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Autore: path94    30/09/2011    5 recensioni
E se André incontrasse, ad un ballo in maschera, una splendida dama che ardesse d'amore per lui?
Come si comporterebbe?
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Che dire? Sono commossa, commossa per le belle parole che mi avete rivolto nei vostri commenti. Fa davvero piacere, realizzare che le parole pedestramente scritte sono comunque riuscite a suscitare in voi le stesse sensazioni che le hanno animate.

Ma ora, dopo il silenzio, parole, un fiume di spiegazioni per due anime che, per amarsi degnamente, hanno bisogno di sgombrare il campo da qualsiasi impurità che possa sporcare il candore immacolato del loro sentimento.

Buona lettura. E grazie. Di nuovo.




Il tragitto in carrozza fu strano, elettrizzante.

Oscar ed André si sedettero uno di fronte all’altra, Oscar guardando fissa fuori dal finestrino, André fissando Oscar temendo un cenno di pentimento da parte di lei.

Nessuno aveva il coraggio di rompere il silenzio che di nuovo era caduto fra loro, temendo di spezzare l’incantesimo. Ogni tanto Oscar volgeva lo sguardo verso un ansioso André, e gli sorrideva.

Varcarono il cancello posteriore di Palazzo de Jarjeais, di modo che nessuno potesse vederli. Da perfetto cavaliere, André scese per primo a porgere la mano ad Oscar per scendere, pur aspettandosi un rifiuto. Fu invece con piacevole sorpresa che Oscar poggiò la mano ad approfittare dell’offerta, forse anche per via delle scarpe dai tacchi alti. Ma qualcosa, entrambi lo sentivano, stava cambiando.

Ancor più sorpreso fu André quando, una volta scesa, Oscar non gli lasciò la mano, tenendola stretta nella sua, quasi a farsi dare dal ragazzo la forza di superare questa sua improvvisa rinascita di donna.

Camminarono piano, fianco a fianco, senza tema di essere scoperti, perché il vialetto passava fra i giardini, e non risultava visibile da alcuna delle finestre del Palazzo. Se anche il Generale avesse sofferto di insonnia, non avrebbe avuto nulla da vedere.

Si inoltrarono nel giardino, un passo dopo l’altro, senza fretta, anzi, cercando di rimandare il più possibile il momento di lasciarsi – ma era davvero necessario farlo? – godendo della reciproca presenza, saggiando le altrui labbra di quando in quando, quasi a far da promemoria.

A metà circa del giardino scorsero il capanno degli attrezzi. Come ogni altra cosa in quel giardino, anche esso era magistralmente mantenuto in ottime condizioni. Oscar si fermò un attimo, la mano ancora stretta in quella di André. La brezza della notte soffiava nei suoi capelli, facendoli animare. Di nuovo André si stupì di quanto potesse essere bella, Oscar, ed ogni volta ancora di più.

Oscar guardò André, con uno sguardo tra il provocatore ed il birichino, come di bimba che sa di stare per combinare una marachella.

Lo trascinò fino all’entrata del capanno, che non era chiusa a chiave, come sempre.

Oscar posò una mano sulla maniglia, poi tentennò, girandosi verso André con gli occhi spalancati, quasi spaventati. Si morse leggermente il labbro, poi ruppe il silenzio

  • Ti ricordi, André?

  • No, cosa? Cosa c’è in questo capanno?

  • No, non dentro… sopra…

André spalancò occhi e bocca, mentre un fievole ricordo affiorava alla sua mente.

Loro, bambini, lui era arrivato da pochi giorni a Palazzo, e già stravedeva per quella strana bambina che giocava, e picchiava, come un maschio, quando un pomeriggio lei lo aveva trascinato, stringendogli la mano e strattonandolo, fino al capanno degli attrezzi.

  • Sto per farti vedere un posto segreto – gli aveva detto lei con gli occhi seri – perciò mi aspetto che tu non ne faccia voce con nessuno, o sarò costretto a pestarti a sangue.

André, ancora un po’ intimorito dalla sua compagna maschiaccia, aveva ingoiato rumorosamente un po’ di saliva ed aveva accennato un sì con la testa.

Oscar si era guardata in giro attentamente, a controllare che il giardiniere non fosse nei paraggi, e poi era entrata rapida nel cascinotto, trascinando il povero André.

