Anime & Manga > Detective Conan
Segui la storia  |       
Autore: Solieh    25/09/2011    1 recensioni
Tutta questa neve che ora, come allora, cade e si posa leggera su se stessa, che senso ha? Che senso ha restare a guardarla tenendo per mano Kaito?
Dio, colei che mi strugge, ancora oggi porta il nome Aoko.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Kaito Kuroba/Kaito Kid
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
A quel tempo non sapevo quale fosse la strada migliore da percorrere e non avevo idea di quello che avrei potuto trovare alla fine di qualunque strada io avessi scelto. Provavo paura, rabbia e perdizione, questa era sicuramente quella che mi faceva gelare il sangue. Avevo appena diciannove anni, una figlia di già due anni, una marito che adoravo e tanto vuoto negli occhi.
Quell’inverno nevicava forte, le temperature a Tokyo erano scese paurosamente sotto lo zero, credevo che la capitale si fosse spostata in Russia piuttosto che restare in Giappone. Ciononostante continuavo a sentire meno freddo rispetto all’inverno di due anni prima. La mia quotidianità era composta dalla sveglia alle nove di mattina, colazione e lavoro. Lavoravo in questura, o in alcuni condomini facendo le pulizie. Cosa poteva pretendere una che non aveva terminato le scuole superiori per gravidanza e che i primi tempi era stata additata come una donnaccia? Era già tanto se nel mio quartiere nessuno mi guardava più con aria truce. Rincasavo verso le sette di sera e trovavo  spesso la tavola imbandita, mia figlia che scorazzava allegra per casa e mio marito ai fornelli. E ogni volta era una faticaccia trattenere le lacrime.
“Mamma” mia figlia mi chiamava a gran voce.
“La mamma ti è mancata?” l’avevo abbracciata sotto lo sguardo dolce di mio marito. Lei aveva annuito affondando il viso nei miei capelli.
Dopo cena misi a letto Kiara e tornai in cucina per fare i piatti. Mio marito era appoggiato al tavolo per scrivere. Aveva una lunga pila di cartacce. Le prendeva una ad una, le firmava e le riponeva su un’altra fila.
“Ma non ti stanchi mai?” il rumore delle stoviglie lo distrasse, e fece cadere a terra tutti i fogli.
“Ah, scusa, avrò svegliato Kiara?”.
“No, tranquillo” sorrisi “Com’è andata oggi a lavoro?”.
“Brillantemente come al solito, ho risolto altri due casi di furto, un tentato furto e un apparente caso di suicidio, in realtà si trattava omicidio preterintenzionale”.
“Il tuo preferito, no?”.
“Da risolvere naturalmente, Aoko” scosse la testa “Come l’hai detto sembra quasi che mi piaccia stare a guardare la gente che si uccide”.
“In effetti non so come tu faccia ad andare avanti con così tanto odio che ti gira attorno”.
“Tranquilla, quando torno a casa c’è così tanto amore” sorrise.
“Lo sai? Ti si sono schiariti i capelli. Che cosa strana, d’inverno”.
“Ah, si, mi capita spesso. Anche se a pensarci bene negli ultimi anni non è successo. Deve dipendere dal fatto che ultimamente in ufficio tengo sempre le finestre aperte se non nevica, così entra un po’ di sole”.
“Beato te” sbuffai “Io di sole ne vedo poco durante le ore di lavoro” cacciai il broncio come una bambina.
“Ahaha, così sembri Kiara”. Sbuffai di nuovo.
“Piantala stupido, e andiamo a letto che siamo stanchi tutti e due. Domani è il nostro giorno libero, dove ce ne andiamo?” mi portò in braccio fino al bagno.  Aprii l’acqua della vasca.
“Ti fai il bagno?” stava per entrare nel box doccia.
“Vuoi farlo con me?”.
“No, entro in doccia” sorrise “Comunque senti, preleviamo Kiara da scuola e ce ne andiamo a mare, che te ne pare?”.
“Con la neve?” rimasi incantata dall’idea di vedere il mare mentre scende la neve, pensai che dovesse trattarsi di un paesaggio unico.
“Esatto”.
“Sono d’accordissimo” uscii dalla vasca e di scatto entrai in doccia con lui. Quella notte ci addormentammo molto tardi.
A quel tempo, pur essendo quella la mia quotidianità, ancora non riuscivo a credere di avere diciannove anni, di essere già sposata e di avere anche una figlia. Facevo tutte le cose che una brava moglie e una brava mamma dovrebbero fare, mio marito era affabile e avevo la più educata e tenera delle figlie. Spesso forzavo me stessa di essere felice. Mi dicevo “sei felice” o “stai tranquilla che la tua vita va bene così” ma ogni volta, dopo un breve periodo di tempo cercavo il dolore. E quello di certo non tardava ad arrivare. Ogni piccola cosa era motivo di un grande dolore, ma nei miei sogni il dolore aveva sempre il volto di Kaito. Spesso sognavo  che correva nella neve dandomi le spalle, in quell’inverno di due anni prima che mi aveva lasciata priva di ogni speranza di salvezza.
“Ah, quanti inverni erano che non nevicava?” guarda in alto con gli occhi coperti dei ciuffi, Kiara gli tira addosso delle palle di neve ridendo.
“Credo tre, o quattro” mi aggiusto la sciarpa.
“Davvero? Proprio quest’anno che sono ritornato ha cominciato a nevicare, che bello” sembra un bambino più di quanto non lo sembri Kiara.
“Kaito-ojiisan? Hai mai visto la neve prima d’ora?”
Kaito annuisce, poi la prende in braccio e la fa roteare nella neve.  Kiara si stringe attorno al suo viso.
“Ma perché devi essere così dannatamente affettuosa con tutti tu?” le aggiusto il cappello e lei mi porge la mano per andare via.
“Mamma perché non invitiamo anche Kaito alla festa di Natale?” Kaito mi guarda e io guardo altrove, già cosciente dell’espressione del mio amico d’infanzia “Ci sarà anche papà, no? Così si conosceranno”.
“Tranquilla piccola, io il tuo papà lo conosco già” le accarezza la testa “Bye Bye Aoko-chan”.
Di nuovo “bye bye” quel saluto che non ha mai rivolto a me, neppure quando avrebbe dovuto “Aspetta” lo richiamo “Ci saranno anche Akako e Meiko perché non vieni?”sorrido convinta.  Mi guarda sbalordito, poi gira le spalle e comincia a correre.
Mi sono sempre chiesta perché Kaito debba portare sempre maglie di colore scuro. La prima volta che lo vidi correre  per le strade innevate con una maglia scura, frequentavo appena la sesta elementare. E quella figura mi parve così bella e malinconica. Oggi io di anni ne ho venticinque.

Nell’inverno dei miei diciannove anni, mio marito tenendo Kiara in braccio la portò fino in riva. Il paesaggio era stupendo e bianchissimo. Pensai che mi sarebbe piaciuto guardare i capelli mossi di Kaito,confondersi col nero di un suo qualsiasi maglione e col nero del mare invernale.


Credo sia l'ultimo capitolo, insieme al prossimo, che si occupa più della storia che di altro. Dall'ottavo capitolo, ho caminciato(non so perchè) ad approfondire quello che i personaggi sono. Aoko è sicuramente quella che mi somiglia di più. Spero tanto di aver fatto un buon lavoro e di avervi incitato a continuare la lettura. Grazie ;)
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Detective Conan / Vai alla pagina dell'autore: Solieh