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Autore: La Lady    06/10/2011    3 recensioni
Il sesto anno di scuola nella pregiata Hogwarts sta per avere inizio. Ma una lettera cambierà presto il destino di una persona. Una nuova studentessa entrerà a far parte di una Casa portando con lei problemi, amicizie, domande, e cambiamenti.
*Storia ambientata al sesto anno di scuola con molte modifiche all'originale. Se Black fosse vivo, se Severus non dovesse uccidere Silente, se...*
Tutti i personaggi (salvo due) di questa fanfiction sono di proprietà di J.K.Rowling
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Severus Piton, Sirius Black
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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La cena di Natale fu, come tutti gli anni, una vera delizia per il palato dei giovani Grifondoro. Seduti chi sul letto, chi per terra, fratelli e amici si scambiavano i pacchettini di Natale, i nastri sparsi per tutto il pavimento.

-Hermione, cosa c’è scritto in quel braccialetto?-

Una ragazzina con lunghi capelli color del fuoco prese il braccio della ragazza riccia e se lo portò vicino agli occhi, studiandolo bene.

-Oh Ginny- Rispose la ragazza sorridendo – E’ un regalo. Dentro c’è il nome di un bel maschione Italiano. Dovrei fartelo conoscere…-

-Hermione!-

Quest’ultima scoppiò a ridere, osservando fra le lacrime i volti di Ron e Harry.

 

 

I fiocchi di candida neve si fecero vedere la terz’ultima sera dell’anno.

Nella notte i piccoli folletti bianchi erano scesi dal cielo per formare un mare di bianco mortale: così tentatore, così mortale.

La scuola, dominata dal silenzio, era una potente struttura che proteggeva i suoi abitanti.

O almeno quasi tutti.

Severus Snape fu svegliato dal vigoroso bussare alla porta del suo ufficio. La sera prima si era attardato a raggiungere la camera, sfogliando di nuovo l’album che la ragazzina gli aveva regalo.

Prestato, ricordò in un momento, mentre cercava la bacchetta sul comò.

Avrebbe chiuso la porta e dormito per almeno altre due ore.

Era un suo diritto, se lo meritava.

Il Signore Oscuro aveva gradito moltissimo la sua visita nel pomeriggio precedente e aveva insistito nel rimanere a cena.

Non che Severus disdegnasse la cucina degli elfi domestici dei Malfoy; tutt’altro.

Quindi era tornato altrettanto tardi nella scuola e, dopo una lunga doccia, incapace di prender sonno si era lasciato cadere sulla poltrona col volume fra le mani.

Il bussare non ne voleva sapere di cessare e, fra l’ira e la sonnolenza, la bacchetta finì in terra, rotolando infime sotto il letto.

Non sarebbe stata una buona giornata.

Severus continuò a ripeterselo mentre si alzava, prendeva una vestaglia, e andava ad aprire la porta.

 

 

Un uomo che arriva prima di te a colazione, prima di te a lezione, e prima di te in qualunque altro settore non poteva essere sempre sotto le coperte alle nove del mattino.

LilyRose continuò a bussare, la mano destra dolorante che non ne voleva sapere di arrendersi.

Aveva riflettuto molto la sera precedente, ed aveva preso il coraggio a due mani, si era vestita e truccata per l’occasione la mattina, e si era incamminata verso i sotterranei.

L’unico suo pensiero era il dover lasciare Zanna Bianca solo in camera per tutto quel tempo.

Sperava ne valesse la pena, lo sperava con tutta se stessa.

Fece una piccola pausa e, mentre alzava la mano sinistra per continuare nella sua impresa, il portone si aprì di scatto, mostrandole un Severus Snape in vestaglia grigia, spettinato, e senza ciabatte.

-Notte brava, professore?-

-Tieni quella tua boccaccia chiusa ed entra prima che cambi idea.-

Non se lo fece ripetere due volte, sgattaiolando all’interno del tetro studio. Non si capacitava del fatto che il professore vivesse con tutte quei pezzi di bestie in salamoia, sott’olio e, forse, anche sott’aceto.

Ebbe un brivido, mentre l’uomo le arrivava accanto, le braccia conserte e lo sguardo indagatore.

-A cosa devo questa visita mattutina, di grazia?- Chiese l’uomo, sinceramente preoccupato per la possibile risposta.

-Mattina? Tra poco sarà pronto il pranzo!- Esclamò la giovane, inclinando la testa di lato –E adesso animo, andarsi a cambiare.-

L’ex mangiamorte rimase a bocca aperta.