Si erano avvicinati ad una parete, ingombra di attrezzi per il giardino, ed Oscar aveva cominciato a spostarne alcuni, piazzandoli fra le braccia di uno spaventatissimo André che non sapeva cosa farne, salvo poi appoggiarli altrove al comando di lei. Le dita sottili di Oscar avevano rivelato un foro nascosto e premuto il pulsante che vi si trovava, e sotto gli occhi atterriti e stupefatti di André la parete aveva preso a ruotare su se stessa, rivelando uno stretto passaggio.

  • Sbrigati, prima che ci scoprano !

Inoltratisi nell’anfratto appena rischiarato da qualche fessura nel muro, avevano poi sospinto la parete nella posizione usuale, e si erano inerpicati lungo una ripida scala a pioli, che terminava contro una botola.

Oscar aveva aperto la botola, che era ricaduta all’inverso con un tonfo sordo, e si era issata su per il buco, sparendo alla vista di André, sempre più spaventato ma allo stesso tempo incuriosito.

Una mano era apparsa dal foro, tesa verso André, quasi ad aiutarlo, più che altro a convincerlo, a varcare la soglia.

Quello che aveva trovato di fronte a sé superava ogni immaginazione. Sopra il capanno c’era quella che poteva essere sia una soffitta, che un rifugio segreto, ed Oscar l’aveva arredato in una maniera incredibile.

Morbidi scampi di seta colorata adornavano il finestrino che si apriva sul tetto, irradiando il rifugio di una soffusa luce multicolore. Ovunque c’erano tappeti e stuoie e cuscini a riscaldare l’ambiente e permettere di stendersi comodamente. Piccoli scaffali, ai vari lati della stanza, ospitavano libri, statuette, e cimeli da bambini, mentre dal soffitto pendeva una specie di scultura fatta con vetri di bottiglia colorati.

  • Questo è il mio rifugio, e da oggi sei ufficialmente autorizzato a venirci. – aveva detto Oscar con piglio serio, tronfia come un tacchino per l’orgoglio di quel che era riuscita a fare all’insaputa di tutti.

  • Davvero posso venirci quando voglio? Anche se tu non ci sei?

  • Beh, sì, direi di sì, purchè non ti fai scoprire e non mi rubi i miei tesori… però portati qualche coperta, che qui fa freddo d’inverno, visto che non c’è il camino…

André aveva spalancato occhi e bocca in un sorriso estatico di gratitudine, ed aveva abbracciato forte Oscar ringraziandola senza sosta.

  • Sì, ok, sono contento che ti piaccia, ma mi vuoi lasciare adesso? Non è il caso che due uomini si abbraccino…

  • Ma tu non sei un uomo !

  • Lo sarò quando diventerò grande.

  • No, non puoi, sei una femmina… al massimo diventerai una donna, ma solo se la smetti di fare il maschiaccio !

Oscar si era avventata contro André piazzandogli un sonoro pugno in un occhio, prontamente restituito dal bambino nello stomaco di Oscar, e così avevano continuato finché entrambi, dolenti e sfiniti, si erano accasciati sui tappeti, guardandosi e scoppiando a ridere come pazzi, senza sapersi più fermare.

All’improvviso Oscar aveva smesso di ridere, si era messa seduta ed aveva teso una mano ad André.

  • Amici per la pelle?

  • Amici per la pelle!



Riavutosi dal ricordo, André mise a sua volta una mano sulla maniglia, sopra la piccola mano di Oscar, la guardò intensamente, e premette per entrare.

All’interno del capanno sembrava che il tempo non fosse mai passato. Gli attrezzi erano sempre gli stessi, e sempre al solito posto, quasi che nessuno fosse più venuto ad usarli.

André prese Oscar per mano, la guidò fino alla parete mobile, azionò il congegno ed entrò, seguito da una Oscar leggermente titubante. Chissà perché, non le sembrava più una così buona idea, quella di tornare al rifugio.

André precedette Oscar su per la scala, aiutandola nell’ultimo tratto a non inciampare sul vestito che Oscar aveva dovuto alzare per non cadere.

Al contrario del capanno, la soffitta era leggermente cambiata, dalla prima volta che l’aveva vista.

