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Autore: Sofi_Luthien    30/09/2011    1 recensioni
Ma le lacrime struggenti di Lavanda non arrivarono, né tantomeno i suoi bisbigli affranti. L’unica cosa che Ron riuscì a sentire fu un debole sospiro, quasi impercettibile.
Un tale silenzio non poteva provenire da Lavanda, questo era poco ma sicuro. Ron si arrischiò a socchiudere gli occhi, quel tanto che bastava per distinguere la sagoma seduta al fianco del suo letto.
Finché non se l’era trovata davanti non si era reso conto di quanto ci avesse sperato. La rivelazione fu quasi dolorosa.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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- Questa storia fa parte della serie 'I giorni dei piccoli vecchi '
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 3. Nascondimi un sorriso.
 


Harry era sdraiato supino,  con lo sguardo nel vuoto.
Hermione sbuffò. Stava pensando ai doni della morte, poco ma sicuro. Si ritrovò costretta a rivolgere la parola a Ron più spesso di quanto avrebbe voluto. Doveva ammettere che trattarlo con sufficienza stava diventando uno sforzo. Arricciare la bocca per manifestare disprezzo mentre gli parlava era ormai fastidioso, soprattutto perché Ron era talmente entusiasta nel voler rimediare al suo imperdonabile abbandono che si faceva scivolare addosso tutte le sue freddezze.
Si sarebbe fatta tagliare un orecchio come era successo a George piuttosto che ammetterlo, ma voleva che con Ron tornasse tutto come prima. Avevano rischiato di essere catturati a casa di Xeno Lovegood, e Dio solo sapeva cosa sarebbe potuto capitare. No, non era quello il periodo giusto per serbare rancore.
 
Ron era seduto a bordo tenda, guardava il bosco che si stagliava attorno a loro. Era tranquillo e silenzioso. Sembrava un buon momento per parlare.
“Mi domando cosa sia l’Horcrux di Corvonero.” Si, non era un gran ché come argomento di riappacificazione, ma Hermione lasciò che il suo tono di voce fosse tranquillo e rilassato, come un dolce invito a risponderle. Harry proseguì nel suo tacito subbuglio mentale, dentro il quale Hermione non aveva alcuna voglia, almeno per il momento, di indagare. Così fu Ron a rispondere prontamente, poco distante da lei.
“Me lo sono chiesto anche io. Potrebbe essere qualsiasi cosa. D’altronde non è che ci sia molto in comune tra un medaglione e una coppa, ma quelli erano i cimeli degli altri due.”
“Corvonero privilegiava l’intelligenza. Chissà, magari è qualcosa che ha a che vedere con lo studio, però escluderei un libro, non mi pare il tipo di oggetto che si mantiene intatto dopo mille anni.”
Hermione non poté fare a meno di notare l’espressione ebete di Ron, che la fissava intensamente, come fosse uno strano animale.
“Ron!” 
“Oh, scusa, si hai ragione. Intelligenza. In effetti potrebbe essere. Magari un qualcosa per scrivere? Ma no, non durerebbe tutti quegli anni.”
Ron blaterò imbarazzato ancora qualche minuto e ad Hermione sfuggì un sorriso. Probabilmente era rimasto talmente stupito dalla sua improvvisa gentilezza che non si era reso conto di fissarla in quel modo, e ora tentava di mascherare malamente il rossore delle sue orecchie. Accidenti, era adorabile.
“E tra l’altro…” – proseguì Hermione, per andare incontro al balbettio di Ron – “…vorrei sapere come sia riuscito tu-sai-chi a scoprire dove si trovasse. Oggetti di questo tipo devono avere un valore inestimabile, non si trovano tutti i giorni. Harry, che ne pensi?”
“Non credo che sia così importante.”
“Come sarebbe a dire? Harry, dovremmo iniziare a porci il problema, non possiamo cercare una cosa senza nemmeno sapere cosa sia!”
“Smettila di preoccuparti, Hermione! Con i Doni potremmo risolvere tutto!”
 
