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Autore: xenascully    06/10/2011    1 recensioni
Quando il loro intrepido Capo scompare, la squadra di Gibbs si impegna per trovarlo prima che il suo tempo giunga alla fine...
Genere: Generale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Gibbs sedeva accanto al letto di Tony al Pronto Soccorso dello Shady Grove Adventist Hospital. Lui era già stato visitato ed aveva ora una benda a coprirgli il taglio sulla fronte. Tony era incosciente e stava ricevendo cure mediche per la sua respirazione. I dottori dicevano che si sarebbe rimesso completamente; che aveva avuto un attacco di panico e che la sua perdita di coscienza era stato il modo di proteggersi della sua mente prima che le cose peggiorassero.

Quello che preoccupava Gibbs era che Tony non si era ancora svegliato. Anche se erano passati solo quindici minuti da quando erano arrivati all’ospedale, vedere Tony con l’ennesimo macchinario per aiutarlo a respirare, lo faceva tornare con la mente a quelle settimane a Bethesda…

Si era sentito meglio quando Vance gli aveva detto che Ducky stava arrivando. In realtà, c’era qualcosa di molto più preoccupante del suo secondo in comando. Ma non poteva essere al fianco di Ziva in quel momento.

“Capo?” Sentì la spenta voce di Tony da dietro la maschera dell’ossigeno.

Gibbs alzò lo sguardo, chinandosi in avanti da dove se ne stava seduto sulla sua sedia, e mise una mano sul braccio dell’Agente. “Bentornato, DiNozzo.” Sorrise lievemente.

Gli occhi di Tony corsero per la stanza. “Ospedale?”

“Già.”

“Non a Bethesda…”

“Questo era più vicino. Non potevi resistere fino a Washington.”

Tony deglutì, udibilmente, mettendosi in una posizione semiseduta, togliendosi la maschera dal viso. “Così male?” Chiese.

Gibbs strinse gli occhi. “Cosa ricordi?” Chiese alzandosi e rimettendo la maschera al suo posto sul viso di Tony.

Gli occhi di Tony saettarono in giro, poi uno sguardo di triste realizzazione lo colpì, e lui si tolse di nuovo la maschera incontrando gli occhi di Gibbs. “Ziva…”

“Non sta così male come credi.” Finì per lui, ancora una volta rimettendo a posto la maschera. Tony lo guardò confuso. “Non è rimasta uccisa da quel colpo di pistola.” Gli disse.

“Ma l’ho vista cadere…”

“Il proiettile ha colpito la costola.” Risuonò la voce di Vance. Entrambi alzarono lo sguardo puntandolo verso di lui, le sopracciglia leggermente alzate come a chiedere il permesso di entrare per dar loro le informazioni che apparentemente gli erano state comunicate dal dottore. Gibbs annuì, e lui si avvicinò al letto. “La costola si è spezzata, le ha trapassato il polmone sinistro. L’hanno stabilizzata abbastanza per poterla operare e cercare di capire dov’è andato a finire il proiettile. Ma dovunque sia, la costola ne ha cambiato la traiettoria. Se non fosse stato così le sarebbe finito nello stomaco probabilmente. O peggio; nel cuore.”

“È viva…” Confermò Tony, accasciandosi contro il letto per il sollievo. Poi rialzò la testa, togliendosi la maschera dell’ossigeno. “Berk! È stato lui!”

“Calma, DiNozzo.” Vance sollevò una mano. “Quando sono arrivato allo chalet, Ziva si era già occupata di lui e Smith. Per non parlare del fatto che aveva già disinnescato la bomba che avevano preparato per uccidere il Tenente.”

“Trelawney è viva?” Chiese Tony.

“Michaels, veramente.” Gli disse Vance. “Trelawney è morta. L’abbiamo trovato nel bagagliaio della macchina di Smith. Non appena Michaels sarà dichiarato a posto, prenderemo la sua deposizione; vedremo come è andata. Ma da quello che abbiamo capito per il momento, sembra che la sua morte sia stata accidentale. Cosa abbia fatto scattare Smith, non lo so.”

“Berk ha detto…che non poteva permettere che lo arrestassero per un incidente…” Disse Tony ricordandosi le sue parole.

“Smith era sua cugino.” Gli disse Vance. “Dopo che Berk mi ha chiamato, ho avuto la sensazione che qualcosa non andasse. Ho controllato le sue chiamate; ne ho trovate diverse fatte a Smith. Ho scavato un po’ e ho scoperto che erano imparentati. Mi aspettavo di trovare il Dipartimento di Polizia una volta arrivato…”

“Apparentemente, Berk ha finto di chiamarli.” Sospirò Tony scuotendo la testa in disgusto. “Non riesco a credere di non essermene accorto. Se non avessi insitito…” Spostò gli occhi a lato. “Non l’avessi portato lì, Ziva sarebbe riuscita a salvarvi senza farsi sparare.”

“Non è stata colpa tua, DiNozzo.” Gibbs strinse gli occhi.

“Per una volta devo dargli ragione.” Disse Vance, sollevando le sopracciglia. Gibbs lo guardò male, lasciando correre il ‘per una volta’ solo per la natura di quello che stava dicendo. “Era intenzione di Berk recarsi a quello chalet, con o senza di te. Ma credo che volesse portarti con sé.”

“Ha insistito perché andassi a prendere da mangiare.” Pensò Tony a voce alta.

