La
cena di Natale fu, come tutti gli anni, una vera delizia per il palato
dei
giovani Grifondoro. Seduti chi sul letto, chi per terra, fratelli e
amici si
scambiavano i pacchettini di Natale, i nastri sparsi per tutto il
pavimento.
-Hermione,
cosa c’è scritto in quel braccialetto?-
Una
ragazzina con lunghi capelli color del fuoco prese il braccio della
ragazza
riccia e se lo portò vicino agli occhi, studiandolo bene.
-Oh
Ginny- Rispose la ragazza sorridendo – E’ un
regalo. Dentro c’è il nome di un
bel maschione Italiano. Dovrei fartelo conoscere…-
-Hermione!-
Quest’ultima
scoppiò a ridere, osservando fra le lacrime i volti di Ron e
Harry.
I
fiocchi di candida neve si fecero vedere la terz’ultima sera
dell’anno.
Nella
notte i piccoli folletti bianchi erano scesi dal cielo per formare un
mare di
bianco mortale: così tentatore, così mortale.
La
scuola, dominata dal silenzio, era una potente struttura che proteggeva
i suoi
abitanti.
O
almeno quasi tutti.
Severus
Snape fu svegliato dal vigoroso bussare alla porta del suo ufficio. La
sera
prima si era attardato a raggiungere la camera, sfogliando di nuovo
l’album che
la ragazzina gli aveva regalo.
Prestato,
ricordò in un momento, mentre cercava la bacchetta sul
comò.
Avrebbe
chiuso la porta e dormito per almeno altre due ore.
Era
un suo diritto, se lo meritava.
Il
Signore Oscuro aveva gradito moltissimo la sua visita nel pomeriggio
precedente
e aveva insistito nel rimanere a cena.
Non
che Severus disdegnasse la cucina degli elfi domestici dei Malfoy;
tutt’altro.
Quindi
era tornato altrettanto tardi nella scuola e, dopo una lunga doccia,
incapace
di prender sonno si era lasciato cadere sulla poltrona col volume fra
le mani.
Il
bussare non ne voleva sapere di cessare e, fra l’ira e la
sonnolenza, la
bacchetta finì in terra, rotolando infime sotto il letto.
Non
sarebbe stata una buona giornata.
Severus
continuò a ripeterselo mentre si alzava, prendeva una
vestaglia, e andava ad
aprire la porta.
Un
uomo che arriva prima di te a colazione, prima di te a lezione, e prima
di te
in qualunque altro settore non poteva essere sempre sotto le coperte
alle nove
del mattino.
LilyRose
continuò a bussare, la mano destra dolorante che non ne
voleva sapere di
arrendersi.
Aveva
riflettuto molto la sera precedente, ed aveva preso il coraggio a due
mani, si
era vestita e truccata per l’occasione la mattina, e si era
incamminata verso i
sotterranei.
L’unico
suo pensiero era il dover lasciare Zanna Bianca solo in camera per
tutto quel
tempo.
Sperava
ne valesse la pena, lo sperava con tutta se stessa.
Fece
una piccola pausa e, mentre alzava la mano sinistra per continuare
nella sua
impresa, il portone si aprì di scatto, mostrandole un
Severus Snape in
vestaglia grigia, spettinato, e senza ciabatte.
-Notte
brava, professore?-
-Tieni
quella tua boccaccia chiusa ed entra prima che cambi idea.-
Non
se lo fece ripetere due volte, sgattaiolando all’interno del
tetro studio. Non
si capacitava del fatto che il professore vivesse con tutte quei pezzi
di bestie
in salamoia, sott’olio e, forse, anche sott’aceto.
Ebbe
un brivido, mentre l’uomo le arrivava accanto, le braccia
conserte e lo sguardo
indagatore.
-A
cosa devo questa visita mattutina, di grazia?- Chiese l’uomo,
sinceramente
preoccupato per la possibile risposta.
-Mattina?
Tra poco sarà pronto il pranzo!- Esclamò la
giovane, inclinando la testa di
lato –E adesso animo, andarsi a cambiare.-
L’ex
mangiamorte rimase a bocca aperta.
-Cosa
hai detto?-
-Che
deve andarsi a cambiare. Sono le nove e lei è sempre in
vestaglia.- Mentre
proferiva parola corrugò la fronte, quella vestaglia era
orribile; fasciava il
fisico del professore mettendone in risalto la magrezza.
-Senti..
