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Autore: elfin emrys    02/10/2011    3 recensioni
[Della serie Erede]
Dal capitolo 12:
"Ma delle mani invisibili lo trattenevano
no, non era lui a correre
dei becchi neri gli strappavano la pelle
bianca, pura, troppo morbida per essere la sua
le dita che entravano nella terra
dita... piccole, infantili
e un filo.
Un filo lungo, rosso, macchiato di oscurità.
Che si univa.
A un altro filo.
Fato. Destino."
MESSO NUOVO CAPITOLO, FINALMENTE!
Genere: Avventura, Comico, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Nuovo personaggio, Principe Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Erede'
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-Oh dei...

-Tu... non sei Merlin...!?

Davanti a loro c'era un uomo.

Il suo corpo era uguale a quello di Merlin, soltanto che aveva gli occhi completamene dorati e le orecchie a punta.

I suoi arti si muovevano senza senso, come se al momento non avesse scheletro.

Non era Merlin.

Per quanto gli si avvicinasse, non era lui.

Emanava un'energia diversa, più intensa e palpabile e il suo sguardo, tutt'altro che amichevole, faceva intendere che tutta quella forza, in quel momento, si era catalizzata su di loro.

Sul volto, che fino a quel momento possedeva solo gli occhi, comparve un naso e una bocca rosea e le braccia e le gambe smisero di agitarsi, fermandosi.

L'essere parlò.

-Non sono Merlin.

Richard guardò intensamente la creatura, per poi fissare Arthur.

-E allora chi sei?

Il falso Merlin abbassò il capo, facendo intravedere fra i capelli che coprivano il volto un sorriso distorto, più simile a una strana smorfia di disprezzo e di rancore.

Il corpo dell'essere ricominciò per un attimo a vibrare, prima che la forza che il re e il cavaliere avevano percepito fino a quel momento solo da lontano li sconvolse e li scaraventò a terra.

Lo sconosciuto mosse la testa, scrocchiando il collo.

-Che domande. Io sono Emrys.

Arthur sbarrò gli occhi.

-Che sciocchezze! Tu non sei Emrys!

L'essere rise.

-Non tuo figlio, certo. Merlin diede questo nome al tuo caro pargoletto come simbolo riconciliatore fra Camelot e la Magia. Ha dato il mio nome a una creatura così piccola e fragile: quando mi pronunciò la prima volta per suo figlio fu per me come una scarica di disgusto.

Il re assunse un'espressione indecifrabile.

Richard fissava ancora la figura di quel falso Merlin che diceva chiamarsi Emrys.

-Io non sono solo la magia dentro il corpo del tuo caro Merlin. Io sono la sua forza vitale, la sua anima; sono i battiti del suo cuore che, poco a poco, si stanno spegnendo. Io non posso permettere che Merlin muoia, non posso. E quindi vi ho portato qui. Non vi ho fatto finire il viaggio nei ricordi che si stava facendo incoerente e insensato sempre più man mano che il corpo che li possiede si stava indebolendo. Anche il dolore di Merlin è più intenso e ormai, coinvolgendo più parti del corpo, rende la sua mente confusa. Il mio omonimo non aveva forse detto che la fonte della sofferenza di Merlin doveva andare distrutta? “ Quando la causa di tanta angoscia morirà”, ha detto. E' quello per cui vi ho portato qui. Uno di voi due è la sofferenza di Merlin.

Emrys li indicò con tono accusatorio e con gli occhi dorati che lanciavano lampi.

La voce si era fatta severa e, da un filo debole e lieve che era, diventò come un tuono.

Richard e Arthur si alzarono in piedi, guardandosi: era evidente che ognuno dei due incolpava l'altro di essere il motivo dell'agonia di Merlin.

