Ecco qui il capitolo.
Qui forse si scopre un leggero aspetto del carattere di "Andrew"
Fatemi Sapere! I commenti sono, come sempre, graditissimi.
“Hai un po' di terra nei capelli” esclamò divertito mentre mi rialzavo faticosamente da terra, rinfilai i piedi nelle scarpe e poi risposi
“come avrai capito, gli atterraggi non sono il mio forte” broncio seguito poi da uno spontaneo sorriso, sciolsi la morbida acconciatura e scossi i capelli “ce n'è ancora?” chiesi. Si avvicinò di un passo, mi cinse le braccia con le sue grandi mani e mi girò a favore della luce dei lampioni ancora accesi, il suo volto si addentrò nella penombra qualche istante, lasciando che la fioca luminosità ne mettesse in evidenza in evidenza i lineamenti decisi
“Solo un secondo” sussurrò concentrato mentre mi fissava in viso, si protese ancora un po' verso di me, io ero incapace di qualsiasi contromossa, mi pareva quasi di poter osservare inerte dall'esterno alla scena, poi lasciò andare il braccio destro e spostò il palmo della mano sulla mia guancia, chiuse il pugno con delicatezza, quasi avesse paura di rompermi se si fosse mosso senza cautela, e con il pollice, lentamente, scacciò un altro po' di terra
“Ecco, come nuova!” esclamò allontanandosi, sorrisi imbarazzata
“ehm grazie” mugugnai, poi guardai dietro di lui, il parco sembrava insolitamente vivo, pensai, notando la fontana principale accesa e qualche lampione attorno che la illuminava, lo guardai con aria interrogativa
“non dovrebbe essere tutto spento in orario di chiusura?” gli chiesi, lui alzò gli occhi verso l'altro e li spostò prima da un lato e poi dall'altro, infilò velocemente una mano in tasca e fece sventolare un paio di chiavi dorate
“stai scherzando, vero?” esclamai allibita, lui sorrise lievemente stingendo i denti e abbassando gli angoli della bocca
“conosco il guardiano del parco” spiegò. Non gli permisi quasi di terminare la frase che calciai nuovamente via le scarpe e iniziai a correre verso di lui
“maledetto!” urlai ridendo, lui scattò veloce guadagnando ampio anticipo, lo osservai mentre correva di fronte a me ridacchiando, ogni tanto girava la testa verso di me per controllare quanto gli fossi lontana, ed ogni volta che percepiva troppa distanza tra noi rallentava il passo con noncuranza, convinto che non lo notassi.
Mentre correvo lasciavo che i miei occhi si concentrassero sulle sue gambe, sicure e muscolose, avvolte da dei pantaloni di una taglia troppo grandi, sulle braccia nascoste da una camicia chiara che accompagnava i suoi movimenti, e dimenticai la paura di lasciarmi andare, i dolore del passato, per la prima volta dopo anni realizzai che non stavo pensando a Manuel e mi sentii di nuovo libera.
Aumentai il passo, lui se ne accorse e si affrettò a saltare una piccola recinzione che ci separava da una piccola aiuola, cercai di seguirlo, ma sbattei il piede contro il ferro e persi l'equilibrio, non potei far nulla per non cadergli addosso facendolo sbilanciare e scivolare in una fontana che adornava lo spiazzo, lo fissai in silenzio qualche istante attendendo che mi dicesse che stava bene.
Ancora prono nella fontana, con la faccia nell'acqua, alzò il braccio destro portandoselo dietro la schiena ad indicarmi, poi mi guardò
“Sei finita!” dichiarò alzandosi con un rapido scatto
“No! No! No!” implorai mentre si lanciava a tutta velocità su di me atterrandomi, sentii le sue mani bagnate sulla pelle muoversi veloci iniziando a solleticarmi, scoppiai a ridere rotolandomi sul terriccio umido per sfuggirgli, lo osservavo ridacchiare e non potei non pensare quell'attimo, quel preciso istante, somigliava pericolosamente ad una scena di un film e fu così che la vissi, pensai che nessun regista avrebbe potuto immortalare un momento più gioioso di quello.