Su una parete era comparso un altro scaffale, pieno di libri e cimeli che lui aveva portato. Alle pareti, erano stati appesi una miriade di disegni, fatti da loro quando erano piccoli, e di fogli scritti con calligrafie diverse, contenenti pensieri o messaggi o poesie che animavano i loro cuori di adolescenti inquieti.

In un angolo, giacevano appoggiate due spade, dal fodero consunto, che erano state le loro inseparabili compagne di duello per tanti e tanti anni.

Tenendo Oscar per mano, André girò con gli occhi tutta la stanza, rivivendo piccoli momenti di gioia e di dolore che fra quelle mura si erano consumati. Quante risate, e quante litigate avevano udito quelle pareti…

  • Ci sei più venuta?

  • Ogni volta che avevo bisogno di ritrovare me stessa. Ed ultimamente è successo molte, molte volte.

  • Ed ora? Ora sai chi sei, e chi vuoi essere?

  • Forse… ma credo di aver bisogno del tuo aiuto per esserne sicura.

André si sedette sul morbido tappeto un po’ consunto dal tempo, ed attirò a sé Oscar, facendola sedere sulle sue gambe. Oscar arrossì ed abbassò lo sguardo.

  • Cosa c’è? Se non vuoi non hai che da dirlo.

  • No, è che… insomma… è difficile da spiegare… mi sento…

  • Combattuta.

Oscar lo guardò stupita.

  • Come lo sai?

  • Dopo tanti anni, posso ben dire di conoscerti, Oscar… tu ti butti a capofitto in ogni impresa, spesso senza ragionare, ma quando poi le cose non volgono come tu avevi programmato, o prendono una piega più personale, ecco che ti ritiri come un riccio…

  • Non darmi del riccio !

  • Ma lo sei… un bellissimo riccio biondo… ma io conosco il trucco per far sciogliere il riccio dalla sua palla….

  • Ti ripeto che non sono un riccio, per quanto mi siano simpatici…

  • È vero, non sei un riccio, sei una splendida donna, la donna che io amo più di me stesso…

Imbarazzata da tale rivelazione, di cui peraltro sentiva di essere pienamente a conoscenza, Oscar abbassò di nuovo gli occhi, quasi a sfuggire dal penetrante sguardo di smeraldo di André.

  • Oscar, perché l’hai fatto? Perché tutta questa messinscena? Ho bisogno di saperlo: l’hai fatto per Fersen, o ti volevi prendere gioco di me?

Oscar si alzò di scatto dalle ginocchia di André, serrando i pugni e guardandolo con occhi di fuoco.

  • Prendermi gioco di te? Davvero pensi questo di me? Posso essere cattiva, è vero, rigida, frigida o tutte le altre cose che dite di me in caserma, ma non potrei mai farti così tanto male… - rilasciò mani e spalle improvvisamente, e proseguì - … almeno intenzionalmente.

  • E Fersen, allora? Cosa c’entra lui in tutto questo? Eri d’accordo con lui?

Oscar si lasciò cadere seduta sul tappeto, volgendo le spalle ad André.

  • No, lui non ne sapeva nulla. È stata tutta una mia malsana idea, e quando l’ho visto al ricevimento e mi ha invitata a ballare non ho potuto rifiutare, ma avevo paura che mi riconoscesse.

  • E lui ti ha riconosciuta.

Non era una domanda, era un dato di fatto.

  • Sì, ma non so perché, è stato al gioco ed ha cercato di farti ingelosire.

André serrò le labbra. La sua pazienza stava per finire. Voleva delle risposte, e le voleva subito. Dopo quella sera, non avrebbe più potuto accettare mezze parole, o situazioni poco chiare. Doveva definire la faccenda, a costo di perderla per sempre.

La voce appena percettibile, chiese

  • Allora, perché?

Oscar cadde sulle ginocchia e chiuse gli occhi, le mani appoggiate a terra, la testa rilasciata, il volto celato dai capelli. Gli attimi divennero minuti, mentre la domanda di André ancora aleggiava nell’aria.

  • Perché ho paura di perderti, André, e volevo verificare se una qualsiasi donna avrebbe avuto il potere di portarti via da me….