“Molto probabilmente, voleva poterti tenere d’occhio. O in questo caso, d’orecchio. Fossi rimasto in ufficio, avresti potuto scoprire tutto prima di me. Lo sapeva.”

Tony alzò lo sguardo su Vance con morbosa sorpresa. “Non sto morendo, vero?” Vance sollevò un sopracciglio e guardò Gibbs, che stava sorridendo leggermente. “Solo che…ho pensato di averla sentita farmi dei complimenti…”

Vance fece del suo meglio per nascondere quanto lo divertiva la cosa. “Ovviamente, non sei ancora pronto per tornare sul campo. Ma no, non credo che stia per morire, Agente DiNozzo.” Si voltò verso Gibbs, allora. “Tornerò al Cantiere con i corpi. Tienimi informato sulle condizioni di Ziva.”

Gibbs annuì e guardò il Direttore uscire dalla stanza. Poi si voltò verso Tony, che ancora sembrava confuso dall’improvvisa gentilezza di Vance. Si avvicinò e afferrò la maschera dell’ossigeno dalla mano di Tony rimettendogliela sul viso. “Lascia questa dannatissima maschera dov’è, ti ‘spiace?” Sollevò le sopracciglia.

Tony incontrò i suoi occhi. “Ti voglio bene anch’io, Capo.” Sogghignò.

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“I suoi livelli di O2 sono buoni, Agente DiNozzo.” Gli disse il dottore. Gibbs se n’era andato in cerca di caffè, pochi momenti prima che l’uomo arrivasse. “C’è qualcuno che sta aspettando di vederla, nome Tim McGee. Volevo ricevere il suo permesso prima di lasciarlo entrare.”

“Sì, è un mio collega.” Gli disse Tony. “Hey, posso smettere di usare questa roba, adesso?” Chiese, tenendo in mano la maschera dell’ossigeno.

“Credo di sì. In effetti, penso che comincerò a firmare i suoi documenti di dimissione. Ma voglio che si faccia visitare dal suo medico una volta tornato a D.C.”

“Nessun problema, Doc. grazie.” Si mise seduto un più comodamente. Il dottore se ne andò e, dopk qualche attimo, comparve McGee. “Hey, McCommozionecerebrale!” Sorrise. “Come sta la tua testa?”

L’iniziale nervosismo all’entrata, venne dissipato dalle parole di Tony, e lui si avvicinò di più al letto. “Va bene. Mi gira ancora un po’ la testa, ma non è che debba mettermi al volante.” Sogghignò. “E come stai tu?” Il suo viso si coprì di nuovo di una leggera preoccupazione, ricordandosi l’orribile esperienza nel seminterrato.

“Sul punto di essere dimesso.” Replicò lui.

“Perché non me lo hai detto?” Con la mano afferrò il bordo del letto. “Ne avrei tenuto uno extra con me, giusto in caso.”

“Cosa?” Tony corrugò le sopracciglia confuso.

“Il tuo inalatore.” Chiarì Tim. “Mi sarei assicurato…” Non finì la frase perché lo sguardo confuso di Tony stava mutando in qualcosa di simile alla commozione per la gentilezza dimostratagli; qualcosa alla quale Tony non era abituato.

Con la stessa rapidità, tuttavia, si sbrigò a mostrare un sorrisetto arrogante. “McBoyscout; sempre preparato.” Ma il sorriso svanì di nuovo e lui deglutì. “Non durerà per sempre, Tim.” Gli disse. “Non può.” Scosse la testa. “È solo…parte del recupero, ne sono certo. E poi non avrei nemmeno dovuto essere sul campo. Quindi, se per caso ti senti in colpa per quello che è successo, smettila. Se qualcuno dovrebbe sentirsi stupido o colpevole, quello dovrei essere io, per non essermi accorto di Berk.”

“Qui non si tratta di colpa, Tony.” Ritorse con vigore. “Avresti potuto morire laggiù. Ne ho abbastanza di vedere i miei amici che arrivano vicini a morire ancora e ancora.” Si obbligò a fermarsi quando la voce gli si incrinò alla fine, e spostò lo sguardo ai piedi del letto.

Tony studiò l’Agente innanzi a lui per un momento. “Non dirlo a Gibbs.” Disse, e McGee lo guardò confuso. “Sono sul punto di infrangere la regola numero sei.” Fece un breve sorrisetto, poi continuò. “Mi dispiace, Tim. Non volevo che qualcuno pensasse che non sarei più stato in grado di fare il mio lavoro.” McGee scosse la testa. “Ma hai ragione; avrei dovuto dirtelo. Se i ruoli fossero invertiti, anch’io sarei incavolato con te.”

“Non sono incavolato con te.” Disse McGee, con voce piccola.

“Sì, lo sei. Solo che non lo hai ancora capito.” Ritorse Tony con un leggero sorrisetto. Poi abbassò gli occhi sulle sue mani, forse un po’ imbarazzato. “Mi dispiace che tu abbia dovuto vedermi in quello stato.”

“Non può essere stato più spaventoso di quello che stavi passando tu.” Replicò Tim. Tony lo guardò di nuovo negli occhi, poi rise brevemente. “Probabilmente dovresti smetterla di infrangere le regole di Gibbs prima che torni.” Sogghignò.

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Ed eccovi il nuovo capitolo! Alla prossima e scusate per il ritardo! XD

  
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