La sua mano finì all'altezza del mio stomaco mentre cercavo di riprendere fiato tra una risata e l'altra, e, nel silenzio, un suono prolungato e soffocato decise di uscire dalla mia pancia, lo guardai, finsi imbarazzo, poi scoppiai a ridere
“la Signorina ha fame, vedo” puntualizzò, annuii prepotentemente, si alzò agilmente senza aiutarsi con le mani, si pulì le ginocchia dall'erba in eccesso con dei veloci gesti delle mani, poi protese le dita verso di me alzando le sopracciglia invitandomi a prenderle, le afferrai forte ed in men di due secondi mi ritrovai in piedi senza aver fatto il minimo sforzo
“Seguimi” la voce leggermente più bassa, più profonda, lo sguardo più serio, annuii rispettando il silenzio sacrale che pareva circondarci improvvisamente, dimenticò di lasciare la mia mano ed io gliela lasciai tenere, permettendogli di condurmi come una bambina smarrita in un labirinto pieno di meraviglie; ma contrariamente alla bambina delle favole non mi meravigliavo di ciò che stava attorno a me, io non riuscivo a staccare lo sguardo dalla sua nuca, desideravo avvicinarmici, respirarne, riempirmi del suo odore per ricordarlo una volta tornata a casa, ma quando iniziai ad aumentare inconsciamente l'andatura per diminuire le distanze tra i nostri corpi, lui si fermò di colpo ed indicò un punto a pochi metri da noi
“Eccoci!” esclamò, aprii la bocca stupita, davanti a noi era stesa una coperta rossa, vicino agli angoli quattro candele ad illuminare il banchetto che Andrew aveva allestito per la serata, deliziosamente semplice, mi fece spalancare gli occhi mentre sorridevo di genuina felicità, lui non poteva sapere che questa era la prima cosa davvero carina che un uomo aveva mai fatto per me
“Quando l'hai fatto?” chiesi, i pensieri vorticosi mi privarono della prontezza di ringraziarlo per tutto il lavoro che aveva fatto per una serata con una sconosciuta
“Te l'ho detto, conosco il guardiano. Su siediti, mangiamo” disse mentre si lasciava cadere sulla morbida coperta rossa, mi accomodai al suo fianco appoggiando la mia spalla destra al suo corpo ancora bagnato “Sperò ti piaccia il sushi” disse togliendo la copertura da un piatto che riposava di fronte a noi
“Ne vado pazza” lo rassicurai prendendo le bacchette che mi stava porgendo, lo guardai fissa qualche istante poi mi decisi a parlare “Andrew, davvero, non dovevi fare tutto questo” lui non rispose, si limitò a contraccambiare lo sguardo
“E' buffo” iniziò dopo poco, di fronte alla mia espressione stranita chiarì la sua affermazione “Sembri felice...” lasciò cadere la frase, improvvisamente mi parve incredibilmente serio
“E' che lo sono” lo rassicurai, abbassando lo sguardo fino a posarlo sulla punta della sua scarpa scura
“Non pensavo ci fosse ancora gente a cui basta così poco, erano anni che non incontravo qualcuno come te” un velo di tristezza si posò sul suo volto
“Quello che per alcuni è poco, per altri può essere molto” sottolineai senza alzare lo sguardo, sentii un suo dito posarsi sul mio mento ad obbligarmi a guardarlo in viso, sorrise mordicchiandosi il labbro inferiore.
Guardandolo, pensai che le sue sopracciglia leggermente piegate verso il basso si addicevano profondamente a quell'istante.
“Sei davvero così come dici? Pensavo non esistessero più persone che apprezzassero le piccole cose”, piegai la testa sul lato sinistro
“Beh, Andrew, ho accettato di venire a cena in un parco deserto con un perfetto sconosciuto solo perché mi ha regalato un libro, davvero pensavi ancora che non apprezzassi i piccoli gesti?” la voce falsamente acida, appena terminai di parlare scoppiammo a ridere all'unisono
“Touché! Dai, su, mangiamo!” suggerì, non me lo feci ripetere due volte ed annuii avventandomi su un california roll.
