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Autore: baby dark    05/06/2006    2 recensioni
Baby Dark...a grande richiesta è tronata con una nuova fiction...ovviamente i protagonisti saranno come al solito le mie cavie per cattierie preferite: Strawberry (alias "la tonta") e Ryan ( il figaccio da pura)...allora...Strawberry partirà per Londra con il suo amato (al quanto schifoso aggiungerei) MArk...lasciando Ryan a Tokyo...ma la vita a LOndra non sarà come Strawberry se l'era immaginata, e la rossa perderà le redini della propria vita... che dire di più...LEGGETE E LO SAPRETE!!!!!! commentati in nuomerosi miei cari (scusate ma ho manie da diva di HOllywood)...
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Contenuti forti
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I wake up in the morning / Mi sveglio la mattina

 

19:Ancora confusa

 

 

I wake up in the morning / Mi sveglio la mattina
Put on my face / Indosso la mia faccia
The one that's gonna get me / Quella che mi porterà
Through another day / Attraverso un altro giorno
Doesn't really matter / Non importa davvero
How I feel inside / Come mi sento dentro
This life is like a game sometimes / Questa vita è come un videogioco a volte

Then you came around me / Poi sei venuto da me
The walls just disappeared / I muri sono scomparsi
Nothing to surround me / Niente a circondarmi
Keep me from my fears / E proteggermi dalla mie paure
I'm unprotected / Sono senza protezione
See how I've opened up(oh) / Vedi come mi sono aperta
You've made me trust / Mi hai fatto avere fiducia in me

( Avril Lavigne- Naked)

 

 

Cammino per le strade della città. Nei miei occhi uno strano bagliore di serenità mista ad un infantile, nonché immotivato senso di ilarità. Guardo ogni cosa, e chiunque come se stessi posando per la prima volta il mio sguardo su di loro. Dettagli di vita, che in passato avevo avuto da sempre sotto gli occhi, ma di cui non mi ero mai curata,improvvisamente si erano rivelati a me. Come se fino ad adesso avessi brancolato nel buio, ed ora finalmente qualcuno avesse acceso la luce.

I miei passi erano lenti e soffici, quasi stessi accarezzando l’asfalto su cui stavo passeggiando, tuttavia erano sicuri e decisi, come ormai me…dopotutto.

Sono serena, la mia mente non è angustiata da strani e turbolenti pensieri, svolge semplicemente quello che svolgono tutte le altri menti. Sorrido tra me e me: avevo dimenticato cosa si provava quando si è  felici…

In tutti quegli anni, questo sentimento era stato per me solo un miraggio, pari all’acqua del secco deserto. Eppure eccomi qui, sana e salva. Finalmente arrivata alla mia oasi di pace e serenità.

Rivolgo uno sguardo al sole e sorrido di nuovo. Passeggio spensierata tra i negozi e specchiandomi nelle loro belle vetrine, addobbate a festa per ricordare a chiunque le guardi che tra qualche giorno sarebbe arrivato il nuovo anno. Guardavo la mia immagine riflessa in quei pezzi di vetro e mi soffermavo, prestando attenzione all’espressione del mio viso. Era disteso, senza neanche una ruga che stesse ad indicare qualche brutto pensiero, la bocca era ricurva a formare una mezza luna, e a creare delle piccole fossette sotto gli occhi. Rispendevo di una luce nuova, mai vista prima. Rispendevo di serenità. Avevo tutto quello che volevo: finalmente avevo chiarito i miei sentimenti per Ryan e anche se non gli avevo ancora dato una risposta precisa e definitiva, avevo la consapevolezza che lui mi amava, che forse lui era l’unico e il solo capace di curare le ferite della mai povera anima. Avevo, inoltre, anche tutte le carte in regola per poter rifarmi una vita, distaccandola da quella vissuta fino ad adesso.

E, sempre immersa nell’ammirare quei meravigliosi addomi per capodanno, pensai che molto probabilmente avrei festeggiato l’arrivo del nuovo anno a casa mia con i miei genitori e forse, perché no, anche con Ryan.

Staccai le mani e gli occhi dalla vetrina e di nuovo con le buste della spesa in mano mi diressi verso casa. A guardarmi sembravo proprio una madre di famiglia.

Ma mentre ridevo di gusto tra me e me per l’immagine che mi ero fatta nella mia mente, mi sento strattonare il braccio e vengo tirata da una mano uscita dal nulla, verso un vicolo poco illuminato, adiacente alla strada principale. Guardo il mio rapitore ma è voltato di spalle e per di più indossa un capello che lo copre fino agli occhi.

