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Autore: virgily    27/09/2011    3 recensioni
(prima fan fiction che scrivo sui Black Veil Brides, Enjoy!)
-Non ho la piú pallida idea di quello che ti sia successo peró una cosa é certa...- cominció sollevandole il viso per il mento, tenendolo con il pollice e l’indice. Inizió a tamponarle dolcemente la stoffa sulle guance e sotto l’occhio, asciugandole le lacrime
-Non mi piace vederti piangere- sospiró infine fissandola intensamente dritta negli occhi,mentre il suo viso cominciava a farsi maledettamente paonazzo. Dal canto suo Caris, apparte il bollore alle guance, sentí un nodo allo stomaco. Era freddo, e molto distaccato; eppure sembrava cosí... Dolce.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Anche quella mattina il sole splendeva alto e maestoso sul cielo della caotica L.A: la temperatura era ottima, e intorno a lei Caris non scorgeva altro che facce felici di gente che passeggiava per le strade; chi con il cellulare all’orecchio a discutere di lavoro, chi a portare a spasso il proprio cane, mamme con bimbi a seguito; tutti con uno splendido aspetto raggiante. Ed era felice, chissá forse era proprio per questo che vedeva il mondo attorno a lei come un fiabesco panorama incantato. Camminava sul largo marciapiede in lastre grigio scuro facendo risuonare i taccheti delle sue nuove scarpe lucide rosse, azzardate ma dopotutto amava vestirsi in modo stravagante. Tra le mani teneva un pacco regalo con un enorme fiocco viola e lo portava come se stesse proteggendo un qualcosa di prezioso. Ed era proprio cosí: quella scatolina argentata, infatti, era il regalo di compleanno per il suo piccolo angelo, la sua amata gemella. Conosceva bene Lilith e poiché era certa che non si sarebbe svegliata prima delle 12:30, ne aveva approfittato per correre in gioielleria e acquistare un braccialetto in argento con tre ciondoli del medesimo materiale decorati da piccole gemme colorate: una chiave di violino, a simboleggiare la loro passione per la musica; una “L”, l’iniziale del suo nome e infine una scarpetta da danza classica, perche’ la sua sorellina era una ballerina formidabile. Caris giá s’immaginava la faccia pallida e struccata alla buona della ragazza che riprendeva colore non appena i suoi occhi si sarebbero poggiati sul regalo. Al solo pensiero sul suo viso si dipinse un sontuoso sorriso a trentadue denti. Osservó con nonchalanche l’ora sul suo cellulare, sfilandolo frettolosamente dalla tasca dei jeans stretti, e si stupí del fatto di averci messo soltanto un’ora. Sollevó lo sguardo oramai troppo tardi che era andata a sbattere contro qualcuno. Non riuscí a scorgerne il viso, poiché questo era celato dal cappuccio della felpa scura. Caris fece per scusarsi ma questo neanche si degnó di rispondere e corse via, come se stesse andando di fretta, e probabilmente era proprio cosí

-Ma guarda tu che stronzo!- pensó ad alta voce tra se e se prima di abbassare lo sguardo tra le sue mani; grazie a dio il pacchetto era ancora intero, ma sentiva qualcosa di caldo e appicicosiccio tra le dita della mano destra, quella con cui aveva sfiorato il passante “fottutamente maleducato” di qualche secondo prima: macchie color rosso... Rosso sangue. Rimase allibita per pochi attimi, giusto il tempo di riprendere fiato, e con esso un bel fazzolettino per ripulirsi

“Magari si era tagliato e non me ne sono accorta” questo pensava mentre apriva il portone del suo palazzo, cominciando a salire frettolosamente le scale; dopo tutto la sua piccola mente ingenua non poteva pensare altrimenti. Dopo aver zompettato allegramente per tre piani di scale finalmente la maggiore delle gemelle Foster era giunta dinnanzi la porta del loro modesto appartamento. Afferró agilmente la chiave allungata della blindata, ma non appena questa varcó la serratura, la giovane Caris notó con un certo stupore che questa era giá aperta. Corrucció la fronte e estraendo la chiave giró la maniglia, aprendo con estrema facilitá l’ingresso. Chiudendosi la porta alle spalle la signorina Foster rimase ad osservare la grande baraonda incui era sommersa casa sua: mobili precipitati al suolo, vetri  rotti e svariati fogli sparsi per tutto il pavimento dell’intero salotto; come se qualcuno fosse entrato in casa sua per prendere qualcosa. Balenó in un attimo il pensiero che sua sorella era sola, e nessuno in quell’istante poteva minimamente immaginare quello che Caris Foster stesse provando

