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Autore: Julia Weasley    29/09/2011    14 recensioni
Seguito di “Eroi non si nasce, si diventa”.
Regulus è morto in circostanze misteriose, lasciando dietro di sé soltanto domande senza risposta. Ma quando una fidanzata che non si dà pace, un vecchio Indicibile in pensione e un elfo domestico che sa molto più di quanto possa sembrare incroceranno per caso le loro strade e uniranno le forze, tutto sarà destinato a cambiare.
Genere: Guerra, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Famiglia Black, Mangiamorte, Nuovo personaggio, Ordine della Fenice, Regulus Black
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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- Questa storia fa parte della serie 'R.A.B.'
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Non può piovere per sempre

Capitolo 28
Un incontro fortuito

Hogsmeade era come la ricordava, solo un po’ meno affollata, perché quel giorno non erano previste visite da parte degli studenti di Hogwarts.
Il castello si stagliava in fondo, contro il cielo grigio e informe, che lasciava presagire un violento temporale.
« Mi fa sempre un effetto strano rivedere Hogwarts da estranea » commentò Dorcas, notando che lei la stava fissando con un’espressione nostalgica.
« Anche a me. Mi manca da morire. Secondo te è normale, anche se ormai non la frequento più da tanto? » chiese Rachel, mentre il basso fragore di un tuono scuoteva l’atmosfera circostante.
« Penso di sì, ci siamo praticamente cresciute. Io l’ho finita circa otto anni fa, e qualche volta mi capita ancora di svegliarmi e meravigliarmi di non essere nel mio dormitorio. »
« Non ti ho mai chiesto in che Casa eri. »
Dorcas la guardò con un’espressione divertita, mentre voltavano l’angolo e si incamminavano nella strada principale.
« Ero una Corvonero. Ma prima di essere Smistata ero indecisa con Grifondoro. »
Rachel esibì una smorfia disgustata, e un attimo dopo entrambe scoppiarono a ridere.
« Non sono mai stata amica di una Serpeverde » commentò la donna.
« Io frequentavo sia Corvonero che Tassorosso. Grifondoro mai però. Ora che sono nell’Ordine è diverso. »
« Già, ti stiamo contaminando » sghignazzò Dorcas.
« Non è una novità: mia madre apparteneva alla Casa di Godric. »
« Non lo sapevo. »
Improvvisamente Dorcas tornò seria, quando incrociò un mago anziano che camminava leggendo la Gazzetta del Profeta, senza fare troppa attenzione a dove metteva i piedi. « Hai letto il titolo dell'articolo in prima pagina? » le chiese poi.
Rachel scosse la testa.
« Pare che abbiano arrestato un bel po' di gente, ma probabilmente si tratta di persone che non c'entrano nulla e che verranno rilasciate in segreto. Pensavo che con la Bagnold le cose sarebbero cambiate, e invece il Ministero continua a vendere fumo. »
Rachel annuì.
« Credo che Crouch le stia col fiato sul collo, e deve dimostrare di aver fatto qualcosa... Però il Ministero non può dare false speranze. Magari molti preferiscono credersi al sicuro, ma io non sono d'accordo. Detesto essere presa in giro. »
« Infatti. Si sono presi il merito dell'arresto di Karkaroff, quando siamo stati noi a catturarlo. Pensano di poterlo convincere a parlare, e magari ci riusciranno anche. Ma vorrei proprio vederli alle prese con Mangiamorte come i Lestrange. »
Rachel rabbrividì.
« In che senso? »
« Loro sono diventati Mangiamorte per convinzione, e non per opportunismo come molti altri. Non si fermerebbero di fronte a nulla pur di servire Voldemort. Quasi tutti gli altri invece penserebbero sempre prima al proprio tornaconto. Non temo affatto questi ultimi, ma quelli che darebbero la vita per Voldemort: non si lasciano minacciare e sono incorruttibili. Ma il Ministero sembra convinto di poterli trattare come i Mangiamorte di convenienza, con compromessi e minacce, dimostrando di non aver capito un bel niente di questa guerra. »
La ragazza tacque, pensierosa, chiedendosi se Barty fosse diventato Mangiamorte solo per moda oppure per convinzione. Da quel poco che era riuscita a capire dagli accenni svogliati di Regulus, forse all’inizio lo aveva fatto solo per istinto di ribellione. Ma poi qualcosa era cambiato e Voldemort doveva averlo letteralmente conquistato. Non sapeva come, non sapeva perché, ma era tristemente consapevole del fatto che Barty fosse sulla buona strada per diventare a sua volta uno dei Mangiamorte più fedeli. E la sua amicizia con Rabastan lo avrebbe fatto peggiorare sempre di più...
