ridere e indicando con il dito la mia bocca.
Corrugai la fronte per cercare di capire il significato di quel gesto.
«Ti sei sporcata» e senza preoccuparsi di chi ci stava guardando avvicinò il pollice alla mia bocca e ne tracciò il contorno.
Ero come imbambolata dai suoi occhi e dalla luce maliziosa che emanavano che non mi accorsi neanche che lui si fosse avvicinato, superando la distanza di sicurezza.
Deglutii e cercai di allontanarmi ma lui mi prese saldamente per le spalle per non farmi muovere.
In un attimo la sua bocca era sulla mia e ci stavamo baciando in mezzo alla classe.
Non riuscivo a staccarmi ma anche se avessi potuto non lo avrei fatto per nulla al mondo.
Lorenzo Perri mi stava baciando, poteva venirmi un infarto solo per quello.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
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TRE FORI NEL CUORE


 


 

Mattina grigia, di quelle che non cambieranno colore durante la giornata.

Tanto che mia madre mi fissava sbalordita perché a malapena avevo mangiato due biscotti invece che mezzo pacchetto come mio solito «Rebbi, stai bene?»

Annuii con lo sguardo abbassato e mi alzai dalla sedia «vado a sistemarmi e ci sono» con la voce da zombie.

«Sei pallida, hai la febbre?» chiese preoccupata e appoggiando una mano alla mia fronte, guardandomi storta due secondi dopo.

«Mamma sto bene, sono solo stanca» le rifilai, prima di correre letteralmente in camera.

Dopo tutto era vero, non avevo chiuso occhio per tutta la notte, e il motivo dovevo ancora trovarlo.

Ero io che mi facevo film su Lore che era invece felicemente fidanzato con quella biondina ossigenata, Vanessa qualcosa.

Mi guardai allo specchio e ricercai il correttore nel cassetto dove tenevo i trucchi indispensabili, e ne applicai almeno tre tonnellate per nascondere quell'ombra scura sotto l'occhio.

Sbuffai e mi posizionai lo zaino in spalla, come se andassi al patibolo.

Mia madre era già in posizione, cintura allacciata, auto accesa e mani sul volante pronta a ingranare la marcia.

L'unica teppistella ero io, vestita peggio di una barbona, con una magliettina tra le più sobrie che avevo trovato nell'armadio ma anche tra le più brutte: era di un blu elettrico sbiadito, una schifezza insomma, per fortuna avevo indossato dei pantaloni della tuta perfettamente grigi e non i soliti jeans larghi e usurati.

«Un giorno di questi andiamo a fare shopping, sembri una scappata di casa» asserì lei, dopo avermi squadrata con una piccola smorfia della bocca, le lanciai un'occhiataccia e ne approfittai per osservarla: era vestita in modo impeccabile per il lavoro, gonnella scura e camicietta bianca.

Avevo bisogno urgente di un corso accelerato di moda, tipo quelli di Enzo e Carla.

Feci una smorfia appena vidi il portone del liceo che era pronto ad accogliermi a braccia aperte per cinque ore.

Sbuffai e scesi dalla macchina stile ippopotamo, sbattendo la portiera così forte che temetti una strillata di mia madre.

«Rebecca, si può sapere che ti prende?» domandò, affacciandosi dal finestrino e guardandomi attenta e pronta a scorgere ciò che solo le madri potevano capire.

«Niente, poi mi passa» alzai le spalle e mostrai un sorriso più tirato di un ritocco estetico e le diedi le spalle, iniziando a camminare e guardando a terra.

Tutto quello intorno non esisteva, ero circondata dal silenzio.

«Ehi Reb» una voce maschile che equivaleva alla mia perdita della vita ma era anche la causa del mio stato depresso.

Alzai lo sguardo e lo vidi correre verso di me, con il casco infilato in un braccio, strano non ci fosse Rapunzel con lui che gli scorrazzava attorno.

«Lore, ciao» salutai, incarnavo la felicità in persona e capii dalla sua espressione che l'aveva notato.

Lui alzò un sopracciglio stupito della mia reazione triste e mi studiò a lungo, in cerca di non sapevo cosa «c'è qualcosa che non va?»

Sbuffai di nuovo «va tutto a meraviglia tranquillo» risposi scocciata e lo mollai in mezzo al cortile, con gli occhi puntati su di me.

Mi allontanai in fretta da lui e mi rifugiai in classe, dove appoggiai la testa sul banco, rinchiusa in me stessa.

Non volevo vederlo eppure era impossibile evitarlo.

Lore rientrò solo al suono della campanella e quindi non ebbe  il tempo materiale di ritornare al suo interrogatorio da poliziotto in borghese, poiché il professore entrò in aula e il suo vocione ci zittì tutti all'istante.

Le lezioni sembravano non finire mai e dopo essere scappata dai suoi occhi indagatori anche all'intervallo, dopo aver forzato un sorriso davanti a quello soddisfatto di Rapunzel che si appolipava a lui, non potei evitarlo all'ultima ora: educazione fisica, l'unico sfogo per gli studenti ammattiti del classico.