-Cosa hai detto?-

-Che deve andarsi a cambiare. Sono le nove e lei è sempre in vestaglia.- Mentre proferiva parola corrugò la fronte, quella vestaglia era orribile; fasciava il fisico del professore mettendone in risalto la magrezza.

-Senti.. Non ho bisogno di una balia, tantomeno di una studentessa, sottolineo non della mia Casa, che si permette di disturbarmi e, come se non bastasse, di venir qui a dar ordini.-

-Infatti non lo sto facendo per lei professore – Rispose allegra la mora andansi a sedere sulla sedia davanti alla scrivania.- Lo sto facendo per me.-

 

 

Erano quattro mesi che il professore di pozioni si ripeteva che non sarebbe sopravvissuto a quel mostriciattolo dalla voce da usignolo, e continuava a ripeterselo anche quel giorno, davanti allo specchio, mentre finiva di abbottonarsi la camicia.

Non capiva come quella ragazza trovasse ogni mezzo per scombussolargli i pieni, le giornate, persino le lezioni!

Pensava questo l’uomo mentre prendeva il soprabito.

“E con quel maglione è stupenda”.

Aveva girato tre negozi prima di trovarlo, rischiando di cruciare sette commesse per le loro domande curiose e invadenti.

E’ per la moglie? Per la fidanzata? Per la figlia?

Prese la bacchetta, riponendola in una piccola tasca interna prima di abbottonarsi il soprabito.

Anche la sciarpa le stava bene, la rendeva una fata dei boschi innevati.

Si schiaffeggiò la fronte con una mano; cosa mai andava a pensare?!

Sperò soltanto che la giornata si rivelasse interessante.

 

 

-Di grazia, puoi spiegarmi di nuovo cos’è questa tua idea malefica?-

Quando era uscito dalle sue stanze private, il professore aveva ricevuto “ordine soperiore” di togliersi il mantello di Batman (con rispettiva domanda di chi fosse quell’individuo) ed indossare un cappotto decente.

Ed eccolo li, il terribile professore di pozioni, in giro per una Londra babbana accanto ad una ragazza scalmanata che sgranocchiava una pannocchia calda senza mai smettere di parlare.

Rischiava l’esaurimento nervoso.

-Tranquillo professore, tornerà a scuola sano e salvo così da poter torturare i suoi studenti il sette di gennaio.-

LilyRose si divertiva troppo a stuzzicare il professore.

Stretta nella sua sciarpa candida e calda, buttò il resto della pannocchia, ormai finita, in un cassonetto dell’immondizia per poi afferrare la mano del professore e condurlo vicino a dei negozi. Babbani.

-Entriamo-

-COSA!?-

 

 

Dopo due ore il povero professore continuava a seguire quella specie di persona tramutata, non letteralmente, in un cagnolino scodinzolante che passa da un negozio all’altro. Sospirò, guardando i tre sacchetti infiocchettati che portava.

-Professore venga, qui ho veramente bisogno di consigli seri.-

Fece in tempo ad alzare lo sguardo che subito impallidì.

-Jenson, immobile, si fermi immediatamente. Non ho alcuna intenzione di entrare in un negozio di intimo femminile.- Sputava le parole quasi fossero un dente avvelenato, incapace di trattenersi.

Se aveva bisogno di fare shopping che andasse con le sue amichette, non con lui!

-Oh andiamo! Ha detto la stessa cosa nei due negozi precedenti!-

Non gli lasciò il tempo per ribattere; l’uomo avrebbe voluto ma la giovane era già fuggita dentro la porta rosa confetto.

Prese coraggio, un passo alla volta, con una lentezza tale che i passanti si voltarono a guardarlo. Ebbe un attimo di tentennamento quando afferrò la maniglia ma, cavolo, faceva la spia per Silente, riusciva a nascondere i suoi pensieri all’Oscuro Signore, cosa sarebbe mai stato ciò in confronto?

Entrò, fiondando nell’inferno.

 

 

-Professore cosa ne dice di questo?-

LilyRose altò il terzo completo viola in pizzo per mostrarlo ad uno sconcertato professore. Non lo aveva mai visto così imbarazzato e sconvolto allo stesso tempo, soprattutto sconvolto.