« A cosa pensi? Siamo arrivate » la chiamò Dorcas, indicando il locale alla loro sinistra.
« Scusa, mi ero distratta » bofonchiò lei, affrettandosi a seguirla all’interno.
L’atmosfera calda e accogliente dei Tre Manici di Scopa fu in grado di migliorarle l’umore. Anche se non c’erano gli studenti, il bancone di Madama Rosmerta era sempre molto frequentato.
« Gli altri non sono ancora arrivati, ma tra pochi minuti il loro turno dovrebbe finire » disse Dorcas.
Ordinarono due Acquaviola e andarono a sedersi ad un tavolo vicino alla finestra. La pioggia aveva appena iniziato a tintinnare contro il vetro.
« Non ti ho ancora detto quello che siamo riuscite a scoprire dopo aver diffuso quell’informazione falsa, pochi giorni fa » disse Dorcas dopo un primo sorso.
« E cosa avete scoperto? »
« Niente. Non ci sono state soffiate ai Mangiamorte, e a meno che qualcuno non abbia intuito che la nostra fosse una trappola, tra tutti quelli che abbiamo tenuto d’occhio non ci dovrebbe essere la spia. Di sicuro Remus Lupin non lo è. Si è messo troppo nei guai anche con Greyback, non avrebbe senso. »
Rachel fissò il bicchiere che aveva in mano, facendolo roteare lentamente.
« Quindi non abbiamo risolto molto… però sono contenta che tu la pensi come me riguardo a Remus. »
« Mi sarebbe dispiaciuto se si fosse rivelato un traditore, te l’assicuro. Ma dovevi almeno concedermi il beneficio del dubbio. Non possiamo fidarci per principio. »
« Lo so, lo so bene » commentò Rachel, cupa.
« Ehi, eccoci! » esclamarono all’improvviso delle voci familiari.
Le due si voltarono, guardando Sturgis, Fabian e Gideon affrettarsi nella loro direzione, con aria affannata. Si sedettero con poca grazia, schizzando goccioline di pioggia dai mantelli zuppi.
« Scusate il ritardo. Abbiamo appena finito di fare la ronda. C’è un tempo orribile! » esclamò Fabian, stirandosi in modo poco discreto.
« Ce ne siamo accorte » commentò Rachel, cogliendo l’occhiataccia che Madama Rosmerta aveva rivolto alla pozza d’acqua che si stava formando sotto le scarpe dei tre.
« Tergeo » fece Dorcas, asciugando quel pantano.
« Ehm, grazie » rispose Sturgis, impacciato. Poi aggiunse: « Io vi proporrei di cominciare più tardi la ronda. Neanche i Mangiamorte avrebbero voglia di bagnarsi così tanto. Che ne dite di una Burrobirra? »
L’espressione di rimprovero di Dorcas era eloquente, ma Rachel era d’accordo con il ragazzo.
« Dai, Dorcas, rilassati. E comunque da qui possiamo tenere d’occhio tutta High Street. »
« Dai retta a lei » aggiunse Gideon, lanciandole una smorfia ironica.
La donna borbottò tra sé, ma si arrese. Probabilmente nemmeno lei aveva molta voglia di affrontare il temporale.
Mentre Sturgis era andato a ordinare una Burrobirra, Rachel si rivolse ai fratelli Prewett.
« Allora, come è andato il parto? »
Pochi giorni prima i due erano usciti in fretta e furia da casa di Dedalus perché loro cognato aveva mandato un gufo, avvertendoli dell’imminente nascita di un altro nipote.
Fabian esibì un sorriso che gli arrivò alle orecchie.
