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Autore: Il circolo di Aro    03/10/2011    5 recensioni
Un regalo insolito, due combattenti, un'ignara fanciulla.
Nell'arena polverosa, dove l'amicizia puà trasformarsi in qualcosa di diverso.
Se anche il vino fa la sua parte, ecco il risultato.
Genere: Commedia, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Corin, Felix, Santiago
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Tengo a precisare che è tutta colpa sua.



Felix e Jacomus: ardente passione nell’arena dei gladiatori


“Giovani rampolli mai mancaron
per estati, inverni, giorni e notti
il talamo mio, e rivisitaron
per gioir di flompini e sdruffolotti”
(Lamento Erotico)


Quelli della sua razza erano piccoletti, di solito, tarchiati e robusti come i tori loro compatrioti. Ne aveva sbudellati parecchi e gridavano tutti allo stesso modo, alla fine, in quella strana lingua cantilenante che pareva sempre una canzone. Anche quando ti stavano sgozzando e tutto ciò che riusciva a uscirti dalla bocca erano parole poco devote nei confronti degli dei.
L’ispanico aveva la testa china e le spalle piegate dai ceppi con cui l’avevano condotto nel sotterraneo, ma doveva essere all’incirca alto come lui. Forse un altro ex soldato, forse un allevatore robusto o un ex schiavo in qualche miniera. Il soldato che lo avevo scortato all’interno gli tolse l’anello di ferro che gli curvava la testa in avanti: senza impedimenti l’ispanico era alto proprio come il Germano.
Nessuno fu sorpreso, di conseguenza, quando il lanista spinse al centro della stanza il nuovo arrivato e poi fece un cenno a Felix.
- Domami questo toro, ma non me lo ammazzare subito.-
Felix sorrise e si avvicinò con passi misurati.
 L’ispanico era rimasto serio e vagamente spaesato: il suo sguardo corse alle spade appese al muro, alla polvere del pavimento e finalmente fissò gli occhi in quelli del suo avversario. Felix avanzò ancora di qualche passo prima di alzare gli avambracci a pararsi volto e sterno. A quel punto anche l’ispanico sogghignò, strinse una mano a pugno e con l’altra lo sfidò ad avvicinarsi.
Qualunque cosa fosse prima, non era un dilettante.
Fece una finta battendo la mano sul ginocchio e mirando diretto al volto, ma l’ispanico non smise un attimo di guardarlo negli occhi e parò il colpo con l’avambraccio destro, mentre con l’altro mise a segno un gancio sulle sue costole. Accusò il colpo, con i polmoni che smisero per un istante di funzionare. Ma la testa dell’ispanico era giusto sotto il suo braccio, la avvolse in una ghigliottina e lo trascinò a terra. Gli tenne la testa premuta contro la polvere, iniziando a stringere la presa attorno al collo. Già dopo la prima pressione la maggior parte dei novellini battevano una mano in segno di resa, ma lui continuò a dimenarsi per tentare di liberarsi dalla presa. Aumentò la pressione sul collo.
- Batti, stronzo, sennò all’arena non ci arrivi nemmeno.-
Sulla schiena aveva una cicatrice sotto la scapola e alcune strisce lasciate dalla frusta. Scomparvero all’improvviso quando riuscì a torcere il busto e incastrargli la testa fra le cosce. Felix dovette allentare la presa, giusto quell’attimo che l’ispanico ci mise a divincolarsi e rotolare fuori dalla sua portata.
- Basta così! Da domani va in scena anche lui.-
Il lanista si era messo in mezzo, sentì due servitori che lo tenevano per le braccia prima che si scagliasse di nuovo contro l’avversario. Poi il loro padrone uscì assieme ai servi e rimasero soli tra gladiatori.
Prese un braccio dell’ispanico e lo aiutò ad alzarsi.
- Non è la prima volta che combatti. Che cos’eri? Un disertore?-
- Da quando ho memoria, ho tenuto in mano il remo di una galera. Se prima ero qualcosa di diverso da un marinaio non te lo so dire, soldato.-
Felix stava per chiedergli se avesse sparato azzeccandoci o cosa, ma notò che gli occhi del nuovo erano fissi sul suo vecchio tatuaggio di legionario.
- Diciamo che ho dato fastidio una volta di troppo. Mi hanno cacciato qui per liberarsi di me, coglioni… Ero a digiuno da giorni e con una ferita infetta sulla coscia, quindi diciamo che sono rimasti tutti un pochino sorpresi quando spezzai il collo del primo che mi mandarono contro. Dovevo essere uno di quelli buoni a morire, sono diventato uno di quelli bravi a uccidere. Sono Felix, ma sentirai che mi chiamano germanico. E tu?-
- Jacomus, ma per uno schiavo non vale nemmeno il fiato di pronunciare il nome intero, quindi chiamami Tiago.-

