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Autore: Thefoolfan    26/09/2011    4 recensioni
Passati alcuni mesi da quanto successo al funerale di Montgomery, Beckett, torna finalmente a lavorare al distretto. Fin da subito però si trova ad affrontare un nuovo caso. Un serial killer che uccide le sue vittime seguendo un macabro piano. Riuscirà la nostra detective, aiutata da Castle e colleghi, a fermare l'assassino prima che sia troppo tardi?
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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CAPITOLO 22

 

Erano le 19 di un piovoso sabato e i detective si trovavano al distretto già da diverse ore, Beckett, Castle e Weiss si erano presentati all'alba, seguiti poco dopo da Ryan ed Esposito, tutti pronti a lavorare sul prossimo omicidio. Anche Lanie era li per aiutare i colleghi a risolvere l'enigma del settimo sacrificio. La sera precedente l'aveva dedicata tutta a fare l'autopsia alla sesta vittima, senza fermarsi un attimo, controllando ogni minimo dettaglio. Come aveva intuito Weiss la donna era morta annegata. Analizzando l'acqua si era capito che questa proveniva da un acquario, per via delle sostanze trovate al suo interno, e cosi non fu difficile trovare il luogo dell'omicidio. I ragazzi della scientifica lo avevano controllato a fondo senza trovare nulla, i detective nemmeno si erano mossi per dare loro stessi un occhiata di persona, cosa sarebbe cambiato farlo adesso. Ora, perciò, si ritrovavano tutti davanti, con gli occhi inchiodati a quella lavagna, ognuno cercando quell'illuminazione che avrebbe salvato chissà quante vittime.

 

 

“Allora per quanto ne so io oggi le scuole sono chiuse, quindi io le escluderei. Inoltre colpendo una di quelle rischierebbe anche di uccidere delle bambine e visto che fino ad ora è stato cosi perfetto non credo commetta un errore simile proprio alla fine.”. Parlò per prima Lanie iniziando cosi a dare vita a una serie di ipotesi, sperando che tra queste ci fosse quella giusta.

 

“Ci sono le scuole private. Molti hanno classi solo di maschi, potrebbe essere una di quelle il suo obbiettivo”. Disse a sua volta Esposito dando un altra ottima supposizione. Beckett intanto annotava tutto alla lavagna, sempre per avere un quadro completo.

 

“I dormitori?”. Domandò Ryan.

“I ragazzi hanno alloggi privati e isolati da quelle delle ragazze. Anche quello potrebbe essere il posto perfetto”. Altra alternativa, altra scritta sulla lavagna. Castle ascoltava gli amici però non era convinto di quanto dicevano. Era tutto troppo scontato e l'assassino non avrebbe mai abbassato il suo livello di interpretazione facendo una cosa cosi ovvia.

 

“Nei dormitori ci sono solo adolescenti se non gente più adulta. Lui vuole bambini”. Smontò subito quella teoria Beckett senza togliere gli occhi dalla lavagna.

 

“Stiamo sbagliando strada”. Disse d'impulso Castle, c'era qualcosa che non lo faceva ragionare nello stesso modo dei colleghi.

“Mettiamoci nei panni dell'assassino. In ogni omicidio ha realizzato quasi alla perfezione ogni piaga e con questo cercherà la somiglianza assoluta. Se fossi in lui questo ultimo sacrificio sarebbe quello meglio congegnato”

 

“E cosa farebbe lei al posto dell'assassino, signor Castle?”. Lo stuzzicò Weiss.

 

“Volendo in tutti i modi emulare quanto scritto in quei versetti colpirei di notte, solo bambini di una certa età. Se fossi nell'assassino per non sbagliarmi li radunerei nello stesso posto, nello stesso momento, tutti insieme e solo allora colpirei. Uccidendoli tutti insieme in un colpo solo”. Dichiarò lo scrittore mettendosi momentaneamente nei panni di Bradley, avevano abbastanza informazioni su di lui tanto da potersi immedesimare. Più grande si pensava meglio era, se si voleva ragionare come l'assassino.

 

“Come con una bomba?. E come si potrebbe radunare abbastanza bambini tutti insieme, in un unico posto, di notte per di più”. Continuò Weiss non trovando minimamente allettante il ragionamento di Castle, per lui non aveva ne capo ne coda, una cosa simile era fuori discussione.

 

“Mi inventerei qualcosa per invitarli in un unico luogo, magari un concorso, una festa”. Tornò a ipotizzare lo scrittore considerando tutti gli eventi dove di solito partecipavano anche i bambini.

Intanto qualcosa in Beckett stava cambiando. Nonostante non avesse ancora parlato per concentrarsi più sulla lavagna di tanto in tanto ascoltava i pensieri espressi dei colleghi, in particolare quelli di Castle. Infatti fu proprio quanto detto da lui che azionò strani meccanismi nella sua testa, iniziò a collegare diversi eventi, fino a quando non giunse ad una conclusione che le sembrò la più plausibile.

