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Autore: Dk86    03/06/2006    2 recensioni
"Ci sono dei giorni in cui alzarsi dal letto sembra la cosa più dura, ma si è costretti a farlo. Vuoi per una noiosa riunione di lavoro, vuoi per un ancor più noioso compito in classe, o semplicemente per una noiosissima giornata in cui non si deve fare nulla, ma ci si sentirebbe colpevoli a rimanere a poltrire sotto le coperte.
Essere svegliati e scaraventati a terra dal proprio letto è invece un’esperienza che non è dato provare a molti. Qualcuno potrebbe pensare che sia praticamente impossibile, e invece no. E’ solo molto, molto improbabile.".
Che succederebbe se Hogwarts diventasse una bella mattina un luogo più assurdo del solito?
E se Harry fosse l'unico in grado di risolvere la situazione?
E se non ne avesse per niente voglia?
Genere: Comico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista, Luna Lovegood, Neville Paciock
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TERZO – TELEVISIONE INTELLIGENTE


Il corridoio era in condizioni molto migliori rispetto a quanto Harry si sarebbe aspettato. Le torce, le finestre e i quadri erano ancora al loro posto, ma sia il pavimento che il soffitto erano diventati uguali a quelli di una grotta. “Hermione, è da un sacco di tempo che me lo chiedo… Qual è la differenza fra stalattiti e stalagmiti?” chiese Harry appoggiando il palmo sulla formazione calcarea più vicina a lui.
“Le stalagmiti hanno la g, mi sembra ovvio…” rispose Hermione imperturbabile, facendo scivolare Neville nella tasca. Il lillipuziano si affacciò guardandosi intorno con aria spaesata.
“Che diavolo è successo alla Signora Grassa?” esclamò Ron, facendo voltare gli altri tre.
Al posto della familiare custode dipinta c’era un incubo astrattista in tutte le possibili sfumature di rosso; l’effetto era quello di una pizza margherita frullata e poi spalmata sul muro con una cazzuola da muratore. “Benkee wa, dore desu ka?” gracchiò con voce metallica la grottesca opera, mentre i contorni delle chiazze vermiglie pulsavano seguendo ritmi tutti loro.
“Che ha detto?” chiese Ron, improvvisamente pallido.
“Credo che fosse giapponese…” mormorò Hermione “Ci ha chiesto la parola d’ordine in giapponese!”.
“Beh, allora basta dirgliela e poi potremo rientrare, no?” incalzò l’altro, infilandosi le mani tremanti nelle tasche “Non mi piace stare qui, è tutto troppo assurdo…”.
Hermione lo fissò furiosa, mentre i capelli le si dispiegavano come un’aureola elettrica intorno al capo: “Beh, traducila tu la parola “platelminto” in giapponese, Ronald!”.
“Scusate, ma perché dovremmo rientrare?” chiese Harry “Non dovevamo andare in biblioteca?”.
“Certo!” esclamò Hermione “Non sono io quella che tutto d’un tratto vuole ritornare indietro perché se la fa sotto!”. La ragazza fissò Ron con uno sguardo che doveva essere eloquentemente accusatorio, ma che invece risultò estremamente stupefatto.
La testa di Ron era diventata grigia e quadrata. Il rosso cercava nel frattempo di capire perché i suoi due amici (in realtà erano tre, contando anche Neville) lo fissassero con quell’espressione incredula, dato che lui non si sentiva per niente diverso dal solito. Avvertiva giusto un leggero prurito al viso, e quando sollevò una mano per grattarsi, notò che buona parte della sua faccia era ricoperta da un qualcosa che sembrava uno schermo trasparente di vetro. Fece per dire qualcosa ma proprio in quell’istante la sua bocca sparì. La sua testa si era trasformata in un grosso televisore vecchio stile.