- Se avessi saputo che il tuo regalo era portarmi a vedere queste cose, ti avrei potuto avvertire in anticipo che ho una grande passione per le commedie di Plauto. Non certo per questo.-
Davanti a Cora, nell’arena, un gruppo di uomini con la pelle scura e vestiti con pelli di leone stava attaccando una tigre legata a un palo. Prima c’erano stati leoni veri contro un toro. Cominciava a nausearsi per tutte le budella e gli schizzi di sangue che macchiavano la polvere del recinto. Lucilla e le sue idee di “divertimento” la facevano puntualmente finire in situazioni sgradevoli.
- Come sei impaziente! Non è questo il tuo regalo, fanciullina casta. Questo è una specie di anticipo.-
- Oh, immagino che dopo tu mi abbia noleggiato un gonnello e un paio di caligae e mi manderai in arena in uno spettacolo chiamato “L’attacco delle amazzoni” o qualcosa di altrettanto esotico che questo “Numidi a caccia nella foresta”. Ah, che peccato, già finito…-
Con uno sbadiglio molto accentuato accennò al cadavere della tigre, stramazzato sotto le lance dei numidi. Passarono degli inservienti a ripulire l’arena e ricoprire il sangue con altra sabbia.
Vicino al palco imperiale, il munerario si era alzato di nuovo in piedi per annunciare il prossimo spettacolo. Secondo l’opuscoletto che Cora teneva in mano, si sarebbe trattato de “I dioscuri”.
- Bene, altre povere bestie al massacro. Cosa saranno, orsi contro lupi?-
Lucilla le mise un dito davanti alla bocca e le indicò il munerario, che aveva finito di schiarirsi la voce.
- Il nostro beneamato e munifico imperatore si diletta di offrirvi ora un grande spettacolo! Quali Castore e Polluce, figli di madri differenti ma col sangue di Giove nelle vene. Quest’oggi affronteranno l’esercito di Teseo!-
Nell’arena era entrato un piccolo drappello di uomini vestiti approssimativamente alla greca, evidentemente il fantomatico esercito di Teseo. Sentì una presa sul braccio e vide Lucilla che guardava fremente il cancello di fronte al drappello di gladiatori. Quando si aprì e dall’ombra si stagliarono due figure, il pubblico esplose in un boato di trionfo. Cora distinse sopra il resto acclamazioni due nomi scanditi, “Germanico” e “Ispanico”. Dall’ombra intravide due uomini muscolosi, uno biondo e l’altro bruno. Sollevarono i gladi verso l’imperatore e verso la folla adorante. Quando cominciò il combattimento, schiena contro schiena, Cora notò come fosse affascinante il contrasto tra la pelle chiara dell’uno e quella scura dell’altro. Alla prima testa mozzata che rotolò a terra, lo schizzo di sangue bagnò i muscoli dei due. I sorriso sardonico scomparve dalla faccia di Cora, che non si unì alle grida di incitamento ma non staccò gli occhi dal combattimento nemmeno per un secondo. Sussultò quando Lucilla le mise una mano sulla spalla e le sussurrò all’orecchio.
- Vedo che il regalo ti piace.-
- Cosa?-
Lucilla ammiccò in direzione dello scontro, dove i due, in sincrono, falciavano i loro avversari uno dopo l’altro.
- Casta fanciullina, ti ho comprato una notte con i Dioscuri.-