Non ho bisogno di una balia, tantomeno di una studentessa, sottolineo
non della
mia Casa, che si permette di disturbarmi e, come se non bastasse, di
venir qui
a dar ordini.-
-Infatti
non lo sto facendo per lei professore – Rispose allegra la
mora andansi a sedere
sulla sedia davanti alla scrivania.- Lo sto facendo per me.-
Erano
quattro mesi che il professore di pozioni si ripeteva che non sarebbe
sopravvissuto a quel mostriciattolo dalla voce da usignolo, e
continuava a
ripeterselo anche quel giorno, davanti allo specchio, mentre finiva di
abbottonarsi la camicia.
Non
capiva come quella ragazza trovasse ogni mezzo per scombussolargli i
pieni, le
giornate, persino le lezioni!
Pensava
questo l’uomo mentre prendeva il soprabito.
“E
con quel maglione è stupenda”.
Aveva
girato tre negozi prima di trovarlo, rischiando di cruciare sette
commesse per
le loro domande curiose e invadenti.
E’
per la moglie? Per la fidanzata? Per la figlia?
Prese
la bacchetta, riponendola in una piccola tasca interna prima di
abbottonarsi il
soprabito.
Anche
la sciarpa le stava bene, la rendeva una fata dei boschi innevati.
Si
schiaffeggiò la fronte con una mano; cosa mai andava a
pensare?!
Sperò
soltanto che la giornata si rivelasse interessante.
-Di
grazia, puoi spiegarmi di nuovo cos’è questa tua
idea malefica?-
Quando
era uscito dalle sue stanze private, il professore aveva ricevuto
“ordine
soperiore” di togliersi il mantello di Batman (con rispettiva
domanda di chi
fosse quell’individuo) ed indossare un cappotto decente.
Ed
eccolo li, il terribile professore di pozioni, in giro per una Londra
babbana
accanto ad una ragazza scalmanata che sgranocchiava una pannocchia
calda senza
mai smettere di parlare.
Rischiava
l’esaurimento nervoso.
-Tranquillo
professore, tornerà a scuola sano e salvo così da
poter torturare i suoi
studenti il sette di gennaio.-
LilyRose
si divertiva troppo a stuzzicare il professore.
Stretta
nella sua sciarpa candida e calda, buttò il resto della
pannocchia, ormai
finita, in un cassonetto dell’immondizia per poi afferrare la
mano del
professore e condurlo vicino a dei negozi. Babbani.
-Entriamo-
-COSA!?-
Dopo
due ore il povero professore continuava a seguire quella specie di
persona
tramutata, non letteralmente, in un cagnolino scodinzolante che passa
da un
negozio all’altro. Sospirò, guardando i tre
sacchetti infiocchettati che
portava.
-Professore
venga, qui ho veramente bisogno di consigli seri.-
Fece
in tempo ad alzare lo sguardo che subito impallidì.
-Jenson,
immobile, si fermi immediatamente. Non ho alcuna intenzione di entrare
in un
negozio di intimo femminile.- Sputava le parole quasi fossero un dente
avvelenato, incapace di trattenersi.
Se
aveva bisogno di fare shopping che andasse con le sue amichette, non
con lui!
-Oh
andiamo! Ha detto la stessa cosa nei due negozi precedenti!-
Non
gli lasciò il tempo per ribattere; l’uomo avrebbe
voluto ma la giovane era già
fuggita dentro la porta rosa confetto.
Prese
coraggio, un passo alla volta, con una lentezza tale che i passanti si
voltarono a guardarlo. Ebbe un attimo di tentennamento quando
afferrò la
maniglia ma, cavolo, faceva la spia per Silente, riusciva a nascondere
i suoi
pensieri all’Oscuro Signore, cosa sarebbe mai stato
ciò in confronto?
Entrò,
fiondando nell’inferno.
-Professore
cosa ne dice di questo?-
LilyRose
altò il terzo completo viola in pizzo per mostrarlo ad uno
sconcertato professore.
Non lo aveva mai visto così imbarazzato e sconvolto allo
stesso tempo,
soprattutto sconvolto.
-Dove
avresti intenzione di andare con un.. Un coso del genere!-
-Prof
calma, è un completo intimo.-
-E’
completamente trasparente! Un fantasma ha più sostanza di
quel.. Coso!-
Due
commesse, visibilmente divertite dalla scena, non osavano avvicinarsi e
interrompere quel passatempo da candid, finchè la titolare
spuntò da una porta
con su scritto “privato” ed una ragazza dagli occhi
azzurrissimi, presentandosi
come Carmen, si offrì come aiuto.
