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Autore: Mellorine    26/09/2011    2 recensioni
"Mi hai dato un cuore solo per divorarmelo..."
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kyoya Hibari, Mukuro Rokudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Next time
There will be no next time
I apologize
Even though I know it’s lies
I’m tired of the games
I just want her back
I know I’m a liar
If she ever tries to fucking leave again
I’m 'na tie her to the bed
And set the house on fire

~

I diciotto avevano rappresentato gli anni del cambiamento per quasi ognuno di loro.

Quando era stata la volta di Hibari aveva deciso di riordinare la sua scala delle priorità e smettere di andare tutti i giorni alla scuola media Namimori nonostante si fosse diplomato ormai da tempo, di certo non avrebbe mai smesso di detenere l'ordine nella città, scuola compresa, ed era anzi proprio per difenderla al meglio che doveva concentrare maggiormente la sua attenzione altrove.

Quando era toccato a Tsuna era giunto il momento di assumersi tutte le sue responsabilità di boss dei Vongola ufficialmente, il Nono era morto quasi un anno prima, e di conseguenza tutti i guardiani avevano confermato ed iniziato a prendere sul serio il loro ruolo, perfino i più restii come  Hibari Kyouya e soprattutto Mukuro Rokudo, pur sempre con le loro motivazioni del tutto particolari.

Ma gli avvenimenti più eclatanti nelle vite dei due guardiani più distanti della famiglia più che per quanto riguardasse i loro ruoli ufficiali probabilmente erano avvenuti nel privato.

Negli ultimi anni infatti, da quando Mukuro aveva finalmente trovato una libertà stabile, proprio a causa di questa e la presenza in un luogo così vicino a Namimori, l'ossessione che i due avevano sempre avuto l'un per l'altro fin da quando si erano scontrati per la prima volta non aveva fatto altro che accrescersi.

L'averlo così vicino aveva portato Hibari a cercare ripetutamente lo scontro, la rivincita, e Mukuro da parte sua non aveva di certo mai accennato a volersi tirare indietro di volta in volta, di pareggio in pareggio, di sconfitta non accettata e successiva rivincita, in una serie di incontri e scontri che diventò ben presto abituale.

Non ricordavano nemmeno lucidamente, era difficile pensare razionalmente a quel periodo, come il campo di battaglia si fosse ad un certo punto trasformato dall'arido terreno nello scomodo divano sgangherato su cui era solito farsi trovare l'illusionista, poi ovunque capitasse a caso, per finire infine tra le fresche lenzuola sul soffice letto del guardiano della nuvola.

Agli inizi glielo aveva sempre impedito, era arrivato a cacciarlo quando se lo era ritrovato fuori casa, ma per qualche motivo per cui Hibari ancora doveva fare i conti con se stesso, frequentare la sua casa in perfetto stile giapponese era diventato per Mukuro un evento così abituale che non avrebbe saputo dire con precisione quando era stato che gli aveva permesso di stanziarcisi definitivamente.

Le loro vite erano diventate ormai implicitamente intrecciate, era come se tutti lo sapessero ma nessuno ammettesse di sapere, questo perché nemmeno loro si erano mai presi la briga di spiegare a qualcuno -forse nemmeno a loro stessi- il perché di una tale presenza l'uno nella vita dell'altro, perché condividevano l'abitazione come tutto, perché a turno insistessero sempre per lavorare insieme come se dovessero controllarsi, benché sapessero entrambi che nessuno dei  due si sarebbe di certo lasciato uccidere facilmente.

Era diventata ormai praticamente una relazione non detta, nella quale l'uno doveva rendere conto di tutto all'altro, anche se non si dichiaravano nulla apertamente e questo costituiva solo terreno di scontri.

Spesso infatti per quel puro spirito di competizione che non aveva mai smesso di animarli, si ritrovavano a mettersi a dura prova i nervi a vicenda, con gesti che andavano dai più semplici dispetti ed oltre, per la semplice voglia di spingersi in difficoltà.