Rimanemmo in silenzio qualche istante, non potei non chiedermi cosa avesse gettato un velo di tristezza sul mio accompagnatore; fino a quel momento avevo pensato solo a me stessa, a come il mio passato mi stava tormentando impedendomi di andare avanti, ed ora comprendevo che anche gli altri, come me, avevano un passato, e che anche altri avevano appreso a nasconderlo dietro ai piccoli attimi felici di vita, ma, come non era stato possibile a me, neppure lui era riuscito a cancellare i ricordi di una vita, in fondo quello che avevo cercato di fare quel momento era facilmente equiparabile al vano tentativo di nascondere un grosso elefante in un armadio.
Sentii una mano che mi prese un braccio
“ci sei?” mi chiese sorridente, annuii
“sì, stavo solo pensando... ” alzò un sopracciglio aspettandosi ulteriori spiegazioni che non arrivarono, rinunciò, si strinse impercettibilmente nelle spalle e cambiò espressione, un sorriso gli comparve in volto
“Allora, Cassie, cosa fai tu nella vita?” arricciai le labbra
“un po' di questo, un po' di quello... ho lavorato tanti anni come barista, ma ora ho trovato lavoro come traduttrice in una casa editrice di Londra.”
“Non ti avrei mai creduto una donna da ufficio” esclamò sorpreso, scossi la testa affrettandomi a finire di masticare il boccone di riso che avevo in bocca
“Oh no, non lo sono!” un tono quasi allarmato che lo fece sorridere ancora di più “Lavorerò da casa” mi bloccai e rifletti aggrottando le sopracciglia “appena ne avrò una”, specificai poi
“Dove stai ora?”
“In un Hotel nei pressi di Russell Square, ora devo trovare solo un po' di coraggio per iniziare a cercarmi un posto letto” appena finii la frase sbuffai rumorosamente “solo pensare agli affitti di Londra mi spaventa” scherzai,
“Vuoi una mano?” si offrì
“In effetti potrebbe farmi comodo essere guidata da uno esperto della città” annuì alzandosi ed accennando un leggero inchino con la parte alta del corpo
“Al suo servizio” ridacchiai e presi la mano che stava tendendo verso di me.
Sentii che mi sollevava di nuovo con quella semplicità quasi disarmante, mentre lo faceva non potei fare a meno di notare il suo bicipite gonfiarsi leggermente, in tensione, che differiva completamente dal viso rilassato che non faceva trasparire alcun segno di fatica. Appoggiò poi la mano destra sulla mia schiena, mi prese l'altra mano, poi, senza che lui dicesse nulla, senza che io facessi nulla, iniziai a sentire il mio corpo muoversi spontaneamente guidato dalla sua forte presa. Prima di potermene accorgere io e Andrew eravamo stretti in una danza che ci estraniò dal mondo, poi lui prese a cantare, sovrappensiero, senza volerlo, e io, di contro, rimasi senza fiato.
La sua voce dolce mi accarezzava le orecchie, lenta e sinuosa. Immaginavo le note che emetteva come dei piccoli puntini colorati che non potevano resistere gli uni agli altri, che si chiudevano in un abbraccio indissolubile, non mi accorsi nemmeno di fissarlo con aria quasi sognante.
Sentii un angolo della mia bocca sollevarsi verso l'alto e, presi a sorridere, senza potermi controllare, poi il sorriso si trasformo in risata fragorosa.
Una risata di felicità, pura e genuina, una risata profonda, di libertà.
Andrew mi lasciò andare, sorpreso della mia reazione e caddi a terra, lui si lasciò cadere con me invitandomi ad appoggiare la testa sul suo petto
“Che ti è preso?” chiese, mi strinsi leggermente nelle spalle, un profumo quasi esotico iniziò a circondarmi
“Non lo so” ormai quel profumo mi aveva quasi rapita “Ti ringrazio davvero per la bella serata, Andrew”
“Grazie a te” rispose, capii che il profumo in cui mi ero persa proveniva dalla sua pelle, girai il viso ancora un po' verso il suo corpo, poi respirai forte, mi riempi di quella fragranza, poi alzai gli occhi un istante verso di lui
“Dammi un minuto. Riposo gli occhi, e poi andiamo” dissi, affondando la guancia nel suo petto.