«Si può sapere che hai?» mi afferrò un polso appena uscita dallo spogliatoio femminile, attirando così l'attenzione su di noi.

Fantastico, davvero.

Mi strattonai e mi liberai dalla sua presa ferrea «niente Lore» mi guardai intorno e notai gli occhi delle due oche per eccellenza fissi su di me, intente a carpire ogni singola parola del nostro discorso «sto bene, sono solo stanca»

«A me sembra che ce l'hai con me per non so quale motivo invece»

Lo guardai storta cercando di trattenermi dal rivelargli le vere ragioni che avrebbero creato solo ancora più scompiglio «perché dovrei avercela con te?»

Lui roteò gli occhi e tornò a guardarmi serio «oh non lo so, questo dovresti dirmelo tu»

«Non c'è niente che non va, non preoccuparti per nulla» risposi scocciata e mi allontanai, ma subito dopo fui circondata dalle due pettegole e ochette della classe: Laura e Camilla.

«Allora» iniziò una «ci stai provando con lui vero?»

«Guarda che é fidanzato, non hai speranze» ribattè l'altra, iniziando ad attorcigliarsi una ciocca di capelli e guardando il diretto interessato intento a parlare con gli altri ragazzi.

Che cosa vomitevole.

«Là, non essere stronza» la rimproverò l'amica, prima di inviarmi un sorriso da vipera.

«Uno: non ci sto provando con lui» iniziai, liberandomi dalla loro presa e guardandole seccata «due: lo so» continuai «e tre: mi piace un altro» urlai, tanto che tutta la classe di girò verso di noi, e tra tutti quegli sguardi incrociai proprio quei due occhi verdi smeraldo.

Tempismo perfetto.

La mia vita non poteva filare più liscia di così, seriamente.

Perché avevo scelto quella scuola?

Avrei dovuto fare prima un giro di ispezione che mi avrebbe dato l'opportunità di non incontrare mai più gli occhi di Lorenzo, così belli e così chiari da poterci nuotare all'infinito.

Andavo per la mia strada, non guardando in faccia nessuno e brontolando per la sauna che mi sarebbe spettata sull'autobus strapieno.

Digrignai i denti e chiusi gli occhi per qualche secondo, mossa azzeccatissima visto e considerato che stavo camminando a passo veloce nel corridoio infestato da una folla impazzita.

E infatti successe quello che non sarebbe dovuto succedere, andai a sbattere, o meglio, investii con il mio dolce peso e la mia magliettina scolorita una colonna di marmo, con delle mani a tentacoli che mi rinchiusero dentro a sè.

Mi immobilizzai e ebbi il coraggio di alzare lo sguardo per incontrare quello di un ragazzo divertito che probabilmente stava cercando di inquadrarmi.

«Scusami, ero distratta» aprii bocca dopo una buona mezz'ora passata ad osservarlo dall'alto al basso, in ogni particolare: occhi scurissimi, ricci ribelli, adidas, jeans chiari e maglietta dei Green Day.

L'uomo perfetto dei miei sogni, se non fosse che mi stava ridendo praticamente in faccia.

Feci scomparire all'istante il mio sorriso ebete e alzai un sopracciglio interrogativa.

«Sei buffa, scusa, mi chiamo Edoardo» ridacchiò e aspettò una mia risposta che arrivò dopo mezzo secolo.

«Ah» brontolai prima di riprendermi definitivamente «Rebecca, piacere»

Sorrise e mi porse la mano, una stretta bella forte, wow.

«Sei al primo anno?»

«Si, tu?» domandai curiosa mentre continuavamo ad avanzare per quel corridoio che sperai essere infinito.

«Sono al terzo» scrollò le spalle e guardò davanti a sè, salutando e ammiccando a ogni ragazza che probabilmente conosceva.

Ah, un don Giovanni, di male in peggio.

«Ora devo andare, ci si vede eh» scherzò appena varcato il portone e mi stritolò una guancia, non prima di avermi riso in faccia per la mia espressione scioccata.

Ero diventata un pesce lesso, occhi sbarrati e bocca socchiusa, espressione che non mutai neanche quando incontrai un altro viso che poteva essere la mia esatta fotocopia.

Mi ripresi dopo cinque minuti buoni e mi guardai intorno, ormai il cortile era mezzo deserto e io dovevo correre la maratona per prendere l'autobus e arrivare a casa.

Ovviamente avrei dovuto aspettare almeno dieci minuti, visto che per colpa di Edoardo prima e Lore dopo, avevo perso trenta corse.

Sbuffai, sedendomi come un elefante sulla panchina e nell'attesa presi il telefono per girovagare un po' su facebook, notando uno strano stato di Lore, appena qualche minuto prima.

io come sto che non mi vedi ?
tre fori nel cuore
comunque in piedi
scrivo gronda il sangue dalle pareti

  
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