Ma anche quelle numerose crisi, superate e finite sempre tornando a condividere il letto, non erano servite ad altro se non ad accrescere un rapporto morboso e conflittuale al tempo stesso, più che distruggerlo.

Si confermavano continuamente la volontà di restare insieme a portare avanti quel duello nonostante mancassero le parole e sapessero di non essere compagni, bensì sfidanti di una lotta che vedeva come campo la loro vita e avrebbe visto vincitore probabilmente quello che avrebbe avuto  i nervi più

saldi.

 Era capitato poche volte che nell'ambito di qualche amplesso particolarmente coinvolgente Mukuro avesse rivelato il proprio amore per l'altro, gridando concitato le due fatidiche  parole che la maggior parte delle persone al mondo consideravano le più speciali, ma Hibari non si era mai spinto a tanto né tantomeno l'illusionista aveva mai espresso razionalmente il desiderio di sentirsele dire.

Gli avvenimenti di quel giorno sembravano aver configurato la rappresentazione di tutto ciò che la loro relazione era sempre stata, dubbi, paure e sofferenze non dette, solo che quella volta avrebbe portato al culmine.

Erano stati tutti convocati nella base Vongola ancora in costruzione nel piano agibile in cui era già funzionante una sala che usavano per le riunioni da quando, avendo assunto il titolo di boss e guardiani in carica, ricevevano informazioni e discutevano sul da farsi.

Raramente i guardiani della nuvola e della nebbia si presentavano in occasioni del genere, le notizie le venivano a sapere più che altro per seconde vie anche se -sembrava miracolosamente- riuscivano sempre ad essere ben presenti nei momenti in cui c'era più bisogno di loro, ma quel giorno sembrava dover succedere qualcosa d'importante, per cui  si erano recati entrambi alla base.

Mukuro non vedeva Hibari da quella mattina, non si preoccupavano di dover dare una definizione alla loro relazione tanto da escogitare cose come presentarsi separatamente, per cui più volte erano apparsi insieme reputando semplicemente ovvio che così come neanche loro sembravano interessarsi a ciò che facevano, nessun'altro avrebbe dovuto esserlo.

Quel pomeriggio però Mukuro si era svegliato da poco appositamente per recarsi alla riunione, reduce da una nottata in bianco passata fuori in un lavoro, mentre Hibari era uscito presto quella mattina per lo stesso motivo, per cui non si vedevano dal pomeriggio della giornata precedente.

Era stato piuttosto traumatico quindi rivedere il giapponese dopo quell'arco di tempo in una situazione tutt'altro che piacevole.

Mukuro camminava velocemente tra i corridoi della base, tra i quali ancora non sapeva orientarsi perché non la frequentava mai, aveva fatto tardi e tutti dovevano trovarsi già in riunione, per di più non era sicuro di trovarsi nemmeno nell'ala giusta del piano.

Ne ebbe conferma quando, svoltando un angolo, anziché la porta più o meno conosciuta vi trovò  il guardiano della pioggia che stringeva tra le braccia un corpo addossato con le spalle al muro, di una persona che stava baciando preso chiaramente da una certa passione,  e dopo qualche secondo riconobbe quel corpo per lo stesso della persona con cui condivideva il letto tutte le notti.

in un primo momento prese subito in considerazione l'idea di scagliarsi su Yamamoto Takeshi, trapassargli la testa infilando il tridente in quella dannata bocca e pensare poi con calma se fare lo stesso o meno con quella di Hibari, dopo averlo portato via da lì.

Strinse però i pugni tanto da farsi male alle mani e andò via da solo senza fare un bel niente prima che si accorgessero della sua presenza, fare una cosa del genere non rientrava nei loro metodi, d'altronde non avevano neanche una relazione, non erano mica fidanzati, la gelosia non era permessa nel loro rapporto senza sentimenti, avrebbe ammesso un legame con l'altro.

In quel modo però non venne  a sapere in tempo che pochi secondi dopo il guardiano della nuvola si liberò da quell'abbraccio allontanando violentemente il collega, che quei movimenti dei loro corpi non erano affatto dovuti ad un reciproco coinvolgimento, ma al fatto che l'altro si dimenava e cercava in tutti i modi di sfuggire a quella presa, ma quando Mukuro fosse venuto a saperlo sarebbe stato ormai troppo tardi, quel meccanismo mal funzionante si era rotto nello stesso momento in cui era scattata la molla.


