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Autore: _Key    07/10/2011    1 recensioni
Quanto potrebbe valere un determinato respiro?
Qualcosa per cui vivere, e per cui morire.
La lacerante paura di dire la verità; la necissità di nasconderla a tutti i costi. Sì, paura. La paura di non essere creduta, e di essere abbandonata. Di rimanere sola. Di nuovo.
Lui era qualcosa che riusciva a scaldarle l'anima ormai gelida col passare degli anni, e le mani.
Qualcosa di vero, e di estremamente puro.
Lui riusciva a vederle il fuoco negli occhi.
I battiti del suo cuore seguivano i respiri di lui.
-
Tutto iniziato, dove un inizio vero e proprio non c'era mai stato.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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«Professore, ho bisogno di uscire.» alzandosi in piedi poggiando entrambe la mani sul banco. Finalmente, interrompendo la lezione in pieno.
«E per quale motivo, signorina Maier?» rispose il professore di algebra ancora alla lavagna che stava scrivendo qualche risultato, quasi infastidito.
«Non sto bene.» portandosi ora una mano allo stomaco, mentre tutti i compagni della classe le rivolgevano lo sguardo.
«Di cosa avrebbe bisogno?» con lo stesso atteggiamento.
«Devo uscire.» incamminandosi velocemente alla porta della classe portandosi la stessa mano però sulla bocca.
«Signorina Maier!» esclamò poi il professore, sentendosi chiuso la porta dell'aula in quella maniera.
«Professore, ma non l'ha vista?!» rispose con lo stesso tono di voce Andy, da posto. Scattò d'impulso.
«Signorina Herrmann, sono cose che non la riguardano!» ribatté.
«Sì, ma..»
«Niente ma.» allargandosi un po' il nodo della cravatta che aveva ben legata al collo. «Continuate a scrivere.» serio.
Andy zittita, ricominciò a prendere appunti.
Mentre Hayley era appena arrivata al bagno. Si guardò un momento allo specchio, poi si portò nuovamente una mano davanti alla bocca. Si girò velocemente ed entrò nella prima porta dei bagni. Cominciò a vomitare varie dosi di vomito, intervallate da un tempo che andava tra i sette e i dieci secondi. Nonostante però, non stessa mangiando quasi nulla in quel periodo.
Era pallida, e fredda. Quel freddo che era plurivalente.
«Cosa..?» esclamò Katrina sentendo quell'odore di vomito e sentendo diversi sforzi appena aprì il rubinetto per sciacquarsi le mani.
Quella era sfiga, sfiga pura.
Con la solita sfrontatezza che quella ragazza aveva, cominciò ad aprire ad una ad una tutte le porte dei bagni.
Appena arrivata la porta di Hayley, questa la precedette e mentre ancora si strofinava la bocca con un fazzoletto, la guardò disprezzante.
«Hey, hey, hey» le mormorò poi. «Guarda chi c'è.»
«Katrina.» fece buttando lo stesso fazzoletto nel cestino, nauseata. Nauseata più da lei, che dalla nausea stessa. «Il bracciale.'' continuò guardandola.
«Cosa?» fece per ridere lei.
Inorridita Hayley.
«Stai buona.» continuò.
«Lo sono stata fin troppo, e per troppo tempo.»
«Mi stai dicendo che hai fatto quello che ti ho detto?»
«Sì.» tossì con la faccia ancora pallida.
«Bene.» rispose.
Dopo di che, aprì la borsetta rigorosamente rosa che aveva con sé, e tirò fuori un rossetto color pesca. Cominciò a spalmarlo ben bene sulle labbra guardandosi attentamente ogni dettaglio allo specchio, mentre Hayley stava cominciando a prenderla come l'ennesima provocazione.
«Sono stanca di stare al tuo fottuto gioco.» con la voce anche un po' rauca. «Ho fatto quello che volevi, ora basta.»
Lei chiuse il rossetto e lo posò nuovamente in borsa. Si girò verso Hayley prima di darsi un ultimo sguardo allo specchio.
«Dovrò pur essere sicura che l'hai fatto per davvero, no?»