L’argine era rotto, calde lacrime presero a scorrere sul viso di Oscar, mentre con un senso di liberazione dava voce a quel che il suo cuore aveva per anni negato, o semplicemente nascosto.

  • perché non riesco più a starti vicino senza provare il desiderio di toccarti, di guardarti, di sentire la tua voce… perché non riesco più a restare impassibile mentre ti do gli ordini e vedo che schiatti di fatica durante le esercitazione e le ronde che IO ti impongo… perché non ce la faccio più, André, non ce la faccio più ad andare avanti da sola…

Singhiozzi disperati si unirono alle lacrime che Oscar non tentava nemmeno più di fermare, mentre André si alzò per poi inginocchiarsi davanti ad Oscar, ad avvolgerla in un caldo abbraccio.

  • Ssshhh… non sei sola, Oscar, non lo sei mai stata, e non lo sarai mai… sono qui, lo sai, ci sono solo per te, se mi vuoi… non mandarmi via, ed io starò sempre con te…

I singhiozzi di Oscar non accennavano a diminuire, mentre il suo cuore si svuotata di anni di emozioni represse ed umiliazioni subite. Tolse le mani dal viso, e lo affondò sul petto di André, inzuppandogli il vestito.

  • Ehi, vacci piano, è il mio vestito buono, se continui me lo restringi…

La battuta ebbe l’esito sperato, perché i singhiozzi si Oscar si mischiarono a sprazzi di risata, mentre lei gli batteva un pugno sul petto.

  • Stupido.

  • Lo so.

  • Sei uno stupido.

  • E tu sei bellissima.

  • Non è vero.

  • Se anche tu non lo credi, non vuol dire che non sia vero. Dovevi vedere come morivano di invidia, le donne, al ballo… e come gli uomini sbavavano mangiandoti con gli occhi…

  • Io tutto quello che ho visto erano solo le galline che ti svenivano accanto… magari ci hai anche fatto qualche pensierino…

André scoppiò a ridere, la situazione era davvero assurda: Oscar, in abiti femminili così poco usuali per lei, accoccolata fra le sue braccia, che gli faceva la scenata di gelosia… il mondo era davvero andato a gambe all’aria, ma a lui quel mondo piaceva.

  • Vieni qui…

Smise di ridere, le alzò il volto rigato di lacrime e trucco – non le era mai sembrata più bella – e scese a baciarle le labbra gonfie di pianto.

  • Ti amo, Oscar, e non importa quanto tempo ancora dovrò continuare a ripetertelo perché tu ci creda, ma io ti amo, e questo è quanto.

Il discorso rimase spezzettato fra la miriade di baci con cui André aveva ripreso a costellare le labbra di Oscar, che non riusciva quasi a respirare di felicità.

André interruppe improvvisamente la dolce tortura, guardò Oscar fisso negli occhi, e le chiese serio:

  • E tu, Oscar? Tu cosa provi per me? Ho bisogno di sentirtelo dire, non posso più affidarmi a delle sensazioni che non mi danno risposte sicure. Ti prego, dimmelo.

Oscar lo guardò intensamente, mentre lui trepidante attendeva una risposta che avrebbe dato senso, o distrutto, la sua vita. Prese un respiro fondo, come preparandosi a parlare, ma si alzò invece prendendo la mano di André nella sua, lo fece alzare a sua volta, e senza smettere di fissarlo prese ad armeggiare con la sua giacca, sfilandogliela, e con i laccetti della camicia bianca che André indossava.

Il ragazzo trattenne il fiato inconsapevolmente al tocco leggero di Oscar sulla sua pelle. Dove voleva arrivare?

I laccetti richiesero ad Oscar un impegno maggiore del dovuto, costringendola ad abbassare lo sguardo e liberando così André da quello che gli sembrava essere uno stato di ipnosi.

Le bloccò i polsi, fermo ma senza farle male, costringendola a rialzare gli occhi verso di lui.

  • Sei sicura che sia quello che vuoi?

  • Sì…

  • Non so se sarò in grado di fermarmi, se continui…

  • Non vorrò che tu ti fermi… André, penso di non essere mai stata così sicura di qualcosa nella mia vita come lo sono adesso…

  • Di cosa sei sicura, Oscar, di cosa…

  • Di voler fare l’amore con l’uomo che amo.


  
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