-Lilith?! Lil...AHHHHHHHHH- Straziato ed agonizzante un grido s’arrampicó sulla sua gola fino ad esplodere tra le sue labbra. Aveva raggiunto ad ampie falcate la camera da letto della minore, e tutto quel che vide fu soltanto un perfetto scenario in stile “C.S.I” che amava vedere in televisione: adagiata sul letto impregnato del suo stesso sangue, il suo angelo, la sua ragione di vita, osservava il vuoto con gli occhi spenti, e le iridi vuote. Non voleva crederci, non ci riusciva. Avanzó lentamente trattenendo il fiato, rifiutandosi apertamente di inalare l’odore del sangue di sua sorella; pregando dio che tutto questo fosse solo un sogno e che molto presto la sua amata Lilith si rialzasse gridando “Scherzetto!”. Ma ció, come giá sapeva, non avvenne: la pelle bianca, le goti gelide. Le tremavano le mani al solo sfiorarla. Cominciava a vedere tutto sfocato, le lacrime annebbiavano la visione di quel trucido spettaccolo, e i singhiozzi esasperati della giovane cominciaro a riecheggiare per l’intero ambiente, mentre con coraggio si arrendeva ai sentimenti e si abbandonava al fianco del corpo di sua sorella

-Lilith... Sorellina. I-io volevo solo farti il regalo perfetto... Sorellina, non dovevo lasciarti sola. Sorellina perdonami... Ti prego Lilith- coccolava con dolcezza il suo viso, e guardava con tristezza il blu intenso delle sue iridi che era degenerato in un pozzo nero e profondo. Tremavano spaventosamente agitate le sue labbra mentre fissava disgustata lo squarcio profondo sulla gola della ragazza; su quel bellissimo collo candido che tanto le invidiava. Per il momento non poteva far altro che attendere la polizia e piangere, affogando la sua disperazione in lacrime amare e piene di rimpianto.”

Per quanto fosse strano, Andy aveva dormito bene... E probabilmente tutto ció era dovuto soltanto al fatto che, la sera prima, non aveva bevuto neanche un sorsetto di birra. Filtrando dalla finestra uno spiraglio di luce andó proprio a solleticargli il viso, coccolandogli le guance, solleticandogli le palpebre. Lentamente sollevó il capo, poggiando il mento sul cuscino, osservando con occhi stanchi e assonnati l’orologio posto sul suo comodino: le 10:00... Poteva considerarla l’alba. Constatando dunque che fosse ancora troppo presto per tirarsi giu’ dal letto, il vocalist decise che un’altra oretta di sonno non gliel’avrebbe negata nessuno

-L-Lilith...- soffusa e rotta una vocina tremante giunse fino al suo orecchio, cogliendo la sua attenzione. Si voltó lentamente osservando la ragazza stesa al suo fianco: rannicchiata in posizione fetale, con i capelli che le coprivano il viso, i vestiti sgualciti e una lacrima a rigarle la guancia. Sbuffando appena il ragazzo si passó una mano sul viso, stropicciandosi appena gli occhi; si era totalmente scordato che Caris avesse dormito da lui

-Lilith...- dinuovo quel nome, seguito a ruota da una serie di brevi singhiozzi. Probabilmente stava facendo un incubo, e doveva essere proprio brutto perche’ la ragazza aveva cominciato a tremare, aumentando la frequenza delle lacrime. Rimasto totalmente spiazzato, Andy non aveva la piu’ pallida idea di quello che doveva fare: aspettare che si svegliasse da sola? Svegliarla lui?

Dopo averci pensato su decise che sarebbe stato meglio se fosse stato lui a svegliarla.

