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Autore: Mirokia    23/09/2011    2 recensioni
-Ma non lo vedi tu stessa? Si sta per sposare! Con una donna!- fece Kurt a voce talmente alta, che le vecchie dietro di lui gli intimarono di tenere la bocca chiusa con uno “shhh” sommesso. -Sta delirando.-
-Quello che sta delirando qua dentro sei tu, razza di Hummel.- ribattè Santana, tranquillissima.
-Sarà l’errore più grande della sua vita.-
-Probabile. Mi divertirò parecchio.- ridacchiò la ragazza.

[ Kurtofsky/Possibili spoiler delle ultime puntate ]
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Dave Karofsky, Finn Hudson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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DELIRIOUS

 

 

 

 

15. -Love you-

 

 

 

 

 

Dave non s’era accorto subito che Kurt s’era addormentato sullo scalino davanti alla propria profumeria perché impegnato a maledire Blaine per avergli inferto ginocchiate tanto dolorose all’altezza dell’addome. E quando finalmente si rese conto che Kurt era ben spalmato per terra e non sembrava aver intenzione di alzarsi, si precipitò verso di lui e iniziò a urlare ordini a destra e a manca.

-Chiamate un’ambulanza, per Dio!- esclamò, e intanto pensava che quell’esclamazione non faceva proprio al caso suo. Santana non gli diede retta nemmeno un po’, impegnata com’era a parlocchiare con Rory dai capelli rossi, mentre gli altri curiosi che s’erano avvicinati se ne stavano immobili, incapaci di muovere un muscolo.

-Volete chiamare una fottuta ambulanza o no?!- sbraitò Dave, ancora più infuriato. Intanto, uno dei colleghi di Kurt-non il gigante smilzo con la faccia da becchino, l’altro- s’era accovacciato su Hummel e aveva iniziato a schiaffeggiarlo con un ritmo sempre più veloce, parlandogli nell’orecchio.

-Polly svegliati. Che fai, dormi? Forza, apri i tuoi occhietti azzurri…-

-Ehi ehi ehi, momento momento momento.- disse Dave picchiettando tanto violentemente sulla spalla di quello, da provocargli una smorfia di dolore. –Non toccarlo.- aggiunse a denti stretti, e l’altro lo guardò, un po’ impaurito dallo sguardo assassino di Dave.

Che poi, che soprannome del diavolo era ‘Polly’? E com’è che si permetteva di chiamarlo in maniera tanto confidenziale? Doveva chiarirlo una volta per tutte che Kurt era suo?

No, okey, aspetta. Suo in che senso? Solo perché Kurt e Blaine avevano litigato, adesso poteva considerarsi…il fidanzato di Kurt? No, era ridicolo, i suoi pensieri correvano ancora a Nancy. E poi era semplicemente ingiusto che Dave si augurasse che quei due si lasciassero. Non era ancora così stronzo. In realtà gli importava solo che Kurt riuscisse a riacquistare quel tantino di serenità che gli serviva per non svenire ogni qualvolta subisse un calo di pressione. Il resto non importava più di tanto. Non importavano i desideri di Dave, le sue aspettative, la piega che avrebbe preso la sua vita. Se Kurt avesse voluto prendersi una pausa da tutto e da tutti e starsene un po’ per conto proprio, lui non l’avrebbe biasimato, anzi, ne sarebbe stato ben felice. Almeno si sarebbe calmato un po’. Il modo in cui aveva le sopracciglia aggrottate mentre se ne stava con occhi chiusi, respiro corto e corpo abbandonato, non gli piaceva affatto. Non si ricordava bene neanche l’ultima volta in cui gli aveva rivolto un bel sorriso, uno di quelli grandi e spensierati, e anche scacciapensieri, perché quando Dave ne vedeva uno, non riusciva a pensare ad altro se non a Kurt, al suo sorriso, e alla voglia di stritolarlo. Certo, poi ammazzava dentro di sé tutte queste voglie perché le giudicava sbagliate. Forse le giudica ancora sbagliate. Anzi, sicuramente.

-Sei il suo ragazzo?- chiese quel tizio dopo aver fissato Dave insistentemente. Quello arrossì di colpo.

-Eh? Ma che…? Non sono il suo fottuto ragazzo!- e lo disse quasi fossero in trecento capitanati da Leonida ad assalirlo e a bramare il suo sangue.

-Scusa, chiedevo…- mormorò l’altro in risposta, ora più cauto. Ma Dave s’infastidì ancora di più e lo spostò col braccio.

-Levati di mezzo, per favore, lascialo respirare…- provò a dire, ma un mugugno molto simile a quello che si emette la mattina appena svegli, lo fece bloccare.

-Che cos’è questo baccano?- era Kurt che aveva appena aperto un occhio.

- Stavi dormendo? Ma cosa fai, svieni oppure ti addormenti?- chiese, anche piuttosto serio. Una signora che era appena uscita dalla latteria e stava componendo il 118, si fermò e indicò il cellulare.

-Devo chiamare ancora l’ambulanza?- chiese, stralunata.

