19:Ancora confusa
I wake up in
the morning / Mi sveglio la mattina
Put on my face / Indosso la mia
faccia
The one that's gonna get me / Quella
che mi porterà
Through another day / Attraverso un altro giorno
Doesn't really matter / Non importa davvero
How I feel inside / Come mi sento dentro
This life is like a game sometimes / Questa vita è come un videogioco
a volte
Then you came around me / Poi sei venuto
da me
The walls just disappeared / I muri sono scomparsi
Nothing to surround me / Niente a circondarmi
Keep me from my fears / E proteggermi dalla mie paure
I'm unprotected / Sono senza
protezione
See how I've opened up(oh) / Vedi come mi sono aperta
You've made me trust / Mi hai fatto
avere fiducia in me
( Avril Lavigne- Naked)
Cammino per le strade della città. Nei miei occhi
uno strano bagliore di serenità mista ad un infantile, nonché
immotivato senso di ilarità. Guardo ogni cosa, e chiunque come se stessi
posando per la prima volta il mio sguardo su di loro. Dettagli di vita, che in
passato avevo avuto da sempre sotto gli occhi, ma di
cui non mi ero mai curata,improvvisamente si erano rivelati a me. Come se fino
ad adesso avessi brancolato nel buio, ed ora finalmente qualcuno avesse acceso
la luce.
I miei passi erano lenti e soffici, quasi stessi
accarezzando l’asfalto su cui stavo passeggiando, tuttavia erano sicuri e
decisi, come ormai me…dopotutto.
Sono serena, la mia mente non è angustiata da
strani e turbolenti pensieri, svolge semplicemente quello che svolgono tutte le altri menti. Sorrido tra me e me: avevo dimenticato
cosa si provava quando si è felici…
In tutti quegli anni, questo sentimento era stato
per me solo un miraggio, pari all’acqua del secco deserto. Eppure
eccomi qui, sana e salva. Finalmente arrivata alla mia oasi di pace e serenità.
Rivolgo uno sguardo al sole e sorrido di nuovo. Passeggio
spensierata tra i negozi e specchiandomi nelle loro belle vetrine, addobbate a
festa per ricordare a chiunque le guardi che tra qualche giorno sarebbe arrivato il nuovo anno. Guardavo la mia immagine
riflessa in quei pezzi di vetro e mi soffermavo, prestando attenzione
all’espressione del mio viso. Era disteso, senza neanche una
ruga che stesse ad indicare qualche brutto pensiero, la bocca era
ricurva a formare una mezza luna, e a creare delle piccole fossette sotto gli
occhi. Rispendevo di una luce nuova, mai vista prima. Rispendevo di serenità.
Avevo tutto quello che volevo: finalmente avevo chiarito i miei sentimenti per
Ryan e anche se non gli avevo ancora dato una risposta precisa e definitiva,
avevo la consapevolezza che lui mi amava, che forse lui era l’unico e il solo
capace di curare le ferite della mai povera anima. Avevo, inoltre, anche tutte
le carte in regola per poter rifarmi una vita, distaccandola da quella vissuta
fino ad adesso.
E,
sempre immersa nell’ammirare quei meravigliosi addomi per capodanno, pensai che
molto probabilmente avrei festeggiato l’arrivo del nuovo anno a casa mia con i
miei genitori e forse, perché no, anche con Ryan.
Staccai le mani e gli occhi dalla vetrina e di
nuovo con le buste della spesa in mano mi diressi verso casa. A guardarmi
sembravo proprio una madre di famiglia.
Ma mentre ridevo di gusto tra me e me per
l’immagine che mi ero fatta nella mia mente, mi sento strattonare il braccio e vengo tirata da una mano uscita dal nulla, verso un vicolo
poco illuminato, adiacente alla strada principale. Guardo il mio rapitore ma è voltato di spalle e per di più indossa un
capello che lo copre fino agli occhi.
Una volta entrati
nella stradina lui mi lascia bruscamente e si allontana di qualche passo,
rimanendo sempre di spalle. Poi, all’improvviso si porta la mano al capo e si
sfila dalla testa il cappello, quindi si volta verso di me. Era
Josh.
I capelli più lunghi, la barba e i vestiti
stropicciati gli davano un aspetto trascurato, quasi fosse un barbone, e se non
lo avessi identificato dai sempre bellissimi e limpidi occhi, probabilmente non
l’avrei mai e poi mai riconosciuto.