“non mi piace vederti piangere” ripensó alla frase che gli aveva detto la sera prima. E si stupí del fatto che lo pensava davvero, e che non fosse una delle solite frasette da rimorchio. Scivoló piú vicino e con delicatezza poggió la mano sulla spalla della ragazza

-Caris?- la chiamó con dolcezza, con un tono pacato e vellutato che neanche lui in quel momento riusciva a spiegarsi. Un mugugno prolungato accompagnó i movimenti secchi e agitati della ragazza. Passando freneticamente in posizione supina la castana fece vorticare i capelli in aria prima di lasciarli adagiare brusamente sul cuscino. Aveva perfino scalciato, ma Andy era stato bravo ad evitare il colpo. Mentre una delle sue mani continuava a sostare sulla sua spalla, con quella libera il vocalist accarezzó le sue guance con la punta delle dita, cogliendole una lacrima appena sgusciata dagli occhi. Quasi spontaneamente un sorriso si sollevó sulle sue labbra, concentrandosi sulla piccola goccia umidiccia e salata che cominciava a colargli lungo l’indice; non accorgendosi della ragazza che aveva spalancato le palpebre di colpo.

Forse aveva urlato, un grido piccolo ma terrorizzato, mentre con il cuore in gola Caris si ritrovó a sbattere la testa sulla testiera del letto, nel tentativo d’ indetreggiare. Non era stato lui a spaventarla, ma dopo un ricordo del genere rendersi conto di non essere sola non era stato il migliore dei risvegli. Anche Andy era indietreggiato vedendola saltare, e il tonfo della sua testa contro il ferro battuto lo aveva indotto ad una risata sadica e divertita

-Certo che sei proprio scema...- affermó con voce roca e ancora addormentata. Dal canto suo, Caris non rispose, si limitó soltanto ad abbassare lo sguardo portandosi le ginocchia al petto. Non si massaggió neanche la testa sebbene era certa che gli sarebbe venuto un bernoccolo; tutto quello che in quel momento le passavano per la testa erano ancora quelle immagini: documenti, sangue e sua sorella morta. Poggió il mento sulle gambe e osservó il vuoto dinnanzi a lei con occhi contornati da lacrime pensanti e amare. Il ghigno sul visetto del ragazzo mutó all’istante in un’espressione seria. Cera un spesso strato di mistero attorno a quella ragazza; e non sapeva se ció gli importasse davvero tuttavia si avvicinó appena, scrutandola in silenzio. Probabilmente un’altra persona l’avrebbe consolata, o come minimo coccolata per darle anche un briciolo di conforto, ma questo non era consuetudine di Andy. No, lui si fidava poco delle persone... E soltanto una cerchia molto ristretta di persone sapevano chi Andrew Biersack era veramente. Aveva un’inguaribile istinto animale; piú precisamente si comportava come un lupo: prima osservava da lontano, cercando di capire veramente chi gli si trova davanti, e solo alla fine cominciava ad avvicinarsi. E questo Caris lo aveva intuito anche fin troppo bene, sentiva il peso di quelle iridi gelide e profonde puntante su di lei, e il silenzio angosciante premere come un’incudine sulla sua testa. Tremava, e Andy sapeva che non era per il freddo, anche perché l’inverno non era ancora arrivato, e come una bambina la castana tirava su il naso asciugandosi le sue ultime lacrime sgraziatamente con le mani. Il vocalist sospiró rumorosamente, molto incerto sul dafarsi. Si osservó intorno e ritrovó la bandana scura con cui la sera prima le aveva asciugato le lacrime

“IO gli ho asciugato le lacrime?!” pensó poi dando un lieve scossone alla testa, afferrando il lembo di stoffa tra le mani, progendoglielo dolcemente. Caris osservó la sua mano tesa contro di lei, e con timidezza lo accettó

-Gr-Grazie- sussurró tamponandosi le palpebre con il fazzoletto, distogliendo lo sguardo da lui

-Ti serve qualcosa? Che ne so... Un caffe’? Un the’?.. Un abbraccio? Non sono pratico di queste cose...- confessó grattandosi impacciatamente la testa, sollevando l’angolo destro delle labbra. A quelle domande la ragazza sollevó di scatto lo sguardo, fissandolo meravigliata e sollevata allo stesso tempo. Si stava preoccupando per lei... E sembrava essere tornato dinuovo “dolce”

-Avevi detto che non mi dovevo aspettare carinerie e roba simile...- rispose arrossendo appena quando, alla sua affermazione, il ragazzo la fissó dritta negli occhi

-Me lo ricordo che ho detto! É solo che... Ah fanculo!- dopo una breve pausa Andy sbuffó spalancando le braccia, osservando il soffito poiché non riusciva a immaginarsi, piú che altro non voleva immaginarsi, la sua espressione a quel buffo tentativo di invogliarla a farsi stringere.  Effettivamente la donna rimase incuriosita... Cosa doveva fare?