-Posso
aiutarvi?-
-No.-
Sottolineò il professore, gli occhi fissi sulla figlia
– Ce ne stavamo
andando.-
-Alla
cassa. Questo me lo può mettere sul bancone? Ah, e se mi
cambia il reggiseno,
una quarta grazie.- Disse
soavemente la
giovane, offrendo ad una Carmen sorridente l’indumenti.
Non
si voltò verso il professore ma continuò la sua
ricerca fra perizomi e canotte
aderenti anche se lei, quest’ultime, le evitava come la peste.
Tornò
dallo sconcertato professore con un paio di boxer bianchi con dietro
disegnato
un cagnolino nero che faceva l’occhiolino e diceva
“Ciao Pupa”.
Severus
si sentì mancare. Boxer? Boxer?! Cercò di
calmarsi, il respiro corto, pensando
al peggio in ogni sua sfumatura.
Boxer…
La sua bambina attorcigliata ad un uomo, magari violento, brutto,
sporco…
Severus
ne pensava davvero di tutte mentre Carmen batteva i prezzi sul
registratore di
cassa.
-Oh,
ho dimenticato una cosa. Arrivo subito!-
Solo
la voce della cassiera impicciona lo spronò dal suo stato di
shock, notando che
la Grifondoro non era più con se.
-Oh,
si è dimenticata una cosa. Sua figlia è
simpaticissima, me lo lasci dire!
-Non
è…-
Severus
si fermò. Guardò la commessa negli occhi,
così azzurri da sembrare una
discendente Malfoy, pensando alle sue parole cariche di un significato
che lo
attanagliava ogni giorno ma che, in quel momento, gli era fiondato
veramente
sulle spalle.
-Eccomi,
aggiunga anche questo.-
LilyRose
tornò con un pigiama invernale, indubbiamente maschile,
color blu notte e
guardò la ragazza mentre lo riponeva in una busta separata
dagli altri
indumenti.
-Facciamo
pagare il papà?- Chiese la malefica Carmen con un risolino
diabolico che
Severus avrebbe volentieri cancellato con la bacchetta.
-No,
ha subito troppi shock oggi, almeno questa gliela salvo!-
Le
due ragazze risero e poi si salutarono,
mentre padre e figlia uscivano dal negozio.
-Allora,
ecco qua!-
Subito
fuori la ragazza passò il sacchettino più piccolo
all’uomo accanto a lei.
-Dato
che ci sei dammi anche l’altro. Oggi sono il tuo porta buste
personale. Ma non
prenderci l’abitudine, ingrata Grifondoro, dovrai sudare i
tuoi prossimi
compiti di Pozioni.-
LilyRose
si accigliò, non mancando di farlo notare anche nelle sue
parole.
-Ti
è così difficile provare anche solo per un attimo
a concedere una piccola
opportunità alla gente affinchè si avvicinino a
te? No, non rispondermi, non
era una domanda. Capisco appieno perché sei ancora single,
figuriamoci se fai avvicinare
un altro essere femminile se non lo concedi neppure ai tuoi simili.-
Gli mise
in mano il pacchettino col pigiama, riprendendosi gli altri tre
pacchettini
infiocchettati dall’altra mano del professore.
-Non
sapevo cosa regalarti per natale e ora, contenta di aver trovato
qualcosa,
sminuisci il mio entusiasmo e non ti rendi neppure conto di quanto io
ne possa
soffrire.-
-Mi
hai già fatto un regalo, che ti devo rendere se ben ricordo
le istruzioni, e
non vedo il motivo di questa cosa. Senza contare i boxer che hai preso,
dubito
che li indossi tu, quindi…-
-Quindi
un bel niente.- Esclamò d’improvviso la mora
– Tu non capisci. No, anzi, non
vuoi capire. Fammi una cortesia, dimmi come arrivare alla catapecchia
dei
Weasley e mi tolgo da rompere le scatole.-
LilyRose
non voleva essere scontrosa, non con lui, non in quel momento.
Era
tutta la vita che desiderava farlo e adesso che il suo desiderio aveva
preso vita
ecco il professore che fa crollare il castello. Avrebbe voluto
picchiarlo,
urlargli la sua rabbia e la sua delusione.
-Perché
devi andare dai Weasley?- Domandò, affrettando il passo per
raggiungere la
studentessa impettita che camminava verso un parco.
Non
era mai stato in quel luogo ed il professore era sicuro che, nel caso
l’avesse
persa di vista, avrebbe dovuto smaterializzarsi direttamente a
Hogwarts,
incapace di uscire dal centro babbano.
