Pelle,
sospiri, piacere.
Ancora
pelle.
Ancora
loro.
Come
la prima volta.
Come
se fosse l’ultima.
Correvano
i loro cuori.
Danzavano
i loro corpi.
Strette
le loro pelli.
Strette
le loro mani.
Intrecciate.
Il
Maniero era silenzioso. Solo il ticchettio di un vecchio orologio
scandiva i
secondi che passavano, intervallato dai loro gemiti. Dal loro piacere.
Lui,
Draco Malfoy, l’aveva fatta sua. In tutti i modi possibili.
L’aveva
stretta a sé dopo la fine della guerra, oramai consapevole
dell’attrazione, o
era amore?- che provava per lei.
L’aveva
fatta sua, le era entrata dentro, nel suo ufficio. Finalmente, quando
aveva
compreso che non bastava consolarla per le perdite. Quando aveva
compreso che
se non fosse intervenuto, lei sarebbe presto appartenuta a Weasley.
Era
sua.
Era
sua la sua pelle.
Erano
sue le sue labbra.
Il suo
corpo.
Era
sua moglie, la signora Malfoy.
“Sposami.”
Era ancora
dentro di lei.
Avevano
fatto l’amore.
Le era
ancora dentro.
I ricci
castani le
incorniciavano il volto.
Sentiva il
cuore premere contro
il suo petto, pronto ad esplodere.
Sul viso
un sorriso.
La fronte
imperlata di sudore.
“Io..”
Sorrise
del suo timore. Le
sfiorò il volto con la punta del naso. Le baciò
ancora e ancora l’incavo del
collo.
“Diventa
mia moglie. Sposami.”
Una preghiera.
“Sì.”
Gli
sorrise.
Lui le fu
addosso. Ancora.
Ancora e ancora.
Riprese a
muoversi dentro di lei, le baciò
interamente il corpo.
Fece
aderire le loro guance.
Guancia
contro guancia.
Petto
contro petto.
Anima
dentro anima.
L’aveva
portata nel suo Maniero. L’aveva resa padrona.
L’aveva
fatta ancora una volta sua.
Sempre.
Non vi
avrebbe mai rinunciato.
L’aveva
amata nella loro camera da letto, sotto la doccia, nel corridoio, nella
serra,
nel suo ufficio.
Ovunque.
Perché ovunque non esisteva nient’altro.
Solo
loro.
La
loro pelle a contatto.
Anima
dentro anima.
Raggiunsero
l’apice assieme.
Le
mani di lei affondarono nelle spalle di lui. La strinse a
sé. Le baciò la
fronte, le palpebre, le labbra, il collo, i seni, il ventre.
Baciò
ogni centimetro di quel corpo che ormai apparteneva a lui.
Le
sfiorò quei capelli.
Sfiorò
la sua anima, come solo lui sapeva fare.
Un
pianto.
Sorrise.
Il
frutto del loro amore.
“Draco..”
la sua voce debole.
“Dimmi,
amore..” le prese
delicatamente le mani, portandosele alle labbra e baciando i suoi palmi.
“Devo
parlarti.” Occhi dentro
occhi.
La
sfiorò ancora, perdendosi in
quello sguardo delicato.
“Parlami..”
le sorrise.
Per
qualche istante, lei, si perse in
quello sguardo grigio. Si perse in quelle labbra sottili.
“Sono
incinta.”
Rivelazione.
Amore.
La strinse
a sé con vigore,
senza farle del male.
Le
baciò le palpebre ancora, il
naso.
Si perse
tra le sue labbra in
un bacio passionale.
Pelle a
contatto.
Lingua
contro lingua.
“Sei
felice?” una preghiera,
ancora.
“Tu
non immagini quanto, mia
amata Mezzosangue.”
Si perse
ancora tra le sue
labbra.
Indossò
rapido una vestaglia e si voltò a guardarla. Era stremata,
ma felice.
Sorrideva
la sua mezzosangue.
Il
corpo nudo avvolto da un semplice lenzuolo verde smeraldo.
Una
divinità.
La sua
divinità.
Le sorrise
uscendo dalla stanza.
Sentiva
i piedi a contatto con il freddo pavimento. L’orologio ancora
batteva i
secondi, le ore che passavano.
Aprì
lentamente una porticina.
Accanto
alla finestra v’era una culla, bianca, come
l’innocenza della creatura che vi
riposava all’interno.
Si
sporse.
Un
paio d’occhi grigi lo scrutavano. Un piccolo sorriso su quel
delizioso faccino.
Un ciuffo biondo sulla testa. Si teneva i piedini con le mani.
Jane
Chara Malfoy.
La sua
bambina. Il suo amore. Il suo orgoglio.
“Come
lo chiameremo?” felicità.
“Chi
ti dice che sarà un
maschietto?”
“Come
la chiameremo?” la baciò,
accarezzandole il pancione.
“Se
sarà femmina, Jane. Come
mia madre.”
“Jane,
mi piace. Jane Chara mi
piace ancor più.”
“Chara?”
“Sì,
deriva dal greco e
significa ‘gioia’.”
Lo
guardò con amore. Come era
cambiato quell’uomo. Pose la sua mano sopra quella del biondo
e disse
“Sì,
Jane Chara Malfoy. E’
perfetto.” Lo baciò.
“Se
è maschietto?” fu
lui a domandare questa volta.
“Lucius
Draco Malfoy.” Amore.
La
guardò sbalordito. La
strinse a sé.
“Ti
amo.”
Si perse
tra le sue labbra.
La
prese tra le braccia, cullandola.
Le
posò un bacio sulla fronte e la condusse nella sua camera da
letto.
Hermione
ormai dormiva, avvolta buffamente nel lenzuolo. Sedendosi cautamente
sul letto
le posò un bacio sulle labbra, facendola destare.
“Perdonami.”
Si scusò
Lei
sorrise, e posò gli occhi sulla creatura che
l’uomo aveva tra le braccia.
“Jane,
amore mio.”
Si
avvicinò alla piccola, senza liberarla dalla presa del
padre. Le accostò un bacio
sulla fronte e si accoccolò contro la spalla del marito.
“E’
bellissima.”
“Lo
è.
Abbiamo fatto un buon lavoro.”
Si
guardarono e sorrisero.
Lo
era, era il loro capolavoro.
Era il
frutto delle loro pelli a contatto, il frutto del loro amore.
Il
frutto di un’anima dentro un’anima.