-Purtroppo non so chi di voi due. Forse te, Arthur, che gli hai fatto patire i dolori dei parti e che gli hai quasi causato tante volte la morte e che, con i tuoi sguardi rivolti a tutti ma non a lui, lo facevi soffrire più di ogni altro. O forse sei te, Richard, che gli hai spezzato il cuore e che, una volta che ti fu assegnato il compito di allenare il mio omonimo, ti facevi in quattro per spezzare il legame fra lui e il tuo sovrano e cercavi di riprendere il cuore e il corpo di Merlin? Non riesco a trovare una risposta. Ma non ho molto tempo. Quindi ho preso una decisione.

I due guardarono l'essere muoversi ciondolando verso di loro.

Una volta che fu vicino si accorsero di quanto era imponente e di quanto i suoi occhi dorati assomigliassero a quelli dei rapaci e dei rettili, quanto assomigliassero a quelli di un drago infuriato.

Anche il viso ne aveva assunto la forma, con quella smorfia che ne segnava i tratti.

-Ho deciso che ognuno di voi vedrà come l'ha fatto soffrire e in che situazioni con lucidità. Avrete notato che gli ultimi ricordi erano esagerati e confusi e soggetti alla mente in sobbuglio di Merlin. Tu, Richard, dovresti averlo notato particolarmente perchè i due ricordi cui sei stato spettatore sono stati uno violento e confuso, l'altro dolce e caldo: Merlin li vedeva così e così tu li hai visti.

Emrys sospirò, muovendo le dita delle mani velocemente e sogghignando con il suo sorriso d'ombra.

-Andate. Non tornate senza risposte.

Richard e Arthur videro il paesaggio sparire piano piano e il buio scomparire per lasciare il posto a un colore non definito e mai visto, che era cupo e spettrale.

Le ultime cose che videro, furono due tizzoni ardenti, due occhi dorati.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Arthur guardava se stesso inveire contro Merlin.

Quasi non si ricordava più quella litigata: era successa in un periodo che sembrava così tanto lontano che nella mente del re era quasi diventata sfocata come un sogno, un'illusione.

-Ti avevo creduto, io... io mi ero fidato di te e mi hai fatto fare... la figura dell'idiota...

Il biondo sentiva nella propria voce una rabbia mal repressa, una vergogna che offuscava qualunque tipo di fede verso quello che Merlin gli aveva detto.

-Non è andata come previsto, ma...

Il moro abbassò un attimo lo sguardo: era evidente che non sapeva ancora come comportarsi con lui.

L'Arthur ancora giovane spalancò gli occhi, girandosi con ira.

I due ragazzi si guardarono un attimo, uno dispiaciuto e timoroso, l'altro talmente inquieto da serrare la mascella come se stessa ringhiando, come se stesse cacciando un animale nemico.

-Non è andata come previsto?! Mio padre e l'intera corte reale credono che io sia un codardo.

A quel punto cominciò a urlare, mentre Merlin faceva un passo indietro, spaesato da quella rabbia che si stava abbattendo su di lui, con uno sguardo colpevole.

-Mi hai umiliato, Merlin!!

Il giovane biondo si girò, come per distogliere lo sguardo da una vista fastidiosa, oppure per non far vedere l'ira che gli faceva inumidire gli occhi, cosa che tanto cercava di nascondere a chiunque.

Merlin sembrò ritrovare la parola e gli si avvicinò: solo lui poteva sapere quanto gli facesse male vedere quello stupido asino ferito.

-Possiamo ancora smacherare Valiant.

-Non mi occorrono più i tuoi servigi.

Il moro non sembrò sorpreso.

Il suo tono di voce rimase fermo.

-Mi state licenziando?

Il vecchio Arthur sorrise, capendo solo in quel momento quanto in realtà il moro fosse forte: le sue frasi, messe a confronto con quelle dell'altro, erano decise, non quasi tremanti, e il suo respiro era solo di poco velocizzato, mentre il giovane biondo respirava a stento.

-Voglio un servo di cui fidarmi.

Quelle parole sembrarono trafiggere Merlin che improvvisamente sembrò meno tranquillo.