-Dai?-

-Dai cosa?- domandó corrugando la fronte

-Vieni?!- rispose l’altro agitando le braccia. Caris si strinse appena, intimidita dalla sua richiesta, e solo il pensiero le faceva ardere le guance

-D-Davvero?-

-Se non muovi il culo l’offerta scade- rispose scocciato avvicinandosi a sua volta alla ragazza, che estremamente timida, si lasció letteralemente andare tra le braccia del vocalist. Rannicchiata in se stessa, la castana cominció ad apprezzare quel piacevole calore che cominciava a sentire sulle spalle e la schiena. Aveva un buon odore, e sebbene anche il ragazzo fosse “rigido” nel tenerla stretta al suo petto, quella sensazione di “protezione” era maledettamente sdolcinata. Sciogliendosi appena in quel calduccio avvolgente, Caris poggió la testa sulla clavicola del ragazzo, e spontaneamente lasció scivolare le mani sul suo corpo; prima sul petto per poi salire e legarsi attono al collo e alle spalle. A quel contatto un brivido del tutto nuovo e inusuale percorse la colonna vertebrale di Andy, che “ammorbidendosi” a sua volta, fece scorrere le dita tra le pieghe della sua maglietta, stringendola un pelino piú forte. Rimasero in quella posizione, in silenzio, per svariati minuti. Caris aveva ripreso a piangere, ma non gli diede fastidio, anzi le lacrime che gli gocciolavano sul collo gli facevano addirittura il solletico. Il respiro caldo sulla sua pelle pareva sensualmente dolce, ma sapeva bene che quello non era decisamente il momento per pensare alla sua voluttá. Caris socchiuse gli occhi, lasciando scorrere un’ultima lacrima sul suo collo pallido, accarezzandolo con la punta del naso nel timido tentativo di astacolarne il corso

-Anche lei mi stringeva cosí...- sussurró tra se e se disegnando un sorriso malinconicamente rassegnato che Andy non ebbe il coraggio di guardare

-Lilith?- domandó ripetendo quel nome che cominciava a rappresentare un vero mistero. Un brivido freddo fece fremere la piccola Caris in pochi secondi, mentre le sue mani avevano cominciato a fare pressione sul petto asciutto del ragazzo, allontanandolo cosí che potesse guardarlo negli occhi

-C-Che cosa hai detto?- balbettó impallidendo di colpo. A quello sguardo intimorito ma audace allo stesso tempo il moretto rimase letteralmente spiazzato. Si morse appena un labbro, e sorridendo appena rispose

-Parli molto mentre dormi lo sai?- e rassicurandola le scosse appena la folta chioma, mentre scendeva alla buona dal letto e si dirigeva ad ampie e sbilenche falcate verso l’armadio alla ricerca di vestiti puliti. Afferrati un paio di jeans e una maglietta scura e striminzita, il vocalist si voltó ad osservare la ragazza seduta a gambe incrociate nel letto con i capelli arruffati e le iridi lucide. Aveva il naso arrossato che spiccava tra le sue goti pallide, e le labbra secche e disidratate che non faceva altro che torturarsi con i denti, come se fosse intimidita a parlargli, e non era difficile per Andy accorgersene oramai

-Senti io mi vado a fare una doccia. Poi vado a prendere i caffé al bar perché, come ben sai, casa mia é vuota. Se vuoi rimanere ancora a letto fai pure- bofocchió tra uno sbadiglio e l’altro avviandosi verso la porta della stanza

-A-Andy?- lo chiamó senza neanche avere il tempo di rispondergli

-Ci metto poco. Te lo prometto- affermó schietto zittendola in pochi istanti, uscendo velocemente dalla camera da letto, chiudendosi la porta alle spalle.

