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Autore: The_Viking    29/09/2011    1 recensioni
Breve sfogo uscito in un attacco di nichilismo sfegatato. Non ha una morale, non ha un perché, è, nient'altro.
Genere: Dark, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sveglio. Un dolore alla testa mi martella incessantemente, come se avessi bevuto; avverto un formicolio al braccio. Mi alzo e mi guardo attorno. Sono in un ambiente buio, presumibilmente una stanza di un edificio piuttosto grande; una fioca luce che filtra da una fessura nel soffitto illumina appena le forme di quest’ambiente sconosciuto.

Cammino. Per terra sono disseminate lattine e bottiglie vuote, talvolta alcune cartacce. È indubbiamente un posto poco accogliente, questo. Non so se muovermi con circospezione, stando attento a ipotetici antagonisti, o se scappare il più velocemente possibile. Ma dove scappare? Non si riesce a comprendere la struttura di un così strano posto.

Come ci sono arrivato? Non ricordo nulla. Non ricordo nemmeno chi io sia e perché mi trovi qui. Non so dove andare e, anche sapendolo, non saprei come andarci. Decido di esplorare il luogo, alla disperata ricerca di un segno, di una traccia che mi informi almeno su qualcosa. L’aria è tiepida, il silenzio è completo. Posso solamente udire rimbombare il rumore dei miei passi mentre percorro con piede incerto l’ignota distanza che mi separa dal nulla.

Proseguo. Cammino a lungo, per un tempo che pare eterno. In questo luogo irreale lo stesso tempo sembra non avere consistenza, sembra essere ininfluente poiché tutto resta uguale. Mi sto veramente spostando? Sì, a giudicare dalle mie gambe e dalle bottiglie che mi lascio indietro; ma è l’unico indizio del mio moto senza meta.

Provo angoscia. Ho troppe domande e nessuna risposta. Cosa posso fare? Posso solo seguire il mio istinto! Grido. Chiedo se ci sia qualcuno, se io non sia la sola anima che si aggira, solitaria, in un luogo vuoto. Nessuna risposta. Riesco solamente a udire la mia voce rimbalzare sulle pareti e tornarmi indietro sempre più flebile, gradualmente affievolita, proprio come le mie speranze di capire qualcosa.

Mi siedo, prostrato dall’ignoranza completa. Mi metto le mani davanti alla faccia, chiudo gli occhi. L’oscurità non è molto maggiore di quella in cui è avvolta la stanza. Riesco solo a sentire il rumore delle mie orecchie, l’unico che pare prodursi in un ambiente irreale. Sono disperato. Forse la natura umana non riesce a concepire l’immobilità che è propria di tante cose, la solitudine completa, il silenzio totale.

Crollo a terra. Mi rotolo su quel pavimento sporco e polveroso, grido, mi tiro i capelli. Non ho niente, non sono niente, non penso a niente. Il nulla mi avvolge, mi circonda, mi penetra in profondità, finché io stesso divento un tutt’uno con esso. L’insensatezza delle cose mi appare talmente evidente da non necessitare di essere spiegata.

Sto impazzendo: non ha importanza nemmeno questo. Prendo a gattonare come un bambino. Con la mia voce emetto un suono simile a una sirena; muovendo le labbra ne modulo la frequenza.  Non c’è nessuno che possa giudicarmi un idiota per questi miei comportamenti. Niente che possa essere disturbato dai rumori molesti che io provoco.

Proseguo nel mio atteggiamento finché, avanzando carponi, non pongo una mano su alcuni oggetti che non avevo visto. Mi abbasso verso di essi. Sono dei colori a olio ed un pennello. Li afferro: paiono in buone condizioni. Do un ulteriore, rapido sguardo al buio ambiente circostante e, guidato dalla poca luce disponibile, inizio a dipingere sul suolo. Dipingo segni casuali, disposti in modo totalmente illogico. Il pennello percorre ampie arcate, il colore si diffonde a mano a mano sul freddo suolo. Rido. Forse sono contento. Forse sono depresso, forse pazzo. Non importa. Mi viene spontaneo continuare in quel mio assurdo desiderio di dipingere.

Tutto ciò non ha senso. Niente ha senso. Non importa nulla!

   
 
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