-Fosse stato per voi, sarebbe già morto.- disse Dave con disappunto. Poi si alzò e allungò una mano a Kurt intimandogli di alzarsi. –Vieni, ti porto a casa.-

-Ma Blaine…-

-A casa tua. Casa Hummel-Hudson, come vuoi che la chiami?- il suo tono era ancora piuttosto serio ma sembrava essersi sbollito quasi del tutto. Così dicendo, Dave si piegò per poi metter una mano dietro la schiena di Kurt e una sotto le sue gambe raggomitolate. Kurt si rese conto che aveva intenzione di prenderlo in braccio e le sue guance si colorirono di rosa. Ma non gli aveva appena detto di mettersi in piedi?

-Lascia stare, faccio da solo…- borbottò Kurt mentre tentava di far forza sulle braccia.

-Fai da solo un corno.- e non aggiunse altro, come se non ammettesse altri tentativi da parte di  Kurt di opporsi.  Riuscì a sollevare Kurt senza poi tanto sforzo, anche se avvertiva che il soprano se ne stava col corpo abbandonato e abbastanza inerme. La poca gente che si era raggruppata attorno a loro ghignò, sorrise, si preoccupò quando vide una scena del genere. Il collega di Kurt fece una faccia perplessa, mentre Mark, all’interno, mormorava fra sé: “Tutti froci, tutti froci, non se ne salva uno, tutti froci…

-E basta!- gli urlò Rory quando rientrò in profumeria e lo vide così acciaccato, gli occhi pieni di qualcosa di simile al risentimento.

Santana guardò Dave e fece uno dei suoi sorrisetti-faccia-da-schiaffi.

-La tipica D.I.D., eh?- disse con le braccia conserte. Dave la guardò senza capire, e l’altra si spiegò allargando le mani. –Donzella In Difficoltà. Sei l’Ercole del momento, tesoro?-

Dave rotolò gli occhi all’indietro e si allontanò dalla gente per raggiungere la sua macchina.

-Dave…- cercò di dire Kurt, ora completamente rosso in viso e sul collo. Beh, almeno aveva preso colore.

-Riesci a stare zitto per dieci minuti?- ribattè Karofsky, già nervoso per conto suo. Si sistemò il soprano tra le braccia e camminò anche abbastanza spedito fino a raggiungere la macchina. La gente li fissava mentre passavano, e Dave, di tanto in tanto, si girava verso qualcuno e chiedeva sgarbatamente ‘Che stai guardando? Vuoi una foto?’ facendo vergognare ancora di più Kurt, che nel mentre aveva abbandonato la testa sul petto di Dave.

Quest’ultimo gettò Kurt come un sacco di spazzatura in macchina, poi mise in moto. Destinazione: casa Hudson.

 

*

 

Durante il tragitto, Kurt si lamentò dicendo che c’era qualcosa sotto il suo sedere che gli dava fastidio. Tastò il sedile e trovò una specie di quaderno, forse un diario, anche se avrebbe detto un quaderno visto che era piuttosto sottile. E sulla copertina c’erano dei fiori colorati.

-Non è proprio il gadget adatto a una persona che si professa etero.- disse mostrando il diario a Dave, che lo guardò con la coda dell’occhio.

-Non dovresti essere moribondo, tu?- fece Dave sbuffando, e allungando un braccio nella direzione di Kurt. –E dammi quel diario.-

-Perché? Non posso leggerlo?- chiese Kurt, adesso improvvisamente curioso. Nah, in realtà era stato curioso sin da quando s’era sentito un fastidio sotto il sedere.

-Non sono affari tuoi.- e quasi andò a sbandare mentre cercava di togliere dalle mani di Hummel quella roba a fiori.

-Cosa mi nascondi?-

-Niente, Hummel, niente, ma non sono comunque affari tuoi. E ora posa quel diario, se non vuoi che mi fermi e che ti prenda a pugni.- minacciò Dave, poi frenò davanti al semaforo rosso.

-Davvero, sono lieto che in te sia rimasto il Karofsky del liceo.- disse Kurt: un discorso campato in aria, come se stesse continuando o ribadendo un concetto che s’era snocciolato in testa. Dave scosse la testa.

-Quindi saresti lieto se ti tirassi la Furia sul muso? Che ne dici?- chiese sarcastico.

-Non sei mai stato capace di alzarmi un dito, rassegnati.- ribattè Kurt con un lato della bocca sollevato e guardando davanti a sé. Dave rise ironico e guardò altrove, poi mise una mano sopra quella di Kurt –al che, Kurt si drizzò come una corda tesa, completamente rosso in volto-, anche se non voleva essere un gesto romantico. Infatti gli prese il dito indice nel pugno e lo sollevò all’altezza del viso di Kurt.

-Adesso te l’ho alzato.- disse semplicemente, e Kurt lo guardò sconvolto e a bocca aperta.

-Lo sai che anche Finn l’ha fatto una volta, vero?- disse, e Dave deglutì, con la parola ‘Finnite’ che gli vorticava nel cervello. –Spero tu stia scherzando.-

-Ha, mi sembra ovvio.- ribattè Dave leggermente rosa in volto, mentre Kurt sfilava l’indice dalla mano di Dave e poi gliela prendeva per posarla sopra la propria gamba. Quando scattò il verde –sembrò un’eternità- Dave non ebbe il coraggio di togliere la mano dalla posizione in cui si trovava: insomma, aveva la gamba di Kurt sotto e una sua mano sopra, che gli trasmetteva un calore forse eccessivo. E dire che fino a poco prima era freddo come il ghiaccio per aver perso i sensi, calo di pressione. A volte, Dave si chiedeva se Kurt fosse o meno un alieno. In fondo, aveva sempre pensato che avesse anche degli occhi troppo azzurri e trasparenti, quasi extraterrestri.