Caris rimase immobile, seduta sul suo letto per svariati minuti. Poi si lasció andare pesantemente sul giaciglio, poggiadosi sul cuscino dove il vocalist aveva dormito la sera prima. riuscí a percepirne, dinuovo, il suo odore. Socchiuse gli occhi, aspirando profondamente, come se la puzza di fumo mescolata ad un’altra fragranza al momento irriconoscibile riuscisse a sollevarla. Passó una decina di minuti immobile, con la testa immersa nel guanciale, trattenendo l’odore nelle narici. La porta d’ingresso si aprí per poi chiudersi rumorosamente subito dopo... Andy era ufficialmente uscito di casa. Osservó stropicciandosi gli occhi l’ora segnata sull’orologio: 10:45 a.m. era ufficialmente ora di andarsi a lavare. Prese coraggio, e con pigrizia si sollevó dal comodo giaciglio e avanzó verso il bagno. Non era abitudine della giovane Foster impiegare ore e ore sotto la doccia; cinque minuti bastavano e avanzavano, sopratutto a casa d’altri. Rimessa al mondo dal potente getto d’acqua calda, la castana usci’ dalla doccia completamente nuda, gocciando in ogni dove alla ricerca di un asciugamano con cui coprirsi. Lo trovó poco dopo, poggiato sullo sgabello accanto al lavello, e dopo essersi avvolta con esso, zompettó scalza dinuovo in camera da letto. Proprio in quello stesso, medesimo, maledetto istante un pensiero balenó per la sua testa:

“NON HO VESTITI PULITI DA METTERE”

Imprecó svariate volte infilandosi scocciatamente gli stessi pantaloni che portava giá dal giorno prima, e proprio un secondo prima di infilarsi la maglietta, il suo sguardo cadde sull’armadio il legno scuro che Andy aveva lasciato semi aperto. Certo, non era da lei appropriarsi di vestiti di un ragazzo che non fosse il suo fidanzato; ma dopotutto lei non aveva un ragazzo, e per un decimo di secondo Caris fu sicura che a Andy la faccenda non sarebbe pesata minimamente. Spalancó entrambe le ante del grande guardaroba e lo spunció spudoratamente affondo: jeans, pantaloni di pelle, borchie, un gilet di pelle, altre borchie, magliette nere, altri indumenti di pelle e infine lei: una sobria maglietta grigia con lo stemma di batman. Con delicatezza l’afferró tra le mani, e tutto quello che Caris riuscí a pensare il quel momento fu soltanto: “Oh si!”

Se la infiló senza pensarci troppo, non badando al fatto che la stesse bagnando con i capelli ancora bagnati, oppure che le stesse attillata e delineava anche troppo marcatamente le sue forme. Dinuovo quell’odore: fumo e quel qualcos’altro che rendeva quell’aroma particolarmente irresistibile. Tornó poi a stendersi sul letto che avevano condiviso, osservando il soffitto con un sorrisetto stampato sulle labbra.

“Se non muovi il culo l’offerta scade” solo al ricordo la castana scoppió a ridere. Era stato “carino”... Anche troppo. Eppure aveva quel gignetto beffardo su quel’affascinante “faccia da stronzo” che non riusciva a togliersi dalla testa, come se in realtá non voleva toglierselo dalla testa. Passó le dita tra le pieghe delle lenzuola ancora disfatte, un brivido percosse la sua spina dorsale facendola fremere

-Tutto ció é veramente assurdo! Ma tu guarda a cosa vado a pensare!- affermó ad alta voce sollevandosi di scatto dal materasso: aveva pensato dinuovo a lui, alle sue mani che scivolavano sinuose sulla sua schiena stringendola forte, quando invece quel Andy doveva essere soltanto l’ultimo dei suoi pensieri. Abbassó il capo fissandosi le punte dei piedi, sospirando mentre l’ennesima lacrima amara rigava la sua guancia:

“Ci metto poco. Te lo prometto”

Non solo la promessa di Andy di venti minuti prima, ma anche le ultime parole che aveva sussurrato a sua sorella prima di lasciarla sola. Una promessa che Caris non era stata in grado di mantenere, e questo gli era costato molto caro.