-Voi potete fidarvi di me!

Era vero.

Arthur lo sapeva che era vero, entrambi gli Arthur lo sapevano.

Ma come potevano non credere, almeno per un secondo, che quella risposta fosse quella giusta?

Mentire a se stessi, mentire al servitore, per nascondere... nascondere cosa?

Il giovane Arthur, come il re spettatore del resto, credevano a Merlin e quindi cosa avrebbero dovuto nascondere?

La debolezza?

Che debolezza?

Lo sguardo di Merlin si rifece diretto quanto indignato.

-Dopo la figura che ho fatto... Sparisci dalla mia vista!

Lo spettatore non potè fare a meno di lasciarsi sfuggire uno sbuffo.

Il giovane biondo non stava guardando il moro, lo stava semplicemente sentendo dietro alle sue spalle.

Lo sguardo di Merlin si fece come lucido.

Il ragazzo inghiottì a vuoto.

Uscì dalla stanza.

Era molto più ferito lui del principe.

La stanza non svanì come il re si aspettava.

Semplicemente comparvero altre persone al suo interno e la luce cambiò, come cambiarono le posizioni di alcuni oggetti, come cambiò il volto e gli abiti del principe.

-Vattene.

Il biondo stava sistemando delle cose quando Merlin entrò.

-Il Re è stato un po' severo.

-Non ho bisogno di compassione, specialmente da parte tua.

Il moro gli si avvicinò velocemente.

-Penso che avesse ragione.

Il giovane biondo alzò lo sguardo infastidito e inquieto, di chi ha fretta e qualuno lo sta rallentando.

-Ti ho ordinato di andartene, lasciami in pace!

-Lo so che pensate di essere innamorato di Sophia, ma...

-Chi sei tu per sapere che cosa penso?

Merlin quasi sussurrò la risposta, come se non ne fosse convinto, ma allo stesso tempo lo disse con una tale decisione che...

-Sono vostro amico.

-No, Merlin. Sei il mio servitore.

...che chiunque ci avrebbe davvero creduto.

Eccolo.

Quello sguardo ferito, spento come candele consumate.

Il moro inghiottì a vuoto, come solo si manda giù la delusione.

-Non sapete cosa fate.

Era un abbaglio ma la voce per un secondo aveva tremato?

-Vi ha fatto un incantesimo: siete stregato.

Il sorriso beffardo del giovane Arthur non fece altro che aumentare la sicurezza di Merlin.

Sembrò sul punto di dire qualcos'altro, ma una dolce voce femminile lo anticipò.

-Te l'avevo detto che avrebbero cercato di dividerci!

Il biondo guardò oltre le spalle del moro che si girò.

Alla porta c'era Sophia con suo padre.

No, non poteva essere così tardi.

-Lo so: non accadrà mai...

-Vi tiene sotto il suo controllo.

L'incantesimo per un attimo sembrò vacillare, ma poi Sophia, come per temere che Arthur cedesse alle parole del moro, parlò.

-Fuggiamo insieme da questo posto e da queste persone.

-Io so tutto.

Merlin indicò i due per poi volgere leggermente la testa verso Arthur, guardando fisso il padre della ragazza.

-L'ho seguito. Hanno intenzione di sacrifarvi!

L'uomo rise.

-Lasciate che un servo parli così ai vostri ospiti?

Il vecchio calcò sulla parola servo, avvicinandosi al moro, come per calcare il concetto.

Il ragazzo lo guardò con fare ovvio: non sembrava ferito da quello che l'anziano aveva detto.

-So cosa volete fare perchè vi ho seguito fino al lago e ho sentito tutto.

Arthur abbassò il capo come in difficolatà.

L'Arthur re sapeva perfettamente cosa sarebbe successo.

-Dovete credermi!

Nella voce del moro si sentiva una leggera nota di allarme e di supplica.

-Non ascoltarlo, Arthur. Andiamo, andiamocene questa notte.