Si gettò addosso una bacinella d’acqua ghiacciata e con l’olio profumato cominciò a sfregarsi i capelli e il viso per togliere l’odore del sangue. Felix passò alle sue spalle e gli frustò un asciugamano bagnato sulla schiena.
- Bellezza, pulisciti bene che stasera ci sarà da fare.-
Jacomus con due mani si portò i capelli via dalla faccia. Prese un raschietto e si pulì dei rimasugli d’olio, prima di raggiungere Felix nella vasca termale. Le labbra gli si assottigliarono in un sorriso che arricciò in su solo un angolo della bocca.
- Da fare… in che senso?-
- Un servitore è passato di qua stamattina per conto di una certa Gaia Lucilla. Ha comprato a Postumo una notte dei nostri servigi.-
- Capita spesso a Roma una cosa del genere? -
- Siamo le puttane delle nobili matrone annoiate. Immagino che abbiano poche occasioni di conoscere veri uomini nella loro vita.-
- Bene puttanella, se ti azzardi ancora una volta a lasciarmi la schiena scoperta durante un combattimento, stanotte la signorina Lucilla non sarà l’unica a ricevere una sculacciata.-
- Vaffanculo, dovevi starmi dietro tu stavolta. Se hai il culo pesante non è colpa mia.-
Una ventata d’aria fredda li distrasse: sulla porta c’era Postumo.
- Mettetevi qualcosa addosso, la domina ha chiesto di vedervi prima dell’incontro di stasera.-
Jacomus si asciugò sommariamente con un telo di lino che poi si cinse in vita. Felix fece lo stesso. Percorsero il breve corridoio fino a una stanza, dove ad aspettarli c’erano due ragazzine, una rossa di capelli che rideva di cuore e un’altra, bassina e con i capelli nerissimi, che pareva poco a suo agio in quel momento. Quando notarono il loro arrivo, la prima sorrise maliziosa, guardandoli entrambi… in faccia. L’altra avvampò e abbassò la testa. Chinarono entrambi il capo in segno di rispetto. La rossa prese l’altra per mano e si avvicinò.
- Gladiatori, io sono Gaia Lucilla.-
Quindi la loro compratrice era lei. E l’altra? Forse una dama di compagnia o qualcosa del genere. Nonostante tenesse la testa bassa, vide che scoccava loro a turno occhiate incuriosite.
- E lei è Livia Cornelia Cora, figlia del senatore Cornelio. Desidero che per lei questa serata resti un ricordo indelebile.-
- Lucilla!-
- Cora, lasciami finire. Vi troverete entrambi fuori di qua appena calato il sole. Vi attenderanno due cavalli e un mio servitore, che vi scorteranno in una casa. A dopo, gladiatori.-
La ragazza coi capelli neri, Cora, si infilò in fretta nel vano della porta, ma non prima di aver gettato loro un’ultima occhiata quasi di scuse.

