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Autore: _Key    27/09/2011    2 recensioni
Quanto potrebbe valere un determinato respiro?
Qualcosa per cui vivere, e per cui morire.
La lacerante paura di dire la verità; la necissità di nasconderla a tutti i costi. Sì, paura. La paura di non essere creduta, e di essere abbandonata. Di rimanere sola. Di nuovo.
Lui era qualcosa che riusciva a scaldarle l'anima ormai gelida col passare degli anni, e le mani.
Qualcosa di vero, e di estremamente puro.
Lui riusciva a vederle il fuoco negli occhi.
I battiti del suo cuore seguivano i respiri di lui.
-
Tutto iniziato, dove un inizio vero e proprio non c'era mai stato.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Il gelo di quella mattina era accompagnato dal gelo del fragile cuore già ghiacciato di una ragazza che stava solo cercando qualcuno di cui potersi fidare, qualcuno che in qualsiasi modo potesse dimostrarle e magari potesse farla sentire.. amata?
Tom ci era riuscito, e riusciva a scaldarle il cuore anche solo sorridendo, riusciva a scaldarle anche le mani.
Ci era arrivata puntuale a scuola, e sola; aveva chiesto a Tom di non andare a prenderla quella mattina.
Perché aveva paura, però? Perché aveva così tanta paura della verità?
Aveva già perso Andy, e ora lo stesso stava accadendo con Tom. In effetti quella cittadina non le aveva portato nient'altro di buono a parte Andy, e la persona che al momento sentiva più importante per respirare; Tom.
Ne aveva sempre avuto paura. Proprio paura. Paura di essere lasciata sola, e di non essere creduta. Non essere creduta.
Paura di una verità che tra l'altro non era nemmeno brutta. Cioè, si trattava della persona che le aveva dato oltre la vita, tutto l'affetto di questo mondo nonostante questo le fosse stato contro in tutti i sensi possibili e immaginabili. Ma la paura la divorava ogni secondo che passava, anche quando solo le passava per la mente il pensiero di poterne parlare con Tom. E se l'avrebbe presa per qualcosa che non era? Se avrebbe potuto fraintendere in qualsiasi modo? Insomma, se non l'avrebbe creduta?
Rieccola cominciare a crescere, la paura.
Appena vide sfoggiare il suo sorriso in quei corridoi, i suoi occhi caddero sul suo petto per non cadere a terra. Senza dire altro.
In quel momento stava decisamente male. O forse qualcosa in più.
Delicatamente lo abbracciò; con quella netta sensazione che le lacerava dentro, che sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe fatto così; con quella complicità magnifica che sembrava solo loro potessero avere. Fatta esattamente per loro.
«..Vado.» poi sfiatò tossendo, ormai staccati e lei già di profilo.
«Tutt'ok?» mormorò lui, non riuscendo però ad attaccarsi ai suoi occhi. Perché di certo se l'avrebbe fatto, sarebbe andato oltre al solito fuoco che comprendevano, e avrebbe capito che qualcosa non stava andando. Che quella non era, la sua Hayley.
Lei rispose con uno strano cenno con la testa.
«Ci vediamo all'uscita, allora.» rispose quello.
Lei rispose con un ulteriore cenno, per poi allontanarsi pian piano per il corridoio.
Sembrava quasi una calamita; lei si stava allontanando, ma quel legame, quel contatto sembrava troppo forte.
Forse, lo era per davvero.

Stava andando tutto così perfettamente, fino a pochi giorni prima. Non poteva pensarci.
Ormai non stava più bene, lei. Il mondo, proprio come un puzzle di mille e più pezzi, le era caduto addosso; con tutto il pessimismo di non poterlo più ricomporre. Di nuovo, cazzo. Di nuovo. Un puzzle di quelli che ci metti mesi e più, per farvi incastrare tutti i pezzi.
Risposte molto vaghe, come gli atteggiamenti.
Tom. Come aveva fatto a trovarsi ad essere costretta a lasciarlo? Così, in un momento.
Stava male, malissimo. Un peso allo stomaco che portava dietro ovunque.