La confusione nella testa del principe sembrò aumentare.

Il re se lo ricordava che c'era stata una lotta nella propria mente, tra l'affetto verso il servo e il falso amore per Sophia.

Chiuse gli occhi.

-Vi ucciderà: Sophia intende sacrificarvi per ottenere una vita immortale!

Il giovane principe sbattè ancora le palpebre.

-Morirete se la seguite!

-E... e questo... non ha senso...

Lo sguardo del giovane era perplesso.

-Noi ci amiamo.

-Sono cretaure magiche!

Merlin si girò, cercando di prendere lo scettro che il vecchio teneva fra le mani.

-Le iscrizioni sul bastone...

Il moro guardò il viso dell'uomo: i suoi occhi erano di un rosso vivo e acceso.

Merlin sembrava agitato e spaventato.

-Guardate gli occhi... Guardatelo!

Il giovane biondo aveva la testa chinata sul petto.

-Mi credete ora? Arthur, lo vedete?

Il ragazzo chiamato si girò, ma come potevano le parole di Merlin salvare la mente del principe dall'incantesimo?

-Io vedo tutto...

Lo sguardo del ragazzo era acceso anch'esso di un bruciante fuoco.

Un silenzio raggelante sembrò espandersi e ghiacciare tutta la sala.

Merlin si guardò intorno spaesato.

Il moro si gettò sullo scettro di Sophia e del padre, ma l'uomo pronunciò un incantesimo che lo lanciò dall'altra parte della sala al muro.

Il ragazzo svenne.

Prima di andarsene, il giovane Arthur gettò un'occhiata al servo a terra, per poi essere nuovamente guidato da Sophia verso l'uscita.

E ancora l'immagine della porta mutò: sembrò diventare più vecchia, sembrò mutare colore.

Un cambiamento così impercettibile, lontano, eppure così tangibile che Arthur non potè fare a meno di sorridere al ricordo di quello che quelle ante avevano visto, al ricordo di cosa quelle serrature avevano nascosto per tanto tempo prima che qualcosa venisse mostrato alla luce del sole.

Anche i muri cambiarono.

Cominciarono mano a mano a sembrare più tetri e poi più luminosi, man mano che il tempo passava.

Anche loro, insieme alla porta e ai tendaggi del letto, avevano assistito a talmente tanto dolore nascosto, talmente tanta passione consumata in baci sulla pelle e sulle labbra, che non sembravano più oggetti inanimati, quanto fedeli amici, custodi incorruttibili.

Se solo quelle pietre, quel legno e quelle stoffe avessero potuto parlare, quante luci calde e fioche di mozziconi di candela avrebbero raccontato!

Avrebbero narrato anche delle sensazioni inebrianti che riempivano il corpo del giovane principe quando si rendeva conto di cosa aveva, di chi gli aveva dato tutto se stesso, in ogni suo aspetto.

Quante volte quel senso di potere aveva scosso il sangue nelle sue vene alla sola idea di avere al proprio servizio una tale creatura, un tale essere talmente bello e puro nella sua integrità da far spegnere le luci più grandi?

Le narici del re si dilatarono, mentre finalmente il tempo sembrò rallentare, decidendo di mostrare qualcos'altro.

E quando Merlin apparve, bello come sempre, il biondo spettatore non potè fare a meno di sentire il suo cuore pompare orgoglio per affermare di possedere qualunque cosa del moro, in una stretta di egoismo e di convulsa possessione riuscì a percepire chiaramente quegli occhi dorati, quegli spicchi di un'energia a lui sconosciuta, sulla propria pelle.

E finalmente, Merlin parlò.

Disse qualcosa che il re non riuscì a capire, come se quel ricordo fosse talmente sfumato da non ricordarne i fatti.

Comunque il giovane principe si stava preparando per partire, era evidente: Arthur conosceva fin troppo bene il proprio sguardo, quello stesso sguardo che il ragazzo lasciò un attimo cadere sul viso di Merlin, per poi essere riabbassato ed essere rialzato al rumore del servitore che usciva.