 

“é tutta una farsa”. Disse fra se e se ma attirando nel contempo l'attenzione degli altri presenti.

 

“Beckett che succede?”. Domandò preoccupato Castle vedendola cosi assorta nei suoi pensieri, che gesticolava con le mani, facendo avanti e indietro per la lavagna parlando con se stessa.

 

“Ti adoro Rick”. Disse improvvisamente avvicinandosi a lui e dandogli un sonoro bacio sulla bocca per poi correre verso l'ascensore sotto gli occhi perplessi degli amici.

 

“Noi stiamo qua a ragionare sul 7° omicidio e lei se ne va a fare una passeggiata”. Commentò irritato Weiss vedendo il comportamento della detective, non sapendo in realtà il motivo che l'aveva spinta a quella strana reazione.

 

“Se ha fatto cosi c'è un motivo e quando tornerà ci spiegherà”. Andò a difenderla a muso duro Castle. Pochi minuti dopo la donna tornò su al distretto con la sua borsetta in mano.

 

“Pensa che il rossetto ci possa essere di qualche aiuto?”. Chiese retoricamente l'agente dell'fbi quando osservò Beckett iniziare a estrarre diversi oggetti dalla borsa fino a che non prese tra le mani un foglio.

 

“Colpirà qui”. Spiegò aprendo quel volantino sulla sua scrivania in modo che tutti potessero leggerlo, senza raccogliere minimamente la provocazione di Weiss.

 

“Un week end all'insegna del divertimento. Non capisco”. Disse Lanie leggendo l'intestazione di quel foglio e poi proseguendo lungo tutto il programma di quei due giorni.

 

“Circa una settimana fa Castle ed io stavamo camminando per la strada quando ci ferma un ragazzo e ci consegna questo volantino. Ci dice che stanno organizzando questi due giorni esclusivamente per bambini, dai 3 ai 12 anni, come c'è scritto sul foglio. Castle disse che aveva una figlia e ancora prima di specificarne l'età quel ragazzo aveva già detto che non l'avrebbero accettata. Solo maschi”.

 

“Mi sembra corretto. Un luogo dove sono presenti solo bambini, dove può agire senza problemi, indisturbato. Ha organizzato tutto lui apposta per creare il sottofondo adatto per il suo ultimo sacrificio”. Disse Castle aggiungendo ulteriori dettagli a quanto spiegato da Beckett in modo da convincere i presenti.

 

“A detta di Bradley domani mattina il sacrificio sarà già stato compiuto. Potrebbe essere la nostra sola ed unica possibilità di agire. Siete convinta?!. Se si sbaglia sarà troppo tardi”. Disse minacciosamente Weiss a Beckett che in quel momento si sentì il peso del mondo sulle spalle. Se si concentravano le ricerche li e poi si fosse rivelato un buco nell'acqua non avrebbero più avuto modo di far altre teorie e agire.

 

“Sono sicura”. Disse con voce decisa ma a Weiss questo non importava. Se la cattura fosse fallita con quelle parole la detective si era già assunta tutta le responsabilità del caso.

 

“Bene. Chiamo la squadra speciale e li faccio circondare l'edificio”. Informò l'agente gli altri 5, ma prima ancora di poter scrivere il numero Castle lo fermò.

 

“Tanto vale mettere degli striscioni che annuncino il nostro arrivo. Se ci facciamo notare potrebbe realizzare prima il suo piano. Meno siamo meglio è, passeremo inosservati se andiamo solo noi”. Alle parole dello scrittore Weiss iniziò a farsi pensieroso per poi accettare quel consiglio, senza però ringraziare Castle per quella dritta.

 

“D'accordo. Trovatemi una piantina dell'edificio e poi possiamo partire.”

 

*****

 

 

Dopo nemmeno un ora si trovavano sparpagliati davanti al palazzo. Era un vecchio centro congressi che d'estate diventava una piccola colonia per ragazzi, infatti al secondo piano le ampie sale erano state trasformate in accoglienti camere da 10 posti l'una. Weiss si era fermato davanti alla rete metallica, facendo finta di leggere un giornale, mentre osservava attraverso di questa l'ampio prato vuoto. Le luci incominciavano ad accendersi dentro l'edificio, segno che probabilmente, data l'ora, stavano cenando. Ryan e Esposito avevano fatto un giro del perimetro, cercando il luogo più adatto da dove poter entrare, evitando cosi di passare per l'ingresso principale, dove vi era stazionata una guardia. L'assassino aveva pensato a tutto, aveva organizzato tutto come se fosse veramente un week end di gioco e svago, guardandolo dall'esterno nessuno avrebbe avuto sospetti. Beckett e Castle invece se ne stavano in macchina ad aspettare qualunque segnale dai colleghi.

 

“Come pensi che li ucciderà?. Credi davvero che possa usare una bomba?”. Domandò Beckett al compagno non distogliendo lo sguardo dall'edificio.