Ma doveva farlo, con tutto il dolore di questo mondo doveva farlo. E anche il più presto possibile.
Doveva farlo per la mamma. Per il bracciale, e per quello che rappresentava.
Durante l'intervallo rimase in classe, le mancavano solo gli occhi indiscreti addosso per raggiungere il massimo di quello stato.
All'uscita avrebbe parlato con Tom, e sperava che quelle tre ore non passassero mai. E che come mai, durassero infinitamente.
In frantumi; lei e tutto il resto. Anzi, lasciamo andare tutto il resto, perché ora come ora le interessava solo di Tom, e di come avrebbe reagito. Non poteva nemmeno pensare che avrebbe capito. Come cazzo avrebbe fatto a capire?! Non aveva presupposti da cui partire. Non aveva un motivo, uno solo non lo aveva.
Le toccava mentire nuovamente. Scivolare ancora più in fondo. Sembrava che la vita ne avesse avuto abbastanza di lei, e che cercasse in tutti i modi di portarla alla morte, anche se in un modo tendenzialmente diverso. Soffrendo.
Aveva appena iniziato di piovere, quando suonò la campanella dell'uscita. 
Aspettò qualche minuto, in modo da far ''svuotare'' anche di un po' la scuola.
Poi, lo vide. Con il suo solito gruppo d'amici, e con il sorriso che avrebbe potuto anche fermare il tempo per qualche momento.
I loro occhi ora si incontrarono. Ed Hayley quasi sobbalzò.
Lui salutò i ragazzi, e le si avvicinò.
Ora la scuola era di quel deserto che aveva desiderato. O almeno lo era quel corridoio.
Provò a baciarla, ma con tutto il dolore che Hayley poteva provare in quel momento, e giurò di poter morire, si spostò.
«Che succede?» sibilò lui.
Lei guardò un momento altrove.
«Tom» tossì subito dopo. «Io.. dovrei parlarti.» continuò.
«Sono qua.» allargando le braccia, continuando a non capire guardandola strano.
«Vedi..» guardò nuovamente da un'altra parte, per poi ritornare negli occhi di lui. «Penso di non provare, qualcosa di vero, per te.» con il cuore che le si spezzava lentamente, lentamente.
«Cosa?!» quasi urlò quello, già furioso.
«Calmati, Tom!» alzò anche lei la voce.
Con quanta facilità i suoi occhi diventavano lucidi ultimamente?
«Chi era allora quella che ha parlato con me per tutto questo cazzo di tempo?!» quasi urlò di nuovo.
«Voglio solo essere sincera con te, Tom» facendo distrattamente qualche gesto.
«Cosa cazzo stai dicendo, Hayley?!» incredulo. Ma dimostrare quello che provava, non era proprio nel carattere di Tom. Ed Hayley li sapeva.
«Senti è così. E' inutile continuare. Mi dispiace.» affrettò lei, altrettanto distrutta.
Lui le guardava attentamente gli occhi, loro erano la reale voce di tutto, qualsiasi cosa avesse mai potuto dire. La sua bocca parlava, ma i suoi occhi gli dicevano l'esatto opposto.
Lei spostava continuamente lo sguardo in effetti.
«Katrina.» mormorò lui. «E' stata lei.»
«No, lei non c'entra niente.» rispose.
«E allora cosa cazzo ti è successo, Hayley?!» esclamò.
Le parole di Tom le bruciavo dentro, come un pezzo di carta già sporco di sangue a cui veniva dato fuoco.
D'un tratto Tom si avvicinò al muro che era a poco più d'un metro di fianco a loro.
«Cazzo!» urlò, tirando un pugno al muro, forte.
Hayley, come se spaventata, si diresse velocemente all'uscita poco più avanti, e quando sentì il pesante rumore della pioggia si alzò il cappuccio della felpa.
Lui le corse dietro lasciando cadere lì a terra quella specie di zaino che portava.
«Hayley!» poi urlò.
Lei si voltò.
«Tom.» sfiatò, ma lui a stento sentì.