Non riusciva a toglierseli dalla testa. Da lontano, nell’arena, erano solamente due figure impolverate e letali. In quella stanzuccia, così vicini a lei… Si diede alcune pacche sulla fronte. Forse un giro in giardino le avrebbe fatto bene.
Si sedette accanto alla fontanella, vicino alla scultura di Eracle. Quello biondo era più muscoloso della statua, con quelle spalle larghe e le mani grandi come badili. Le ricordava ancora quando aveva sollevato un uomo per la testa prima di trafiggerlo. Il sangue aveva schizzato i pettorali, scorrendo giù fino al…
- Stupida statua!-
Corse verso il corridoio, da dove la fissavano severa i busti degli antenati. Il suo trisavolo la guardava attraverso i ricci sulla fronte, i ricci che durante lo scontro gli andavano davanti agli occhi, che scostava col bicipite per liberarsi la visuale, che erano così definiti dall’acqua e ondeggiavano quando camminava, nella stanz…
- Possibile che bastano due bestioni - due notevoli bestioni, eh, per carità - e mi metto a pensare come l’ultima delle sgualdrine?-
- Chi è la sgualdrina con i bestioni?-
Cora sussultò. Lucilla era alle sue spalle, in mano un mantello scuro.
- E’ ora di smetterla di fantasticare, c’è la tua portantina qui fuori.-
- Lucilla, perché non vai tu se ci tieni tanto?-
- Cora! E’ il tuo regalo, fanciullina, quindi usalo come ritieni meglio. Se vuoi passare la serata a discorrere delle ultime mode su come drappeggiare un peplo non sarò certo io a impedirtelo. Ora fai la brava e sali sulla portantina.-
Le mise in testa il mantello e la spinse fino alla porta sul retro. Durante il tragitto si disse che non era una cattiva idea chiacchierare, chissà quante cose da apprendere su Hispania e Germania, o sulla vita dei gladiatori. Per esempio, per ottenere bicipiti simili che allenamenti bisognava… e dagli.
La portantina si fermò fuori da una villetta dove la periferia si stemperava nella campagna: almeno il pensiero fisso dei due fu soppiantato da una morsa allo stomaco. La sala principale dava sul giardino, una bella stanza con triclini, un tavolo di cibo, cuscini ovunque. Era ancora tutto vuoto, a parte un’ancella che aveva portato nella stanza un piatto di fichi e un altro di pernici. Si sedette su un triclinio e cominciò a piluccare una ciambellina al miele. Un trottare di cavalli le annunciò che i suoi due ospiti erano arrivati.
- Certo, in penombra sono tutti buoni a sembrare attraenti, o quel giorno ero ancora confusa dai giochi. Ora entreranno nella stanza due uomini normalissimi e…-
La prima cosa che notò fu la sicurezza del passo, poi che i muscoli non erano affatto come li ricordava.
Erano molto meglio.
Cercando di darsi un contegno prese un fico e cominciò a sbucciarlo molto lentamente. I due si inchinarono e aspettarono un suo cenno per fare qualcosa.
- Ah, bella serata stasera, vero? E’ ancora caldo per essere a ottobre, forse è per questo che avete deciso di venire qua con poco addosso, sì…-
Il tono da donna sicura che voleva darsi era uscito più come un pigolio, il tutto completato dalla sua linguaccia.
I due stettero ancora un attimo inginocchiati con la testa china, ma vide che prima le spalle del moro, poi quelle dell’altro furono prese da piccole scosse. Poi tutti e due cominciarono a ridere.
- Domina, facciamo che intanto approfittiamo di questo ben di Dio, poi vediamo coma va avanti la serata.-
L’ispanico prese dal tavolo una brocca di vino e ne colmò una coppa davanti a lei.
Cora lo bevve quasi d’un fiato. Quando lo riappoggiò sul tavolo, si accorse che avevano appena svuotato la quarta brocca. Doveva essere passato del tempo, ma si sentiva bene e stava ridendo a una storiella del biondo, Felix aveva detto di chiamarsi.
-…e gli faccio: “cazzo, rimettiti dentro quella specie di arnese che fai tristezza a un bambino di dieci anni!”-
Era reclinata sul triclinio a ridere, anche se non aveva capito perfettamente la battuta. Poi le venne un’illuminazione.
- Ho deciso che cosha voglio che facciate per me sh..stanotte.-
Fu soddisfatta del tono solenne con cui lo disse, col ditino indice alzato. Anzi, era così buffo che rise di nuovo prima di spiegarsi.
- Combattete per me!-
- Ottima idea, domina.-
Tiago, quello moro, si versò il fondo della quinta brocca e lo tracannò senza colpo ferire. Fece cenno all’altro e si alzarono in piedi.
Corin si tirò in piedi sul triclinio, rischiando di inciampare qualche volta nell’orlo della tunica, e alzò le braccia.
- Il nostro beneamato e divino imperatore si diletta di offrirvi questo spettacolo di pancrazio. Ecco davanti a voi Achille dal pettorale guizzante e Patroclo dal culo marmoreo! Via, picchiatevi.-
Felix spaccò a terra una brocca vuota, di cui si era versato metà contenuto in deliziosi rivoletti sui muscoli. I due si studiarono un attimo, poi Tiago si abbassò per caricarlo allo stomaco. Felix indietreggiò di qualche passo, ma senza cadere. Iniziò a pestare pugni sulla schiena di Tiago, che però non accennava a mollare la presa. Allora lo afferrò a sua volta con le braccia e con un saltello staccò le gambe dal pavimento e si buttò sopra l’avversario con tutto il suo peso. Si girò in modo da stargli a cavalcioni sulla schiena, poi gli tenne le braccia inchiodate al pavimento. Cora ammirò i muscoli tesi sotto lo sforzo: Felix strinse le cosce di Tiago tra le sue, in modo che non potesse colpirlo con un calcio. Nella foga del combattimento, notò Cora, i gonnellini striminziti si stavano arrotolando su se stessi, mostrando due dei sederi più belli del mondo. Dopo qualche istante che si dimenava, Tiago riuscì a rivoltarsi schienando Felix. Quello gli cinse il collo con una mano e con l’altra gli tirò i capelli. Tiago riuscì a girare di poco la testa verso quella di Felix. Cora seguiva la scena con estremo interesse, nonostante cominciasse a notare come la sua vista fosse svasata rispetto al movimento degli occhi, e come se tutti gli oggetti avessero i contorni diluiti nell’aria.
Era sicura, ad esempio, che Tiago stesse cercando di mordere l’avversario per avere un attimo di respiro… sì gli stava mordendo l’orecchio. Dovette essere poco efficace, perché dopo mirò alla giugulare. Se non fosse stata certa di assistere a un combattimento, Cora avrebbe giurato che la mossa assomigliava parecchio a un succhiotto sul collo.
Era tutto parecchio interessante. Prese un altro bicchiere di vino, poi si alzò in piedi e caracollò verso i due sul pavimento.
- Voglio provare a combattere anche io…-