 

“No, non credo.”. Gli rispose lui facendo spallucce, non aveva la minima idea di cosa sarebbe accaduto.

 

“Di certo in quel modo attirerebbe l'attenzione”. Continuò a dar vita a quell'ipotesi. Una bomba sarebbe stato il mezzo adatto, non avrebbe lasciato superstiti e di certo tutti se ne sarebbero ricordati.

 

“Quello si è ovvio”. Parlò lo scrittore dopo qualche minuto di silenzio.

“Ma non credo che lo farà. Attirerebbe fin troppa attenzione e poi non è come agirei io. Se vuole seguire come si deve l'ultimo segno la bomba è fuori discussione. Userà altro, qualcosa di meno fragoroso ma allo stesso tempo micidiale”. Proseguì con il suo dire agitato, continuava ad asciugarsi le mani sudate sui pantaloni, agitando continuamente i piedi.

 

Beckett iniziò a pensare a quello che sapeva sulle piaghe, a quello che aveva letto, sopratutto su quell'ultimo sacrificio. Doveva trasparire la perfezione in quell'omicidio quindi la bomba era da escludere, cosi anche una sparatoria. Il veleno era un ottima direzione, in fondo in due omicidi l'aveva utilizzato, la digitale e il cianuro, poteva ricorrere ancora a quelli.

 

“Li ucciderà nel sonno, quindi non credo che li somministrerà qualcosa in quel frangente. Se qualcuno si svegliasse salterebbe tutto.” Disse osservando il cellulare controllando che i colleghi non l'avessero cercata.

 

“Ok quindi cerchiamo un modo efficacie, ma allo stesso tempo silenzioso e che agisca per tutti allo stesso momento in modo che l'assassino sia sicuro che nessuno possa uscirne vivo”. Castlè iniziò a immaginare a tutti i modi possibili, ad ogni omicidio che aveva commesso nei suoi libri, ad ognuno di quelli che aveva assistito da quanto era entrato a far parte della squadra 4 anni prima.

 

“Quando abbiamo ispezionato la casa di Bradley, in una delle stanze, ho intravisto strane sostanze, polveri e liquidi, e vicino a queste c'erano delle mascherine. Hai presente quelli che si vedono nei laboratori chimici?!. Ecco c'erano quelle”. Lo informò di quel piccolo dettaglio sulla quale non aveva potuto indagare ulteriormente non avendo avuto il tempo necessario per farlo, dato che tutto quello era successo in poco tempo.

 

“Magari stava preparando qualcosa con quelle. ma cosa?”. Domandò Castle non intendendosi di quell'argomento.

 

“Qualche sostanza velenosa sicuro”. In quel momento il cellulare della donna squillò. Era Ryan che li invitava a raggiungere lui ed Esposito sul lato ovest del perimetro. Quando li raggiunsero con la macchina i due detective erano appoggiati a una rete, vicino a loro Weiss. Scesi dalla vettura si fecero aggiornare sulle novità

 

“Possiamo passare da qua. Questi alberi ci daranno copertura, poi faremo il giro dell'edificio e passeremo dall'entrata di servizio”. Disse Esposito indicando con il dito la direzione che avrebbero preso. Weiss intanto si era diretto alla macchina prendendo da questa la piantina dell'edificio per appoggiarla sul cofano della vettura.

 

“L'edificio è su tre piani, 4 se contiamo anche quello inferiore delle caldaie e cose simili.”. Iniziò ad esplicare l'agente.

 

“Pensiamo che possa avvelenare i bambini ma non sappiamo come”. Intervenne Castle osservando un perplesso Weiss.

 

“Veleno?. Visto che vuole colpire più persone direi qualcosa nel cibo o nell'aria. Facciamo cosi allora”. Invitò i quattro ad avvicinarsi di più a lui per spiegare il suo piano.

 

“Ryan ed Esposito voi occupatevi dei sotterranei, cercate qualunque cosa che sia fuori posto. Io controllerò il piano terra e di conseguenza le cucine, se ha messo qualcosa nel cibo lo scoprirò. Voi due controllate il terzo piano dove ci sono gli uffici e cercate Bradley. Il piano dei dormitori direi di lasciarlo da parte per ora, se ci facciamo vedere dai bambini potrebbe scoppiare il panico.”. Indicò l'agente facendo scorrere il dito lungo tutta la planimetria del palazzo. Annuendo i quattro si prepararono all'azione. Esposito si occupò della rete e quando questa fu tagliata entrarono nel giardino dell'edificio, nascosti prima dagli alberi e poi dal buio della notte che stava calando. Tenendosi bassi aggirarono le mura arrivando cosi alla porta di servizio. Ryan l'aprì lentamente, assicurandosi che nessuno fosse nei paraggi, e poi entrò, seguito dagli altri. Weiss senza aprire bocca fece segno ai due detective di procedere verso i piani inferiori mentre indicò il soffitto a Beckett e Castle per invitarli a salire fino al piano degli uffici. Quando i quattro presero le loro strade lui si diresse per i corridoi di quel piano.

