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Autore: Bellamy79    22/09/2011    5 recensioni
Questa storia l'avevo già pubblicata in passato, ma poiché, rileggendola, mi sono accorta di alcuni ORRORI di ortografia, l'ho cancellata e l'ho rifatta.
Spero che le persone che mi avevano seguita in passato mi seguano anche ora!
«Che cos’è?» disse, d’un tratto, James.
«Cosa dice?» singhiozzò di nuovo Minerva, cullando la bambina tra le braccia.
«C’è scritto solo: il suo nome è [...]
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Nuovo personaggio, Ron Weasley, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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II capitolo: Lettere che non arrivano.

 
 


«Sai cosa succede, vero? Alle persone che non mi rispettano.»
«So cosa succede. Ma io non ho paura.»
Tutto intorno era fatto di macerie.
Piccoli lapilli neri e rossastri volavano e si posavano sui vestiti e sui capelli biondi della donna col pancione. Lei non ci badava. Aveva gli occhi fissi sulla figura davanti a se.
«Ti ho sempre vista come una donna intelligente, Lizzie. Come fai a dire una cosa del genere?» sibilò una voce stridula e viscida, con una punta di amarezza e ironia.
Lei non disse nulla.
Si limitò a voltare le spalle e incamminarsi verso le macerie.
La figura incappucciata, dinanzi a lei, alzò la testa con fare teatrale.
«Osi sfidarmi, forse?» gracchiò.
«No. Tu osi sfidare me.» urlò la donna voltandosi e puntandogli il dito contro.
A quel punto, una mano bianca e con dita lunghissime afferrò il cappuccio e se lo tolse.
L’ultima cosa che si sentì, fu un urlo agghiacciante, provenire dalla bocca della donna.

 
 