"come mai non ti sei presentato alla riunione oggi?"

Hibari era rientrato in quel momento in casa, con una busta contenente la cena che aveva posato in cucina prima di recarsi in camera da letto, dove aveva trovato l'altro steso a non far niente, sorprendendosi.

"ho passato l'intero pomeriggio a vomitare dopo aver visto qualcosa di disgustoso lavorando."

Quella risposta, data con quel tono atono, sorprese alquanto il giapponese dato che conosceva abbastanza Mukuro da sapere che niente avrebbe potuto smuovere facilmente il suo stomaco di ferro e gli occhi abituati alla visione delle peggiori atrocità.

Inarcò un sopracciglio quindi, scrutandolo come se volesse analizzarlo e capirlo, mentre si sedeva al suo fianco sul letto rivolto verso di lui.

"cosa può aver sconvolto tanto perfino Mukuro Rokudo?"

Nel porgli quella domanda allungò una mano ad affondare trai capelli dell'altro che negli ultimi anni aveva iniziato a lasciar crescere tanto è vero che li portava legati in un codino, che Hibari slegò accarezzandoli meglio in tutta la loro lunghezza, stranamente in vena di dimostrazioni d'affetto gratuite, forse perché trovava preoccupante la situazione o altro.
"tu."

A quella risposta semplice quanto estremamente esauriente dell'illusionista capì immediatamente, la mano gli si bloccò nell'atto di pettinare i suoi capelli con le dita e restò in silenzio  a fissarlo atterrito, chiedendosi quanto avesse visto, sentendo istintivamente il bisogno di giustificarsi senza neanche pensare di rispondergli a tono offendendosi e dargli modo di pensare al peggio come avrebbe fatto di solito.

"io…"
"no, non preoccuparti. Non importa davvero."

Mukuro sembrò intercettare le difficoltà dell'altro per cui si affrettò a scuotere la testa e si limitò ad allungare le braccia per attirarlo a sé, facendolo stendere al suo fianco ed abbracciandolo, restando poi in perfetto silenzio.

Hibari ne rimase stranito, quando accadeva qualcosa di spiacevole, un malinteso voluto o meno, un qualsiasi tipo di discussione, l'illusionista era sempre stato quello che non sembrava stancarsi di parlare fino a fargli raggiungere lo sfinimento, mentre stavolta lui che non aveva mai avuto voglia di sforzarsi a parlare desiderava farlo e chiarirsi, mentre l'altro sembrava desiderare il silenzio.

"non so cosa tu stia pensando, ma io non l'ho voluto. Lui ha…"
"Kyouya, non importa più."

Nel ripetersi la stretta di Mukuro si rafforzò sul corpo dell'altro, che nonostante la sua forza gli era sempre sembrato fragile, eppure mai gli era sembrato tale come in quel momento in cui al contempo le sue braccia  si lasciarono cadere piegate davanti al petto come prive di forza, lasciandosi chiudere in quell'abbraccio che non riusciva a respingere eppure non riusciva a ricambiare.

 Lo fissò in silenzio chiedendosi il significato di quel gesto e quelle parole, non riusciva a capire, perché se quella cosa sembrava averlo colpito tanto non volesse parlarne, né lo attaccasse, ma si limitasse a tenerlo al suo fianco in quel modo. Lo comprendeva e non aveva motivo di preoccuparsi, forse? Ma soprattutto perché lui si stava preoccupando tanto di voler essere compreso da Mukuro? Lui che aveva sempre affermato la sua indipendenza per primo, la sua libertà di fare qualunque cosa volesse, secondo i loro canoni e ciò che avevano stabilito vivendo insieme, se anche avesse voluto ricambiare davvero Yamamoto all'altro non sarebbe dovuto interessare e soprattutto lui non gli doveva alcuna spiegazione.