« Benissimo! L’hanno chiamato Ron… »
« Veramente si chiama Ronald » lo corresse Gideon.
« Ron è più simpatico. »
« Un altro maschio? » fece Dorcas.
« Già, è il sesto. A proposito, dovrei avere una foto… »
Fabian trafficò all’interno della tasca, e ne estrasse una fotografia grondante d’acqua.
« L’hai distrutta! Sapevo che avrei dovuto tenerla io! » protestò Gideon. « Affidare qualcosa a te è come infilarlo in un tritarifiuti! »
Rachel non aveva idea di cosa fosse un tritarifiuti, ma prese la foto che Fabian le porgeva, osservando il neonato con un ciuffo di capelli rossi, avvolto in una coperta, che dormiva succhiandosi beatamente il pollice. Ad un certo punto, due paia di mani entravano nella visuale della fotografia e gli lanciavano qualcosa di molto simile ad un grosso tubero animato, suscitando i pianti disperati di Ron.
« Quelli erano Fred e George. Gli hanno messo uno gnomo nella culla » spiegò Gideon.
« Ma solo perché volevano trovargli un amico con cui giocare » aggiunse Fabian.
« Siete una famiglia di matti! » rise Dorcas, e Gideon annuì, mostrandosi perfettamente d’accordo.
Nel frattempo, Sturgis era tornato, portando le Burrobirre a chi era ancora senza nulla da bere.
« Non doveva venire anche Emmeline? » domandò, sedendosi di nuovo.
« Ha da fare al corso per Auror. Poveretta, è un po’ sotto pressione » rispose Dorcas.
Rachel annuì, cupa. Se Emmeline non avesse avuto da fare, probabilmente lei sarebbe andata in crisi per decidere se raccontarle quello che aveva scoperto su Barty oppure no. In realtà era da tanto che non parlava più di quell’argomento con l’amica e non sapeva se ormai le fosse passata o se stesse fingendo di infischiarsene.
Quell’assenza per lo meno le lasciava un po’ più di tempo per pensarci, anche se alla fine stava per giungere alla conclusione che, se fosse stata al suo posto, avrebbe voluto sapere la verità... anche perché lei, al suo posto, ci era già stata.
I suoi pensieri furono interrotti dalla risata di Fabian. Doveva essersi persa un pezzo, ma Gideon doveva aver appena fatto una battuta.
L’unico che non rideva era Sturgis. Sembrava piuttosto giù di morale.
« Sturgis, va tutto bene? » gli chiese Rachel.
Lui parve ridestarsi da un sogno ad occhi aperti.
« Eh? Oh sì, tutto bene… » bofonchiò lui, accostando il boccale alla bocca con troppo slancio: e infatti si versò metà Burrobirra addosso.
Gli altri risero, ma Sturgis era diventato paonazzo, così Rachel cercò di evitargli ulteriore imbarazzo mettendosi a guardare fuori dalla finestra.
Fu per puro caso che notò una figura, che aveva qualcosa di conosciuto, percorrere la strada principale del villaggio cercando di ripararsi dalla pioggia scrosciante con un ombrello sgangherato e mezzo rotto.
« Quello non è Mundungus? » chiese agli altri.
« Sì, è lui » rispose Gideon. « Starà andando alla Testa di Porco per i suoi soliti traffici illeciti. »
« Di che tipi di mercanzie si occupa? »
« Di tutto, da calderoni a oggetti anche piuttosto preziosi, tutti di provenienza dubbia. Lo sappiamo tutti che vende cose rubate o sottratte illegalmente, ma a Silente fa comodo, quindi dobbiamo sopportarl-… Dove stai andando? »
Rachel si era alzata di scatto, colta da un’ispirazione improvvisa.
« Torno subito, devo fare una cosa » disse in tutta fretta.
Pochi attimi dopo aveva indossato il mantello, era uscita dal locale e si era messa a rincorrere Mundungus sotto la pioggia.
« Fletcher! » lo chiamò per due volte, prima che quello la sentisse e sobbalzasse.
« I soldi che vi devo li restituirò presto! » esclamò, turbato, ma quando vide di chi si trattava si tranquillizzò. « Chi sei? »
« Faccio parte dell’Ordine come te, anche se sono nuova » disse lei. All’inizio tese la mano per presentarsi, ma poi ci ripensò. Quel tipo non le piaceva molto.