Alexandra si alzò a sedere così violentemente, che dovette reggersi la fronte per non rischiare di vomitare.
Non era la prima volta che faceva quel sogno, ma le procurava sempre gli stessi battiti del cuore accelerati e la stessa adrenalina nel sangue.
Girò la testa dalla parte della grande finestra vicino al suo letto e vide che era ancora tutto buio. Sicuramente erano le prime ore del mattino.
Si tolse il lenzuolo di dosso e si incammino verso l’armadio per vestirsi e scendere a fare colazione.
Appena vestita, si diede una piccola guardata allo specchio, giusto per controllare che fosse tutto apposto.
I lunghi capelli neri le ricadevano in una cascata di ricci spettinati sulla schiena e sulle spalle. La pelle bianca risaltava ancora di più nelle prime luci del mattino, e i suoi occhi erano circondati da profonde occhiaie violacee, causate dal suo continuo sonno disturbato. Ma, doveva ammettere, che quelle occhiaie risaltavano di più i suoi occhi. Non che non si facessero giustizia da soli. Il loro colore innaturale risaltava da solo.
Strisciò fino alla porta e l’apri stando attenta a non fare troppo rumore con la maniglia, e scivolò fuori. Scese svelta le scale e si fiondò di nascosto nella cucina.
Ormai era così abituata a nascondere ogni cosa che facesse, che quasi non ci badava al pericolo che percorreva ogni volta che si alzava presto il mattino e si avventurava nell’orfanotrofio ancora buio.
«Di nuovo gli incubi, Neve?»
Alexandra sobbalzò e si voltò di scatto per scrutare nell’oscurità chi avesse parlato, anche se non ce ne fu bisogno.
«Quante volte devo ripeterle, signora Marie? Odio quel nomignolo.» sbuffò la bambina, portandosi una mano al cuore per lo spavento.
La signora Marie era la cuoca dell’orfanotrofio, ed era l’unica persona che parlasse con Alexandra, lì dentro. Le raccontava ogni cosa, ogni sogno o pettegolezzo su qualche ragazza più grande dell’orfanotrofio. Era come una migliore amica che non ha mai avuto.
Da quando è stata lasciata lì dentro che la chiama Neve o Fiocco Di Neve, per via del colore dei suoi occhi, così si simili alla… Neve.
«Scusami, cara! Vuoi raccontarmi del sogno?» chiese cordialmente la donna, uscendo dall’oscurità e avviandosi verso Alexandra, che si era accomodata sul piccolo tavolino in mezzo alla cucina disordinata.
«E’ sempre lo stesso, signora Marie. La donna, le macerie, il pancione, l’urlo…» rispose affievolendo la voce pian piano.
La signora Marie la guardò attentamente. Come se volesse capire ciò che pensava.
«Solo questo, Alex?»
«S-si, solo questo.» esitò la bambina, prima di fiondarsi nel barattolo dei biscotti al cioccolato, che la signora Marie aveva appena posato sul tavolo.
Non sapeva perché, ma non voleva raccontare alla signora Marie della figura incappucciata. C’era come una vocina dentro di se che la bloccasse ogni qualvolta tentasse di dire tutto ciò che vedeva in quel sogno.
«Beh, se vuoi restare qui, aiutami a sistemare la sala pranzo con piatti e bicchieri. Una povera vecchia non può fare tutto qui dentro.» disse con fare teatrale, alzandosi dallo sgabello e aprendo gli sportelli delle stoviglie.
Alexandra si alzò e andò ad aiutare la signora Marie a posare i bicchieri e i piatti al posto giusto, chiacchierando del più e del meno sulla giornata.
«E’ arrivata posta, per me?» chiese Alexandra, dopo brevi minuti di silenzio.
La signora Marie si irrigidì impercettibilmente e scosse forte la testa, senza dire nulla.
Alexandra era l’unica bambina a cui non era stata inviata una lettera da nessuna scuola nelle vicinanze. Di solito, quando si raggiungono gli undici anni, tutte le bambine ricevono una lettera da una o più scuole della città, inviandone la lista dei libri e l’indirizzo completo della scuola.
«Non lo trova strano?» chiese dopo Alexandra.
«Insomma, sono l’unica qui dentro a non aver ricevuto ancora la sua lettera. E ho la media del dieci in tutto!» riprese sbuffando.
La signora Marie fece per aprir bocca quando la porta della sala pranzo si spalancò. Ne uscì una donna di mezza età, con una stretta treccia alla francese rigorosamente bionda platinata, due incavati occhi verde acido e un gonnellino scozzese di colore rosso.
«Buongiorno Miss Campbell.» si affrettò a salutarla Alexandra.
Miss Campbell si voltò dalla sua parte scrutandola attentamente, facendo sentire Alex in soggezione.
«Buongiorno signorina Riddle.» salutò fredda la donna. E Alexandra giurò di aver visto la signora Marie irrigidirsi.
«Siamo mattinieri oggi?» riprese con lo stesso tono, abbassando lo sguardo verso la punta delle sue scarpe nero lucido.
«L’ho svegliata io, Rowella. Volevo una mano in cucina e… Mi sono ricordata della punizione che dovevi decidere per lei, così ho affrettato i tempi.» imboccò una scusa abbastanza strutturata la signora Marie.
Miss Campbell si voltò a fissarla dritta negli occhi.
«Sono io che decido le punizioni per i miei allievi, Marie. Lo sai.» la rimproverò con sguardo severo.
«Sì, ma poiché Alexandra ha rotto le MIE stoviglie, penso che una parte della decisione spetti a me, non trovi?» chiese con tono di sfida.
Miss Campbell si limitò a fissarla in modo glaciale, prima di dirigersi fuori dalla struttura, nel cortile.
Quando non fu nell’arco visivo ne di Alex, ne della signora Marie, tirarono un sospiro di sollievo.
«Non ti coprirò un’altra volta, signorina.» disse puntandole un dito contro e avviandosi in cucina, ai fornelli.
Alexandra sorrise. «Signora Marie, devo ancora scusarmi per l’incidente di ieri. Io non l’ho fatto apposta… I piatti sono… sono…» continuò mimando oggetti volteggiare in aria e finire a terra.