Ma improvvisamente tutti quei momenti passati a litigare per dichiarare l'uno più distacco dall'altro gli sembravano così inutili, vederlo così remissivo e rassegnato gli fece capire che non era questo ciò che voleva, che avrebbe preferito  sentirlo urlargli addosso, vederlo infuriato… voleva che fosse geloso di lui, voleva che desiderasse averlo per lui e non concorde a cederlo ad altri, questa era la verità che gli si parò in un istante davanti, facendolo sentire sul baratro delle proprie emozioni, una sensazione mai provata prima, ma per la prima volta si sentiva sull'orlo di poter provare paura di perdere Mukuro.

Paura che si andò a concretizzare ben presto quando si ridestò dai propri pensieri, spalancò gli occhi tornando a rendersi conto di ciò che lo circondasse, e si rese conto di provare un caldo improbabile.

Sotto di loro, al di sotto del letto, sentì il rumore di fiamme crepitare e si rese conto con orrore di cosa stesse accadendo.

 Non importa più aveva detto l'altro, ed ora capiva il perché, cosa intendesse realmente dire.

Più ancora che dalla paura fu colto dal panico, vedere Mukuro di fronte a sé così calmo mentre aumentava sempre di più la stretta attorno alla sua vita era agghiacciante, l'idea di perdere lui e la propria vita proprio nel momento in cui si era accorto di cosa volesse da entrambe le cose lo era ancora di più.

"n-no… Mukuro, ascolta, non c'è bisogno di ricorrere a questo! Io non volevo nulla di quello che hai visto!"

La voce che gli tremava, quante rare volte Hibari Kyouya si era ritrovato ad averla, e non di sicuro per implorare comprensione come stava facendo in quel momento.

"lo so, ti credo, ma non si tratta solo di questo… fidati Kyouya, saremo finalmente più felici."

"che… che stai dicendo!? Mukuro, saremo MORTI!"

"smetteremo di soffrire."

Non lo capiva, non lo accettava, non riusciva a concepire come facesse l'illusionista a restare così tranquillo ed a rispondergli in quel modo mentre tutto intorno a loro iniziava a prendere fuoco.

Sentiva il pavimento minacciare di cedere, il fuoco aveva raggiunto una lampada su un comodino completamente in fiamme e ne sentì esplodere la lampadina alle proprie spalle.

Tutto intorno a Hibari iniziava a distruggersi, bruciare, e lui si accorse di esserne davvero terrorizzato perché per la prima volta in vita sua non ne vedeva un'uscita che dipendesse unicamente da lui e la sua forza, dipendeva da Mukuro e quanto ci avrebbe messo a farlo rinsavire.

Spaventato, fece quasi un salto in avanti addossandosi maggiormente al corpo del più alto, ricambiando ora l'abbraccio e stringendosi ancora di più a lui, come se trovasse protezione e conforto in lui, come se non fosse quel ragazzo stesso a minacciare di essere il suo carnefice.

Dal canto suo Mukuro continuava a mostrarsi tranquillo, sereno, quasi non aspettasse altro, e si limitò a stringere sempre più che poteva l'altro tra le proprie braccia, con le gambe che si intrecciavano, e gli accarezzava la testa in alcuni momenti come se cercasse di calmarlo, quasi come  se stesse succedendo qualcosa del tutto normale che Hibari doveva semplicemente accettare con lucidità, e lui fosse lì per aiutarlo.

"basta, smettila, Lasciami andare! Metti fine a tutto questo! È una pazzia, non ha senso! Perché!?"
Hibari cominciò a dimenarsi e battere i pugni contro il  petto di Mukuro che però continuò con quelle semplici carezze, con quell'abbraccio che gli impediva di scappare, allora continuò ad urlargli in faccia quelle richieste di pietà, desiderando che la smettesse, fin quando si sentì privo della forza di implorare, di lottare ed iniziò a piangere senza neanche accorgersi che le lacrime avevano iniziato ad inondargli gli occhi e solcargli il viso.