Hermione si concesse qualche attimo per riprendersi dall’esperienza alla quale aveva assistito, poi alzò la destra e ruotò una delle manopole che erano appena sbocciate lungo il fianco destro dello schermo; su di esso apparve una fitta maglia di righe di interferenza, in mezzo alle quali galleggiava la faccia di Ron, che fissava gli amici con aria piuttosto sollevata. “Phew, per fortuna!” esclamò, e la sua voce leggermente distorta uscì dai piccoli altoparlanti posti sotto lo schermo “Per un attimo ero convinto di essere diventato cieco!”.
La ragazza girò intorno a Ron con aria meditabonda, fissò il suo fondoschiena per un paio di secondi, poi cominciò ad armeggiare con le varie manopole. La faccia di Ron sullo schermo iniziò ad oscillare e la sua voce si ridusse ad un ronzio altalenante. Dopo un paio di tentativi finalmente Hermione riuscì a visualizzare un canale televisivo, che stava trasmettendo la sigla di un telegiornale. “Perfetto! Proprio quello che ci serviva!” esclamò Hermione soddisfatta (i suoi capelli crepitarono gioiosi).
Poi lei, Harry e Neville scoppiarono a ridere. La giornalista sullo schermo, una giovane donna vestita con un sobrio abito grigio, era perfettamente normale, se non si contava il fatto che la sua faccia fosse in realtà quella di Ron. La donna/Ron sollevò lo sguardo dai fogli stampati che formavano un ordinato mucchietto davanti a lei e iniziò a parlare con una voce calda e professionale: “Buon giorno, e benvenuti all’edizione mattutina del nostro telegiornale. La notizia del giorno è, come saprete, l’imminente matrimonio, che si celebrerà questo pomeriggio, fra le due star di Hollywood Brad Pitt e Angelina Jolie. La Jolie, che aspetta un figlio da Pitt, ha dichiarato che…”.
Hermione spense la televisione, senza riuscire a smettere di ridacchiare. Ruotò a caso le manopole e la riaccese, così che la testa di Ron si ritrovasse di nuovo a galleggiare nell’ammasso di avanzi catodici. “Si può sapere che cos’avete da ridere?” chiese il rosso con aria stizzita. Harry ed Hermione si guardarono in faccia e scoppiarono di nuovo in una risata fragorosa.
Quando furono riusciti a calmarsi, Hermione si schiarì la voce, gettò un’occhiata a Ron, trattenne un risolino, si ricompose e disse: “Bene, avevo promesso che vi avrei spiegato che cosa io penso stia succedendo ad Hogwarts. Molto probabilmente, anche se non ne sono del tutto sicura, la scuola è stata colpita da una Tempesta Ironica”.
“Vorrai dire “tempesta ionica”…” chiese Harry, che comunque non aveva la minima idea di che cosa fosse una tempesta ionica. Semplicemente, gli suonava meglio.
La ragazza scosse la testa, spargendo scintille bluastre qua e là: “No, proprio Tempesta Ironica. I maghi dell’Antica Grecia che l’hanno battezzata così credevano che si trattasse della punizione celeste di un dio dotato di un gran senso dell’umorismo. In realtà si tratta più semplicemente di nube di improbabilità concentrata che…”.
“Improbabilità?” la interruppe Ron, cercando di sturarsi le orecchie, salvo poi accorgersi che erano scomparse.
“Sì… E’ per questo che oggi stanno capitando tutte queste cose bizzarre, ovviamente…” continuò Hermione, mentre sopra la sua testa passò svolazzando uno stormo di caffettiere alate che tubavano garrule “Non si sa come la Tempesta Ironica abbia origine, ma di solito colpisce i luoghi con la maggior concentrazione di energia magica. Temevo che il suo effetto si fosse esteso anche alla comunità Babbana, ma dato che la notizia più importante del giorno è il matrimonio fra due attori…”.
“Un momento… Come fai a sapere che quello che abbiamo visto in televisione era vero? Non potrebbe essere un altro degli scherzi dell’improbabilità?” domandò Harry.