«Lo so, non ti preoccupare. Sono abituata alle tue “stranezze”, come le chiama la Campbell.» urlò dalla cucina la signora Marie.
Alexandra fece una smorfia. La signora Marie aveva centrato il punto.
Non era la prima volta che Alexandra facesse accadere cose di questo genere, e di sicuro, non era neanche l’ultima. Miss Campbell e le altre sue compagne di stanza la definiscono ‘strana’. E come darle torto? Pensò Alex, prima di spostarsi su una delle panche della sala mensa.
In quell’istante, suonò la campanella della colazione, e subito dopo si sentirono dei gridolini e delle risate provenire dalle scale. Alexandra si affrettò a sedersi nel suo solito piccolo angolino, sperando che nessuna la guardasse o le rivolgesse la parola.
«Oh, guardate chi c’è. La Piagnucola Riddle. Ueh, ueeh.» Alexandra voltò gli occhi e si trovò faccia a faccia con la sua peggior nemica: Sophie Trascott.
Non sa con certezza quando hanno incominciato ad odiarsi. Forse la volta in cui, per sbaglio, Alexandra piccò il fuoco sui suoi capelli, non potendoli far crescere di più di venti centimetri. O forse quando la Trascott ha incominciato a sfotterla sui suoi occhi, cosa che Alexandra, reputò davvero stupida e infantile.
«Dimmi Trascott, ti ciucci ancora il pollice o hai finalmente smesso dopo una settimana di astinenza?» rispose Alexandra, con lo stesso tono della bambina.
Sophie le lanciò uno sguardo carico d’odio e si incamminò verso la tavolata più lontana, ancora ridendo per ciò che aveva detto ad Alexandra.
Quando tutte le ragazzine si sedettero composte nelle loro rispettive panche, la Campbell tossì due o tre volte per avere l’attenzione di tutte. «Come ben sapete, tra tre giorni ognuna di voi andrà nella rispettiva scuola che ha scelto.» ci furono gridolini di eccitazione e qualche bisbiglio rivolto ad Alexandra. «Quindi, ho deciso che nel pomeriggio di oggi e domani, io e la signora Marie, la vostra cuoca, vi accompagniamo a prelevare i vostri occorrenti. Si parte oggi pomeriggio verso le tre e mezzo, fatevi trovare tutte pronte. Buon appetito.» tuonò infine Miss Campbell, sedendosi nel suo solito angolo, scrutando ognuno dei volti delle ragazze, soffermandosi un po’ troppo su Alexandra.
«Hei, Riddle! Spero che ti divertirai quest’inverno insieme alla cuoca.» urlò dall’altro capo della sala Sophie, richiamando a se tante risate squillanti.
«Lo spero anch’io, Trascott.» rispose Alexandra, calmissima.
E si stupì di quanto la sua voce potesse sembrare così calma. Infatti, lei era tesissima. Com’era possibile che nessuna scuola l’avesse scelta? Che perfino quell’idiota della Trascott ha avuto le sue lettere?
«Uova?» disse gentilmente la signora Marie passando con il pentolone, interrompendo i suoi pensieri.
Alexandra scosse la testa e continuò a mangiare i suoi biscotti, pensando a cosa avrebbe fatto quest’inverno tutta sola per l’orfanotrofio. ‘Forse, potrei aiutare le bambine dell’asilo a imparare l’alfabeto. O potrei aiutare Miss Campbell con il giardino dell’orfanotrofio…’
Scosse violentemente la testa, come a voler cacciare un fastidioso insetto. Non poteva credere di pensare una cosa simile. Trascorrere tutto l’inverno dentro questa gabbia? Mai.
«…Io sono stata scelta per una prestigiosa accademia francese, dove studierò varie lingue!» Sophie Trascott aveva appena alzato la voce guardando ripetutamente Alexandra, per vedere se l’avesse sentita.
Alexandra fece finta di niente, non le avrebbe dato questa soddisfazione.
 Finì in fretta i suoi biscotti e scivolò via dalla sala mensa per entrare nelle cucine.
Vide la signora Marie trafficare con dei piatti nel lavello, canticchiando una canzoncina a lei sconosciuta. Sorrise. Forse l’unica cosa positiva era non dover lasciare la signora Marie da sola.
«Oh, Neve!» disse con un sorriso, beccandosi un’occhiataccia da Alexandra.
«Scusami, cara. Ma ci sono abituata!» disse sorridendo la signora Marie.
Alexandra non disse nient’altro, si sedette sul tavolino e dondolò i piedi in sincronia, svuotando completamente la mente.
«Forse è vero quello che diceva la Trascott su di me. Pulirò gabinetti delle stazioni o servirò cibo alle mense.» sussurrò abbassando la testa.
La signora Marie si girò verso di lei e la guardò storto. «Tesoro, quando mai la Trascott ha avuto voce in capitolo su di te?»
Ma Alexandra non fece in tempo a rispondere che si sentì un profondo ‘GONG’ provenire dalla porta d’ingresso. Alexandra riabbassò lo sguardo, doveva essere il giornale.
«Su, con il morale Alex! Per Diana, non puoi stare con quel musone a vita!» cantilenò la signora Marie, sorridendo. Alexandra si limitò a fare le spallucce.
La porta della cucina si spalancò, e entrò una signora Campbell pallida e con occhi strabuzzati.
«Per te, Alexandra.» disse tendendole la mano, con gesto robotico.
Alexandra spalancò gli occhi e il suo cuore prese a battere come quando aveva quegli incubi.
Possibile che fosse una lettera da parte di una scuola?
Si avvicinò lentamente e la prese tra le mani tremanti. La carta era giallastra e ruvida, con inciso sopra un logo ad Alex sconosciuto.
La signora Marie si avvicinò ad Alexandra per scrutare meglio ciò che c’era scritto sulla copertina, e quasi svenne. «Oh. Mio. Dio.» urlò lei.
La Campbell la guardò severa e si riconcentrò sulla lettera.
«Avanti, leggila.» la incitò la signora Marie, dandole dei piccoli colpetti sulla schiena.
Alexandra voltò la busta schiarendosi la voce per leggerla ad alta voce:

Alla signorina Alexandra Riddle,
cucina della mensa,
Orfanotrofio femminile di S. Barbara,
Londra.


«Come si chiama la scuola?» tuonò Miss Campbell, strabuzzando gli occhi.
Alexandra esitò strizzando gli occhi sul logo della busta. «H-Hogwarts, credo» rispose in un sussurro.
Sia la signora Marie che Miss Campbell trattennero il respiro e si portarono una mano al cuore, che improvvisamente, ha accelerato il loro battito.

 
 
 
 
 
 

Microscopico angolino dell’autrice:
Oh. Mio. Dio.
Non ci credo, HO FINITO IL SECONDO CAPITOLO!
Santa cacca, è un miracolo. Ci stavo sbattendo la testa da quasi tre settimane,
e mi scuso terribilmente per l’oltraggioso ritardo.
Solo che con la scuola, i compiti, il conservatorio e il caffè che finisce troppo presto,
non ho più tempo per la mia Alexandra.
Coooomunque,stavo pensando di mettere, ogni volta che faccio l’angolo dell’autrice,
la canzone che mi ha ispirato per tutto durante la scrittura di questo capitolo,
beh, beccateve sta checca e venerate i The Script come li venero io!
So che non c’entra molto il testo della canzone con questo capitolo,
ma, Per Diana, ancora non avete capito che sono strana?
Alla prossima, un bacio.
Bellamy;

Ps. Spero di aggiornare regolarmente.

  
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