Mi fissa, quasi volesse
entrarmi dentro e si comincia ad avvicinare a me. Sono intimidita e quindi
indietreggio un po’, fino a che la mia schiena non viene bloccata dal muro. Ma lui non si ferma e continua ad avanzare verso di me,
sempre di più. Un odore nauseabondo di alcol mi assale
prima di lui. Deve aver bevuto molto. Cercando di salvare qualcosa del nostro
rapporto, e anche evitare di farlo avvicinare ulteriormente, mi faccio coraggio e decido di parlare per prima.
-
ciao…-
-
“ciao” è tutto quello che hai da dirmi?! Dopo tutto quello che mi hai
fatto ti viene in mente solo uno stramaledettissimo “ciao”?!
[…]
Mi ritrovo a fissare il candido soffitto del mio
appartamento. È l’unica cosa che ricordo. È come se il tempo si fosse fermato
e, mentre io ero bloccata, il mondo è andato avanti senza di me, trascinandomi
insieme al lui per il tempo e lo spazio inconscia di
tutto quello che stava accadendo; ma adesso , almeno per quanto mi riguarda,
deve aver ripreso il suo naturale corso, lasciandomi in balia dei ricordi di
qualche minuto fa, sorretti da una base logica racchiusa nel mio cervello.
Ecco lì qui che arrivano.
Affamati di sangue, del mio sangue. Avidi di felicità,
ben predisposti a succhiarmi tutto quello che di buono e puro c’è in me. Come
una macabra armata di morte, ecco avanzare e farsi largo tra le
mie sinapsi quei malvagi pensieri, che, come tanti funghi parassiti, si
depositano nel tuo cervello e lo affollano, non facendoti neanche respirare;
senza neanche darti il tempo di capire le malignità che ti sussurrano
dolcemente all’orecchio, che subito ne hanno pronte delle altre, molto più
incisive e devastanti delle precedenti.
Fiaccamente lascio cadere il mio
capo sul morbido cuscino e passo una mano sull’addome, accarezzandolo
debolmente.
Ritornano vive, come se fossero marchiate a fuoco,
le parole che circa un’ora fa erano uscite dalla
carnose labbra di Josh.
È vero io non avevo
nulla da dirgli. Ero troppo sporca. Troppo compromessa per rivolgergli la
parola. In quanto, se pur ben nascosta nel mio subconscio, una vocina mi
giudicava un vero e proprio verme per quello che gli avevo
fatto.
Lui era lì. Con il suo aspetto un
po’ malandato, con l’espressione che ha un cane randagio che deluso dai
precedenti padroni, preferisce cavarsela da solo e decide di vivere errando.
E vorrei tanto rispondere a questa insistente e
alquanto fastidiosa vocina dentro di me che, prima di accusare, forse sarebbe stato meglio prendere in considerazione anche la
possibilità che io potrei non c’entrare
nulla con nulla di tutto quello che sta passando Josh, che sono stata una
storia come le altre, una delle tante ragazze che si è portato a letto, per
puro piacere fisico.
Ma
allora perché quelle sue parole? Perché mi ha detto di
amarmi, quando credo che non sia vero?
Di nuovo la voce nella mia mente risponde alla mia
domanda, chiedendo a sua volta cosa ne sapevo io di quello che provava Josh, ma
non solo, cosa ne sapevo io in generale dell’amore…
È vero, nella mia vita, a dire il
vero sin da piccola, lo desideravo. Mi ricordo che,
tranquilla e sicura sotto le mie coperte, ascoltando le storie di principesse e
principi, di avventure fantastiche che questi
personaggi affrontavano insieme, e di come ne ero ardentemente gelosa. Mi
domandavo insistentemente perché le altre persone avevano la fortuna
incommensurabile di poter vivere un amore vero, anche solo uno solo in tutta la
vita, ed io invece neanche vederlo da lontano, non vivere neanche il più opaco
riflesso di questo grande sentimento.
Ma,
parlando sinceramente, non ho mai fatto nulla perché il mio sogno si avverasse.