 

****

 

Weiss, con la pistola in mano, camminava a passi leggeri dirigendosi verso le cucine. Le luci erano spente quindi si muoveva con cautela fino a che non girò l'angolo e sentì delle voci. Sbirciò da questo e vide le cucine e al loro interno diversi ragazzi muoversi, portando con se piatti e bicchieri. Senza farsi sentire si avvicinò all'entrata di quella stanza e alzando l'arma varcò l'entrata.

 

“Alzate le mani e nessun movimento improvviso”. Ordinò vedendo due ragazzi e una ragazza che da sorridenti che erano prima ora erano completamente impietriti per la paura.

 

“Quali sono i piani di Mikael?”. Chiese diretto sempre tenendo puntata la pistola verso di loro.

 

“Non conosciamo nessun Mikael”. Rispose uno dei due ragazzi tremando.

 

“Non vi conviene prendermi in giro. Mikael ha organizzato tutta questa farsa. Ora rispondetemi, cosa ha in mente?”. SI fece più minaccioso, avvicinandosi ancora più a loro, togliendo la sicura dalla pistola.

 

“é la verità non conosciamo nessun Mikael. Un signore, un certo Bradley, ha reclutato noi tre e altri 7 tra ragazzi e ragazze davanti all'università offrendoci un lavoro di animatori per questo week end.”. Dichiarò la ragazza che ora aveva le lacrime agli occhi mentre teneva le mani più in alto che poteva. Weiss intuì che anche questi giovani erano all'oscuro di tutto quindi abbassò l'arma e continuò a chiedere.

 

“Che vi ha detto per l'esattezza?”. Intanto, per rassicurarli, ritirò la pistola dietro la schiena. L'altro ragazzo che era rimasto in silenzio fino a quel momento si sistemò gli occhiali ed andò a raccontare.

 

“Ci paga 200 dollari a testa per questi due giorni. Dobbiamo semplicemente controllare questi 50 bambini, fargli fare attività, laboratori, ognuno di noi ha un compito diverso.”

 

“Chi ha cucinato?”. Domandò avvicinandosi alle pentole ancora sporche posate sui fornelli.

 

“Io e altre due ragazze”. Rispose la giovane osservando il fare dell'agente piena di domande.

 

“E la spesa chi l'ha fatta?”. Continuò a chiedere Weiss, tornando a guardare i tre.

 

“Sempre noi tre ragazze”. Parlò ancora la giovane.

 

“Come sono stati disposti i bambini per la notte?”. L'agente li tempestava di domande ma voleva sapere tutto, ogni movimento di Bradley, ogni cosa che aveva organizzato, ogni dettaglio gli serviva per capire quali erano le sue intenzioni.

 

“Sono a dormire nelle stanze del secondo piano”. Rispose il primo ragazzo che sentendosi sfinito andò a sedersi ad una delle sedie vicino al tavolo.

 

“Si ma c'è qualche disposizione particolare?”. Insistette l'agente spazientito.

 

I ragazzi si guardarono perplessi, quasi non avessero capito la domanda che era stata appena loro posto. Poi la ragazza prese la parola.

 

“I gruppi li ha fatti il signor Bradley però, appena i bambini sono arrivati, ha fatto una cosa strana. Ha chiesto chi fosse figlio unico o chi fosse un fratello maggiore e poi ha preso i loro nomi. Ha insistito che, chiunque risultasse su quella lista, dormisse nella stessa stanza.”

 

“Quale stanza?”. Domandò quasi urlando Weiss estraendo la pistola, pronta a salire ai piani superiori.

 

“La numero 27”. Indicò con il dito il ragazzo quasi come se la porta fosse li vicino a loro. L'agente ricordando loro di non fiatare si diresse verso le scale, intenzionato ad entrare in quella stanza.

 

 

******

 

Ryan ed Esposito si muovevano tenendo la schiena contro il muro, illuminando le scale tramite una piccola torcia. Non si preoccupavano di esser visti, li di certo non avrebbero incontrato nessuno. Superarono l'area adibita alla lavanderia, diversi sgabuzzini e infine arrivarono alla caldaia. Entrarono in quella e si misero a cercare qualunque cosa risultasse strano ai loro occhi.

 

 

“Ehi Esposito guarda”. Lo chiamò Ryan illuminando l'impianto di ventilazione che spariva nel muro. Il fascio di luce però scese, seguendo un tubo che vi era stato saldato contro, fino ad arrivare al generatore. Un altro tubo saldato portava a uno strano macchinario posato contro di esso. Dentro due grossi cilindri di vetro c'era uno strano liquido giallognolo e sotto questi cilindri due fornelletti spenti. Infine, su un lato, un dispositivo a comando a distanza.