Singhiozzó rumorosamente rannicchiandosi in se stessa, accogliendo le gambe al petto. La sua sorellina, l’altra metá di se stessa adesso giaceva sopra una lamina d’acciaio fredda e sterile dell’obitorio. E si sentiva smarrita, terrorizzata dal fatto che adesso era sola. Prima era forte, sprezzante e temeraria... Ma senza la sua gemellina il mondo aveva cominciato a metterle paura.

Lo squillare del suo cellulare fece si che finalmente riuscisse a tornare con i piedi per terra, e stropicciandosi gli occhi. Lo afferró tra le mani, rabbrividendo di colpo quando posó lo sguardo sul nome che appariva sullo schermo: Lilith. Il cuore le giunse in gola, cominciando a battere freneticamente mentre tremante piggiava il bottoncino verde sulla sinistra del telefono

-P-Pronto?- domandó pregando che fosse qualcuno della polizia, qualcuno che era in grado di spiegarle cosa diavolo stava succedendo alla sua vita

-Ciao piccola Caris...- ma quella voce che parló non sembrava esserle familiare, e tantomeno la voce di una persona innoqua: era fredda, sadica e beffarda

-C-Chi sei? Perché hai il telefono di mia sorella?!- domandó cercando di moderare la voce, sebbene fosse rotta dalle lacrime

-Sai, stavo guardando le tue foto... Sei molto bella giovane Foster. Molto piú della tua sorellina. Oh a proposito, condoglianze...- ridacchió malevolo facendo salire un vomito di parole che non riuscí a trattenere

-Ho detto chi cazzo sei?! Perché hai ucciso mia sorella figlio di puttana! Cosa ti ha fatto?! Cosa?!- aveva letteralmente cominciato a sbraitare, facendo risuonare la sua voce per l’intero appartamento; mentre spudorato l’uomo dall’altro capo non esitava a ridere, ridere di gusto nei confronti della povera ragazza

-Oh, avevo sentito parlare della tua irritabilitá. Scommetto che diventi ancora piú eccitante quando sei arrabbiata- affermó sfociando nella malizia. Caris riprese fiato, e trattenenedo le ultime lacrime si fece seria, e strinse fortissimo i denti

-Ascoltami pazzo di un maniaco, non so tu chi sia... Non so per quale motivo ti diverte la mia disperazione. Ma una cosa é certa: tu hai ammazzato mia sorella senza motivo, e io ammazzeró te- ringhió sentendo l’adrenalina pulsare freneticamente nelle vene

-Dai tempo al tempo piccola. Tua sorella é morta perché é stata stupida. Per il resto chiedi a tuo padre. Lui ha tutte le risposte- e con questa frase l’uomo agganció, lasciandola immersa in una marea di domande che cominciavano a toglierle il fiato. Presa dall’impulsivitá e dalla voglia convulsa di ricevere delle risposte concrete, Caris infiló velocemente le scarpe e prese la felpa per coprirsi le spalle, lasciando la maglietta della sera prima spieguzzata sul letto. Superó ad ampie falcate il corridoio, afferrando con forza il pomello ottonato della porta. Qualcosa peró la fece arrestare di colpo. Caris si voltó e osservó il salotto deserto e apparentemente in ordine. Si soffermó a guardare un fazzoletto poggiato sul tavolino posto tra i due divani di pelle; al suo fianco giaceva una penna. Non le piaceva scappare via come una ladra, ma quella mattina sembrava essere strettamente necessario. Tuttavia decise di spendere almeno due minuti per lasciare un messaggio proprio su quel fazzolettino in salotto; poche righe chiare e semplici. E quando firmó l’omonimo messaggio la giovane Foster si guardó intorno e si rese conto che non aveva voglia di andarsene; voleva aspettare Andy...

Ma c’era qualcosa percui non poteva aspettare, dubbi che dovevano essere risolti e per cui Andy doveva esserene messo da parte. Cosí spalancó il portone, e proprio come una ladra, se ne andó.

*Angolo di Virgy*

Perdonatemi! Ci ho messo un bel po, ma spero tanto che vi piaccia!

Un bacio

-V-

  
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