Non ce l'avrebbe fatta probabilmente.
«Come?!» esclamò nonostante il suo stato.
«Senti, hai sentito bene.»
«E quanto dovrei aspettare ancora allora?!» ribatté.
«Io ancora non ho visto Tom.»
«Vedi di vederlo, perché da oggi in poi non saranno più problemi miei questi.»
«Quello che mi interessava è che tu lo lasciassi, punto.»
«Quello che interessa a me, invece, è il mio bracciale.»
«Lo avrai quel fottuto bracciale ti ho detto!»
«Mi avevi detto che me l'avresti dato non appena avrei lasciato Tom.»
«Allora sei stupida forte.» rispose. «Ti sto dicendo che non ho ancora visto Tom.» continuò. «Appena lo vedrò, e sarò sicura che l'hai fatto sul serio, te lo darò.»

Ogni atomo del suo corpo sentiva la mancanza di Tom, e ne aveva bisogno. Lo risentiva con il tempo che passava arrabbiato.
Aveva frequentemente la nausea. Sembrava che il suo cuore stesse nella mano, nel pugno di qualcuno di furioso che lo stava stringendo, stringendo sempre più forte.
Era nel letto quel pomeriggio. La sua vita sembrava essere finita lì.
Era avvolta da un piumoncino che per quanto fosse pesante non riusciva a riscaldarla. Nemmeno un minimo di come Tom riusciva a riscaldarla con il più futile sorriso, o anche con il più semplice movimento della bocca. Gli bastava pochissimo per farla sua.
Quanta verità ci può essere in una bugia.
Ogni cosa che le era attorno, anche la più frivola, le ricordavano quegli occhi che probabilmente l'avevano fatta innamorare. Lo stesso piumoncino le ricordava Tom; era dello stesso celestino delle coperte del letto di quest'ultimo quando la portò a casa sua, salvandola.
Si voltò, e vide il telefono lasciato sul comodino giorni prima e che così era rimasto. Anche quello le ricordava Tom, le ricordava quando la chiamava e quando le chiedeva come stava e cosa stava facendo, e anche se la sera avrebbe lavorato perché se sarebbe stato il contrario, sarebbero stati insieme a condividere qualsiasi altra cosa basta che insieme.
Ora aveva gli occhi immersi in un mare di lacrime che però non voleva far scendere per chi sa quale motivo, e per chi sa quale altra sua paranoia. Ma fu inevitabile che riuscirono poi a scendere.
Si alzò e cambiò posizione; stringeva le gambe strette al petto, e la testa appoggiata sulle ginocchia, con le lacrime che scendevano lateralmente.
Continuava a guardare sul comodino. Accanto al telefono c'era la carta di un salatino che non aveva nemmeno finito di mangiare. Diciamo che la fame non le veniva già da qualche giorno.
Si voltò per un momento di fronte a lei per asciugarsi un po' le lacrime. Guardò l'armadio che aveva lasciato spalancato, dove prevaleva un perfetto disordine. Vide poi sporgere da un lato la maglia che indossò la notte dell'ultimo giorno dell'anno.
Era pallida.
Ecco di nuovo la nausea. Con la mano sempre davanti alla bocca  si diresse velocemente al bagno. Non ebbe nemmeno il tempo di infilarsi le ciabatte, e di conseguenza i piedi diffusero un gelo per tutto il corpo. Manteneva i capelli da un lato e cominciò a vomitare. Sforzandosi sempre di più. In effetti, mangiava davvero pochissimo.
Tom riusciva a scaldarle l'anima ormai gelida col passare degli anni, e le mani.
Come nessun altro.
Tom gli era scoppiato nel cuore; come un fuoco d'artificio scoppia nel cielo, rigorosamente colorato di un caldo e acceso rosso.
Tom era la parte che andava perfettamente ad incastrarsi con lei.
I battiti del suo cuore seguivano i respiri di Tom.
Ma lei stava morendo soffocata, in quell'amore che dal rosso così caldo che esprimeva, era passato ad un nero che le bolliva nel cuore e le evaporava dagli occhi.
  
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