Kurt carezzò con le dita il dorso della mano di Dave, mentre questo, d’istinto, fece pressione con le dita sulla coscia del soprano. Fosse era troppo nervoso.

A quel punto, la macchina dietro di lui lo stonò a forza di suonare il clacson, e Dave si ricordò che, diamine, era scattato il verde. Sollevò a malincuore la mano dalla gamba di Kurt e la portò sulla marcia, lo sguardo fisso sulla strada, troppo imbarazzato per guardare accanto a lui. Così non si accorse di Kurt che apriva il diario che gli era stato ordinato di posare.

-Carissimissimo diario, sono tipo a pezzi. Sono riuscita a resistere un anno intero nelle Cheerios giusto per Santana Lopez, ma non ce la faccio proprio più. La lesbica senza utero e ghiandole lacrimali –ce l’ha confessato lo scorso trimestre- ci fa bere della roba imbevibile, un misto di zozzerie proteiche e quant’altro. E credo di non riuscire più a resistere alla roba strafritta che danno in mensa. Giusto ieri, la Sylvester ha ordinato che venissero eliminate tutte le crocchette dalla circolazione, e una certa Mercedes Jones s’è messa a strillare che voleva le crocchette con un cartellone sopra la testa. Credo sia amica di quell’uomo/donna che frequenta le lezioni di francese con me. E comunque, presto riprenderò a mangiare, sono stanca di essere anoressica. Mi chiedo se a Santana piacciano tonde o magre. Per essere lesbica lo è: ho un gay radar che non fallisce mai. Quell’Hummel della mia classe, per esempio. E’ bastato uno sguardo fugace. ‘E’ gay.’, mi sono detta, poi ha aperto la bocca e tutto è stato confermato. Quell’altra tizia bionda, poi, che se ne va in giro mano per mano con Santana, mi mette una rabbia addosso che non ci vedo. E’ stupida, Dio, stupida. Non può combinarci niente con lei. E poi, quell’altro… Sì, mi va tutto male ultimamente. Quell’altro, dicevo, David. Gli sono andata a sbattere contro così tante volte –e ci credo, è una montagna d’uomo- che abbiamo finito per rivolgerci più spesso la parola e per diventare pseudo-amici. Poi io sono nelle Cheerios, e lui è nella squadra di football, è normale che ci scambiamo anche un paio di sguardi. Solo che boh, sembra che il mio gay radar si sia messo a suonare anche con lui. Anche perché giurerei di averlo visto ieri mentre passava dalla mensa e faceva un occhiolino ad Hummel. Spero che questa volta mi stia sbagliando, perché mi sembra una persona a posto, si rivolge in maniera stranamente gentile nei miei confronti…Gentile?!- sbottò Kurt dopo aver letto un paio di pagine e badando bene a tener stretto e fermo il polso di Dave quando cercò di togliergli il diario dalle mani.

-Sta’ zitto.- si limitò a dire quello svoltando a destra.

-e…mi piace. Voglio dire, non mi piace in quel senso, però se fossi etero, me lo farei volentieri. A quanto ho capito, non è poi così popolare, e neanche bello a dirla tutta, e poi è enorme…non nel senso cattivo, è che è gigante, e ci sono già io che non sono così magra. Però non so cosa c’è in lui, eppure me lo farei. Anche se ultimamente mi ha trattata male, forse è nervoso. Forse è perché si sta avvicinando il ballo scolastico e non sa con chi andare. E va beh, potrei anche chiederglielo io, giusto come copertura. Ancora non capisco da cosa devo coprirmi…so solo che non voglio che i miei genitori sappiano di questa storia e, soprattutto, non voglio mettere Santana in mezzo. …Wow, ho scritto un sacco di roba stavolta. Ci credo, non scrivevo da mesi. E direi che adesso basta, Sayonara.-

Kurt disse l’ultima parola quasi sussurrata, poi sospirò e scosse la testa violentemente, quasi non credesse a ciò che aveva appena letto.

-Anche lei parla il giapponese?- chiese timidamente.

-Hai finito di farti i cazzi degli altri?- chiese a sua volta Dave, e in qualche modo sentì di aver detto qualcosa di facilmente fraintendibile e sconcio.

Kurt alzò leggermente il diario adesso chiuso.

-Suppongo che questo diario sia di…Nancy, giusto?- non potè nascondere il fatto di aver quasi dimenticato il nome della moglie di Karofsky. D’altra parte, Dave non ricordava mai quello di Blaine.

-E grazie al cazzo.- rispose Dave tentando di essere freddo.

-Non sapevo che anche Nancy fosse…-

-Ora lo sai.- tagliò cortò Dave e, dopo essersi fermato al semaforo, si mise una mano sugli occhi per poi massaggiarseli. Kurt lasciò andare il capo sul sedile.

-Nancy…- borbottò. –Sai, all’inizio pensavo che ti fossi messo con questa Nancy solo perché il suo nome ti ricordava ‘Fancy’.-

Dave lo guardò male.