Una volta entrati nella stradina lui mi lascia bruscamente e si allontana di qualche passo, rimanendo sempre di spalle. Poi, all’improvviso si porta la mano al capo e si sfila dalla testa il cappello, quindi si volta verso di me. Era Josh.

I capelli più lunghi, la barba e i vestiti stropicciati gli davano un aspetto trascurato, quasi fosse un barbone, e se non lo avessi identificato dai sempre bellissimi e limpidi occhi, probabilmente non l’avrei mai e poi mai riconosciuto.

Mi fissa, quasi volesse entrarmi dentro e si comincia ad avvicinare a me. Sono intimidita e quindi indietreggio un po’, fino a che la mia schiena non viene bloccata dal muro. Ma lui non si ferma e continua ad avanzare verso di me, sempre di più. Un odore nauseabondo di alcol mi assale prima di lui. Deve aver bevuto molto. Cercando di salvare qualcosa del nostro rapporto, e anche evitare di farlo avvicinare ulteriormente, mi faccio coraggio e decido di parlare per prima.

-         ciao…-

-         “ciao” è tutto quello che hai da dirmi?! Dopo tutto quello che mi hai fatto ti viene in mente solo uno stramaledettissimo “ciao”?!

[…]

 

Mi ritrovo a fissare il candido soffitto del mio appartamento. È l’unica cosa che ricordo. È come se il tempo si fosse fermato e, mentre io ero bloccata, il mondo è andato avanti senza di me, trascinandomi insieme al lui per il tempo e lo spazio inconscia di tutto quello che stava accadendo; ma adesso , almeno per quanto mi riguarda, deve aver ripreso il suo naturale corso, lasciandomi in balia dei ricordi di qualche minuto fa, sorretti da una base logica racchiusa nel mio cervello.

Ecco lì qui che arrivano. Affamati di sangue, del mio sangue. Avidi di felicità, ben predisposti a succhiarmi tutto quello che di buono e puro c’è in me. Come una macabra armata di morte, ecco avanzare e farsi largo tra le mie sinapsi quei malvagi pensieri, che, come tanti funghi parassiti, si depositano nel tuo cervello e lo affollano, non facendoti neanche respirare; senza neanche darti il tempo di capire le malignità che ti sussurrano dolcemente all’orecchio, che subito ne hanno pronte delle altre, molto più incisive e devastanti delle precedenti.

Fiaccamente lascio cadere il mio capo sul morbido cuscino e passo una mano sull’addome, accarezzandolo debolmente.

Ritornano vive, come se fossero marchiate a fuoco, le parole che circa un’ora fa erano uscite dalla carnose labbra di Josh.

È vero io non avevo nulla da dirgli. Ero troppo sporca. Troppo compromessa per rivolgergli la parola. In quanto, se pur ben nascosta nel mio subconscio, una vocina mi giudicava un vero e proprio verme per quello che gli avevo fatto.

Lui era lì. Con il suo aspetto un po’ malandato, con l’espressione che ha un cane randagio che deluso dai precedenti padroni, preferisce cavarsela da solo e decide di vivere errando.

E vorrei tanto rispondere a questa insistente e alquanto fastidiosa vocina dentro di me che, prima di accusare, forse sarebbe stato meglio prendere in considerazione anche la possibilità  che io potrei non c’entrare nulla con nulla di tutto quello che sta passando Josh, che sono stata una storia come le altre, una delle tante ragazze che si è portato a letto, per puro piacere fisico.

Ma allora perché quelle sue parole? Perché mi ha detto di amarmi, quando credo che non sia vero?

Di nuovo la voce nella mia mente risponde alla mia domanda, chiedendo a sua volta cosa ne sapevo io di quello che provava Josh, ma non solo, cosa ne sapevo io in generale dell’amore…

È vero, nella mia vita, a dire il vero sin da piccola, lo desideravo. Mi ricordo che, tranquilla e sicura sotto le mie coperte, ascoltando le storie di principesse e principi, di avventure fantastiche che questi personaggi affrontavano insieme, e di come ne ero ardentemente gelosa. Mi domandavo insistentemente perché le altre persone avevano la fortuna incommensurabile di poter vivere un amore vero, anche solo uno solo in tutta la vita, ed io invece neanche vederlo da lontano, non vivere neanche il più opaco riflesso di questo grande sentimento.