Se ne rese conto soltanto quando Mukuro gli premette una mano sulla testa, tra i capelli, e lo spinse ad affondare il volto nell'incavo della sua spalla come se volesse ancora consolarlo, come se partecipasse al suo dolore e provasse appunto a mettervi fine.

Trovava assurda quella situazione, ma mai come in quel momento il difensore di Namimori sentiva pressante il desiderio di parlare, riversare tutto, forse proprio per la disperazione all'idea che potesse essere l'ultima occasione per parlare o al contrario per la grande speranza che potesse essere l'unico modo per salvarsi, e lasciò libera la propria mente di lasciar andare tutto quello che il cuore aveva sempre desiderato dire, svuotandosi completamente, sincero.

"Mukuro… Mukuro smettila, ti prego! Io… perché io ti amo, TI AMO  e non me ne importa niente di tutto quello che abbiamo detto, dell'essere nemici, del non lasciarci coinvolgere dai sentimenti, io voglio continuare tutta la mia vita con te, con te soltanto! Voglio stare con te Mukuro, ti prego, non abbandonarmi proprio ora che lo so e torna in te!"

Hibari evidentemente non lo sapeva ma Mukuro sapeva benissimo di quei sentimenti già da prima di quella sera.

Quello che non poteva capire probabilmente era  che, essendosi per primo reso conto dei loro sentimenti che provavano reciprocamente ed avendoli potuti comprendere, era giunto alla conclusione che non esistesse altra soluzione migliore che quella.

In verità aveva capito che in quegli anni tutte le volte che si erano scontrati ferendosi a vicenda erano stati mossi proprio da quei sentimenti, e per quanto entrambi affermassero il contrario, avevano iniziato ad uccidersi lentamente a vicenda  con colpi nell'animo.

Era stanco di soffrire a quel modo,dichiararsi il loro amore e magari anche decidere di vivere come una coppia non avrebbe di certo salvato la loro situazione. Loro erano fatti in quel modo e si sarebbero sempre vissuti in quel modo, se ne era reso conto abbastanza da decidere che sarebbe stato meglio darsi fuoco insieme sul loro letto piuttosto che continuare a vivere insieme.

Da quando aveva lasciato che il suo interesse per Hibari si sviluppasse fino a diventare altro, Mukuro aveva sperimentato i più diversi sentimenti che non pensava di poter mai provare, proprio per quel ragazzo che avrebbe voluto eternamente considerare propria vittima e al contempo miglior rivale.

Li aveva vissuti tutti, dal desiderio alla gelosia, e si era accorto di avere un cuore sentimentalmente parlando come facevano le persone comuni, un cuore che però non faceva altro che appassire sotto il peso di tutti i sentimenti repressi che lo schiacciavano.

Ad ogni gesto di Hibari ne deriva una sua sofferenza, che fosse un raro momento di dolcezza che non poteva godersi appieno perché doveva mantenere la sua facciata disinteressata o all'opposto una dimostrazione di disinteresse nei suoi confronti che lo faceva rodere in preda alla gelosia e le paranoie.

Ormai aveva capito che appunto amandosi loro due erano destinati a non farsi altro che del male, piuttosto che accogliere il suo amore e donare il proprio, vivendo un sogno che sarebbero finiti col distruggere da soli, preferiva mostrarsi mostruoso e mettere fine a tutto quello prima ancora che iniziasse sul serio.

Era egoista e non poteva semplicemente lasciarlo andare, rischiando magari che Hibari potesse trovare la felicità altrove senza di lui.

Per questi motivi aveva deciso di estinguersi insieme in quel momento, almeno sarebbero morti prima di distruggersi completamente a vicenda e finire ad odiarsi.

Continuava a non rispondergli, e la mancanza di reazioni alla sua dichiarazione fu presa da Hibari come un'incomprensibile freddezza da mostrare in quel momento.

Desiderando ora sul serio nient'altro che allontanarsi da lui, riuscì finalmente a farsi la forza necessaria per spingerlo lontano da sé e liberarsi del suo abbraccio, scappando giù dal letto con un salto.