-Dove avresti intenzione di andare con un.. Un coso del genere!-

-Prof calma, è un completo intimo.-

-E’ completamente trasparente! Un fantasma ha più sostanza di quel.. Coso!-

Due commesse, visibilmente divertite dalla scena, non osavano avvicinarsi e interrompere quel passatempo da candid, finchè la titolare spuntò da una porta con su scritto “privato” ed una ragazza dagli occhi azzurrissimi, presentandosi come Carmen, si offrì come aiuto.

-Posso aiutarvi?-

-No.- Sottolineò il professore, gli occhi fissi sulla figlia – Ce ne stavamo andando.-

-Alla cassa. Questo me lo può mettere sul bancone? Ah, e se mi cambia il reggiseno, una quarta grazie.-  Disse soavemente la giovane, offrendo ad una Carmen sorridente l’indumenti.

Non si voltò verso il professore ma continuò la sua ricerca fra perizomi e canotte aderenti anche se lei, quest’ultime, le evitava come la peste.

Tornò dallo sconcertato professore con un paio di boxer bianchi con dietro disegnato un cagnolino nero che faceva l’occhiolino e diceva “Ciao Pupa”.

Severus si sentì mancare. Boxer? Boxer?! Cercò di calmarsi, il respiro corto, pensando al peggio in ogni sua sfumatura.

Boxer… La sua bambina attorcigliata ad un uomo, magari violento, brutto, sporco…

Severus ne pensava davvero di tutte mentre Carmen batteva i prezzi sul registratore di cassa.

-Oh, ho dimenticato una cosa. Arrivo subito!-

Solo la voce della cassiera impicciona lo spronò dal suo stato di shock, notando che la Grifondoro non era più con se.

-Oh, si è dimenticata una cosa. Sua figlia è simpaticissima, me lo lasci dire!

-Non è…-

Severus si fermò. Guardò la commessa negli occhi, così azzurri da sembrare una discendente Malfoy, pensando alle sue parole cariche di un significato che lo attanagliava ogni giorno ma che, in quel momento, gli era fiondato veramente sulle spalle.

-Eccomi, aggiunga anche questo.-

LilyRose tornò con un pigiama invernale, indubbiamente maschile, color blu notte e guardò la ragazza mentre lo riponeva in una busta separata dagli altri indumenti.

-Facciamo pagare il papà?- Chiese la malefica Carmen con un risolino diabolico che Severus avrebbe volentieri cancellato con la bacchetta.

-No, ha subito troppi shock oggi, almeno questa gliela salvo!-

Le due ragazze risero e poi si salutarono,  mentre padre e figlia uscivano dal negozio.

-Allora, ecco qua!-

Subito fuori la ragazza passò il sacchettino più piccolo all’uomo accanto a lei.

-Dato che ci sei dammi anche l’altro. Oggi sono il tuo porta buste personale. Ma non prenderci l’abitudine, ingrata Grifondoro, dovrai sudare i tuoi prossimi compiti di Pozioni.-

LilyRose si accigliò, non mancando di farlo notare anche nelle sue parole.

-Ti è così difficile provare anche solo per un attimo a concedere una piccola opportunità alla gente affinchè si avvicinino a te? No, non rispondermi, non era una domanda. Capisco appieno perché sei ancora single, figuriamoci se fai avvicinare un altro essere femminile se non lo concedi neppure ai tuoi simili.- Gli mise in mano il pacchettino col pigiama, riprendendosi gli altri tre pacchettini infiocchettati dall’altra mano del professore.

-Non sapevo cosa regalarti per natale e ora, contenta di aver trovato qualcosa, sminuisci il mio entusiasmo e non ti rendi neppure conto di quanto io ne possa soffrire.-

-Mi hai già fatto un regalo, che ti devo rendere se ben ricordo le istruzioni, e non vedo il motivo di questa cosa. Senza contare i boxer che hai preso, dubito che li indossi tu, quindi…-

-Quindi un bel niente.- Esclamò d’improvviso la mora – Tu non capisci. No, anzi, non vuoi capire. Fammi una cortesia, dimmi come arrivare alla catapecchia dei Weasley e mi tolgo da rompere le scatole.-

LilyRose non voleva essere scontrosa, non con lui, non in quel momento.

Era tutta la vita che desiderava farlo e adesso che il suo desiderio aveva preso vita ecco il professore che fa crollare il castello. Avrebbe voluto picchiarlo, urlargli la sua rabbia e la sua delusione.

-Perché devi andare dai Weasley?- Domandò, affrettando il passo per raggiungere la studentessa impettita che camminava verso un parco.