Il re fu quasi certo di sentir sussurrare un “Merlin...” al vuoto, con la vista quasi annebbiata.

Ma poi i muri divennero siepi.

I rumori dei soldati che si davano il cambio divennero onde.

Il soffitto divenne un cielo azzurro e senza nuvole.

-Merlin...!

-Mi dispiace.

Il re notò che il moro era seduto davanti a un tavolino in cui c'erano dei calici dorati.

Un uomo con un bastone e un mantello bianco e grigiastro sembrava aspettare i due giovani.

Dopo un silenzio abbastanza lungo, interrotto solo dalle onde, Arthur guardò lo sconosciuto.

-Lascialo andare. Affronterò la tua prova, ma lui deve essere liberato.

-Questo non è possibile: Merlin fa parte della vostra prova.

In quel “vostra” c'era quasi una sottolineatura e Arthur ebbe l'impressione, per la prima volta, che non si stesse riferendo a lui educatamente, ma che stesse parlando anche al moro.

-Sedetevi, per favore. Se voi non affrontate la prova Camelot verrà distrutta.

Il giovane biondo guardò la seggiola che stava al lato opposto a Merlin e ci si sedette.

-Non ti avevo detto di restare a casa?

Merlin inghiottì a vuoto, abbassando un attimo lo sguardo per poi rialzarlo sul suo principe.

Arthur lo guardò per poi fissare l'uomo.

-Allora cominciamo?

-Ci sono due calici davanti a voi. Uno dei due contiene un veleno mortale, l'altro un liquido innocuo. Il contenuto di entrambi i calici deve essere bevuto, ma ognuno di voi potrà bere da un solo calice.

I due ragazzi si scambiarono un'occhiata che nascondeva una profonda angoscia.

Lo sguardo del principe si fece incredulo.

-Che razza di prova ridicola è questa? Che cosa proverebbe?

-Questo sta a voi deciderlo. Se la superate la maledizione verrà annullata.

C'era ancora quel “voi”. Quel “voi” che di regale aveva ben poco...

Il respiro di Merlin si accellerò e il suo petto cominciò ad alzarsi e abbassarsi più velocemente.

-Allora... riflettiamo. Che succede se bevo il mio calice per primo?

Arthur lo guardò, mordendosi il labbro inferiore: la tensione in lui era palpabile e guizzava in ogni muscolo del suo corpo.

-Se è avvelenato morirai.

-E se non lo è voi berrete dal vostro e morirete.

Il giovane biondo inghiottì.

Alzava gli occhi e li riabbassava con fretta, come se volesse accertarsi che Merlin fosse ancora lì.

-Ci deve essere un altro modo.

-E' molto semplice: uno di noi deve morire.

Merlin alzò la testa verso il principe, che continuò a parlare.

-Dobbiamo capire quale calice contiene il veleno. Quindi lo berrò.

Il moro che fino a quel momento aveva annuito, alzò il capo con lo sguardo di chi pensava di non aver capito bene.

-Lo berrò io invece.

-E' un mio dovere: io lo berrò.

-La vostra vita è più importante! Voi siete il futuro re, io solo un servo!

Dio solo lo sapeva quanto al moro era costato dire quella frase: quanto avrebbe voluto poter riempire le distanze che li separavano...

-Non devi fare l'eroe, Merlin, non è il tuo ruolo.

-C... che ne dite se bevo prima dal mio? E se non è avvelenato poi berrò anche il vostro.

Arthur guardò il vecchio (si chiamava Anhora? Sì, il re lo ricordava adesso...), per poi rivolgere lo sguardo verso il servitore.

-Ha detto che ognuno di noi può bere da un solo calice.

Merlin guardò il mago, poi i calici.