Rimase
in piedi, osservando la ragazza sedersi e voltare il volto
dall’altra parte. Un
volto rigato da due lacrime silenziose.
“Merlino,
le donne!”
-Jens…-
-No.-
Disse la giovane con voce rotta – Guarda, davvero, lascia
stare. E’ stato un
azzardo troppo grande e non posso dare la colpa a nessuno se non alla
mia
stupidità e irruenza. Sono stata una stupida. Punto.-
Non
voleva farsi vedere così, non da lui, non in quel momento.
-Vattene
per piacere- Riuscì a sussurrare abbastanza forte da farsi
udire.
Severus
sospirò, lasciando cadere le buste vicino alla panchina.
-Cosa
devo fare con te?-
La
domanda la colse di sorpresa, così come il sedersi
dell’uomo vicino a lei, con
le spalle curve ed i gomiti poggiati sulle ginocchia.
-Dimmi
cosa devo fare perché, se continuo così anzi no,
se continui così, mi farai
morire prima dell’inizio della primavera.-
Rimasero
in silenzio per alcuni minuti: Severus a guardare il parco coperto di
neve,
LilyRose cercando di asciugarsi le lacrime ed iniziare una
conversazione
decente.
-Una
delle cose che mi sono sempre chiesta è perché
mia madre sostiene nel dirmi che
il nome Lily lo hai scelto te. Dice che glielo hai detto. Non voglio
sapere i
particolari, rischierei di vomitare la pannocchia.-
Severus
sorrise debolmente.
Di
una cosa aveva avuto ragione, la ragazza non era stupida. Ma come
spiegargli
che lui non si ricordava nulla della cosa e, soprattutto, che fino
all’estate
passata non sapeva neppure della sua esistenza?
-Mi
ha spiegato che io sono stata uno “stupendo errore che
rifarebbe milioni di
volte pur di avermi con se” e che, l’unica cosa che
ricorda del.. Del “fatto” è
che tu continuavi a ripetere il nome Lily.- Si lasciò andare
sullo schienale,
rabbrividendo per il freddo mentre l’uomo rimaneva immobile
ad osservare il
nulla – Io… Mi domandavo se avevi famiglia
sai… Cose del genere… Questo prima
di conoscerti di persona; ora so con assoluta certezza che non potresti
avere
moglie. Santa manna se hai una figlia. Senza offesa, certo, ma hai un
carattere
orrendo. Nulla che non si possa salvare, certo, bisogna solo lavorarci
sopra
con tanta pazienza e…-
-Zitta.
Fammi l’assoluto dono del silenzio. Non dire un'altra parola
o rischio di fare
sciocchezze.- Si appoggiò anch’egli sullo
schienale della panchina, gustandosi
il freddo nelle ossa come meritata punizione.
Cosa
doveva fare, dire, pensare. Quella ragazza aveva rivoluzionato in una
sola
mattina la sua vita, in soli dieci minuti, per la precisione.
E
poi Lily… Aveva messo in ballo Lily, la sua
Lily, tenendola stretta nel suo cuore anche quando la sua ragione se ne
andava.
Ma che colpa aveva quella ragazza avvolta nella sciarpa bianca?
Sospirò,
chiudendo gli occhi, respirando l’aria gelida di fine anno.
-Ian
è un babbano- continuò dopo un po’ la
mora- mia madre l’ha conosciuto ad una
mostra dei suoi quadri. Lui fa il fotografo. Fu amore dopo la quarta
mostra di
quadri, almeno è quello che dicono a me, e dopo tre mesi di
convivenza a casa
nostra hanno deciso di sposarsi. Mia madre mise subito in chiaro il
fatto di
avere una figlia ma non un marito e di non lasciarmi per nessun motivo
al mondo.
Per quello la ringrazio e la stimo; anche io credo che, se fossi stata
nella
sua condizione, non avrei avuto il coraggio di uccidere mio figlio in
pancia.
Io avevo sette anni quando si sposarono ed il primo figlio nacque
l’anno dopo.
Erano tutti felicissimi ed io mi vedevo circondata da un esercito di
persone
bionde e dagli occhi azzurri. Ero considerata come Calimero, hai
presente?
Forse no, è un animazione babbana di un pulcino nero,
brutto, e con mezzo
guscio rotto in testa. Beh, ero un pugno in un occhio in quella
famiglia ma Ian
rispettava, e rispetta, mia madre così da considerarmi una
figlia. Quando
andavamo in giro sorrideva ai conoscenti mostrando il suo splendido
bambino
biondo ed io, arrivata a casa, scoppiavo a piangere. Non ne capivo il
motivo,
ci credi? Poi una sera feci prendere fuoco la tv in uno scontro di
football e
Ian scoprì cosa io e mia madre eravamo davvero.