« Sì, d’accordo, ma ora avrei da fare… » disse lui, lanciando un’occhiata alla traversa in cui si trovava la Testa di Porco.
« Sto cercando una cosa, e forse tu potresti aiutarmi » disse Rachel.
« Cioè? Intendi comprare qualcosa da me? »
« Sì, e sono disposta a pagare tanto. »
L’avidità si disegnò a chiare lettere negli occhi di Mundungus.
« Accomodati pure » disse, improvvisamente più gentile.
Entrarono nel vecchio pub gestito da Aberforth Silente, che li salutò con il solito tono burbero, e presero posto in un angolo poco visibile. Rachel era tesa, e sentì il bisogno di nascondere a sua volta il proprio viso col cappuccio del mantello: non sarebbe stato il massimo farsi riconoscere in quel posto, soprattutto se stava contrattando con quel ricettatore di Fletcher. Inoltre non era mai stata da sola alla Testa di Porco, e la presenza di Aberforth era l’unico motivo che riusciva a rassicurarla.
« Allora, cosa ti serve? »
Rachel parlò a bassa voce.
« Hai oggetti costruiti da goblin? »
L’uomo sgranò gli occhi.
« Certo. Perché, vorresti comprarne qualcuno? »
« Devi assicurarmi che siano oggetti autentici. Devo fare un regalo ad una famiglia molto importante, che si intende di queste cose. Se mi rifilassi un falso, lo riconoscerebbero subito e non si farebbero tanti problemi a rintracciarti e fartela pagare. Perché naturalmente dirò subito da chi l’ho comprato. »
Quello aveva iniziato a sudare freddo.
« D’accordo, d’accordo… alcuni però sono veri. Ho dei calici, qualche gioiello… »
« Mi serve una spada, un pugnale, o comunque qualcosa del genere, e che sia d’argento. »
« Credo di avere qualcosa che fa al caso tuo, allora. Però i costi saranno piuttosto alti, quindi… »
« Di questo parleremo più tardi. Che cos’hai da vendere? »
« Si tratta di un athame, un pugnale rituale. È molto antico, perciò costerà molto… »
Rachel cercò di apparire impassibile, anche se fu complicato. Erano giorni che provava a cercare un’arma da usare per distruggere gli Horcrux. A casa sua non era rimasto niente del genere, e ormai si era quasi decisa a chiedere direttamente a suo padre, ma finora era stata restia a farlo, temendo che tra i goblin vi fosse qualcuno già corrotto da Voldemort. Ora non le sembrava vero di aver trovato una soluzione.
« Lo hai qui? » chiese, ansiosa.
« Certo che no, però lo posso portare quando vuoi. Per quanto riguarda il pagamento… »
« Prima mi porti l’athame e me lo fai vedere, e poi ti pagherò » disse Rachel in tono fermo.
Mundungus non sembrava molto convinto.
« E se poi cambi idea? Vorrei almeno un anticipo per il disturbo. »
Rachel stava per perdere la pazienza.
« Io rispetto gli impegni presi, con chi credi di avere a che fare? Piuttosto dovrei essere io a diffidare della tua parola. »
« E va bene, allora ci vediamo domani e ti porto l’athame, però poi mi paghi in contanti, eh? »
« Affare fatto. »

Quella volta Mundungus non aveva barato. L’athame che le portò il giorno dopo era veramente in argento di goblin: Rachel lo constatò quando, senza farsene accorgere, provò a sporcarlo con un po’ di inchiostro indelebile, ma l’athame rimase pulito e intonso.
Era un pugnale corto, a doppia lama, con un manico nero e, anche se sembrava nuovo, le rune incise su di esso erano chiaramente molto antiche. Rachel non sapeva spiegarsene il motivo, ma aveva la sensazione di aver messo le mani su qualcosa di molto prezioso, forse più di quanto lo stesso Fletcher si immaginasse.
Fu per questo che non contrattò più di tanto sul prezzo, nonostante la richiesta esagerata del mago. Fu costretta a consegnargli di malavoglia quasi tutti i risparmi che aveva messo da parte da quando aveva iniziato a lavorare, e non solo.