-Un pochetto megalomane, eh?- fece, poi digrignò i denti.

-Perché sei così nervoso?-

Dave scosse la testa sorridendo e ripartì non appena scattò il verde, forse anche prima.

-E’ un pensiero idiota.-

-Ne prendo atto.- disse Kurt, e stette con gli occhi fissi sul suo nuovo autista. Quello sorrise di nuovo nervosamente, poi guardò nello specchietto e si preparò a parcheggiare. Mentre faceva retromarcia, parlò.

-Potresti anche tirare a indovinare, no? ‘Non è poi così popolare, e neanche bello a dirla tutta, e poi è enorme’. Non è esattamente il tipo di complimenti che vorresti sentirti dire da una persona che ha avuto un’importanza fondamentale nella tua vita.- disse, poi si voltò verso Kurt, che lo fissava. –E non guardarmi così solo perché ho voluto utilizzare qualche termine più sofisticato.-

-Già, ha avuto un’importanza fondamentale nella tua vita perché ti ha aiutato a nasconderti.- snocciolò Kurt quando finalmente furono fermi e parcheggiati sotto casa Hummel-Hudson. Dave non rispose, ma aprì la portiera, poi fece il giro e andò ad aprire quella di Kurt. –Mi hai sentito?- insistette quello mentre scendeva. S’accorse che Dave non aveva più intenzione di aiutarlo a camminare: forse si era accorto che non era poi così moribondo.

-Anche se mi sforzassi di ignorarti, non ci riuscirei. Hai la voce stridula, e mi trapana le orecchie.- disse Karofsky dopo aver chiuso la macchina con un ‘bip’ ed essere arrivato davanti alla porta. –E non c’entra niente quello che hai detto tu. Sono solo stanco della gente che dice che sono grasso, o che ho pochi capelli, o che sono brutto.- e mentre parlava, si sentiva un quindicenne.

-Perché, te lo dicono spesso?- chiese Kurt, e fu per davvero una domanda innocente. Dave lo guardò con le sopracciglia alzate, convinto che stesse scherzando, poi si girò verso la porta e suonò il campanello.

-Non sei il mio tipo. Non mi piacciono i ragazzi grassi e sudaticci che saranno pelati a trent’anni’- canzonò, tentando di utilizzare una voce abbastanza stridula. Il fatto che si ricordasse quel dialogo ancora a memoria, non era nulla di buono. Kurt, che sinceramente aveva una confusione non trascurabile in testa, si mise pure a pensare, ma non potè ribattere con nulla, perché Finn Hudson aveva già aperto la porta.

-Hey, fratello adottivo!- disse con un sorriso radioso. Poi si voltò verso Dave, e il suo sorriso si ridusse ad un nervoso stringersi di labbra. –Karofsky.- salutò, e non si capacitava di com’è che quei due assieme erano venuti a bussare alla sua porta. Davvero, non ci capiva un tubo.

 

*

 

-Ragazzo!- la voce altisonante di Burt Hummel entrò nella camera semibuia di Kurt, dove Finn e Dave se ne stavano seduti a parlare di football e hockey, poi di nuovo football, poi Xbox, poi anche Blaine. Kurt non aveva più voglia di sentir risuonare nelle sue orecchie quel nome, e si voltò verso il muro abbracciando il cuscino, sperando di riuscire a prendere sonno, anche se gli occhi continuavano a riempirglisi di lacrime.

-Ragazzo mio!- ripetè Burt sedendosi sul letto e picchiettando sulla spalla del figlio. –Finn mi ha chiamato e mi ha messo al corrente dell’accaduto. Cos’è successo?-

Ma non aveva appena detto di averlo messo al corrente dell’accaduto? Ma che succedeva in quella famiglia? Finnite dilagante?

-Sto bene, papà.- disse pazientemente Kurt, anche se era ovvio che non era così. Si mise a sedere e poi si alzò, per mostrargli che non aveva niente di rotto e che era in gran forma. Certo. Era davvero il giorno più bello della sua vita.

-Finn mi ha detto che ti sei sentito male.- disse Burt. Kurt lanciò una feroce occhiata a Dave, che sicuramente aveva spifferato qualcosa a Finn. Dave, a sua volta, fissò Finn con sguardo minaccioso.

-Sì, beh, mi è girata un po’ la testa, niente di più.- disse Kurt, e si risparmiò la storia dell’ospedale e delle tre e passa volte in cui era svenuto. –E’ che ho litigato con Blaine.-

-Cosa è successo con Blaine?- chiese subito Burt, preoccupato e premuroso e chi più ne ha più ne metta. Prese le mani del figlio tra le proprie e gli chiese con lo sguardo se, per favore, potesse raccontargli tutto. Ma non gli avrebbe detto niente, no. Non in quel momento, almeno. Burt Hummel era capace di tutto pur di non far soffrire suo figlio. Se avesse saputo che Blaine l’aveva tradito con un ragazzo di strada, e per un anno intero, sarebbe andato personalmente a cercare l’ex Usignolo per spezzargli qualche osso. Ossa del collo, ossa delle gambe, ossa dello sterno, il cranio, soprattutto il cranio, e osso sacro.

-…Non ho voglia di parlarne, papà, scusami.- fece Kurt dopo essersi seduto accanto al padre, che annuì piano e gli si avvicinò all’orecchio.