Me ne stavo lì, ad aspettare, come un guardiano del faro che aspetta
giorno e notte l’arrivo delle navi. Anche se dentro
bruciavo dal desiderio di conoscere cosa si prova ad amare e ad essere amati,
fuori, non facevo nulla di concreto perché questo si avverasse. Credo sia stata colpa di tutte quelle favole lette. Certo, in quei
racconti, il principe azzurro arriva all’improvviso, salvandoti e promettendoti
subito amore eterno. Sorrido. Nella realtà, nell’amara realtà,
bisogna cercarlo il proprio principe azzurro. È tutto un gioco di sentimenti e
sensazioni che ti fanno credere o meno che quella che
ti è di fronte è la tua anima gemella. Ho scoperto, andando avanti, ma ahimé,
me ne rendo conto solo adesso, che l’amore non può nascere da un giorno
all’altro. Ma, come un muretto a secco, bisogna costruirlo
giorno per giorno, con mattoni fatti di fiducia e rispetto reciproco.
Forse qui, come se fossi ritornata bambina, nel mio
caldo e sicuro letto, tutto può sembrarmi più facile, non riesco a vedere
ostacoli sulla via, ma so che si saranno. Quindi, è
inutile pensare a cosa accadrà domani. Forse sarebbe meglio vivere giorno per
giorno, anche se la mia indole me lo renderà alquanto
difficile.
Non appena, sicura delle mie idee,
credo di vedere infondo alle tenebre del mio cuore una luce, ecco qui che di
nuovo il buio dell’incertezza la ricopre. Mi tornano in
mente, quasi fosse accaduto tanto tempo fa e non
appena due ore prima, gli occhi di Josh, freddi e distaccati, come due lastre
di ghiaccio. Le sue parole che, fermamente, come se le sue labbra stessero
parlando per diretto mezzo del suo cuore, cariche di rabbia e rancore, mi
ricordano ciò che lui ha fatto per me durante questi anni. Come mi ha aiutata, come si è preso cura di me dandomi un lavoro. E per
concludere, come, anche se secondo lui faccio finta di
non averlo sentito, per un secondo, un solo e unico secondo, mentre facevamo
l’amore, io l’abbia amato veramente.
Eccolo qui, che nel vicolo si
avvicina verso di me e mi abbraccia. È caldo. Avverto una
sensazione magnifica, come se stessi tra le nuvole, e guardassi
tutto e tutti dall’alto, senza avere problemi miei a cui pensare. Lui che mi sussurra all’orecchio con la sua voce profonda delle
parole che forse la mia memoria aveva rimosso fino a questo momento per non
darmi supplizio. Delle parole che arrivano nel mio cuore come una doccia
fredda, abbattendo tutto quello che ho detto prima
riguardante la nuova vita che avevo intenzione di iniziare.
“
lui potrà amarti fino a quando non ti avrà riportata a
casa dai tuoi genitori. Io potrei, invece, amarti sul serio… per il resto della
mia vita…”
Con queste stesse parole
che come spiriti inquieti volteggiavano nella mia mente, mi lasciai andare tra
le sicure e dolci braccia di Morfeo.
Venni
destata dopo non so quanto tempo dal rumore della caffettiera che con il suo
fischiettio annunciava che il caffé era pronto. Piano mi alzai
e a piedi nudi mi diressi verso la cucina.
Trovai Ryan intento
ad armeggiare con tazzine, zucchero e caffé. Non aveva un’espressione molto convinta mentre faceva tutto questo, forse perché non ci
aveva mai provato.
Io mi misi ad osservarlo appoggiata allo stipite
della porta e sorridendo cercai di non far trapelare la mia presenza.
Dopo un po’ posò le tazze su di un vassoio e,
voltandosi per uscire dalla cucina, mi trovò dinanzi a lui. Dopo un primo
momento di immobilità, mi fece cenno di andarci a
sedere in salotto, e così facemmo.
Con ancora la tazza di caffé fumante tra le dita, venni presa improvvisamente dalla paura, scaturita dalle
parole di colui che mi sedeva di fianco.
Aveva davvero appena detto
che il nostro volo sarebbe partito domattina alle 9? Davvero mi stava dicendo che ritornare a Tokyo sarebbe stata la scelta
migliore per entrambi, ma che comunque la decisione di partire o restare qui
sarebbe stata mia?
Non sapevo cosa fare. Forse sarebbe stato meglio se
lui mi avesse costretto a partire, almeno non mi sarei ritrovata in questa
situazione.
Ti guardo fisso in quegli occhi di ghiaccio e
silenziosamente ti chiedo aiuto. Ma tu mi sorridi e
posi le tue labbra sulla mia guancia. Appoggi la tazza sul tavolo e te ne vai.
E
così vuoi che sia il mio cuore a scegliere? Sei convinto che sia
celata dentro di esso la risposta a questa domanda?