Il ragazzo non aveva nemmeno alzato il cappuccio della felpa, aveva solo il cappello NY, che bagnato dalla pioggia lasciava scorrere le gocce dalla visiera.
Il volto di Hayley, era in qualche modo molto bagnato dalla pioggia, mentre quello di Tom leggermente meno.
«E' così Tom. Basta!» esclamò distrutta. «Mi dispiace.»
«Non continuare a ripeterlo!» con qualche vena e qualche nervo che sembrava potesse anche fuoriuscirgli.
«..Basta.» in un ultimo sussurro. Quando una lacrima le rigò la guancia destra, che si mimetizzò perfettamente con una qualsiasi goccia di pioggia che le aveva già bagnato il viso.
Ecco la calamita; l'una dall'altra distante poco meno di due metri.
«Vorrei solo sapere una cosa.» mormorò lui, mantenendo un tono di voce non troppo alto, ma che in modo potesse essere ascoltato chiaramente da lei.
Cominciò ad avvicinarsi Tom, e lei perse un battito.
La distanza minima.
La calamita sarebbe potuta scattare da un momento all'altro, ma nonostante ora fossero più vicini, così vicini, la distanza sembrava rimanere tale.
«Con chi cazzo sono stato in questi giorni, fino a un giorno fa?!» continuò. Possibile che aveva l'impressione che improvvisamente gli occhi di Tom fossero diventati lucidi? «Con chi?!» ribatté ancora una volta aumentando il tono di voce.
«Io..» sussurrò. Sembrava aver esaurito anche la voce.
«Perché i tuoi occhi mi dicono il contrario, Hayley?» più ''tranquillo''.
«Tom..»
«Perché continui a dirmi quello che non è?»
Rimasero a guardarsi per un po', fermi. E la ragazza sembrava essere sotto una specie d'ipnosi.
«Credo di amarti.» sfiatò finalmente con la voce rotta, quasi fosse sotto qualche strano incantesimo. Un incantesimo che aveva il nome dell'amore.
Erano immobili entrambi, sotto quel cielo che piangeva sempre più forte. Un cielo che sembrava arrabbiato, come i battiti dei loro cuori. I loro cuori che seguivano i loro respiri; l'uno con l'altro.
La cosa più vera che avrebbe mai potuto sfiatare per spiegare in qualche modo tutto quello che stava succedendo.
«No, no»  affrettò poi distogliendo di nuovo lo sguardo, lasciando violentemente andar via quella sensazione.
«Cosa no?» domandò lui. «Sappiamo entrambi, che è così.»
«Ascolta, Tom.. mi dispiace.» mormorò, allontanandosi nuovamente però senza lasciare i suoi occhi, indietreggiando di qualche passo veloce.
«Non ti dispiace un cazzo, porca miseria!» rialterandosi.
«Smettila di urlare, Tom.»
«Perché?! Perché dovrei smettere di urlare?!»
«Cazzo, basta!» con gli occhi gonfi.
«Avrei solo bisogno che mi dicessi cosa succede, cazzo!» toccandosi con entrambe le mani la nuca.
«Non riesco più a parlare.» mormorò la ragazza. «Lascia che ti dica un'ultima cosa.» stava per finire. «Dimentica tutto quello che è successo. Me, noi e.. tutto. Dimentica tutto.»
«Come cazzo fai a dirlo veramente?» vedendo lo stato di Hayley sembrava essercisi ritrovato anche lui. E perse improvvisamente anche la forza per urlare.
«E' meglio così.» sfiatò. «E' così che doveva andare.» continuò lei.
«Eri tu quella che non voleva che tutto finesse così, da un momento all'altro.» mormorò quello. «Da quando le cose cambiano così in fretta?»
Ora era al limite.
«..Mi dispiace.» pronunciò ancora una volta. Quasi stanca. Distrutta, nel vero senso della parola.
Si voltò incamminandosi a passo non troppo veloce dietro l'angolo del parcheggio dove aveva lasciato la sua auto.
Immersa in un nero, senza fine.
  
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