Ron fu il primo a captare il pericolo. Guardò prima Hermione, poi Harry, con sguardo apprensivo, in un muto tentativo di avvertire l’amico di mettersi in salvo. Il fatto che Hermione non avesse ancora parlato era un altro evidente segnale di allarme. Non capiva perché Harry fosse all’improvviso così disinteressato. Loro stavano facendo, a dirla tutta, quello che avrebbe dovuto fare lui: cercare di trovare gli Horcrux.
Come previsto, dopo lo sbigottimento iniziale, Hermione partì all’attacco.
“Smetterla di preoccuparmi? Harry, dobbiamo trovare gli Horcrux, si può sapere cosa ti sei messo in testa? Dopo tutto quello che abbiamo…”
“Si, va bene, Hermione. Ho capito. Non farla lunga, so bene perché siamo qui.”
“Ma…”
“Sono stanco.” – tagliò corto Harry – “Vorrei riposare.”  E si girò dall’altra parte, ostinato.
Dal canto suo, Hermione rimase a bocca spalancata, trafiggendo Harry con lo sguardo.
Ron si assicurò che la spada di Grifondoro fosse al sicuro e fuori dalla sua portata, prima di rilassarsi.
Uscì dalla tenda pestando i piedi talmente forte da far tremare il fragile tavolino in legno su cui poggiava la loro piccola lampada. Si lasciò cadere con scarsa delicatezza sul tronco di un albero e rimase li, pensosa.
“Credo che dovremmo lasciarlo in pace per un po’.” – si azzardò Ron, avvicinandosi a lei – “Con il tempo questa faccenda dei Doni gli passerà dalla testa.”
“Tu ci credi, Ron?”  C’era quasi tristezza nella voce di Hermione. Non sembrava più nervosa, e questo lo incitò ad essere totalmente sincero.
“Non lo so, Hermione. Insomma, Lovegood crede a cose talmente assurde! Però…quel simbolo ha un significato. Te lo ha lasciato Silente, e lui ha sempre saputo quel che faceva.” Si sentì arrossire, e sperava che Hermione non se ne accorgesse. Era vero, Silente sapeva quel che faceva. Aveva previsto che a Ron sarebbe servito il deluminatore perché se ne sarebbe andato, o come aveva detto Harry, perché avrebbe voluto tornare.
“Io non credo che Harry se lo farà passare di mente tanto in fretta.”
“Vorrà dire che avremo due cose in più da cercare, ormai ci siamo abituati.”  Ron le sorrise, amichevole.
“Hermione… lo so che ti ho delusa.”  Avrebbe voluto parlare intimamente da molto tempo, ma le occhiatacce brusche e i rimproveri di Hermione erano tutt’altro che incoraggianti. Quel momento sembrava tuttavia perfetto. E la parte più meschina di se benediva Harry per averla fatta innervosire, dato che per una volta sembrava aver dimenticato la sua collera verso Ron per lasciar posto a quella verso il suo amico.
Lei non rispose, si limitò a guardare dritta davanti a se e a non fare niente per impedirgli di parlare.
“Non è facile rimediare a quello che ho fatto.” – proseguì, interpretando il silenzio di Hermione come un invito a continuare – “Ma se potessi fare qualcosa, credimi, la farei.”
“Come posso crederti?” Più che un rimprovero implicito, quello di Hermione sembrava un dubbio di vitale importanza. Ron non era mai stato bravo a capire i sentimenti delle persone, ma era sicuro che Hermione si fosse posta quella domanda un’infinità di volte da quando era tornato. Molto probabilmente anche da quando era partito. Non poteva biasimarla, anche se sentirselo chiedere in quel modo era più doloroso di quanto avrebbe potuto immaginare. Era quasi meglio farsi picchiare.
“Io sono qui.” Fu l’unica risposta che gli venne in mente. Non sapeva nemmeno lui cosa significasse.
“E chi mi dice che non te ne andrai ancora?”  Hermione si stava agitando, poteva percepirlo dalla velocità della sua voce, dal tono leggermente più alto e incrinato.
“Non commetterò lo stesso errore di nuovo, Hermione. Sono stupido, ma non così tanto.”
“Non credo che tu sia stupido.” – borbottò lei, anche se poi, come temendo di essere stata troppo gentile, aggiunse – “O meglio, lo sei, ma non sempre.”
“Mi accontenterò.” Ridacchiò Ron, tentando di mascherare l’ennesimo rossore. Ma perché doveva sempre arrossire?
Hermione fece un breve cenno, come a dire che le stava bene, e si lasciò sfuggire un sorriso che Ron vide per pochi secondi, il tempo necessario affinché lei si rendesse conto di avergliela data vinta e tornasse seria come prima.
 
Soddisfatto, si alzò e fece per entrare in tenda, ma lei lo chiamò.
“Ron.”
“Si?” Era strano vedere Hermione impacciata.
“Ehm…buonanotte.” 
 “Buonanotte, Hermione.”  Che l’avesse colto, tutto l’amore che aveva tentato di trasmetterle mentre pronunciava il suo nome? Forse si.
 
Quando Ron si voltò, prima di congedarsi definitivamente, vide l’ombra di un secondo sorriso colorarle il volto, e sta volta non sembrò avere tanta fretta di nasconderlo.
 

  
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