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Autore: Lyra Lancaster    22/09/2011    1 recensioni
Io, un tipo estroverso e decisamente socievole, ho trovato nella menzogna la scala per raggiungere questo potere. E’ una scala sporca, infida, su cui si scivola, si cade nella melma e nel fango per potersi risollevare più forti e robusti di prima. Non mi sono mai fatto scrupoli a mentire, a modellare la figura mia e della mia azienda a seconda dell’interlocutore che mi trovavo dinanzi.
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Illuogo silenzioso

Il Luogo Silenzioso



  

Per tutta la vita sono stato un impostore. E non esagero. Ho praticamente passato tutto il mio tempo a creare un’immagine di me da offrire agli altri. Più che altro per piacere o per essere ammirato. Dopotutto volevo solo sopravvivere in una Londra che ospitava altri impostori uguali al sottoscritto. Sono il proprietario di un’importante industria tessile che vende in ogni angolo del mondo, così come molte altre aziende londinesi. Noi tutti sembriamo identici perché facciamo lo stesso lavoro e perché tutti noi abbiamo lo stesso obbiettivo: raggiungere l’egemonia in campo economico. Molti pensano al potere come al conseguimento di una carica politica, ma io posso affermare che colui che possiede il dominio del mercato ha un potere maggiore e più pericoloso di qualsiasi Lord. Infatti abbiamo il controllo del popolo perché conosciamo il suo bisogno e riusciamo a soddisfarlo dandogli quello che vuole senza tanti giri di parole e senza vuote speranze.
Io, un tipo estroverso e decisamente socievole, ho trovato nella menzogna la scala per raggiungere questo potere. E’ una scala sporca, infida, su cui si scivola, si cade nella melma e nel fango per potersi risollevare più forti e robusti di prima. Non mi sono mai fatto scrupoli a mentire, a modellare la figura mia e della mia azienda a seconda dell’interlocutore che mi trovavo dinanzi. Così i nemici mi temevano e mi rispettavano, oltre che cercare di emulare le mie mosse in campo economico.
C’è poco da aggiungere: così sono diventato immortale, oltre che immorale.
Ovviamente nessuno si cura della buona condizione della concorrenza anzi, al contrario, si esulta per il fallimento del nemico e io, personalmente, ho creato questa situazione più di una volta.
Fu così che incontrai Ifigenia.
Era una sera d’inverno. Una di quelle in cui l’aria è fredda come una ghiacciaia ma non c’è un alito di vento; insomma c’era un tempo da neve.
Io stavo ritornando a casa dopo aver concluso un cospicuo affare con l’India, quando mi trovai davanti una bambina bionda con due grandi occhi azzurri che impediva il passaggio alla mia  carrozza. Mi fermai di colpo.  Aveva un’espressione così triste da far piangere gli angeli. Era vestita con un cappottino rosso, come il fiocco enorme che aveva in testa. Mi chiesi cosa diavolo ci facesse questa bimba triste in mezzo alla strada di sera. Poi voltò il volto verso di me e – Signore sostienimi nel raccontare ciò – la sua espressione divenne una smorfia d’odio e di disprezzo.
“Ehi piccolina perché non torni a casa? Ti sei persa?”
Il mio cuore batteva all’impazzata e un brivido agghiacciante mi corse lungo la schiena: c’era qualcosa che non andava in quella bambina. Non ho mai visto bimbe con quell’espressione, tantomeno figlie di genitori benestanti, poiché di solito venivano educate a sorridere gentilmente a chiunque incontrassero: non proprio quello che aveva fatto la piccola alla mia vista.
Raccolsi tutto il mio coraggio e le andai incontro, solo che lei fuggì via, girando l’angolo. Ma quando l’angolo lo svoltai io, la strada era deserta.
Tornai a casa senza pensarci: quel giorno avevo avuto abbastanza problemi.
Ma il Signore non voleva che io riposassi in santa pace dopo essere tornato nella mia villa e aver consumato una cena deliziosa insieme a mia moglie e ai miei figli.
Infatti stavo fumando la mia adorata pipa mentre leggevo il giornale, quando, per puro caso, alzai gli occhi.
Lei era lì.
Inutile descrivere il terrore che mi attanagliò le viscere e la paura agghiacciante ed irrazionale che mi serrava la strozza, impedendomi perfino di urlare.