 

“Che cos'è tutta questa cosa?”. Chiese l'irlandese rivolgendosi all'amico nella speranza che lui lo illuminasse.

 

“Non ne ho la più pallida idea, ma è meglio non toccare nulla per adesso. Cerchiamo gli altri”. Disse Esposito riprendendo la direzione per la quale erano venuti fin li.

 

*******

 

Beckett e Castle erano arrivati al secondo piano. Illuminati da una torcia due ragazzi parlavano a bassa voce mentre camminavano avanti e indietro, appoggiando l'orecchio su ogni porta, controllando che tutti gli occupanti non si mettessero a parlare o ad ascoltare musica ad alto volume rischiando cosi di disturbare gli altri. Approfittando del momento in cui questi gli davano la schiena percorsero correndo il pianerottolo fino ad arrivare alla successiva rampa di scale. Arrivati al terzo piano si trovarono di fronte a un altro corridoio avvolto dalle tenebre. Fu però facile individuare la stanza occupata dall'assassino. Aveva la porta aperta e la luce si specchiava sul pavimento. Si mossero con cautela, per evitare di far qualunque rumore e mettere cosi in allarme Bradley. Arrivati alla porta Beckett osservò per una frazione di secondo Castle, il quale tirando un profondo respiro annuì, facendole capire che era pronto.

 

“Nicholas Bradley, lei è in arresto per aver commesso 6 omicidi e il tentato omicidio di tutti i presenti all'interno dell'edificio.” La detective lo teneva sotto tiro, pronta a sparargli se avesse compiuto anche solo una mossa falsa. Nick li aveva visti entrare. Era rivolto con la schiena verso la porta ma davanti a se vi era una parete interamente costituita da una finestra perciò aveva visto le loro figure riflesse nel vetro. Lentamente si voltò, portando le mani sopra al capo, facendosi vedere per la prima volta dalla donna.

 

“Salve Detective Beckett, buonasera scrittore, che piacere rivederla”. Salutò con un tono di voce cosi freddo che fece venire i brividi ai due. Era veramente cosi privo d'anima?. Castle conservava nel profondo ancora molti dubbi.

 

“In effetti è un immenso piacere. Finalmente ti abbiamo catturato”. Disse lo scrittore trionfante, rilassandosi nel vedere che l'assassino sembrava essersi arreso, inoltre sulla sua scrivania non vedeva alcun tipo di arma quindi non era intenzionato ad agire contro di loro. Nick inarcò la parte destra della bocca in un sorriso di sfida, aveva in mente qualcosa, ipotizzò Beckett che ancora non aveva abbassato la pistola ma la teneva puntata alla testa dell'uomo.

 

“Non è cosi semplice. Vi conviene sedervi oppure potrete dire addio a tutti quei bambini”. Con tutta calma l'assassino abbassò le braccia e si mise seduto sulla propria poltrona indicando poi ai due di fare lo stesso quando vide che non si muovevano. Beckett percependo il pericolo che stavano correndo abbassò la pistola, ma la tenne sempre sicura tra le mani, pronta ad usarla in qualsiasi momento. Quando vide che si erano accomodati, l'assassino, cominciò a parlare prendendo un piccolo telecomando.

 

“Vedete questo insulso aggeggino?! Basta che premo questo pulsante per far scattare un impianto di mia creazione e in un attimo in una delle stanze sotto ai nostri piedi si spargerà nell'aria un potente gas nervino. Nel giro di pochi minuti tutti quei poveri angioletti moriranno soffocati”. Comunicò loro ridendo divertito alla fine della frase. Beckett premette cosi forte la mano contro il calcio della pistola che non si sarebbe stupita se fossero rimasti impressi sulla pelle i decori dell'impugnatura. Castle invece fu più impetuoso. In un attimo si alzò dalla sedia e si sporse sulla scrivania afferrando per il collo della maglietta l'uomo che mostrandogli di nuovo il telecomando lo minacciò.

 

“Attento scrittore, mi ci vuole la minima pressione per far avviare il motore e una volta partito non c'è modo di fermarlo”. Castle vide l'apparecchio essere ondulato davanti ai suoi occhi e seppur la rabbia era molta dovette mollare la presa e tornare a sedersi.

 

“Bravo scrittore, cosi si che andiamo d'accordo”. Pronunciò l'assassino rimettendosi a posto l'indumento e riacquistando il suo autocontrollo.

 

“Spiegami le tue parole. Mi hai detto che dovevo fermarti, che era il mio destino. Come posso farlo?”. Domandò Castle ripensando alla conversazione che avevano avuto vicino casa dell'assassino.

 

“Tutto ha un prezzo. Dovete meritarvi la mia resa. Allora come avete fatto a capire il nesso tra gli omicidi?. Come mi avete trovato?. Avanti sono curioso di sapere”. Li invitò l'uomo a raccontare come avevano fatto a giungere a tutte quelle conclusioni che li avevano portati fino a li.