“Sono quasi sicura di no…” rispose Hermione “Se noti, la coda da dalmata di Ron è scomparsa, e ora al posto della testa ha un televisore. Se l’effetto dell’improbabilità fosse cumulativo, la coda non avrebbe avuto ragione di sparire; dunque pensa al corpo umano come ad un bicchiere e all’energia della Tempesta Ironica come a dell’acqua: se cerchi di riempire un bicchiere con più acqua di quanta ne possa contenere, beh… semplicemente non si può. Dunque, dato che la quantità di improbabilità in Ron aveva raggiunto il suo massimo durante la trasformazione della testa, era logico aspettarsi che il prodotto del processo, ovvero la televisione, funzionasse correttamente. Chiaro, no?”.
Harry annuì lentamente, anche se non condivideva del tutto l’idea di logicità che aveva Hermione. “E quindi?” chiese alla fine “Sai come eliminare il problema?”.
“E’ proprio questo il punto” disse la ragazza in tono cupo “Di solito la Tempesta Ironica si esaurisce da sé, ma il problema è che, nei due casi di cui sono a conoscenza, ci ha messo circa sette anni…” (la bocca di Ron, all’interno dello schermo, si spalancò come se le giunture fra mandibola e mascella fossero scomparse) “Ma si tratta di avvenimenti molto antichi… Spero che nel corso della storia più recente qualche mago abbia trovato un rimedio efficace per affrontare il problema!”.
“Bene, allora è meglio sbrigarsi!” pigolò Neville dalla tasca “Essere alti otto centimetri e mezzo non è un’esperienza così piacevole come potrebbe sembrare…”.
I quattro si misero in cammino, zigzagando fra le stalagmiti umidicce ed evitando le planate irruenti di qualche oggetto che la Tempesta Ironica aveva imprudentemente dotato di ali. Passarono davanti alla porta della Stanza delle Necessità, dipinta di un bel viola acceso a grandi fiori arancioni, incrociarono Pix, che aveva assunto l’aspetto di una bambina bruna e ricciuta vestita con una lunga vestaglia che canterellava con aria svagata una canzoncina che parlava di casseruole, e giunsero infine allo scalone principale, che in quel momento aveva l’aspetto di un enorme tapis-roulant.
Harry vi montò con circospezione: per quel che ne sapeva, un buco avrebbe potuto aprirsi dal nulla e farlo precipitare per i sette piani sottostanti; e, anche se c’era sempre la probabilità che la Tempesta Ironica decidesse di trasformarlo in un pellicano, una libellula o in un grifone durante la caduta per impedirgli di sfracellarsi al suolo, Harry non avrebbe di certo scelto di vivere volontariamente un’esperienza del genere.
Nelle scale mobili non si spalancò nessuna fessura improvvisa, comunque. I quattro studenti scesero in tranquillità, passando accanto al sesto piano.
Poi al secondo piano.
Poi ai sotterranei.
Poi al reparto surgelati di un supermercato.
Poi di nuovo al sesto piano.
Poi davanti ad una sorta di gigantesco acquario, nel quale nuotavano tutti i pesci esistenti (e anche una buona metà di quelli che non esistevano). Ron cercò di appoggiare la mano sul vetro dell’enorme vasca. Vetro che però non c’era, dato che il braccio del ragazzo affondò quasi fino alla spalla. Il rosso rabbrividì e ritrasse immediatamente la mano, giusto un attimo prima che uno squalo tigre (Galeocerdo Cuvier), incuriosito dall’apparizione di quella buffa stella marina rosata, decidesse di sgranocchiarla un po’ per sentire se era di suo gusto.
E, alla fine, i quattro riuscirono a sbarcare al quarto piano. “Bene, eccoci arrivati!” disse Hermione, varcando la familiare porta della biblioteca (che era bizzarramente uguale al solito) “Vediamo di venire a capo di questa faccenda!”.
  
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