-Puoi stare qui quanto vuoi, ragazzo, mi faresti solo piacere.- gli bisbigliò, facendolo finalmente sorridere. -…E lui che ci fa qui?- chiese poi, lanciando un’occhiata a Karofsky, che adesso borbottava parole minacciose tutte rivolte al povero Finn. Kurt alzò le spalle e guardò Dave mentre discuteva con Finn, e sorrise debolmente quando quello si stufò di sentirsi insultare e se ne andò, lasciando Dave finalmente libero di spostare la sua attenzione su Burt e Kurt.

-Non vuoi dirmelo?- insistette Burt, e il figlio lo guardò con gli occhi lucidi. Moriva dalla voglia di dirgli la verità, di confessargli tutto: il tradimento di Blaine, le sue bugie, le bugie di Kurt, la notte passata con Dave,  poi Nancy, sì, voleva parlargli anche di lei. E poi dirgli che non aveva il coraggio, quel coraggio che avrebbe dovuto far parte di lui sin da quando aveva incontrato Blaine alla Dalton, di lasciare il suo Usignolo. Ne aveva tutti i motivi, ma il cellulare nella sua tasca continuava a vibrare e si stava riempiendo di messaggi. Tutti di Blaine. E lui stava lì, con gli occhi che bruciavano, ad ignorare.

Non aveva il coraggio di spezzare quel legame che c’era sempre stato tra di loro. Avrebbe dovuto farlo, lo doveva al suo orgoglio, l’orgoglio che aveva sempre difeso, ma che, almeno per Blaine, era riuscito a mettere da parte.

Mentre rifletteva e scuoteva la testa, il padre lo abbracciò e gli sussurrò che non l’avrebbe mai lasciato solo.

Ecco cos’era.

Non voleva rimanere solo. Eppure aveva passato più di due settimane senza Blaine, a casa, da solo. Ma no, non era vero, c’erano stati Finn, Mercedes, e poi quel demone di Santana, e Rachel e il suo essere insopportabile. Si ostinava a non pensare a Dave, ma era inevitabile che era stato quello con cui aveva passato la maggior parte del tempo e quello che, involontariamente, gli aveva tenuto compagnia più di tutti. Dave aveva in qualche modo sostituito Blaine, l’aveva fatto sentire bene allo stesso modo, era stato forse anche più presente. Non credeva di poterlo pensare, ma in quel momento, quando i suoi occhi incontrarono quelli di Dave seduto sulla sedia della scrivania, sentì qualcosa nel petto sprofondare, e si convinse che fosse il delirio che s’era impossessato di lui da tempo, ormai. In realtà, tentava di convincersi. Perché già sapeva qual era la tanto agognata verità. Era stato egoista, è vero: aveva voluto a tutti i costi che Dave accettasse la sua omosessualità perché ci teneva che vivesse felice. Sì, forse era quello il motivo iniziale. Ma poi aveva iniziato inconsciamente a volere che Dave lo guardasse di nuovo come una volta, con quello sguardo di riverenza che poi s’abbassava imbarazzato, a volere che arrossisse ancora quando si rivolgevano la parola o iniziavano a scherzare, o che lo chiamasse ‘Fatina’, perché lo sentiva come un segno d’affetto. Si era detto che tutto era dovuto alla mancanza di un amico gay. Aveva parecchie amiche donne, e Mercedes era perfetta. E credeva di aver bisogno, forse, di un amico maschio, uno a cui raccontare le proprie pene senza magari essere preso in giro. Dopodichè s’era accorto che no, Dave non poteva essere suo amico. Non erano mai stati amici, Dave stesso non aveva mai considerato Kurt come suo amico. Se li ricordava bene quei discorsi nell’aula del glee club, e si ricordava di quando disse anche che l’avrebbe considerato come qualcosa di più se non l’avesse offeso in quel modo. Dave gli aveva detto che era poco mascolino, o qualcosa del genere. Adesso che ci pensava, non era un insulto poi così grave: in effetti, lui non aveva un solo capello mascolino. Avrebbe dovuto pensarci, a quel tempo. O forse ci aveva pensato, non ricordava bene. Però sapeva per certo che, man mano che passavano i giorni, aveva voluto David Karofsky a fargli compagnia sempre più spesso, aveva voluto sentire la sua voce, sentirlo sghignazzare, vederlo aggrottare le sopracciglia quando gli venivano fatti dei complimenti, vederlo stringere le labbra quando si innervosiva e avrebbe voluto urlare bestemmie e parole grosse, ma lo faceva occasionalmente, giusto perché era in compagnia di Kurt.

Kurt non aveva mai davvero pensato a come catalogare quel tipo di sentimento. Non era qualcosa di normale, e sinceramente lo stava portando al delirio vero e proprio. Al liceo non ci capiva molto, e aveva quasi lasciato perdere, dopo il matrimonio con Blaine non ci aveva pensato più, e adesso tutto sembrava chiaro come il sole. Il sentimento era ben delineato, e si sentì un folle quando nella sua testolina comparve, nitida e scintillante, la parola ‘Amore’. Non ci aveva creduto fino a quel momento. E adesso sapeva per certo di amare David Karofsky. Quel sentimento era da catalogare sotto la parola ‘Amore’.