La bimbetta non faceva nulla; era seduta sulla poltrona preferita della mia amata Edwige e si limitava a fissarmi con uno sguardo decisamente minaccioso.
D’istinto chiusi gli occhi. Lo faceva anche mio figlio: quando qualcosa lo impauriva strizzava le palpebre e restava immobile.
Cercai di riprendermi: “Era solo un’allucinazione. Sei stanco, hai avuto una giornata difficile, te la sei battuta con quelli sciacalli ma alla fine hai vinto. Quella strana bambina ti ha fatto solo pena!” mi dissi. Lentamente riaprii gli occhi.
Era sparita.
Tirai un sospiro di sollievo e ripresi a fumare quasi con allegria.
Ovviamente passai una notte insonne, cercando di dimenticare la bambina della sera precedente ma senza riuscirci. Alcune volte mi sembrava quasi di intravederla seduta sulla sponda del letto.
Il mattino seguente mi diressi in azienda in carrozza cercando di non guardare fuori dal finestrino; di sicuro la mia immaginazione non avrebbe fatto scherzi, in questo modo.
Poi mi imbattei in un funerale.
Sporsi la testa incuriosito, cercando di vedere qualcosa (ovvio che non cercavo di vedere il morto: come avrei fatto se era chiuso nella bara?); intravidi una macchia bianca. Era quella la bara? Significava che il morto era giovane: una cosa frequente, di questi tempi erano molti i giovani che avevano degli imprevisti sul lavoro e morivano per tisi o per un’infezione.
“Povera Else …  dopo il marito, ora la figlia”
“La piccola Ifigenia non meritava ciò … era così adorabile”
“Già … proprio una bambina per bene”
“Forse è per questo che il Signore l’ha voluta con sé”
Un rumore, un cicaleccio, un chiacchiericcio, una rivelazione, un’accusa. Mi voltai di scatto verso le due signore che stavano conversando: erano entrambe vestite a lutto e seguivano il carro funebre con passo svelto. Avevano affiancato la mia vettura e ora avevano già oltrepassato il mio tiro a quattro. All’inizio non avevo fatto caso alle loro parole ma poi mi svelarono l’arcano: possibile che la mia perseguitatrice fosse la piccola morta che ora giaceva a poche iarde da me? Ma cosa potrebbe volere da me una bambina? La bimbetta che ormai vedo ovunque era vestita da borghese e… No. Come ha fatto a non venirmi in mente che i poveri operai seppelliscono i loro cadaveri nella nuda terra senza un corteo? Come? Quella bimbetta era sicuramente figlia di un dirigente d’azienda. Poi mi apparve, come un flash, la prima pagina del giornale della settimana scorsa: parlava di Richard W. Wellington, un mio concorrente, che si era suicidato in seguito ad una clamorosa ed improvvisa bancarotta, lasciando la famiglia piena di debiti. Ebbene nella foto si intravvedeva anche una bimba con un sorriso raggiante, che avevo notato perché sembrava colorare la pagina in bianco e nero con una luce invisibilmente calda. Era lei la mia ossessione. Ma come poteva essere la morta lì dentro? Non poteva esserlo semplicemente perché in quella foto  sembrava sprizzare salute da  tutti i pori, a meno che qualcuno non l’avesse uccisa; ma chi ha interesse ad uccidere la figlioletta di un uomo morto?
Arrivai al lavoro con un quarto d’ora di ritardo, quindi ero piuttosto stizzito. Ma rimasi completamente sbalordito quando vidi la bambina seduta al mio posto dietro la scrivania. Mi guardava con la sua solita espressione inquietante. Decisamente non si addiceva ad una fanciullina così graziosa. Mi passai una mano sugli occhi.
“Chi sei? Cosa vuoi da me?” trovai, non so dove, il coraggio di domandarle. Mi sentivo svenire. Avevo bisogno d’aria e di un buon bicchiere d’acqua.
Lei non rispose, ma mi passò il quotidiano della sera prima . Esattamente quello che stavo leggendo quando l’avevo trovata davanti a me (come faceva ad essere lì? Non mi faccio mai arrivare il giornale in ufficio). Io, lentamente, mi avvicinai allo scrittoio e afferrai il giornale con mani tremanti. Ripresi da dove l’avevo lasciato la sera prima. L’articolo seguente annunciava il funerale che avevo visto passare poco prima.
“… e la moglie distrutta del signor Wellington annuncia il funerale della loro figlioletta, Ifigenia, deceduta a causa di un attacco di tubercolosi polmonare. Infatti, a causa del disastroso crollo delle azioni della sua azienda, non ha potuto pagare le medicine per curare la piccola. Gli agenti sospettano che sia questo il motivo principale per cui l’uomo si sia tolto la vita. Il funerale si terrà domani mattina alle ore 10:00…”