Lo sguardo del giovane biondo non faceva vedere altro che un'intensa frustrazione: come avrebbe voluto essere il re che sognava, quanto avrebbe voluto passare più tempo con Merlin... ma non poteva.

Si sarebbe sacrificato per Camelot, per lui.

Punto e basta.

-Sei così impaziente di morire per me?

Il re non fu sorpreso di vedere nelle iridi del moro un “Morirei per te” certo, così sicuro, come un'ancora, come delle mura di difesa.

-Fidatevi anche io stento a crederci.

Il principe si lasciò sfuggire uno sbuffo simile a una risata nervosa.

-...Sono contento che tu stia qui...

L'azzurro degli occhi del servo si tinse di una gioia pura e semplice, come se non aspettasse altro che quella frase, che per lui sembrava così tanto importante.

Il respiro del giovane biondo stava man mano diradandosi.

-Ho capito. Allora, versiamo il liquido in un solo calice così siamo sicuri che è avvelenato e tutto il liquido potrà essere bevuto da un solo calice.

-Mi sorprendi sempre: sei più intelligente di quanto sembri.

-...Questo era un complimento?!

La voce del ragazzo tradiva l'emozione e l'ironia.

Il principe guardò il sorriso del moro davanti a sé: come poteva lasciare che si spegnesse per sempre?

-Attento!

Merlin si girò, mentre il giovane biondo prendeva il calice in cui aveva trasfuso tutto il liquido.

Il moro si alzò.

-No no, voglio berlo io!

-Non te lo permetto!

-Non potete morire: non è il vostro destino.

-Pare che ti sbagli...

-Ascoltatemi!

-Mi conosci bene, Merlin: io non ti ascolto mai.

-Arthur... no!

Il biondo ingoiò il liquido.

-Cosa avete fatto...

Il principe cadde a terra.

Il cuore del moro sembrò accellelare, come se volesse battere anche i battiti che avrebbe dovuto fare quello del biondo.

-Arthur! No!

Le mani piccole e pallide del moro si posarono sul petto del principe, in una flebile speranza di sentirlo battere.

I loro visi erano così vicini: se avesse voluto avrebbe potuto accarezzarglielo con il proprio.

-Arthur! Arthur! Coraggio!

Il principe non si muoveva.

-Arthur, ti prego, coraggio! Forza!

Non si muoveva ancora.

Il re poteva sentire il cuore di Merlin come fermarsi, i suoi occhi inumidirsi, le sue labbra, che spesso avrebbe assaggiato in seguito, farsi secche.

Il moro era impallidito in maniera anormale.

-Arthur...

La voce del ragazzo era rotta dalla sofferenza e dal pianto che sarebbe arrivato da lì a poco.

-...No... Forza!

Il moro alzò lo sguardo verso Anhora.

-Vi prego! Vi prego! Fate... Fatemi prendere il suo posto...!

-Era la prova di Arthur non la tua.

Il cuore del ragazzo si stava man mano incrinando: la consapevolezza di aver perso il suo destino lo stava trascinando in un baratro, in una foresta buia e senza strade, verso il fondo di una caverna umida e viscida.

La sua altra metà, non poteva essersene andata, non senza di lui, no, non poteva!

-L'avete ucciso!

Lo stomaco del moro si era chiuso, le membra si erano fatte improvvisamente pesanti come sassi, come enormi massi che bloccavano l'uscita da una grotta.

-Io dovevo proteggerlo invece!

E quella frase gli era costata fin troppo, ancora più dell'auto-proclamarsi patetico in confronto ad Arthur.

Ma ormai lo pensava sul serio.

Ma nulla poteva contro la morte che fredda e inesorabile avrebbe preso il corpo di Arthur del tutto: doveva fare qualcosa.

Almeno morire insieme a lui...

-Non è morto: ha appena assunto un sonnifero. Si sveglierà presto.

Merlin guardò Anhora.

L'altra metà era viva...

E il mondo ricominciò a muoversi.

 

*_*_*_*_*_*_*

 

Aranel correva.