Ma, parlando sinceramente, non ho mai fatto nulla perché il mio sogno si avverasse. Me ne stavo lì, ad aspettare, come un guardiano del faro che aspetta giorno e notte l’arrivo delle navi. Anche se dentro bruciavo dal desiderio di conoscere cosa si prova ad amare e ad essere amati, fuori, non facevo nulla di concreto perché questo si avverasse. Credo sia stata colpa di tutte quelle favole lette. Certo, in quei racconti, il principe azzurro arriva all’improvviso, salvandoti e promettendoti subito amore eterno. Sorrido. Nella realtà, nell’amara realtà, bisogna cercarlo il proprio principe azzurro. È tutto un gioco di sentimenti e sensazioni che ti fanno credere o meno che quella che ti è di fronte è la tua anima gemella. Ho scoperto, andando avanti, ma ahimé, me ne rendo conto solo adesso, che l’amore non può nascere da un giorno all’altro. Ma, come un muretto a secco, bisogna costruirlo giorno per giorno, con mattoni fatti di fiducia e rispetto reciproco.

Forse qui, come se fossi ritornata bambina, nel mio caldo e sicuro letto, tutto può sembrarmi più facile, non riesco a vedere ostacoli sulla via, ma so che si saranno. Quindi, è inutile pensare a cosa accadrà domani. Forse sarebbe meglio vivere giorno per giorno, anche se la mia indole me lo renderà alquanto difficile.

Non appena, sicura delle mie idee, credo di vedere infondo alle tenebre del mio cuore una luce, ecco qui che di nuovo il buio dell’incertezza la ricopre. Mi tornano in mente, quasi fosse accaduto tanto tempo fa e non appena due ore prima, gli occhi di Josh, freddi e distaccati, come due lastre di ghiaccio. Le sue parole che, fermamente, come se le sue labbra stessero parlando per diretto mezzo del suo cuore, cariche di rabbia e rancore, mi ricordano ciò che lui ha fatto per me durante questi anni. Come mi ha aiutata, come si è preso cura di me dandomi un lavoro. E per concludere, come, anche se secondo lui faccio finta di non averlo sentito, per un secondo, un solo e unico secondo, mentre facevamo l’amore, io l’abbia amato veramente.

Eccolo qui, che nel vicolo si avvicina verso di me e mi abbraccia. È caldo. Avverto una sensazione magnifica, come se stessi tra le nuvole, e guardassi tutto e tutti dall’alto, senza avere problemi miei a cui pensare. Lui che mi sussurra all’orecchio con la sua voce profonda delle parole che forse la mia memoria aveva rimosso fino a questo momento per non darmi supplizio. Delle parole che arrivano nel mio cuore come una doccia fredda, abbattendo tutto quello che ho detto prima riguardante la nuova vita che avevo intenzione di iniziare.

“ lui potrà amarti fino a quando non ti avrà riportata a casa dai tuoi genitori. Io potrei, invece, amarti sul serio… per il resto della mia vita…”

Con queste stesse parole che come spiriti inquieti volteggiavano nella mia mente, mi lasciai andare tra le sicure e dolci braccia di Morfeo.

Venni destata dopo non so quanto tempo dal rumore della caffettiera che con il suo fischiettio annunciava che il caffé era pronto. Piano mi alzai e a piedi nudi mi diressi verso la cucina.

Trovai Ryan intento ad armeggiare con tazzine, zucchero e caffé. Non aveva un’espressione molto convinta mentre faceva tutto questo, forse perché non ci aveva mai provato.

Io mi misi ad osservarlo appoggiata allo stipite della porta e sorridendo cercai di non far trapelare la mia presenza.

Dopo un po’ posò le tazze su di un vassoio e, voltandosi per uscire dalla cucina, mi trovò dinanzi a lui. Dopo un primo momento di immobilità, mi fece cenno di andarci a sedere in salotto, e così facemmo.

Con ancora la tazza di caffé fumante tra le dita, venni presa improvvisamente dalla paura, scaturita dalle parole di colui che mi sedeva di fianco.

Aveva davvero appena detto che il nostro volo sarebbe partito domattina alle 9? Davvero mi stava dicendo che ritornare a Tokyo sarebbe stata la scelta migliore per entrambi, ma che comunque la decisione di partire o restare qui sarebbe stata mia?

Non sapevo cosa fare. Forse sarebbe stato meglio se lui mi avesse costretto a partire, almeno non mi sarei ritrovata in questa situazione.

Ti guardo fisso in quegli occhi di ghiaccio e silenziosamente ti chiedo aiuto. Ma tu mi sorridi e posi le tue labbra sulla mia guancia. Appoggi  la tazza sul tavolo e te ne vai.

E così vuoi che sia il mio cuore a scegliere? Sei convinto che sia celata dentro di esso la risposta a questa domanda?

  
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