Voltai la pagina e mi prese un colpo. La fotografia di Ifigenia riempiva la paginata con il particolare della foto che era in prima pagina solo otto giorni fa. Impossibile non trovare commovente quel visino angelico, impossibile non trovare inquietante la maschera d’odio della Ifigenia che era seduta sulla mia poltrona. Mi ripetei di stare calmo, che sicuramente quella che avevo davanti era un’immagine creata dalla mia mente turbata. Peccato che la mia fantasia se ne stesse lì davanti puntandomi i suoi occhioni addosso.
“Senti piccola … non è colpa mia se il tuo papà …” Appunto. Che c’entravo io?
Ed eccomi qui, adesso, a cercare un motivo, anche nascosto nel mio cervello, per cui quella bimba dovrebbe odiarmi. Io faccio il mio lavoro, conduco un’azienda, faccio i miei interessi, non certo quelli degli altri, e questo è logico; bisognava concludere un affare che si trascinava da mesi, e ho puntato tutto sul fallimento di Wellington, che è avvenuto; potrebbe essere colpa mia solo se gli avessi rubato delle azioni, cosa che non ho fatto. Mi sono limitato ad appropriarmene, ma la sua azienda era già in malora e si sentiva già l’odore del cadavere della mia concorrente. Sono stato un avvoltoio, forse, ma se non l’avessi fatto io, l’avrebbe fatto qualcun altro, sono le leggi dell’economia. O io o tu. Non entrambi. Qualcuno deve pur rimetterci e quel qualcuno non volevo essere io. Tutto qui. Siamo stati buoni compagni di scuola, eravamo quasi fratelli e praticamente le nostre aziende sono cresciute insieme, come buone concorrenti che si stimano e si rispettano. Un anno guadagno io e l’anno dopo guadagni tu, era normale e non c’era alcun rancore. Vedi piccolina … la realtà è molto più complessa di quanto si pensi, non puoi biasimarmi. Se rimproveri me dovresti rimproverare anche tutti coloro che lavorano sul mercato internazionale. Perché proprio io? C’è gente molto più spietata e crudele al mondo.  Ah! Se avessi fatto il dottore come voleva mia madre, invece che seguire le idee di mio padre, forse ora non avrei nessun fantasma che mi perseguita! Ma non si può sempre parlare di rimpianti; ho scelto questa strada e sono riuscito anche a diventare una persona importante. A quale prezzo, mi chiedi tu. Il prezzo che si paga per ogni cosa; per ricevere qualcosa bisogna dare qualcos’altro in cambio. E’ la vita. Cosa dici? A te non piace una vita così? Beh, cosa credi? Anche tu, se fossi diventata adulta, avresti sposato un uomo come me, forse anche più meschino! Quindi non ti sarebbe piaciuto diventare un’adulta. Sai che ti dico: nemmeno a me. Troppi compromessi, troppe scuse, troppe responsabilità. Gli adulti seguono solo l’odore del denaro, scaricano la colpa sugli altri, sempre pronti a trovare un alibi. Persino io, in questo momento, sto cercando di trovare delle scuse, cerco di reprimere i sensi di colpa per aver lasciato che un buon amico si suicidasse. Mah! La verità è che la colpa è dell’intera società, che non si potrebbe fare in altro modo, altrimenti si soccomberebbe. Capisci? Il mondo è diventato un luogo silenzioso, dove la gente sta con lo sguardo fisso senza vedere nulla. Brutto vero? Oh … piccola, non dovresti prendere quella in mano … la mia Colt è carica e potresti fare del male a qualcuno. Meglio che la prenda io. E’ fredda come la morte, fredda come il sistema, fredda come il mondo e mi chiedo se noi siamo qui solo per farci venire i geloni. Anche il tuo sguardo è ghiacciato come il vento dell’inverno. Meglio che la smetta di farneticare una volta per tutte, mi stai dicendo, vero? Vuoi che ti saluti il tuo papà, già che vado nel Cieco Mondo? Va bene, angelo del Paradiso, gli dirò quanto sei buona ed ingenua, piccola Ifigenia; ma sappi che questo mondo è come un’arancia marcia in cui nessuno si accorge delle catene in cui è avvolto.

Note: Questa storia è stata scritta per un concorso letterario in cui, a partire da uno degli incipit di libri esitenti, decisi dalla giuria, bisognava trarne uno scritto.

 

  
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