Sentiva la tensione e il dolore scivolare via dal suo esile corpo.

La magia dentro di lei fluiva nelle vene e la bruciava dall'interno di un calore rassicurante.

I suoi capelli biondi al vento risplendevano al sole.

Quando era piccola, amava tanto correre in quel prato.

Divenuta troppo grande, cominciò ad andarci di nascosto, con l'aiuto di Merlin che le dava i vestiti di quando lui era un semplice servitore.

E così Aranel sentiva la bandana rossa che le copriva il petto muoversi e la casacca blu troppo grande per lei aderire al proprio corpo.

La ragazza si fermò, ansimando, lasciandosi cadere nell'erba, tra le margherite e i tulipani.

Alcune farfalle e alcune api svolazzavano da un fiore all'altro, incuranti dell'invidia che provava la ragazza nei loro confronti.

Benchè sapesse che non aveva tante preoccupazioni e responsabilità quante ne aveva il fratello, Aranel non poteva fare a meno di sentirsi chiusa in una morsa: sapeva che, anche se la maledizione fosse scomparsa, non sarebbe finita lì.

Le ragazze della Setta del Calice erano andate insieme a parte dell'esercito a proteggere il regno da un'invasione nemica, suo fratello restava a Camelot a controllarla e a sperare.

In qualche maniera, sapeva che ci sarebbero state altre avventure ad attenderli.

Che portassero gioia o dolore non avrebbe fatto differenza, eterna gloria o eterno disonore non avevano importanza in quel momento.

I cinque giorni stavano passando e non solo Merlin sembrava peggiorare, ma né Arthur né Richard erano ritornati!

Troppe domande offuscavano la testa della ragazza.

E a quelle domande si aggiungeva la frustrazione per il suo futuro fratello (era sicura sarebbe stato un maschio), per i suoi genitori, per Emrys, per se stessa, per Camelot.

E ancora tutto questo veniva moltiplicato a causa della situazione che si era andata a creare con Heder.

Era per loro un periodo instabile e indeciso: per quanto entrambi fossero sicuri dei sentimenti dell'altro, non avevano il coraggio di fare il primo passo.

Aranel era alquanto sicura che i suoi genitori avrebbero capito, mentre Emrys se ne sarebbe fatto una ragione.

La principessa aprì gli occhi.

Il cielo era di un dolce azzurro, rassicurante e senza le sfumature biancastre delle nuvole.

Faceva caldo.

La ragazza si girò su un fianco, guardando qualche albero poco lontano, vicino a un piccolo fosso: era lì che avevano trovato il loro primo cagnolino, che, purtroppo, si era ammalato e li aveva lasciati.

Aranel si rimise col la schiena a contatto con la terra e l'erba verde.

Chiuse nuovamente gli occhi.

-Ciao.

La bionda sollevò le palpebre, sentendo delle mani poggiarsi vicino al proprio viso e una voce calda e sicura frasi strada in lei.

Sapeva già chi era.

-Heder?

-Indovinato.

Il ragazzo sorrise, scuotendo i capelli neri e socchiudendo gli occhi scuri.

Il servo si stese accanto a lei, mettendo le mani dietro la nuca.

-Che state facendo?

-Pensavo.

Silenzio.

-Non credete sia una risposta evasiva?

-Non lo penso. E' la verità pura e semplice, senza fronzoli.

-E a cosa pensavate?

-A quello che sta accadendo.

Heder mosse legggermente il proprio corpo, portandolo inconsapevolmente più vicino a quello della ragazza.

-Anche io stavo pensando.

-E a cosa?

Il moro sembrò un attimo indeciso su cosa rispondere.

-E' difficile spiegarlo.

-Mostramelo con i gesti allora!

Le labbra del ragazzo tremarono un attimo.

-Non ce la faccio più. C'è così tanta tensione, così tanta indecisione. Non so più cosa fare, non so come stabilizzare il tutto: mi sento molto stupido a dirla tutta.