Mukuro però per quanto sembrasse assente era più che sveglio, e si affrettò a rincorrerlo, afferrandolo per le spalle e facendo peso col proprio corpo su quello del più basso per cadere entrambi sul pavimento, in alcune parti già divorato dalle fiamme.

Fu forse per i loro movimenti bruschi, ma il letto cedette in quel momento  a sfasciarsi su se stesso ed il materasso venne assalito dalle fiamme, maggiore fuoco che si univa al fuoco, mentre delle travi cadevano dal soffitto e tutto intorno era solo un fracasso frastornante di fuoco crepitante e oggetti distrutti.

Non ce la faceva più, voleva soltanto che tutto finisse ed iniziò a provare sentimenti decisamente contrastanti per l'illusionista, dal quale si sentiva privato di ogni speranza, di ogni possibilità per poter vivere ciò che desiderava proprio con lui.

E anche stavolta, sorprendentemente, diversamente dal solito, mentre Mukuro taceva le proprie paure ed i perché delle proprie intenzioni, irremovibile dal cambiare nulla, Hibari gridava ed ammetteva tutto, tirava fuori ogni verità di sé, ogni speranza, ogni voglia di trasformare quella sofferenza in qualcosa di nuovo.
"perché non vuoi ascoltarmi!? Non mi credi!? Voglio vivere con te, voglio vivere, Mukuro! Io TI ODIO! Perché, perché mi hai dato uno stupido cuore se volevi distruggerlo?! Perché ti devo odiare solo per amarti?! Mi hai mostrato tutti quegli inutili sentimenti, mi sento un erbivoro per colpa tua, mi sono rimasti addosso tutti, li provo tutti e tu  vuoi privarmene così ora, vuoi impedirmi di viverli! Mi hai dato un cuore solo per divorarmelo… mi hai fatto vivere solo per uccidermi… io ti-"

Le parole giunte all'esasperazione di Hibari si spensero lasciando il posto alle urla di dolore nel momento  in cui il fuoco raggiunse i loro corpi ancora abbracciati e prese ad attaccargli i vestiti e poi la pelle.

Soltanto in quel momento Mukuro sembrò allarmato, silenzioso come era rimasto tutto il tempo,lasciò trasparire soltanto la propria espressione sofferente a vedere l'amato agonizzante.

Non voleva che soffrisse, lui non lo meritava, voleva tenere quel dolore tutto per sé per cui per esonerarlo da quella sofferenza in più portò una mano alla testa del giapponese, facendogliela sbattere con forza contro il pavimento  in modo che perdesse i sensi.

Almeno in quel modo non se ne sarebbe nemmeno accorto, e questo gli dava sollievo anche perché non voleva morire sentendosi dire dall'uomo per cui stava perdendo la vita che lo odiasse.

Era tutto un enorme controsenso, ne era consapevole, mentre abbracciava il corpo esanime del compagno -in punto di morte sì, ammetteva di considerarlo tale- e lo copriva col proprio corpo quasi volesse proteggerlo, mentre insofferente si lasciava consumare dalle fiamme.

Nella prossima vita forse sarebbero nati più sinceri, c'era la speranza che loro che si erano contraddistinti per la loro forza ed il coraggio di mettersi a rischio, forse prima o poi l'avrebbero avuta anche per vivere insieme.

Nella prossima vita, forse, sarebbero nati più coraggiosi.

 

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Ultimamente vengono così…. Giuro che è l'ultima botta angst che scrivo con gran suicidio finale dei pg, dalla prossima si torna a scrivere roba allegra D: /  comunque, metto le mani avanti e ci tengo a precisare che il mio spirito ultras 8059 e 6918 mi porta a provare totale ribrezzo alla sola idea di Yamamoto che possa fare una cosa del genere, che non mi sarebbe mai venuta in mente di mio ed infatti è inserita a caso qui  solo per accontentare quella disgraziata della mia PARTNAAAAAA' ò_ò cui tra l'altro dedico con tanto ammmore e ottimismo questo bel mobile di fic, contenta? 8D <3
ah, la fic intera, titolo e citazione all'inizio sono ispirati da "love the way you lie" di Eminem e Rihanna.

  
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