La luce del sole le arrivò con una fitta dolorosa: sentì un cerchio stringersi attorno alla sua testa e come se dietro gli occhi qualcuno stesse battendo ritmicamente su un tamburo. Si girò dall'altra parte tirandosi addosso la coperta, ma cadde a terra con un tonfo attutito. Si alzò di scatto e vide che non si trovava in camera sua, ma su un triclinio circondato da avanzi di cibo e brocche vuote. Nuda. Qualche anima pia le aveva buttato addosso il mantello con cui si era travestita la sera prima. Si alzò barcollando, il martello nella testa estese la sua cattiveria alla fronte.
- Cora!-
Alla voce sobbalzò e si mise addosso alla meglio il mantello.
- Non entrate! No, io...-
- Valà fanciullina, sono solo io.-
La testa rossa di Lucilla comparve nel vano della porta. Cora emise un sospiro di sollievo e sorrise. Poi si ricordò di chi era la colpa se lei si era svegliata in quel modo.
- Tu! Non sai nemmeno cosa...-
- In realtà, guardandoti, direi che è abbastanza evidente: hai discorso delle stretegie di politica estera del senato con due bravi giovanotti.-
Cora stava per rispondere, ma un giramento più forte degli altri la costrinse ad accasciarsi sul triclinio.
- Quando mi rimetto vedrai!-
- Oh, che sciocchina esagerata. Dai, domani ti porto a vedere i ludi gladiatorii. Ci sono anche i tuoi due amici!-
La coppa passò volando sopra la testa di Lucilla. La ragazza rise e aiutò Cora a rimettersi in piedi.
- Ti odio.-
- Esagerata! Allora, per domani?-
Cora stiracchiò un sorriso.
- Passami a prendere dopo colazione.-





Doverose spiegazioni, ovvero il senso di Otto per lo slash:
questa fanfic è uno spin off della meravigliosa Slash Fiction. L'idea è tutta di Corin, a cui perdoniamo una piccola self inserction nella trama. In quanto a me, non ho mai scritto slash e non lo immagino proprio, questo è il massimo che riesco a fare XD Con questa storia potete giocare a tante cose: contare i doppi sensi, apprezzare la finezza narrativa che mai cade nel volgare o nel becero fan service, o dare una mano a Felix (di cui ormai si sentono i bestemmioni fino a Forks).
Credits: dal film "il gladiatore" vengono l'ispirazione per le scene di lotta, il nome di Lucilla, l'urlo "Ispanico!" della folla. La canzone citata all'inizio è un capolavoro dei "Nanowar of Steel".
Prendendo due piccioni con una fava, questa fic è anche una Felix/Santiago/Corin, un abbinamento crack che mi era capitato a suo tempo :)
Grazie a chi passa di qui, ci sono pettorali guizzanti per tutti!

OttoNoveTre
















   
 
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