Non era mai stato in quel luogo ed il professore era sicuro che, nel caso l’avesse persa di vista, avrebbe dovuto smaterializzarsi direttamente a Hogwarts, incapace di uscire dal centro babbano.

Rimase in piedi, osservando la ragazza sedersi e voltare il volto dall’altra parte. Un volto rigato da due lacrime silenziose.

“Merlino, le donne!”

-Jens…-

-No.- Disse la giovane con voce rotta – Guarda, davvero, lascia stare. E’ stato un azzardo troppo grande e non posso dare la colpa a nessuno se non alla mia stupidità e irruenza. Sono stata una stupida. Punto.-

Non voleva farsi vedere così, non da lui, non in quel momento.

-Vattene per piacere- Riuscì a sussurrare abbastanza forte da farsi udire.

Severus sospirò, lasciando cadere le buste vicino alla panchina.

-Cosa devo fare con te?-

La domanda la colse di sorpresa, così come il sedersi dell’uomo vicino a lei, con le spalle curve ed i gomiti poggiati sulle ginocchia.

-Dimmi cosa devo fare perché, se continuo così anzi no, se continui così, mi farai morire prima dell’inizio della primavera.-

Rimasero in silenzio per alcuni minuti: Severus a guardare il parco coperto di neve, LilyRose cercando di asciugarsi le lacrime ed iniziare una conversazione decente.

-Una delle cose che mi sono sempre chiesta è perché mia madre sostiene nel dirmi che il nome Lily lo hai scelto te. Dice che glielo hai detto. Non voglio sapere i particolari, rischierei di vomitare la pannocchia.-

Severus sorrise debolmente.

Di una cosa aveva avuto ragione, la ragazza non era stupida. Ma come spiegargli che lui non si ricordava nulla della cosa e, soprattutto, che fino all’estate passata non sapeva neppure della sua esistenza?

-Mi ha spiegato che io sono stata uno “stupendo errore che rifarebbe milioni di volte pur di avermi con se” e che, l’unica cosa che ricorda del.. Del “fatto” è che tu continuavi a ripetere il nome Lily.- Si lasciò andare sullo schienale, rabbrividendo per il freddo mentre l’uomo rimaneva immobile ad osservare il nulla – Io… Mi domandavo se avevi famiglia sai… Cose del genere… Questo prima di conoscerti di persona; ora so con assoluta certezza che non potresti avere moglie. Santa manna se hai una figlia. Senza offesa, certo, ma hai un carattere orrendo. Nulla che non si possa salvare, certo, bisogna solo lavorarci sopra con tanta pazienza e…-

-Zitta. Fammi l’assoluto dono del silenzio. Non dire un'altra parola o rischio di fare sciocchezze.- Si appoggiò anch’egli sullo schienale della panchina, gustandosi il freddo nelle ossa come meritata punizione.

Cosa doveva fare, dire, pensare. Quella ragazza aveva rivoluzionato in una sola mattina la sua vita, in soli dieci minuti, per la precisione.

E poi Lily… Aveva messo in ballo Lily, la sua Lily, tenendola stretta nel suo cuore anche quando la sua ragione se ne andava. Ma che colpa aveva quella ragazza avvolta nella sciarpa bianca? Sospirò, chiudendo gli occhi, respirando l’aria gelida di fine anno.