Ma, quando tornò a casa con l’athame nascosto sotto il mantello, era assolutamente convinta che ne fosse valsa la pena.
Non vedeva Regulus così entusiasta da tantissimo tempo. Gli tremavano le mani quando prese l’athame e lo osservò da vicino. Rachel lo guardò e si sentì fremere a sua volta: in quel momento si rese conto che stavano ormai per avvicinarsi al momento della distruzione dell’Horcrux da cui era iniziato tutto.

« Ce l’avete fatta! Mi congratulo con voi » fu la prima cosa che Silente disse, quando li raggiunse la notte seguente.
Si trovavano in un boschetto a solo un chilometro da casa, intorno al quale avevano imposto tutti i tipi di incantesimi di protezione e respingi Babbani che conoscevano, per non essere disturbati.
« Professore, cosa ha scoperto nel diario? » gli chiese immediatamente Regulus.
« Oh, a quello ci sto lavorando, ma temo che mi ci vorrà parecchio tempo. »
« E ha trovato qualcosa nella casa dei Gaunt? »
Per alcuni brevissimi istanti, Silente diede l’impressione di esitare, ma solo per qualche millesimo di secondo.
« Non ne sono sicuro » rispose, con un tono indecifrabile. « Comunque, torniamo a noi. Ci siamo, vero? »
Regulus ebbe la netta sensazione che il Preside avesse cambiato discorso fin troppo in fretta, ma al momento aveva altro per la testa. Annuì e lanciò un’occhiata a Rachel, che stava intingendo la lama dell’athame dentro la ciotola che aveva riempito con il filtro.
La ragazza estrasse la bacchetta, la picchiettò tre volte sulla lama e sussurrò una formula magica: il pugnale vibrò per alcuni istanti, per poi tornare immobile come prima. Poi si alzò e porse l’athame a Regulus, che lo accettò con qualche esitazione.
« Devi essere tu a farlo » gli disse in tono ovvio.
Silente sembrava d’accordo, perché non disse nulla e si limitò a guardarli con attenzione.
Regulus infilò la mano nella tasca e ne estrasse il medaglione, posandolo sul ceppo di un albero e brandendo l’athame con la mano destra.
Si sentiva percorrere dalla testa ai piedi da una potente scarica di adrenalina e il cuore gli batteva all’impazzata. Per un istante, ebbe l’impressione che anche il cuore metallico dell’Horcrux avesse iniziato a martellare, come se il frammento di anima contenuto all’interno avesse intuito il pericolo che correva.
Inquieto, Regulus decise di affrettarsi e di non perdere tempo a riflettere. Con un colpo deciso, provò a conficcare il pugnale nel medaglione. Ma non ci riuscì.
Non appena la punta dell’athame sfiorò la superficie del medaglione, da quel contatto si scatenò una forza invisibile, che colpì Regulus, facendolo atterrare di schiena sul terreno erboso.
« Che succede? » domandò Rachel, accorrendo.
Regulus si sollevò e andò ad osservare da vicino il medaglione. Nel punto in cui era venuto a contatto con l’athame, vi era una piccola scalfittura, ma per il resto l’Horcrux era rimasto integro, e il battito malefico si sentiva ancora chiaramente.
« Non è possibile! Perché non ha funzionato? » esclamò Rachel, scoraggiata ed esasperata. Dopo tutta la fatica che avevano fatto, non poteva reagire diversamente.
E Regulus capì quello che dentro di sé aveva sospettato e temuto profondamente, senza avere il coraggio di ammetterlo neanche con se stesso.
« Dobbiamo aprirlo » sibilò, depresso. « Per distruggerlo, prima bisogna aprirlo. »
Rachel lo guardò, ignorando Silente che aveva preso il medaglione per osservarlo da vicino.
« Ma ci abbiamo provato un sacco di volte, e ci ha provato anche Kreacher. Né la nostra magia né quella degli elfi è servita a qualcosa. Come faremo? »
Regulus scosse la testa, affranto.
« Forse ci vuole qualche parola d’ordine » disse.