 

“Ciò che legava gli omicidi l'ho scoperto per caso. Pensavamo a trovare un rapporto tra le vittime e solo dopo abbiamo capito che non ce n'era nessuno, che erano casuali. D'un tratto poi ho avuto l'ispirazione, ho ripensato a quanto scrivevi nelle lettere e son riuscito a ricollegare con le piaghe. Ma ammetto che è stato un colpo di fortuna”. Riassunse Castle in poche parole il lavoro svolto in due settimane di indagini.

 

“Da questo punto di vista mi avete un po' deluso, pensavo che due grandi persone quali siete voi avrebbero capito prima il perchè, ma come si dice meglio tardi che mai. E invece, come avete scoperto che avrei colpito qui?”. Continuò con il suo terzo grado. Voleva avere la conferma di aver scelto dei degni avversari.

 

“é stato più facile”. Intervenne Beckett.

“Un ragazzo per strada ci diede un volantino esplicativo di questo week end. Quando abbiamo capito che l'ultimo segno era la morte di bambini ho ricollegato tutto quanto”. Raccontò la donna tenendo lo sguardo fisso sul telecomando, pronta a prenderlo appena lui si fosse distratto.

 

“E siete arrivati giusto in tempo. Ne sono felice, volevo avervi qui questa sera”. Disse l'assassino alzandosi, osservando Beckett, attento a ogni movimento della donna. Sapeva che non gli avrebbe sparato per non correre il rischio di azionare il meccanismo ma doveva lo stesso essere cauto.

 

“Visto che siamo qua perchè non chiarisci tutti i dubbi che mi hai fatto sorgere?”. Domandò Castle sia per acquistare tempo sia per colmare la sua curiosità a riguardo.

 

“Quali dubbi?”. Rispose con un altra domanda l'assassino, anche se sapeva benissimo di cosa stava parlando lo scrittore.

 

“Qualche giorno fa, sotto casa tua, mi hai detto che tutto questo l'hai fatto per onorare una promessa. Visto che tutto sta per finire perchè non delucidarci anche su questo ultimo particolare, in fondo non è quello che vuoi?, far capire il motivo delle tue gesta”. Castle l'aveva intuito, lo stesso Nick l'aveva fatto capire più e più volte, la vanità era uno dei suoi punti deboli.

 

“Prima che partissi per la guerra, quando non avevo nemmeno 25, entrai in contatto con un gruppo di persone”. Iniziò a raccontare anche se Castle non capiva perchè partisse da cosi indietro. Che quella storia fosse iniziata quasi dieci anni prima.

 

“I Rinnovatori?” Osò Beckett.

 

“Esatto. Quando tornai in America ferito più nello spirito che nel corpo queste persone mi stettero vicine. Mi insegnarono molte cose, feci pace con me stesso e alla fine capii che dovevo ricompensarle e quale modo migliore se non portare il mondo a conoscenza della loro esistenza?”. Nelle sue parole si poteva capire l'amore che provava per quelle persone, il debito che sentiva di aver verso di loro, la tenacia che l'aveva accompagnato fino a quel momento.

 

“Li ritrovai la mia famiglia, famiglia che mi ha abbandonato quando ho proposto loro il mio progetto e cosi ho agito da solo”. Beckett lo guardò stupita, non tanto per quello che diceva ma per quello che non aveva percepito in quel frangente. Doveva esserci odio nelle sue parole, rancore per quel tradimento, eppure quel sentimento mancava. Come mai?, si chiese.

 

“Solo una persona mi sostenne, mi diede la forza necessaria per agire.”. Concluse. Castle approfittò di quel momento di pausa per continuare a porgli domande.

 

“é a lui che l'hai promesso?”

 

Nick lo guardò con un espressione cupa, i suoi lineamenti prima duri si erano rilassati, ora era triste.

 

“Lui mi ha dato la vita, due volte, e quando mi ha chiesto aiuto non ho potuto negarglielo. Tutto questo l'ho fatto per lui”.Spiegò guardando il telecomando che aveva tra le mani. Beckett pensò che quello era il momento migliore per agire, l'assassino era come assorto nei suoi pensieri e toccare quel tasto sembrava mutare la sua natura.

 

“Quindi tu non volevi farlo?. Sei stato costretto ad uccidere?”. Domandò la detective ritirando la pistola cosi da aver più libertà di agire.

 

“Il piano era mio, tutto questo è stato organizzato e voluto da me. Lui mi ha dato solo la spinta finale”. Nick ormai non prestava più attenzione ai due seduti davanti a lui. Sapeva che era un errore ma la sua mente era tutta concentrata sul ricordo di quella conversazione avuta ormai un anno addietro. Il motivo per cui tutto quello aveva avuto inizio.