L’anno dopo nacque il loro
secondo figlio, io avevo undici anni e ricevetti la lettera da
Hogwarts, ma mia
madre disse di doversi trasferire per lavoro e che avrei studiato in
altre
scuole per maghi e streghe. Ian acconsentì ma non accetto di
tutelarmi. Ripeto,
mi piace Ian e si comporta bene con mia madre, e da una parte lo
capisco, non
tutti accettano l’idea di avere un mago in famiglia. Quindi,
all’anagrafe, io
non ho padre. Ian si rifiutò categoricamente dicendo che mi
voleva bene ma non
voleva aver a che fare con me e la magia in termini legali. Io credo
che più
che altro era il fatto di essere corvina e con gli occhi scuri. Ho
girato tanti
stati, studiando in tante scuole diverse e vivendo vedendo mia madre
felice con
un nuovo bambino, biondo, fra le braccia, e due marmocchi, biondissimi,
a
seguito. E’ questo che mi è sempre mancato,
capisci? E’ il tassello che
completa il puzzle. E’ il mio completarsi
all’essere accettata, prima di tutto
da me stessa. Accettare con orgoglio e dire senza vergognarmi che si,
vivo
circondata da marmocchi biondi, ma ho gli occhi di mio padre e lo
stesso colore
di iridi e capelli. Ho le stesse mani, gli stessi zigomi. Non guardarmi
così,
adoro il tuo naso ma sono contentissima di non averlo ereditato.
Però… E’ come
se abitassi in una casa senza porta: adesso finalmente ce
l’ho e posso
chiederla per stare al caldo, circondata da mura sicure. E’..
Difficile da
spiegare, e forse non te ne frega niente, ma invidiavo davvero i loro
Natali, l’andare
tutti insieme a fare le spese dei regali. Adesso finalmente ho potuto
farlo
anche io. E tu mi vieni a dire che… Che.. Che non sei il mio
portapacchi
personale!-
Si
fermò, e Severus riprese a repirare. La guardava, osservando
meglio i suoi
lineamenti del viso magri, le sopracciglia che, eccole, si arcuavano
per le
domande che di sicuro le giravano in testa, la profondità
degli occhi color
ebano.
-Assomigli
molto a tua nonna.- Fu l’unica cosa che riuscì a
dire, dandosi dello stupito
due secondi dopo.
-Beh,
allora mia nonna era davvero una gnocca di prima classe.-
Si
alzò, sistemandosi il maglione per poi puntare gli occhi
sulla figura dell’uomo.
-Ho
fame. E mi devi ancora dire la faccenda del nome. Quando si parla di me
e mia
madre sembra di entrare in un mercato di fiori. Lily, Rose,
Violet… Guarda, mi
viene da starnutire al solo pensarci!-
Sorrise,
guardando l’uomo alzarsi e, recuperato i bagagli, camminare
accanto a lei lungo
la strada per poi essere trascinato verso un carello degli hot-dog.
Mangiarono
in silenzio, camminando fianco a fianco, fino a quando il pranzo fu
finito ed
altri fiocchi di neve iniziarono a scendere dal cielo.
-Allora,
i Weasley…-
-Devi
usare una passaporta che ho nel mio ufficio, l’ho per le
emergenze.- Continuò
il professore porgendogli un braccio per smaterializzarsi insieme.
– E Lily è
il nome delle due donne che amerò per sempre.-
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Salve
a tutti.
So
che è
una vita che non pubblico
ma avere una famiglia, una casa ed un lavoro da mandare avanti
è peggio di una
cena con Voldie. Ma veniamo a noi. Capitolo lunghetto, spero di non
avervi
annoiati ^^ Ringrazio i duecento lettori e quelle tre anime che hanno
lasciato
un commento sul capitolo precedente. Mi fa piacere leggere che questa
storia vi
trasmette qualcosa, anche solo curiosità. Spero che siate
soddisfatti della
scelta dei nomi per LilyRose; in verità, colta dal blocco
dello scrittore, mi
sono sparata tre puntate del Doctor Who e, tornata al pc, ho unito il
nome dell’amore
di Severus con quello della protagonista della prima stagione, Rose.
E’ uscito
fuori bene, no?
Buona
lettura, spero di avervi accontentati e non abbiate paura di
commentare.
Alla
prossima.