La bionda non capiva di cosa il ragazzo stesse parlando.

O meglio, forse lo capiva, ma non avrebbe mai pensato che si stesse riferendo a quello.

-Seriamente, credo che dovrei darmi una mossa: non potrò far restare la situazione così per sempre. Non credi anche te?

Aranel non fece in tempo a rispondere che sentì le proprie labbra a contatto con delle altre.

-Oh Santo Cielo!

La principessa agì d'istinto: mise le mani fra i capelli neri del ragazzo e, dandosi una spinta, riuscì a rivoltare le posizioni, assicurandosi il posto sopra.

Una leggera brezza cominciò a far smuovere le foglie, i fiori e l'erba, come se il vento avesse una voce e cantasse.

Il cuore dei due pompava sangue all'impazzata, i loro visi erano rossi di vergogna.

Quando le loro labbra si allontanarono, Aranel guardò il ragazzo sotto di sé, con gli occhi sbarrati.

Era sorpresa: non avrebbe mai pensato che Heder potesse fare una cosa del genere e, soprattutto, non aveva mai pensato di poter reagire così.

Forse non si conosceva così tanto in fondo...

-Beh, direi che è chiaro.

-Che cosa?

-Che posso darti del tu, mia principessa.

Heder le prese la mano, baciandola, per poi sorridere felice.

Aranel, dopo due secondi, piegò gli angoli della bocca in su, poggiando i propri gomiti ai lati della testa di lui.

-Nessuno ti ha dato il permesso di farlo...

Il moro ridacchiò, accarezzandole i capelli.

Lei arrossì lievemente, scostando il proprio sguardo da quello del ragazzo.

Gli poggiò il capo sul petto per non farsi vedere il viso imbronciato.

Una nuvola solitaria oscurò il sole in un istante in cui Heder fece sedere la principessa a terra.

Si alzò, fissando un punto nel cielo.

Lei subito si mise in piedi, guardando anch'ella in alto.

Improvvisamente sentì le dita di lui che sfioravano le proprie.

Arrossì un poco.

Si mise una mano davanti alle labbra.

Poi si diresse verso la fine del campo insieme a lui.

 

 

 

Note: Sentite, è da quando sono tornata dalle vacanze che sono bloccata lì, quindi per non farvi aspettare ancora posto il capitolo così, anche se avrei voluto farlo più lungo D= Gli episodi in cui Arthur è capitato sono in ordine "Valiant", "Le porte di Avalon" e "Il laborinto Gedref". Spero che non sia tutta una schifezza. La scena prima di quella dei calici è totalmente inventata e per cui non ho messo alcun dialogo: non è un punto importante, non vi siete perse niente.

Sempre gradite recensioni, mi raccomando, anche perchè vedo che ho perso molte lettrici: non vorrei che qualcuno pensi che io sia molto noiosa D=

Non sembra, ma questo capitolo sono dieci pagine e mezza, non vi lamentate che è il capitolo più lungo che abbia mai fatto (conto di arrivare a 12 pagine nel prossimo capitolo, ma non ne sono molto sicura. Comunque, saranno ben più di 7 pagine u_u)

Prossimamente il nuovo capitolo de "Rovinerei Tutto" e il capitolo extra della stessa fanfiction. "Animi Motus" sarà aggiornata entro una settimana (o comunque entro poco tempo). "La Nuova Regina" sta subendo continui ritardi perchè mi sono bloccata a un punto e non riesco ad andare avanti. Sarà aggiornata appena avrò tempo u_u

Nel prossimo capitolo di questa fanfiction, protagonisti assoluti saranno Richard e Arthur, i loro ricordi e un sogno premonitore di Emrys. Le puntate da cui prenderò spunto saranno della seconda stagione. Per farvi un'idea della situazione, vi conviene rivedervi lo schema con la cronologia della storia che avevo messo nelle note di un capitolo precedente.

Kiss

   
 
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