 

“Eppure credo che tu non voglia portarlo a termine non è cosi?. Non hai il coraggio di premere quel pulsante, non è vero Nick?”. Domandò Castle alzandosi dalla sedia ma non muovendo un passo nella sua direzione. Beckett lo guardò sconvolta. Come poteva sfidarlo a quel modo?. Rick era impazzito, con quelle sue parole aveva segnato la fine di quei bambini. Osservò l'assassino che sogghignando faceva scorrere il pollice sopra il pulsante del telecomando.

 

“Da cosa lo pensi?”. Chiese all'improvviso.

 

“da quello che ho visto, da quello che vedo ora. Quando mi hai chiesto di fermarti, mi hai supplicato di farlo, senza contare che ora hai avuto più volte la possibilità di azionare il macchinario eppure non l'hai ancora fatto. Non credo tu sia capace di farlo, almeno non questo omicidio”. Spiegò Castle ciò che pensava del giovane davanti a lui. Bradley sentendo quelle parole andò a guardarlo, stava piangendo.

 

“La guerra mi ha insegnato ad affrontare ogni tipo di orrore, mi ha privato dell'anima. É stato relativamente facile con gli altri omicidi ma questo l'ho sottovalutato. Negli ultimi giorni i dubbi hanno affollato la mia mente”. Rivelò le sue paure, i suoi timori a Castle quasi fosse il suo migliore amico pronto ad ascoltarlo e a sostenerlo.

 

“Per questo mi ha chiesto di porre fine a tutto ciò, volevi qualcuno che ti obbligasse a farlo visto che da solo non potevi, perchè avresti tradito la promessa fatta. ”. Continuò Castle avanzando di un passo verso l'assassino che però, accorgendosi delle sue intenzioni, lo fermò stendendo il braccio verso di lui.

 

“è stato un ottimo acquisto per la vostra squadra”. Disse rivolgendosi a Beckett che annuì prima di tornare a parlare, dopo aver assistito da spettatrice al colloquio tra i due.

 

“Tutto questo può finire qui, adesso. Metti giù il telecomando e lascia che ti arrestiamo. Ti prometto che farò in modo di non mandarti in uno di quei carceri duri, magari, visto che so che collaborerai con noi, riuscirò a farti mettere in una struttura sanitaria. Che ne dici?”. Gli propose non sapendo se alla fine avrebbe mantenuto quella promessa, ma in quel momento avrebbe fatto di tutto per convincerlo a non concludere l'ultimo atto della sua opera. Quando vide che Bradley non accennava nessuna risposta Castle tornò in azione.

 

“Hai adempiuto alla tua missione, le tue gesta sono riconosciute in tutta la città, ogni giornale scrive di te, sei l'argomento più parlato nei bar. Non è necessario che continui, il tuo scopo l'hai raggiunto”

 

“Non te lo stai meritando scrittore. Cosi non riuscirai a fermarmi”. Lo guardò di nuovo l'assassino che non riusciva a dare un freno alle sue lacrime.

 

“Allora fallo, coraggio, premi quel pulsante e uccidi tutti quei bambini, realizza ciò avevi detto, alle prime luci del secondo giorno la mia opera sarà completa. Sono parole tue o no? Procedi, poni fine a tutte quelle vite, punisciti come meritiamo”. Lo incitò Castle con un tono di sfida. Beckett cercava di fermarlo tirandolo per un braccio ma fu tutto inutile, lo scrittore era deciso a usare quella tattica.

 

“Mi stai dando il permesso di farlo scrittore?”. Domandò incredulo l'assassino, quello si che non se lo sarebbe mai aspettato.

 

“Io non do alcun permesso. La vita è tua cosi come la decisione di procedere è la tua. Ma come noi vivremo con quegli innocenti sulla coscienza tu sentirai quel peso dieci, cento, mille volte più di noi. Noi abbiamo fatto tutto quelle che potevamo ma sarai tu che premerai quel pulsante”.

 

“Ho ucciso più persone di quante tu immagini, pensi che cinquanta in più facciano qualche differenza?”. Domandò retoricamente Nick avvicinandosi di qualche passo ai due, posando la mano che teneva il telecomando sul ripiano della scrivania.

 

“Sono solo bambini Nicholas”. Gli ricordò lo scrittore facendo leva sulla compassione, sperando di riuscire ad intaccare il cuore dell'assassino.

 

“Sono il mio ultimo sacrificio”. Andò a rispondere diretto, deciso, senza dar modo di ribattere.

 

“Allora prendi me al loro posto”. Si offrì Castle allargando le braccia, facendogli capire che era pronto ad essere colpito, che era convinto di quello che diceva.

 

“Cosa?”. Dissero insieme Bradley e Beckett voltandosi verso lo scrittore.

 

“Ho tutti i requisiti che cerchi. Sono primogenito e ho sangue innocente, sono una vittima non programmata, che non rientrava nei tuoi piani. Uccidi me ed adempirai alla tua promessa.” Disse con voce ferma che però non rifletteva il tumulto che aveva all'interno della testa, la quale gli diceva di rimangiarsi le parole appena dette e scappare.