Lo amava davvero, e mentre ci pensò arrossì, e Dave gli fece una smorfia, quasi a volerlo avvisare che presto se ne sarebbe dovuto andare.

-…Puoi lasciarci soli, per favore?- disse Kurt rivolto a suo padre, che immagazzinò quelle parole nel proprio cervello e le associò a un evento del passato, un evento che si collocava nell’ufficio del preside della William McKinley High School, anni addietro. Rivide se stesso seduto su una sedia sgangherata, mentre alzava la voce a Paul Karofsky, che tentava pazientemente di spiegargli che no, suo figlio –seduto accanto a lui con la testa bassa che annuiva ad ogni parola del padre- non era mai stato un ragazzo violento, che aveva sempre rispettato le regole, che era sempre stata una persona come si deve. E che se in passato aveva trattato male Kurt, adesso non aveva più intenzione di farlo, anzi, avrebbe voluto creare un gruppo di persone volte a proteggere le vittime di bullismo. Burt se lo ricordava di quanto era stato scettico. Ma avrebbe fatto di tutto per vedere suo figlio felice, e suo figlio moriva dalla voglia di tornare in quella scuola.

Adesso Kurt desiderava che uscisse dalla camera, perché a distanza di anni, voleva nuovamente parlare faccia a faccia con quel Karofsky. E voleva farlo senza la presenza del padre. Il che voleva dire che era successo qualcosa di abbastanza grosso da essere paragonato al bullismo che Kurt subiva al liceo.

Burt guardò suo figlio, e il suo sguardo lo rasserenò in parte. Si alzò poggiandosi con le mani alle ginocchia, poi uscì e prima di chiudere la porta, diede un’ultima occhiata a Kurt.

-Mi ricorda qualcosa.- disse Dave non appena si fu assicurato che i passi di Burt non fossero più udibili.

-Già. Ma questa volta non ti chiederò a che gioco stai giocando, e tu non mi dirai che c’è Santana dietro tutto questo.- fece Kurt, e tirò al petto le gambe.

-Non è detto. Potrebbe benissimo essere stata lei a causare questi casini.-

Dave provò a sorridere, e Kurt ricambiò per poi tornare a guardarsi i piedi coperti da calzini gialli.

-Cosa dovrei fare con…- e non riuscì neanche a pronunciare il nome. - Blaine…secondo te?-

-Perché lo chiedi a me?- domandò Dave, e si sentì improvvisamente in imbarazzo. Fino a poco prima scherzavano come se nulla fosse accaduto, mentre adesso l’atmosfera era pesante, palpabile. Si sentiva, altrochè. –Io sono l’ultima persona che può dirti cosa fare.- e si grattò la nuca.

-Beh, cosa ti aspetteresti?-

-Non lo so…suppongo che tu andrai avanti ancora per un po’ a frignare e svenire come una femminuccia, e poi…-

-Poi?-

-Cosa vuoi che ti dica?- sbottò Dave, una mano sulla fronte. –Non ho idea di quali sono le tue intenzioni. E anche tu sembri parecchio indeciso, visto che nemmeno ti degni di chiudere le chiamate, ma ti limiti a ignorarle.- aggiunse per poi indicare col capo la tasca di Kurt che continuava a vibrare. Kurt prese il cellulare e vide sullo scherno ’13 chiamate perse’, e cinque messaggi.

-Non voglio parlarci, per adesso.- disse Kurt, e spense finalmente il cellulare. Si sentì fiero di se stesso, perché aveva finalmente preso una pseudo-decisione.

-E non parlarci.- disse Dave alzando le spalle. –Fai quello che ti va.- e provò a fare il menefreghista, ma il suo sguardo luminoso tornò su Kurt, che si mise a fissare incantato quegli occhi adesso verde chiaro.

-Adesso mi va di fare una cosa.- disse allora Kurt sfregando le mani sulle ginocchia.

-E fallo, basta che non sia ‘ballare Single Ladies’- disse Dave ironico.

-In effetti, mi aiuterebbe a scaricare lo stress…-

-No, ti prego. Non lo fare.-

Kurt rise, e sentì il cuore battergli davvero troppo forte. E non era normale. Avrebbe dovuto farsi vedere da un dottore, che ne so, uno psichiatra forse. Sarebbe stato più adatto, probabilmente. Si alzò dal letto e andò verso Dave, che d’istinto s’allontanò con la sedia munita di rotelle. Ma Kurt non se ne accorse, era troppo concentrato sugli occhi acquosi di Dave.

Quando gli fu praticamente addosso, Kurt si sedette sulle sue gambe e lo abbracciò. Poi cercò le sue labbra e gli diede un bacio piuttosto lungo, e carico di quel sentimento che Kurt aveva catalogato sotto la parola ‘Amore’. Dopo essersi staccato, Dave fece fatica ad aprire gli occhi e svegliarsi dall’estasi.

-Non…credo sia opportuno.- disse dopo aver dato un’occhiata alla porta.

-Non lo è, infatti. Mio padre è troppo preoccupato.- disse Kurt, poi confessò i suoi timori. –Se venisse a sapere di quello che ha fatto Blaine…sarebbe capace di farlo fuori. Sai com’è fatto, no?-

-Sì, non mi ha mai trattato troppo bene.-

-E se sapesse…insomma…di me e te…- Kurt faceva fatica a parlare, e adesso stava arrossendo, perché Dave gli stringeva la mano, stranamente più romantico del solito.