« Oppure » intervenne Silente, « dobbiamo ordinargli di aprirsi come avrebbero potuto fare soltanto Salazar e, in quanto suo discendente, anche Lord Voldemort. »
I due ragazzi lo guardarono senza capire.
« Il Serpentese » spiegò il mago. « Non è un dono comune, ed è probabile che Voldemort volesse assicurarsi di essere l’unico in grado di aprire questo medaglione. »
A Regulus parve di sprofondare a chilometri e chilometri sotto terra. Se Silente aveva ragione, era finita, non avrebbero mai avuto alcuna speranza di annientare quell’Horcrux.
« Ma noi non sappiamo parlare Serpentese. Non l’abbiamo mai neanche sentito… » fece Rachel, altrettanto abbattuta. Col buio non si vedeva bene l’espressione degli occhi, ma il suo tono di voce era spezzato, come se stesse per mettersi a piangere per la disperazione.
Silente, al contrario, sembrava fiducioso.
« Per nostra fortuna, Voldemort è stato troppo sicuro di sé e poco attento anche questa volta. Non è l’unico mago ancora in vita a saper parlare in Serpentese. »
Regulus sgranò gli occhi e sul volto di Rachel apparve un lampo di comprensione.
« Orfin » esclamò, senza fiato.
« Esattamente. Potremo convincerlo ad aiutarci. Questa volta sarò io a chiederti di uscire di casa, Regulus. Credo che Orfin sia disposto a dare ascolto solo ad un Purosangue che gli sia pari, o per lo meno che appartenga ad una famiglia antica e prestigiosa quanto la sua: uno come te. Io sono troppo amico dei Babbani per i suoi gusti; è stata un’impresa convincerlo ad affidarmi i suoi veri ricordi, ma dubito che acconsentirebbe a concedermi un favore del genere. »
« Gli parlerò » disse subito Regulus, senza esitare.
« Tuttavia devo avvertirti. Non sta a posto con la testa e se dicessi qualcosa di sbagliato potrebbe aggredirti. »
« Non sbaglierò. So come si parla con i Purosangue che la pensano in un certo modo » rispose lui, determinato.
Orfin era l’ultima tessera del puzzle e, che lo volesse o no, avrebbe dovuto concedergli il suo aiuto.
 
 
 
 
Per fortuna mi sono resa conto abbastanza presto di avere bisogno di un rettilofono, visto che Harry deve ancora nascere, ed è stata una fortuna avere Orfin a disposizione. Non si sa esattamente quando è morto nel canon: dice solo poco dopo aver dato i suoi ricordi a Silente, ma qui Albus ha iniziato a indagare molti anni prima, quindi Orfin è ancora in salute... per quanto possa essere in salute uno che è stato ad Azkaban per molti anni, e che era matto già da prima. Ma mi diverte Orfin, l'ho sempre trovato simpatico, anche se inquietante. xD Vedrete come Regulus lo convincerà a collaborare!
L'athame è, come ho scritto, il tipico pugnale della strega. Se volete delle informazioni in più, vi lascio questo link che ha anche un'immagine che corrisponde all'athame che ho immaginato io. La Rowling non ne parla, ma mi è stato detto che il pugnale di Bellatrix potrebbe essere una cosa del genere. Io anche questa volta ho mescolato un po' di nozioni sia del canon che non, come per la pozione nel capitolo scorso. Anche in questo caso i ringraziamenti vanno a Bella/Circe che mi ha suggerito questa idea, e a meissa_s che mi ha dato il via libera per usarlo, visto che l'ha inserito anche lei nella sua long.
Non ho chiamato in causa la spada di Grifondoro per due semplici motivi: per ora era inutile scomodarla perché al momento nessuno l'ha ancora usata per uccidere il Basilisco, e perché... bè, Regulus e Rachel non sono Grifondoro, quindi avrebbero avuto qualche problema a usarla! L'athame che Rachel ha recuperato non ha poteri stratosferici, ma piuttosto un valore storico. Con la pozione preparata da Regulus funzionerà alla perfezione.
Per ora preparatevi al prossimo capitolo perché sarà... ehm... diciamo molto terrific- emozionante... xD
Arrivederci al 13 ottobre!
  
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