 

“Rick non è il momento di fare l'eroe. Qua non si tratta di noi, sicuramente non di te, dobbiamo pensare ai bambini. Non voglio perderti cosi, per colpa del tuo stupido orgoglio.”. Gli disse supplicandolo Beckett, mettendosi tra lui e l'assassino, parlandogli con voce rotta ma al tempo stesso tesa e arrabbiata, non gli avrebbe permesso di fare una cosa simile. Bradley dal canto suo invece non diceva nulla, guardava ammagliato la sua forza di coraggio. Fissò il telecomando ancora una volta e sorrise, veramente felice dopo tanto tempo.

 

“L'ultima piaga”. Cominciò a parlare attirando l'attenzione dei due che sembravano essersi dimenticati della sua presenza.

“La morte dei primogeniti maschi si sarebbe potuta benissimo evitare. Mosè andò ancora dal faraone chiedendogli un ultima volta quel sacrificio, rinunciare a uno dei beni più grandi dell'Egitto, gli schiavi, ma lui si rifiutò e per questo venne punito”. Enunciò ai due quanto aveva appreso nei sui studi, quei passi che cosi tanto l'avevano attirato e gli avevano dato l'idea per quella sua opera. Tornò a guardare Castle, dritto negli occhi, mostrando l'ammirazione che provava ora per lui.

 

“Tu invece sei pronto a sacrificare la tua vita, una delle cose più importanti che hai, per persone che nemmeno conosci. Con te la mia opera sarebbe portata a termine e che conclusione avrei. Ma come ho detto bastava quel gesto di rinuncia per far terminare le piaghe e a differenza del faraone tu hai avuto il coraggio di agire.”

 

“Quindi finisce cosi?”. Chiese speranzoso Castle mentre abbassava le bracciava. Nick sorridendo ancora scrollò la testa e voltò leggermente il capo, ad osservare la pioggia che ancora si abbatteva sulla città, le cui gocce si vedevano colare lungo i vetri della finestra.

 

“No. La fine è un altra”. Disse appoggiando il telecomando sulla scrivania.

 

“Se non fossimo intervenuti noi avresti premuto quel pulsante?”. Chiese Castle quando notò che l'assassino l'aveva posato.

 

“é una cosa che non sapremo mai”. Rispose dando di nuovo le spalle ai due. Beckett osservò il viso dell'uomo riflesso nel vetro. Le palpebre che battevano velocemente mentre cercava di fermare le lacrime che però continuavano a rigargli il viso, il petto che si faceva sempre più gonfio per via dei profondi respiri che faceva, le mani che gli tremavano cosi come la bocca. In quel momento la detective capì.

 

“Non farlo”. Ordinò staccandosi dallo scrittore e avvicinandosi a Nick lentamente. Questi sentendola parlare voltò il viso in sua direzione.

 

“Grazie per avermi dato questa possibilità. Vi chiedo solo un favore. Ditegli che gli voglio bene e che lo perdono”. Ora non piangeva più, era estremamente serio, pronto a compiere l'atto finale.

 

La detective fece altri passi in sua direzione, con l'intenzione di afferrarlo per il braccio e trascinarlo al centro della stanza. Nick vedendola sorrise e un istante dopo corse contro il vetro attraversandolo, per un secondo gli sembrò di vibrare nell'aria, poi percepì la caduta e infine più nulla, in quell'istante, poco prima di morire, non sentì più quel dolore che lo aveva accompagnato per tutta la vita.

 

Beckett e Castle si avvicinarono alla vetrata distrutta e guardarono giù, vedendo il corpo di Bradley immobile sull'asfalto. Pochi secondi dopo un'altra persona si avvicinò al cadavere. I due riconobbero Weiss che, intento a capire da dove era caduto l'uomo, alzò lo sguardo e li vide.

 

“Dobbiamo andare”. Disse semplicemente Beckett senza distogliere lo sguardo da terra.

 

“Dove?”. Domandò Castle preferendo guardare lei che la scena sottostante.

 

“A parlare con la persona a cui Bradley aveva promesso tutto questo”. Disse osservando un ultima volta Weiss prima di allontanarsi dalla finestra.

 

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Ed ecco che grazie a un intuizione di Beckett scoprono il luogo dove Bradley vuole colpire e ovviamente arrivano in tempo per fermarlo. Dalla conversazione avuta con l'assassino si è scoperto un particolare molto interessante e alla detective ci è voluto ben poco per capire chi fosse la seconda persona dietro tutto questo. Tutto sommato però l'assassino un po' d'anima ce l'aveva ancora. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo e i nostri due protagonisti faranno una chiacchierata con questo nuovo “sospettato” ed anche quello sarà un capitolo malinconico ma per Castle e Beckett ovviamente finirà bene, promesso.

  
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