-Dici che penserebbe che sia stato io a portarti sulla cattiva strada?- chiese quello sforzandosi di sorridere. Perché in effetti non c’era niente da ridere.

-Senza dubbio. Non importa quanto io lo preghi di cambiar idea: lui resterà convinto del fatto che tu non sia esattamente il tipo di persona che dovrei frequentare.- spiegò Kurt per poi poggiare il proprio capo contro quello di Dave e respirargli sul viso. L’altro gli avvolse le braccia attorno alla vita e gli annusò il collo. Poi scosse la testa rassegnato.

-Lo sapevo.- disse amaramente. Kurt gli chiese spiegazioni col suo silenzio. –Dico, lo sapevo che non avrebbe funzionato. Io sono stato un grandissimo stronzo, e un inutile cazzone ai tempi del liceo, e questa mia incapacità di stare zitto e buono non m’ha mai fatto guadagnare la fiducia tua e di tuo padre.- si grattò il naso con l’indice. –E poi, c’è una marea di altre cose per cui non potrebbe mai funzionare. Io sono sposato, tu anche, ma io sono messo peggio di te. Tu almeno sei gay dichiarato, tutto il mondo sa che sei gay, hai un padre che si butterebbe sotto a un treno per te, un fratello talmente tonto che non potrebbe mai darti problemi, neanche se lo volesse, degli amici che sono sempre pronti a tutto pur di farti felice, eccetera, e tante altre belle cose, tanti arcobaleni. Pensa a me e alla mia situazione: sto con una donna, e nessuno, a parte tu, lei, e Santana malsana, sa che sono…voglio dire, non so nemmeno se lo sono, vuoi sapere la verità?-

Kurt annuì piano, e sentiva che non l’avrebbe mai fatto smettere di parlare, per nulla al mondo. Adesso la sua voce gli sembrava così grave e calda e piacevole. Non si stava perdendo una parola. E non voleva nemmeno chiudere gli occhi ad ascoltare, perché voleva vedere ogni movimento del suo viso mentre articolava le parole. Non voleva perdersi niente.

-Io ho continuato a dirti per tutto questo tempo che non sono gay, ok? Non era per prenderti per il culo, cioè, sì, mi piace prenderti per il culo…cioè, non in quel senso…cioè, hai capito!-

-Se dici un’altra volta ‘cioè’, sarò costretto a pensare che sei persino più gay di me.- sorrise Kurt e avvicinò il suo naso a quello di Karofsky, che allontanò il capo.

-Basta smancerie.- disse secco. –Allora, dicevo, io so di non essere gay. Voglio dire, ‘gay’ significa che sei attratto dagli uomini.-

-Di nuovo con questa storia? Mi stai dicendo che sembro una donna?- chiese Kurt leggermente irritato.

-No, aspetta, vedi che non mi fai finire di parlare?- esclamò Karofsky col tono di voce più alto, per poi abbassarlo di nuovo. –Non credo di essere gay, perché…m’è piaciuto davvero un solo ragazzo nella mia vita scema, e non voglio fare di tutta l’erba un fascio. Voglio dire, boh, mi sono innamorato di questo ragazzo, e allora? Mica significa che devono piacermi tutti i ragazzi. Me n’è piaciuto uno, va bene, in futuro potrebbero piacermi solo donne.-

-E quel ragazzo ero io, giusto?- chiese Kurt con l’emozione nella voce e le dita che stringevano sulla maglia di Dave.

-…E’ una domanda scaturita dalla tua ingenuità, o vuoi davvero farmi arrabbiare?- borbottò Dave, le guance perfettamente rosse.

-Mi amavi davvero?- domandò allora l’altro poggiando la testa sulla spalla di Dave. Quest’ultimo sentì le orecchie bruciare, a quel tono così suadente eppure innocente.

-La pianti di mettermi in imbarazzo?- fece con un cipiglio, e Kurt gli rise nell’orecchio, e finalmente si sentiva meglio. Sembrava che quando era in compagnia di Dave, tutte le altre preoccupazioni andassero a rifugiarsi nei cassetti del suo cervello e non volessero più uscire. Almeno finchè Dave era lì con lui.

Kurt poggiò le labbra sul collo teso di Dave e ci lasciò un bacio. Il modo in cui Dave tremava per l’imbarazzo e per le sensazioni legate a quei baci innocenti, lo fece sorridere, e gli ricordò cos’è che voleva dirgli. Forse avrebbe dovuto dirglielo tempo prima, ma non se n’era accorto, non poteva essere biasimato. Non l’aveva mai capito, e si chiese se davvero fosse stata colpa della Finnite o se fosse proprio lui quello troppo fissato coi musical romantici e strappalacrime, da non accorgersi che quella burbera relazione che s’era instaurata tra lui e Dave poteva essere facilmente fraintendibile con l’amore. No, era amore. Lo era di certo.

Si avvicinò con la bocca all’orecchio di Dave, gli disse ‘Ti amo.’ Ma non era un ‘ti amo’ sussurrato come quello delle telenovele, o gridato al mondo come quello delle pellicole drammatiche. Era un ‘ti amo’ normale, detto a mezza voce, diretto e convinto.