-Ian è un babbano- continuò dopo un po’ la mora- mia madre l’ha conosciuto ad una mostra dei suoi quadri. Lui fa il fotografo. Fu amore dopo la quarta mostra di quadri, almeno è quello che dicono a me, e dopo tre mesi di convivenza a casa nostra hanno deciso di sposarsi. Mia madre mise subito in chiaro il fatto di avere una figlia ma non un marito e di non lasciarmi per nessun motivo al mondo. Per quello la ringrazio e la stimo; anche io credo che, se fossi stata nella sua condizione, non avrei avuto il coraggio di uccidere mio figlio in pancia. Io avevo sette anni quando si sposarono ed il primo figlio nacque l’anno dopo. Erano tutti felicissimi ed io mi vedevo circondata da un esercito di persone bionde e dagli occhi azzurri. Ero considerata come Calimero, hai presente? Forse no, è un animazione babbana di un pulcino nero, brutto, e con mezzo guscio rotto in testa. Beh, ero un pugno in un occhio in quella famiglia ma Ian rispettava, e rispetta, mia madre così da considerarmi una figlia. Quando andavamo in giro sorrideva ai conoscenti mostrando il suo splendido bambino biondo ed io, arrivata a casa, scoppiavo a piangere. Non ne capivo il motivo, ci credi? Poi una sera feci prendere fuoco la tv in uno scontro di football e Ian scoprì cosa io e mia madre eravamo davvero. L’anno dopo nacque il loro secondo figlio, io avevo undici anni e ricevetti la lettera da Hogwarts, ma mia madre disse di doversi trasferire per lavoro e che avrei studiato in altre scuole per maghi e streghe. Ian acconsentì ma non accetto di tutelarmi. Ripeto, mi piace Ian e si comporta bene con mia madre, e da una parte lo capisco, non tutti accettano l’idea di avere un mago in famiglia. Quindi, all’anagrafe, io non ho padre. Ian si rifiutò categoricamente dicendo che mi voleva bene ma non voleva aver a che fare con me e la magia in termini legali. Io credo che più che altro era il fatto di essere corvina e con gli occhi scuri. Ho girato tanti stati, studiando in tante scuole diverse e vivendo vedendo mia madre felice con un nuovo bambino, biondo, fra le braccia, e due marmocchi, biondissimi, a seguito. E’ questo che mi è sempre mancato, capisci? E’ il tassello che completa il puzzle. E’ il mio completarsi all’essere accettata, prima di tutto da me stessa. Accettare con orgoglio e dire senza vergognarmi che si, vivo circondata da marmocchi biondi, ma ho gli occhi di mio padre e lo stesso colore di iridi e capelli. Ho le stesse mani, gli stessi zigomi. Non guardarmi così, adoro il tuo naso ma sono contentissima di non averlo ereditato. Però… E’ come se abitassi in una casa senza porta: adesso finalmente ce l’ho e posso chiederla per stare al caldo, circondata da mura sicure. E’.. Difficile da spiegare, e forse non te ne frega niente, ma invidiavo davvero i loro Natali, l’andare tutti insieme a fare le spese dei regali. Adesso finalmente ho potuto farlo anche io. E tu mi vieni a dire che… Che.. Che non sei il mio portapacchi personale!-

Si fermò, e Severus riprese a repirare. La guardava, osservando meglio i suoi lineamenti del viso magri, le sopracciglia che, eccole, si arcuavano per le domande che di sicuro le giravano in testa, la profondità degli occhi color ebano.

-Assomigli molto a tua nonna.- Fu l’unica cosa che riuscì a dire, dandosi dello stupito due secondi dopo.

-Beh, allora mia nonna era davvero una gnocca di prima classe.-

Si alzò, sistemandosi il maglione per poi puntare gli occhi sulla figura dell’uomo.

-Ho fame. E mi devi ancora dire la faccenda del nome. Quando si parla di me e mia madre sembra di entrare in un mercato di fiori. Lily, Rose, Violet… Guarda, mi viene da starnutire al solo pensarci!-

Sorrise, guardando l’uomo alzarsi e, recuperato i bagagli, camminare accanto a lei lungo la strada per poi essere trascinato verso un carello degli hot-dog.

Mangiarono in silenzio, camminando fianco a fianco, fino a quando il pranzo fu finito ed altri fiocchi di neve iniziarono a scendere dal cielo.

-Allora, i Weasley…-

-Devi usare una passaporta che ho nel mio ufficio, l’ho per le emergenze.- Continuò il professore porgendogli un braccio per smaterializzarsi insieme. – E Lily è il nome delle due donne che amerò per sempre.-

 

 

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Salve a tutti.

So che  è una vita che non pubblico ma avere una famiglia, una casa ed un lavoro da mandare avanti è peggio di una cena con Voldie. Ma veniamo a noi. Capitolo lunghetto, spero di non avervi annoiati ^^ Ringrazio i duecento lettori e quelle tre anime che hanno lasciato un commento sul capitolo precedente. Mi fa piacere leggere che questa storia vi trasmette qualcosa, anche solo curiosità. Spero che siate soddisfatti della scelta dei nomi per LilyRose; in verità, colta dal blocco dello scrittore, mi sono sparata tre puntate del Doctor Who e, tornata al pc, ho unito il nome dell’amore di Severus con quello della protagonista della prima stagione, Rose. E’ uscito fuori bene, no?

Buona lettura, spero di avervi accontentati e non abbiate paura di commentare.

Alla prossima.

   
 
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