A Dave uscirono quasi gli occhi fuori dalle orbite per quella confessione così improvvisa e sincera. Mise una mano sui capelli di Kurt e, muovendo la spalla, gli fece alzare il capo, e prese a baciarlo, perché non sapeva in che altro modo rispondere.

Dal bacio casto, si passò quasi immediatamente al bacio irruento e affamato, quasi fosse un mezzo per trasmettere a Kurt tutte le parole sdolcinate che Dave aveva in mente di dirgli.

E’ vero, tra di loro non sarebbe mai funzionato. Ma adesso non ci volevano pensare, e stavano avvinghiati l’uno all’altro, la sedia che sbatteva contro la scrivania, le gambe di Kurt che si avvolgevano sui fianchi di Dave. E intanto entrambe le loro mani erano stette sul collo dell’altro. Era un bacio strano: Kurt l’avrebbe definito delirante. Sembrava esserci disperazione in quel contatto di bocche e lingue, quasi pazzia.

In quel momento, Finn bussò ed entrò nella stanza prima che potesse ottenere risposta, ma loro non si fermarono, almeno finchè Finn non fece un gridolino stupito e strozzato e scandalizzato e chi più ne ha più ne metta.

-Che…che stavate facendo?- chiese Finn con gli occhi spalancati e le mani tese in avanti. Kurt scese dalle gambe di Dave e si sistemò i capelli dietro l’orecchio, mentre l’altro si coprì gli occhi e si guardò i piedi.

-Non dirlo a papà, per favore. Non ancora.- disse Kurt, e tentò di tranquillizzare Finn con lo sguardo. Quello stava ancora con gli occhi spalancati, e le mani gli tremavano, e anche la voce, come se avesse assistito a un delitto e adesso doveva essere fatto fuori. –Dovevi…dirmi qualcosa?- tentò Kurt. Il fratellastro annuì e allungò il proprio cellulare verso Kurt, badando bene che non gli sfiorasse le mani, nemmeno un’unghia.

-Ho ricevuto un messaggio da Blaine.- disse semplicemente, poi consegnò il telefono a Kurt, e si voltò, camminando come un robot fino al soggiorno.

Kurt si picchiettò il cellulare arretrato di Finn sul mento.

-Non so se leggerlo o meno.- ammise. Dave alzò le spalle.

-Deve essere disperato per aver mandato un messaggio anche ad Hudson, che non c’entra niente.-

Kurt annuì, poi lesse il messaggio. Diceva: ‘Se non accetti di parlarmi, mi butterò dalla finestra. Chiamami, parlami, ti prego.

Un brivido corse su per la schiena del soprano, che sentì pizzicargli nuovamente gli occhi. –E’ forse impazzito?- disse col suo tono drammatico, poi fece leggere il messaggio a Dave, che socchiuse gli occhi, rassegnato.

-Devi andare da lui.- disse pacatamente, poi alterò il tono di voce. –Dai, va’! O si butterà di sotto, e non vorremmo mica che faccia questa fine.- aggiunse, ironico. Kurt lo guardò di sottecchi.

-Adesso non me la sento…Non mi va e basta! E potrò fare quello che voglio, una volta tanto!- esclamò, e stette un attimo zitto, quasi avesse interrotto la frase sul più bello. –Andrò a parlargli domani, comunque.-

-E tornerai con lui, immagino.- borbottò Dave, con l’intenzione di non farsi sentire, e infatti Kurt chiese un ‘Come?’ e lui aveva detto un ‘Lascia perdere’, per poi sforzarsi di non sembrare disperato.

 

 

 

 

§

 

 

 

Spero sia abbastanza lungo. Ci ho lavorato un po’, ed eccolo bello fresco per voi ^^

 

Angolo delle curiosità: -Il ‘momento momento momento’ è sempre preso da Peter Griffin XD

-‘ Non si ricordava bene neanche l’ultima volta in cui gli aveva rivolto un bel sorriso’, ‘can’t remember when I last saw you laughing’, True colours, Cindy Lauper.

-‘La tipica D.I.D., Donzella In Difficoltà’, presa da Hercules XD Amo quel cartone animato.

-Gli occhi di Kurt sono extraterrestri, e ho messo quell’aggettivo semplicemente perché stavo ascoltando E.T. di Katy Perry.

-Ho citato la scena in cui Karofsky e suo padre parlano con Kurt e suo padre per convincere Kurt a tornare al McKinley.

-‘ hai un padre che si butterebbe sotto a un treno per te’, stavo pensando alla canzone Grenade di Bruno Mars, che fa ‘I’ll jump in front of a train for you’.
- ‘Non voleva perdersi niente’, ‘I don’t wanna close my eyes, I don’t wanna fall asleep ‘cause I’d miss you babe, and I don’t wanna miss a thing’ LOL

-‘Devi andare da lui.’ Stessa frase che dice la Besta a Belle quando deve lasciarla andare, cioè quando lei vede attraverso lo specchio magico che suo padre sta morendo sulla neve. Cose random XD

Boh, credo di aver finito. Grazie a tutti coloro che mi sono ancora fedeli, mi migliorate un’intera settimana, grazie *____*

 

 

Mirokia

 

   
 
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